www.resistenze.org - cultura e memoria resistenti - storia - 14-10-10 - n. 336

Gli insegnamenti di Giorgio Dimitrov e dell’Internazionale Comunista nella lotta contro il fascismo
 
di Aldo Calcidese
 
Nei mesi di luglio e agosto 1935, a Mosca, il VII Congresso dell’Internazionale Comunista indicava i compiti dei partiti comunisti nella lotta contro il fascismo. Il Rapporto politico venne presentato da Giorgio Dimitrov.
 
Giorgio Dimitrov era uno di quegli uomini che Bertolt Brecht definì "gli imprescindili", quelli cioè che hanno dedicato tutta la propria vita alla causa degli sfruttati e degli oppressi, alla causa della rivoluzione e del socialismo.
 
Nato il 18 giugno 1882 a Kovachevtzi, in Bulgaria. svolse un ruolo molto importante nella direzione degli scioperi che si svolsero dal 1908 al 1913, in qualità di segretario dell’Unione Generale Sindacale Operaia della Bulgaria. Quando la Bulgaria entrò in guerra, nel settembre 1915, prese posizione contro la mobilitazione ordinata dal governo e venne arrestato.
 
A seguito di grandi mobilitazioni di massa che esigono la liberazione di Dimitrov e di tutti i soldati e ufficiali condannati, esce dal carcere nel dicembre 1918. Il 23 settembre 1923, sotto la direzione del Partito Comunista Bulgaro, cominciò una rivolta contro il regime fascista che aveva preso il potere nel giugno dello stesso anno. Fu la prima rivolta armata contro un regime fascista. La rivolta durò un’intera settimana. Quando fu schiacciata, Dimitrov abbandonò il paese e visse per 10 anni all’estero. Come membro dell’ Esecutivo dell ’ Internazionale Comunista, svolse un’intensa attività soprattutto a Vienna e a Berlino.
 
Il processo di Lipsia
 
Nella notte fra il 27 e il 28 febbraio 1933, Dimitrov viaggiava sul treno Monaco-Berlino. Dalla lettura dei giornali apprese dell’incendio del Reichstag. Per Dimitrov non c’erano dubbi che si trattava dell’attesa provocazione fascista.
 
Questa provocazione serviva ai nazisti alla vigilia delle elezioni parlamentari. La caccia al Partito Comunista e alle forze democratiche iniziò la notte stessa dell’incendio. Migliaia di comunisti, socialdemocratici, pacifisti, progressisti, intellettuali, giornalisti, furono arrestati.
 
Dimitrov cercava di terminare il suo lavoro e trasferirsi in un altro paese quando, il 9 marzo 1933, fu arrestato, insieme a Blagoi Popov e Vasil Tanev, altri due rivoluzionari bulgari. Viene arrestato anche un olandese, Van der Lubbe, che non aveva niente a che fare con la politica, ma fu scelto come capro espiatorio dai nazisti. Il presidente del gruppo parlamentare comunista al Reichstag, Ernesto Torgler, si presentò alla polizia per smentire la sua partecipazione e quella dei comunisti nell’incendio, e fu anch’egli arrestato.
 
Intanto Dimitrov, durante i sei mesi trascorsi fra l’incendio e l’apertura del processo, viene tenuto in carcere ammanettato, di giorno e di notte. In queste condizioni, egli studia le leggi della Germania e la lingua tedesca. Lavora nella sua cella da 10 a 11 ore al giorno.
 
Famosi giuristi bulgari, tedeschi, francesi, americani erano disposti a difendere Dimitrov. Ma il Tribunale Imperiale non permise che ci fosse altro difensore che quello designato d’ufficio.
 
A questo punto, Dimitrov decide di prendere in mano la propria difesa e, con acute domande, riesce a smascherare i falsi testimoni dell’accusa.
 
I capi nazisti erano preoccupati, perché il processo si stava rivolgendo contro di loro. Per salvare la situazione, appaiono nel processo come testimoni i ministri fascisti Goring e Goebbels. Goring, l’uomo più potente dopo Hitler nella Germania nazista, fa un discorso accusatorio della durata di un’ora e mezza.
 
Dopodiché, Dimitrov inizia a interrogare anche questo "testimone" dell’accusa. Dimitrov chiede a Goring perché come ministro dell’interno ha emesso un comunicato alla stampa il 28 febbraio, in cui si afferma che Van der Lubbe aveva una tessera del partito comunista, mentre davanti al tribunale gli agenti della polizia criminale hanno dichiarato unanimemente che questa tessera non esisteva.
 
L’arrogante ministro perde subito il controllo dei nervi e comincia a gridare, alzando i pugni chiusi verso l’accusato, che il partito comunista è un partito di criminali, che dev’essere distrutto. Nella sua rabbia, Goring continua a lanciare ingiurie e minacce e Dimitrov tranquillamente gli risponde: "sono molto contento della risposta del signor ministro." Il presidente fa cacciare dall’aula Dimitrov, che, mentre viene portato via, dice: - "Ha paura delle mie domande, signor ministro?" Goring, che ormai ha perso ogni controllo, continua a gridare: - Io non ho paura di lei. Aspetti un po’, presto cadrà nelle mie mani quando uscirà da questo tribunale. In tutto il mondo c’era una grande indignazione per questa scena selvaggia. La stampa di tutti i paesi, compresa quella conservatrice, diede una valutazione molto negativa del tribunale fascista.
 
L’eco del duello fra Dimitrov e i gerarchi nazisti risuonò in tutto il mondo. Il giornale belga Peuple scriveva il 14 novembre:
"In mezzo all’abbattimento generale per il terrore dominante ci si sente vivificati, consolati, ricordando il comportamento orgoglioso di questo comunista bulgaro di fronte al tribunale di Lipsia".
 
E il giornale socialdemocratico austriaco Arbeiter Zeitung:
"Raramente si è visto qualcosa tanto commovente, tanto emozionante e incoraggiante come la lotta di quest’uomo contro i gerarchi tedeschi".
 
Il processo di Lipsia terminò con l’autodifesa di Dimitrov. L’autodifesa di Dimitrov dinanzi al tribunale fascista di Lipsia rappresenta una delle pagine più luminose nella storia del movimento comunista.
 
"Difendo me stesso come comunista accusato. Difendo il mio onore personale di comunista, il mio onore di rivoluzionario. Difendo le mie idee, le mie convinzioni comuniste. Difendo il senso e il contenuto della mia vita."
 
Dimitrov seppe utilizzare la stessa sede del tribunale fascista come una tribuna dalla quale rivolgere un appello ai lavoratori e ai democratici di tutto il mondo per la lotta contro il fascismo. Il 23 dicembre viene pronunciata la sentenza. I tre rivoluzionari bulgari e Torgler vengono assolti mentre Van der Lubbe viene condannato alla pena capitale. Tuttavia i tre bulgari non vengono rimessi in libertà. Goring, ridicolizzato durante il processo, cercava l’opportunità di mettere in atto le sue minacce.
 
Vincitore nel duello contro il fascismo
 
In tutti i paesi si organizzano grandi manifestazioni di massa per esigere la liberazione dei tre rivoluzionari. Alla fine, l’intervento del governo sovietico – che decide di concedere la cittadinanza a Dimitrov – sblocca la situazione.
Il prestigio internazionale dell’Unione Sovietica, insieme alla grande mobilitazione delle organizzazioni antifasciste di tutti i paesi, fanno pendere la bilancia a suo favore.
 
Hitler, che non si era ancora completamente consolidato nel potere, temendo ripercussioni internazionali sfavorevoli, è costretto a cedere. Il 22 febbraio 1934 Dimitrov viene liberato. La stessa notte tutte le stazioni radio del mondo trasmettono l’annuncio della liberazione di Dimitrov e dell’entusiasta e festoso ricevimento che gli tributa la capitale sovietica.
 
Rispondendo ai primi entusiasti saluti e alle congratulazioni per il suo comportamento esemplare, Dimitrov risponde con semplicità: - Ho compiuto il mio dovere.
 
Giorgio Dimitrov, assestando un colpo demolitore al fascismo, dimostrò che i fascisti tedeschi potevano essere sconfitti.
Egli ricordò che a Lipsia si era dimostrato che il fascismo non è invincibile ma, se le forze dei lavoratori sono divise, saranno sconfitte.
Tredici anni dopo la conclusione del processo di Lipsia, il verdetto del tribunale di Norimberga, condannando i criminali nazisti, rivelò le loro responsabilità nella mostruosa provocazione dell’incendio del Reichstag.
 
Nel 1946, Dimitrov dichiarò in una conferenza stampa:
 "Non esistono profeti in questo mondo. Neanche io, naturalmente, mi consideravo un profeta durante il processo di Lipsia. Però quando nel 1933 Goring, questo governante onnipotente della Germania, agitava la sua spada nel tribunale sopra la mia testa, io ero profondamente convinto che prima o poi l’odiata Germania hitleriana sarebbe affondata insieme con Hitler e Goring. Proprio questa convinzione incrollabile mi dava maggiore forza morale per resistere a tutto l’orrore al quale fui sottoposto.
Hitler e Goring volevano annientare il comunismo. Hitler e la sua banda di barbari volevano annientare la democrazia mondiale, volevano annientare l’Unione Sovietica, imporre la loro tirannia a tutto il mondo. Però non poterono distruggere il comunismo.
Al contrario, il comunismo accrebbe le sue forze in tutti i paesi…Essi, chiaramente, non poterono distruggere l’Unione Sovietica. Al contrario, il grande paese del socialismo divenne cento volte più forte, più potente, moralmente, politicamente e materialmente."
(Dalla dichiarazione fatta ai giornalisti francesi sul processo di Norimberga, 26 settembre 1946)
 
Il VII Congresso dell’Internazionale Comunista
 
Il 2 agosto 1935, a Mosca, Giorgio Dimitrov presenta il Rapporto di apertura al VII Congresso dell’Internazionale Comunista.
Il VII Congresso è il Congresso in cui si esamina la nuova situazione creata dalla vittoria del fascismo in diversi paesi europei.
In questo Congresso viene elaborata la tattica dei Fronti Popolari, come strumenti per unire le più vaste masse popolari nella lotta contro il nemico principale del momento : il fascismo.
 
Perché la vittoria del fascismo e che cos’è il fascismo: sono due domande alle quali bisogna rispondere. Le sfere imperialistiche tentano di scaricare tutto il peso della crisi sulle spalle dei lavoratori – afferma Dimitrov – e per questo hanno bisogno del fascismo.
 
C’erano diverse idee riguardo alla natura del fascismo. Secondo il socialdemocratico Otto Bauer, il fascismo sarebbe una forma di potere statale "al di sopra di tutte e due le classi, il proletariato e la borghesia". Per il socialista inglese Brailsford il fascismo era "la piccola borghesia insorta che si è impadronita della macchina statale".
 
No – risponde Dimitrov – "il fascismo non è né un potere al di sopra delle classi, né il potere della piccola borghesia o del sottoproletariato sul capitale finanziario. Il fascismo è il potere dello stesso capitale finanziario. Il fascismo al potere, come lo ha definito la XIII Sessione plenaria del Comitato Esecutivo dell’Internazionale Comunista, è la dittatura terroristica aperta degli elementi più reazionari, più sciovinisti e più imperialisti del capitale finanziario".  
(Giorgio Dimitrov, Questioni del fronte unico e del fronte popolare, edizioni Nuova Cultura, p.2)
 
E’ inevitabile la vittoria del fascismo? – si chiede Dimitrov – e risponde che non è inevitabile, ma che il fascismo è giunto al potere perché la classe operaia e le masse popolari si trovarono divise a causa della politica di collaborazione di classe della socialdemocrazia con la borghesia monopolistica. Esemplare era la situazione dell’ Austria, dove la socialdemocrazia aveva salde posizioni nell’esercito e nell’apparato statale e avrebbe potuto soffocare sul nascere il fascismo nascente.
 
Ma i socialdemocratici cedettero le posizioni conquistate, permisero alle forze reazionarie di rafforzarsi, di abrogare la Costituzione, di epurare l’esercito e la polizia dai militanti socialdemocratici.
 
Il pericolo del settarismo
 
Ma se i capi della socialdemocrazia portavano le più grosse responsabilità per la vittoria del fascismo, non c’è dubbio che in diversi paesi i partiti comunisti avevano commesso degli errori, anche gravi, soprattutto di settarismo.
 
Il VII Congresso dell’ Internazionale Comunista fu anche il Congresso in cui si misero in evidenza spietatamente questi errori e si procedette ad un aggiustamento della tattica dei partiti comunisti.
 
"Noi non temiamo – affermò Dimitrov – di mettere apertamente in rilievo gli errori, le debolezze e i difetti che si manifestano nelle nostre file, perché siamo un partito rivoluzionario, che sa di poter svilupparsi, crescere e adempiere ai suoi compiti soltanto a condizione di sbarazzarsi di tutto ciò che impedisce il suo sviluppo".
(G.Dimitrov, op.cit., p.158)
 
Gruppetti ultrasinistri e anarco-trotzkisti attaccavano la politica dell’Internazionale, affermando che aveva compiuto una "svolta a destra". Dimitrov risponde in questo modo:
"Vi sono dei sapientoni ai quali sembra che tutto questo sia una ritirata dalle nostre posizioni di principio, una specie di svolta a destra rispetto alla politica del bolscevismo. Questo ci interessa poco…Non saremmo dei marxisti rivoluzionari, dei leninisti, dei degni allievi di Marx, di Engels, di Lenin e di Stalin, se non sapessimo rimaneggiare tutta la nostra politica e la nostra tattica in conformità delle modificazioni avvenute nella situazione e degli spostamenti prodottisi nel movimento operaio mondiale".
(G.Dimitrov, op. cit., pp.97-100)
 
Dimitrov punta il dito sul settarismo come uno dei peggiori limiti nell’azione dei partiti comunisti.
"Il settarismo pieno di boria non vuole e non può comprendere che la direzione della classe operaia da parte del partito comunista non si ottiene automaticamente…per conquistarla bisogna non già declamare sulla funzione dirigente dei comunisti, ma con il proprio lavoro quotidiano di massa e con una giusta politica meritarsi, conquistarsi la fiducia delle masse operaie".
(G.Dimitrov, op. cit., pp.89-90)
 
Nella nuova situazione determinata dall’offensiva del fascismo, i comunisti devono realizzare una politica capace di unire tutti gli strati sociali che possono essere mobilitati contro il fascismo, per creare in tutti i paesi dei vasti Fronti Popolari.
 
A questo scopo, non bisogna avere paura di scendere sul terreno della difesa delle stesse libertà democratiche borghesi perché le masse lavoratrici, in molti paesi capitalisti, devono scegliere in concreto, per il momento presente, "non già tra la dittatura proletaria e la democrazia borghese, ma tra la democrazia borghese e il fascismo".
 
Pur essendo dei partigiani della democrazia sovietica – afferma Dimitrov – noi difenderemo "palmo a palmo le conquiste che la classe operaia ha strappato in anni di lotta accanita, e lotteremo decisamente perché siano estese".
 
Gli insegnamenti di Dimitrov e dell’Internazionale Comunista sono oggi di grande attualità, nel momento in cui la borghesia monopolista ricorre al fascismo e alla fascistizzazione per stroncare la resistenza delle masse popolari, per cancellare gli stessi diritti e libertà democratiche conquistati con decenni di lotte. L’Europa è piena di regimi reazionari e antipopolari, che fanno dell’attacco alle condizioni di vita dei proletari l’elemento qualificante della loro azione politica. Come negli anni ’30, si è scatenata una campagna di attacco ai comunisti e alle forze democratiche, in alcuni paesi i comunisti operano in condizioni di illegalità o di semi-illegalità.
 
In Italia la Fiat, con la complicità dei sindacati collaborazionisti e dei partiti della falsa sinistra, ha cancellato diritti che erano consolidati da decenni. Lo stesso diritto di sciopero viene cancellato dall’infame accordo capestro sullo stabilimento di Pomigliano d’ Arco. Non a caso Marchionne è stato elogiato con parole entusiastiche dal capo dell’imperialismo americano.
 
Dimitrov ci insegna che i comunisti, in determinate circostanze, devono difendere strenuamente le stesse libertà democratiche borghesi, che non ci sono state regalate dai padroni, ma sono state conquistate a prezzo di decenni di lotte e di sangue.
 
Unire la difesa dei principi alla capacità di elaborare una tattica duttile che consenta di applicare i principi universali alla situazione concreta di ogni paese. Allo stesso tempo, bisogna ripetere instancabilmente in ogni assemblea operaia, in ogni riunione di massa, che solo l’abbattimento del sistema capitalistico di oppressione e di sfruttamento darà la vera libertà alle masse lavoratrici e popolari.
 
Il marxismo-leninismo rappresenta la bussola fondamentale per orientarsi nelle più difficili situazioni. Nella scienza marxista-leninista è possibile trovare le risposte a tutti i grandi problemi dell’umanità.
 
Ma i comunisti non possono limitarsi a predicare dei principi generali, devono imparare a "navigare nelle acque tempestose della lotta di classe e non rimanere sulla riva come osservatori a registrare l’approssimarsi delle onde, in attesa del bel tempo". (Dimitrov – Rapporto al VII Congresso dell’ I.C.)
 
Per tutti coloro che sono impegnati nel difficile lavoro di ricostruzione dell’autentico partito rivoluzionario della classe operaia e a fronteggiare l’offensiva reazionaria della borghesia e dell’imperialismo, per i giovani che si affacciano oggi alla lotta di classe e hanno sete di conoscenza, la figura e l’opera dei grandi rivoluzionari come Giorgio Dimitrov, che hanno dedicato tutta la loro vita alla causa più nobile dell’umanità, rappresentano una fonte inesauribile di insegnamenti, di riflessione e di approfondimento sui temi sempre attuali della strategia e della tattica del proletariato nella lotta contro il fascismo e il capitalismo.
 
 

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