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La società viene salvata tanto più spesso, quanto più si restringe la cerchia dei suoi dominatori, quanto più un interesse più ristretto prevale sugli interessi più larghi.
K. Marx: Il diciotto brumaio di Luigi Bonaparte

da Accademia delle Scienze dell'URSS, Storia universale vol. VI, Teti Editore, Milano, 1975, pag. 485-494 
 
XXIX Capitolo
 
Il secondo impero in Francia
 
Il colpo di stato del 2 dicembre 1851 permise a Luigi Bonaparte di conquistare il potere e di proclamarsi poi nel 1852 imperatore col nome di Napoleone III. Nella storia della Francia iniziò un periodo che venne chiamato, per analogia coll'impero di Napoleone I, del "II impero".
 
Il regime reazionario del II impero
 
Il regime bonapartista distrusse quasi tutte le conquiste democratiche della rivoluzione del 1848. 
Sotto il pretesto della lotta contro le società segrete, il governo sciolse tutte le organizzazioni democratiche; i club politici vennero proibiti, la libertà di stampa soffocata, i giornali e le riviste d'opposizione soppressi, mentre gli altri venivano posti sotto il severo controllo della polizia; i redattori dei giornali e delle riviste venivano confermati dal Ministero degli Interni.
 
Le scuole, gli istituti d'istruzione superiore, i teatri vennero anch'essi posti sotto la sorveglianza della polizia. 
Le autorità sottoposero a persecuzioni gli insegnanti di orientamenti repubblicani. 
Un enorme apparato poliziesco controllava tutte le sfere della vita.
 
"Essi hanno soffocato il diritto, tappato la bocca alla libertà, disonorato la bandiera, calpestano il popolo e sono assai felici! " scriveva con indignazione in quegli anni Victor Hugo a proposito dei governanti bonapartisti.
 
Il sistema dell'amministrazione statale era congegnato in modo da accrescere la funzione dell'imperatore, al quale apparteneva il potere reale, e da ridurre a nulla il valore delle istituzioni rappresentative. 
Queste ultime erano composte da tre camere: il Corpo legislativo elettivo, che non aveva però diritto all'iniziativa legislativa; il Senato, nominato dall'imperatore tra gli alti funzionari e il clero; e il Consiglio di stato, anch'esso nominato, che elaborava le leggi in base ai progetti che venivano presentati dall'imperatore.
 
La politica di Luigi Napoleone rifletteva gli interessi della grande borghesia francese. 
Però negli anni 50 e nella prima metà dei 60 il regime bonapartista godette l'appoggio anche da parte dei contadini ricchi e di notevole parte dei piccoli proprietari rurali.
 
"La tradizione storica - scriveva Marx - ha fatto sorgere nei contadini francesi la credenza miracolistica che un uomo chiamato Napoleone renderà loro tutto il loro splendore". 
Ma aggiungeva Marx: "La dinastia dei Bonaparte non rappresenta il contadino rivoluzionario, ma il contadino conservatore...". (K. Marx: "Il diciotto brumaio di Luigi Bonaparte", in K. Marx - F. Engels: "Il 1848 in Germania e in Francia", cit., pag. 349)
 
Soffocando spietatamente nel paese il movimento operaio e democratico, il governo del II impero adempiva alle fondamentali esigenze del gruppo dirigente reazionario della borghesia. 
Le particolarità del bonapartismo erano la concentrazione nelle mani del governo della totalità del potere e l'aspirazione ad attribuirgli una forma esterna al disopra dei partiti e delle classi.
 
Uno dei metodi per creare l'apparenza di un potere con carattere "al disopra delle classi" e "generale nazionale" erano le votazioni di tutto il popolo - i plebisciti - ai quali il governo di Napoleone III ricorse più volte. 
Attuati in condizioni di brutale terrore poliziesco, di corruzione e di frode nel computo dei voti, questi plebisciti davano al governo la possibilità di richiamarsi al consenso popolare.
 
A questi stessi fini di manovra e d'inganno delle masse popolari Napoleone III restaurò il suffragio universale (per i maschi che avevano raggiunto i 21 anni) nelle elezioni al Corpo legislativo. 
Il sistema delle candidature governative e la pressione poliziesca sugli elettori assicuravano invariabilmente la maggioranza dei posti nel Corpo legislativo ai partigiani del governo.
 
Definendo l'essenza del bonapartismo come una particolare forma di dittatura della grossa borghesia, Lenin scriveva: "...il carattere storico fondamentale del bonapartismo: il potere statale che si appoggia alla cricca militare (ai peggiori elementi dell'esercito), si destreggia fra due classi e forze avverse, che più o meno si equilibrano a vicenda" (V. I. Lenin, "L'inizio del bonapartismo", Opere, vol. 25, pag. 211). Queste due forze erano, nella Francia della metà del XIX secolo, il proletariato e la borghesia.
 
Impiegando il metodo del "bastone e della carota" il governo di Napoleone III perseguitava le organizzazioni autenticamente proletarie e nel contempo incoraggiava le società operaie "gradite" al governo, che rifuggivano dagli scioperi e accettavano nel proprio ambito (come "membri onorari") imprenditori e sacerdoti. Tali organizzazioni godevano della protezione dell'autorità e ottenevano sedi gratuite.
 
Napoleone III creò una corte sontuosa nella quale esercitavano un ruolo principale avventurieri del genere del carnefice del popolo algerino, il maresciallo Saint-Arnaud, che aveva occupato al principio degli anni 50 il Ministero della Guerra, oppure avventurieri, uomini dal passato oscuro del genere dell'ex-complice d'avventura di Luigi Napoleone, Persigny, che aveva ricevuto dall'imperatore il titolo di duca e il posto di ministro degli interni.
 
"Con il denaro in una mano e il ferro nell'altra sapremo condurre lontano il paese dietro di noi" - diceva cinicamente Persigny, spiegando la politica del governo bonapartista, che tendeva a unire la corruzione col terrore.
 
Il compimento della rivoluzione industriale
 
Negli anni 50 e 60 si compì in Francia la rivoluzione industriale e cominciò il rapido sviluppo del capitalismo. 
L'introduzione delle macchine nella produzione, che si era verificata fino allora soltanto in singoli rami dell'industria, si estese adesso a tutti i rami principali.
 
Le macchine incominciarono a penetrare nell'agricoltura. 
Il numero totale dei motori a vapore impiegati nell'economia della Francia e la loro potenza erano aumentati negli anni del II impero di circa quattro volte. 
Sulla base del largo impiego della tecnica delle macchine, la produzione industriale era cresciuta in questo periodo di quasi tre volte, e in taluni rami ancora di più, benché, come per il passato, fosse in complesso notevolmente arretrata rispetto all'Inghilterra.
 
Un grande ruolo nello sviluppo della metallurgia ebbe la domanda di metallo dovuta allo sviluppo intenso della costruzione di ferrovie. 
La produzione del ferro e dell'acciaio si elevò dalle 320 mila tonnellate del 1852 a 904 mila tonnellate nel 1869, cioè di quasi tre volte. 
Crebbe notevolmente la produzione dell'industria del cotone, della lana e della seta.
 
Nell'industria avveniva un processo di concentrazione della produzione. 
Nell'impresa metallurgica Schneider a Le Creusot alla fine degli anni 60 lavoravano circa diecimila operai. 
Le grosse imprese occupavano una posizione dominante in Alsazia e anche a Rouen, Lille e in molte altre città industriali. 
Il processo di concentrazione del capitale avveniva rapidamente: alla fine degli anni 60 numerose compagnie ferroviarie si fusero in sei società. 
 
Ma accanto all'industria tecnicamente attrezzata continuavano ad avere un grande peso la piccola e media industria. 
L'industria leggera, per numero di operai e volume di produzione, superava notevolmente l'industria pesante. 
Aumentava rapidamente la popolazione delle città, in particolare di quelle grandi. Parigi contava nel 1871 più di 1.800.000 abitanti; Lione 320.000, e così via.
 
L'economia del II impero era caratterizzata dalle speculazioni finanziarie, dal consolidamento del potere del capitale finanziario e dall'onnipotenza della Borsa. 
Proprio in questo periodo sorsero banche potenti. 
Così nel 1863 venne fondato il Credito Lionese, nel 1864 la banca di deposito "Società generale per lo sviluppo del commercio e dell'industria in Francia", e nel 1865 (con la fusione di una serie di banche), il "Credito agricolo francese".
 
Il processo di concentrazione del capitale finanziario, l'accumulazione di enormi ricchezze nelle mani di un pugno di finanzieri, avveniva assai più rapidamente dello sviluppo dell'industria. La Borsa parigina era divenuta uno dei centri cui si rivolgevano alla ricerca di prestiti i capitalisti e i governi di molti paesi europei ed extraeuropei.
 
Si ebbe anche un certo progresso nell'economia agricola: si elevò la resa delle colture tecniche, si estese la superficie seminata e migliorò l'allevamento del bestiame.
L'aumento del capitalismo nell'economia agricola accelerò la stratificazione dei contadini. 
La distribuzione della proprietà fondiaria era caratterizzata dalla grande frammentarietà: nel 1851 il numero dei proprietari terrieri era di circa otto milioni, ma circa 600 mila di essi si trovavano al limite della miseria.
 
Assieme al frazionamento degli appezzamenti agricoli si rafforzò la dipendenza dei contadini poveri dai ricchi della campagna e dagli usurai e la rovina e l'immiserimento dei contadini parcellari.
Schiacciati dai debiti, essi non avevano la possibilità di migliorare la coltivazione, di introdurre macchine e continuavano a condurre l'azienda con metodi arretrati.
 
Nel 1857 la Francia, come altri paesi capitalisti fu colpita da una acuta crisi economica che provoco una forte contrazione della produzione nei più importanti rami dell'industria. Verso il 1859-1860 la crisi fu superata e si aprì un nuovo periodo di espansione. 
La successiva crisi ciclica arrivò nel 1866-1867, fu però più debole della precedente e si manifesto più nella sfera del credito che in quella della produzione.
 
Negli anni 50-60 crebbe notevolmente il numero degli operai dell'industria; durante gli anni 60 nella sola Parigi l'aumento fu di 100 mila. 
La classe operaia si era arricchita dell'esperienza delle lotte rivoluzionarie degli anni 1848-1849 e si era temprata negli scioperi e nei frequenti scontri con le autorità.
 
Lo sfruttamento della classe operaia da parte della borghesia si intensificava. 
Per esempio, il rendimento giornaliero dei minatori nell'industria carbonifera era nel 1851 di 653 kg di carbone mentre nel 1869 era già di 777 kg.
 
Un analogo quadro si osserva anche negli altri rami della produzione. 
Con il sostegno del governo gli industriali poterono ottenere l'aumento della durata della giornata lavorativa. 
In vari rami della produzione fu abolita ogni limitazione.
 
Il salario nominale venne alquanto elevato, aumentarono però ancor più i prezzi dei prodotti alimentari, degli affitti, e in conclusione il salario reale dell'operaio rimase al livello del passato e, in alcune regioni e rami dell'industria, venne perfino ridotto.
 
Il lavoro delle donne e dei fanciulli veniva spietatamente sfruttato.
Nel dipartimento del Pas-de-Calais, ragazzi di 10 anni lavoravano nelle profonde miniere. La loro situazione, secondo l'opinione di testimoni oculari, era peggiore di quella degli schiavi. "Lavorando 15-16 ore al giorno essi guadagnano appena per il pane", scrivevano in un loro rapporto i membri di una commissione d'inchiesta che avevano indagato sulle condizioni di lavoro dei fanciulli. 
Molti ragazzi e adolescenti non avevano la possibilità di frequentare la scuola.  
Le merlettaie (tra cui fanciulle di sette anni) dei laboratori della regione di Arras lavoravano 13 ore e più in angusti e soffocanti edifici. 
Conseguenza di queste micidiali condizioni di lavoro era la diffusione tra i fanciulli e le fanciulle occupati in questi lavori delle malattie di massa (tra cui la deviazione della colonna vertebrate, la tubercolosi e così via). 
 
Il pubblicista democratico Roches definiva "massacratrici di uomini" le compagnie ferroviarie che sfruttavano duramente gli operai, obbligandoli a lavorare 16-18 ore per turno. Era largamente praticato in quegli anni il sistema delle multe abusive per ogni trasgressione dei regolamenti di fabbrica, multe che riducevano fortemente il salario degli operai.
 
L'aumento della grande produzione accelerò la rovina degli artigiani, dei bottegai e degli altri gruppi della piccola borghesia. 
La concorrenza delle imprese industriali e l'apparizione per la prima volta di magazzini universali portò al peggioramento delle condizioni dei "ceti medi", che rappresentavano un notevole strato della popolazione francese.
 
I contrasti sociali divennero più profondi. 
In seguito alla ricostruzione di Parigi vennero demolite molte strade strette, venne aperto l'anello dei grandi boulevards, furono costruite nuove stazioni, palazzi, chiese.Uno degli scopi di questa ricostruzione era l'ampliamento delle strade e delle piazze per facilitare le operazioni delle truppe nel soffocamento delle insurrezioni. 
Nei grandi boulevards sorsero meravigliose case per i ricchi. Accanto a queste molti lavoratori continuavano ad alloggiare in misere stamberghe. Anche altre città furono ricostruite. 
Un pugno di capitalisti, in particolare i fornitori di materiali da costruzione, si arricchirono in quelle imprese, accumulando enormi sostanze. 
Nello stesso tempo si elevava ancor più l'affitto delle abitazioni.
 
La politica estera del II impero negli anni 50
 
"L'impero è la pace", dichiarò nel 1852, in uno dei suoi discorsi, Napoleone III. 
Nonostante questo apparente desiderio di pace, il II impero conduceva quasi ininterrottamente guerre di conquista e di rapina per soddisfare gli interessi dei grossi finanzieri, degli industriali e degli affaristi della Borsa, che erano assetati di ricchezze, di nuovi mercati di smercio e di fonti di materie prime.
 
Le guerre rispondevano anche agli interessi dinastici di Napoleone III. 
Con l'instabilità della situazione interna del II impero, le guerre vittoriose divenivano una indifferibile condizione della sua esistenza.
 
Dapprima Napoleone III trascinò la Francia nella guerra contro la Russia (guerra di Crimea 1853-1856). 
Questa guerra impose alla Francia molte perdite sia di uomini che di materiali, e non le dette nessun vantaggio reale.
 
Per la Francia questa guerra non era necessaria. 
Essa doveva soltanto rafforzare la posizione di Napoleone III sul trono.
 
Nel congresso di Parigi del 1856 la Francia esordì nel ruolo di più influente potenza d'Europa. 
Nel 1856-1857 ci fu un avvicinamento tra la Francia e la Russia. 
La Francia voleva assicurarsi il concorso della Russia contro l'Inghilterra, dato che la rivalità anglo-francese in Europa e nelle colonie aveva raggiunto allora una grande acutezza.
 
L'attentato a Napoleone III, attuato all'inizio del 1858 dal rivoluzionario italiano Orsini, fu motivo di un ulteriore brusco aggravamento nei rapporti anglo-francesi, perché Orsini era arrivato a Parigi da Londra con bombe di fabbricazione inglese. 
La stampa governativa francese accusò l'Inghilterra di connivenza e richiese "atti decisivi" nei suoi confronti. 
Il rumore sollevato, in coincidenza con questo episodio, però si acquietò in breve.
 
Il peggioramento dei rapporti anglo-francesi favorì tuttavia la conclusione, il 3 marzo 1859, di un accordo segreto tra Francia e Russia, secondo il quale Napoleone III si obbligava a sostenere le aspirazioni del governo russo di affrancarsi dalle clausole del trattato di Parigi, che vietava alla Russia di mantenere una flotta nel Mar Nero, mentre la Russia prometteva alla Francia l'appoggio diplomatico contro l'Austria.
 
Nella guerra che la Francia, alleata con il regno di Sardegna, iniziò nell'aprile 1859 contro l'Austria, il governo di Napoleone III perseguiva fini di conquista. 
Nelle battaglie di Solferino e di Magenta le truppe italo-francesi sconfissero quelle austriache.
 
Ma Napoleone III ingannò i suoi alleati italiani; l'accordo separato di Napoleone con l'Austria, che lasciava nelle mani degli austriaci la regione veneta, l'annessione alla Francia della Savoia e di Nizza, gia facenti parte del regno di Sardegna, e infine l'occupazione di Roma da parte delle truppe francesi, rafforzarono marcatamente il malcontento di tutte le forze nazionali italiane nei confronti della politica della Francia.
 
L'espansione coloniale della Francia
 
Contemporaneamente alle guerre in Europa, il II impero intensificò l'espansione coloniale. 
In Africa i colonialisti francesi allargarono negli anni 50 il territorio conquistato in precedenza in Algeria, aggiungendo ai possedimenti della Francia una notevole parte del Sahara e completando la sottomissione delle regioni montane. 
La politica del ripopolamento dell'Algeria con coloni dell'Europa e la presa di possesso a questo fine della terra della popolazione locale, portarono a nuove rivolte in Algeria, che le autorità francesi soffocarono con grande crudeltà. 
Le autorità coloniali francesi, nel corso di vari anni, ampliarono sistematicamente i confini dei possedimenti francesi verso il cuore dell'Africa, utilizzando le discordie tra le tribù e corrompendo gruppi di notabili.
 
Un'attiva politica coloniale fu sviluppata dal II impero nell'Estremo Oriente. 
In seguito alle guerre di aggressione del 1857-1858 e del 1860 contro la Cina, vennero imposti a questa ultima nuovi trattati ineguali, che costituivano un ulteriore passo sulla via dell'asservimento del popolo cinese da parte del capitale dell'Europa occidentale. 
Nel 1858 le truppe francesi, con il pretesto della difesa dei missionari cattolici, penetrarono nel Vietnam, che era vassallo della Cina. 
 
Il Vietnam attraversava in quel periodo serie difficoltà interne. 
L'aristocrazia feudale, che aveva concentrato nelle proprie mani una notevole parte della terra del paese, aveva sferrato un attacco alle terre delle comunità rurali. 
La dinastia degli Nguyen tentava di contenere i feudatari e di rafforzare il potere centrale. 
A questo fine, nel 1840, il governo ordinò con uno speciale editto di restituire alle comunità le terre loro sottratte. 
I contadini, che sopportavano la duplice oppressione dei feudatari locali e del potere centrale, combattevano per la terra contro i tributi e le tasse rovinose. 
Nel corso degli anni 30 e 40 si verificarono nel Vietnam potenti rivolte contadine, che vennero soffocate con difficoltà dal governo.
 
L'arretratezza feudale del paese, le discordie intestine, la lotta delle cricche governanti, ma anche le difficoltà esterne e in particolare la lotta con il Siam, favorirono il compito dei colonialisti francesi. 
 
La conquista del Vietnam non risultò però un compito facile. 
Le truppe francesi, sbarcate nel settembre 1858 nella baia di Touran (Da Nang), vennero a trovarsi in una difficile situazione. 
La resistenza della popolazione locale non permise all'esercito di occupazione di spingersi verso la capitale del Vietnam, Hue. 
Il clima tropicale e le malattie falciavano le file dei francesi.
 
Nel paese si era accesa la guerra partigiana, alla cui testa si posero i contadini. 
In questa situazione la cricca feudale dominante passò al tradimento diretto del proprio popolo: il governo del Vietnam concluse nel giugno 1862 un trattato che trasferiva alla Francia le tre province meridionali e l'isola di Pulo Condore. 
Le navi mercantili e da guerra francesi ottennero il diritto di muoversi liberamente lungo il flume Mekong, mentre venivano aperti tre porti per il commercio francese. 
Oltre a questo, il Vietnam si obbligava a pagare ai francesi l'enorme somma di 4 milioni di dollari d'argento. 
Nel 1863 la Francia stabiliva il protettorato sulla Cambogia, che confinava col Vietnam. 
Nel 1867 tutto il Vietnam meridionale era diventato una colonia francese.
 
A seguito di tali conquiste i possedimenti coloniali della Francia, nel 1860, comprendevano un territorio di 900 mila chilometri quadrati, sui quali vivevano più di 6 milioni di persone.
 
Il passaggio all' "impero liberale"
 
Fintanto che l'economia della Francia era in ascesa, fintanto che le guerre portarono vittorie al governo del II impero, e agli speculatori di Borsa, ai grossi industriali e alla grande borghesia grossi guadagni, fintanto che le forze rivoluzionarie del proletariato sembravano fiaccate e ogni opposizione soffocata, molti contemporanei erano inclini a considerare il regime bonapartista assai solido. 
Ma già la crisi economica mondiale del 1857, che aveva colpito fortemente la Francia e aveva provocato il fallimento di molte imprese, la crescente disoccupazione, la rovina e l'impoverimento dei ceti medi avevano generato un diffuso malcontento nel paese.
 
Nel 1858 le autorità notarono con allarme che fra gli operai, all'epoca del processo contro Orsini, si sentivano su Napoleone III commenti del tipo: "Come mi dispiace che quel porco sia sopravvissuto". 
In coincidenza con l'attentato ebbe inizio una nuova ondata di repressioni poliziesche. 
Con il pretesto della difesa della sicurezza pubblica "le autorità effettuarono numerosi arresti di persone di tendenze favorevoli all'opposizione, benché non avessero assolutamente partecipato all'attentato. 
Lo scatenamento del terrore poliziesco provocò un generale malcontento e dette la spinta al risorgere dell'agitazione repubblicana.
 
Nel 1860 la Francia concluse un nuovo trattato commerciale con l'Inghilterra che stabiliva una rilevante riduzione delle tariffe doganali per le esportazioni reciproche tra i due paesi. 
Questo trattato risultò svantaggioso per vari rami dell'industria francese, che furono danneggiati dalla concorrenza inglese. 
Per questo esso generò il forte malcontento della borghesia francese che voleva la protezione doganale dell'industria.
 
Scontrandosi con seri sintomi di indebolimento delle proprie posizioni, il regime bonapartista dovette ricorrere in misura più accentuata a una politica interna più manovrata. Il periodo della storia francese successivo al 1860 prese il nome di "impero liberale".
 
Il primo passo di questo "liberalismo" fu un certo ampliamento dei poteri del Corpo legislativo. 
Il governo tentò di allettare anche la classe operaia cercando di attirarla dalla sua parte. 
Gli agenti bonapartisti e i giornali governativi dipingevano falsamente Napoleone III come "difensore degli interessi degli operai". 
Ci furono anche dei casi in cui i circoli governativi andarono incontro a certe richieste degli operai; così nel 1862, in coincidenza con gli scioperi dei tipografi di Parigi, provocati dalla diminuzione del salario nelle tipografie private, venne dimostrativamente elevato il salario degli operai della Tipografia nazionale. 
Nel 1864 il governo abolì la legge Le Chapelier odiata dagli operai, che proibiva gli scioperi e le associazioni. 
Tuttavia anche dopo la abolizione di questa legge i partecipanti agli scioperi continuarono a essere perseguitati.
 
Il movimento operaio
 
Il proletariato francese non si dimostrò sensibile agli allettamenti demagogici delle autorità bonapartiste. 
Dall'inizio degli anni 60 il movimento operaio entrò in un periodo di ascesa, e sorsero varie nuove organizzazioni professionali. 
Nelle elezioni del Corpo legislativo del 1864 gli operai parigini presentarono una propria lista di "candidature operaie", sottolineando con questo la propria ostilità sia verso il regime dell'impero che verso l'opposizione liberal-borghese.
 
Nelle file del movimento operaio francese la maggiore influenza era esercitata in questo periodo da due raggruppamenti: i proudhonisti e i blanquisti. 
 
I seguaci di Proudhon distraevano gli operai dalla lotta di classe; essi si opponevano alla partecipazione degli operai alla vita politica, ponendo tutte le speranze nelle società operaie di mutuo soccorso e cooperative. 
Gli spostamenti che erano avvenuti nel movimento operaio francese negli anni 60 sotto l'influenza dell'esperienza della lotta di classe, portarono all'emancipazione degli operai d'avanguardia dall'influenza del proudhonismo. 
Nelle file del proudhonismo francese si formò un'ala sinistra di socialisti collettivisti (essi comunemente venivano chiamati proudhonisti di sinistra) che si battevano per la proprietà collettiva dei mezzi e degli strumenti di produzione e riconoscevano la necessità della lotta politica della classe operaia. 
Alla testa di questo gruppo stava l'operaio rilegatore Eugene Varlin, coraggioso combattente per la causa della classe operaia.
 
I blanquisti rappresentavano un gruppo poco numeroso, all'interno del quale predominavano gli intellettuali. 
I blanquisti avevano dei meriti nel campo della lotta rivoluzionaria contro il II impero ma, concentrando tutta la loro attenzione esclusivamente sulla lotta politica, essi non davano importanza al movimento operaio di massa, alla creazione delle associazioni operaie (sindacati), all'organizzazione degli scioperi e così via.
 
I due gruppi, proudhonisti e blanquisti, erano fortemente contagiati da illusioni piccolo-borghesi e non erano capaci di assicurare la giusta guida alla lotta di classe del proletariato. 
Gli operai progressisti francesi, accanto agli operai progressisti dell'Inghilterra e degli altri paesi, prendevano parte attiva all'organizzazione e all'attività dell'Associazione Internazionale dei Lavoratori. 
Dal 1865, a Parigi e poi in altre città della Francia, incominciarono a sorgere sezioni dell'Internazionale.
 
Gli insuccessi della politica estera di Napoleone III negli anni 60
 
La seconda meta degli anni 60 è caratterizzata da una serie di gravi errori del II impero nel campo della politica estera. 
La politica di Napoleone III ebbe conseguenze particolarmente gravi in occasione della guerra austro-prussiana del 1866. 
La neutralità della Francia facilitò la vittoria della Prussia sopra l'Austria. 
Ma dopo la creazione, nel 1867, della Confederazione della Germania del Nord, Bismarck si rifiutò categoricamente di adempiere alla promessa fatta in precedenza a Napoleone III di compensare la Francia.
 
Un grave colpo fu arrecato al prestigio del II impero dal fallimento dell'avventura messicana. 
La spedizione militare francese nel Messico venne intrapresa nel 1862 per l'insistenza dei grossi finanzieri e di influenti dignitari interessati (insisteva particolarmente per questa avventura il fratellastro dell'imperatore, duca di Morny). 
Il governo di Napoleone III pose come proprio fine la trasformazione del Messico, con le sue ricche risorse naturali, con le sue piantagioni e le miniere di stagno e d'argento, in una colonia della Francia. 
 
La conquista del Messico doveva rappresentare nelle intenzioni degli ideatori dell'impresa un passo verso la creazione di un ampio impero dipendente dalla Francia. 
I tentativi di realizzare questo piano avventuristico provocarono un fortissimo malcontento in Inghilterra e negli Stati Uniti d'America e portarono a una lunga guerra coloniale che esigette dalla Francia enormi spese materiali e fu accompagnata da perdite umane assai notevoli.
 
L'impero vassallo messicano, creato con gli sforzi dei circoli reazionari locali, dei grossi latifondisti e dell'alto clero, e con il sostegno degli interventisti francesi, risultò estremamente instabile. 
L'arciduca Massimiliano d'Austria, collocato sul trono dagli interventisti, si reggeva soltanto sulle baionette francesi. 
Nel 1867 le truppe francesi vennero richiamate dal Messico in seguito a una categorica richiesta del governo degli Stati Uniti d'America. 
L' "imperatore" Massimiliano fu rovesciato dai repubblicani messicani e fucilato a Queretaro.
 
Alla fine degli anni 60 i rapporti della Francia con la maggioranza degli Stati europei erano peggiorati sensibilmente. 
Il rifiuto di Napoleone III di adempiere ai suoi obblighi in conformità al trattato franco-russo del 1859, e il tentativo di prestare appoggio diplomatico nel 1863 alla rivoluzione polacca, orientarono contro il governo francese la Russia zarista. 
Dopo il 1867 peggiorarono nettamente anche i rapporti della Francia con la Prussia: il compimento dell'unificazione della Germania, che si stava avvicinando, preoccupava seriamente i circoli governativi francesi. 
Le avventure coloniali di Napoleone III aggravarono i rapporti con l'Inghilterra, e questo aggravamento fu favorito anche dall'apertura nel 1869 del canale di Suez, costruito nonostante l'opposizione dell'Inghilterra, e venuto a trovarsi sotto il controllo dei capitalisti francesi.
 
Conseguenze negative per la Francia ebbe anche la politica in Italia, che ostacolava il compimento dell'unificazione del paese. 
Essa allontanava dalla Francia i patrioti italiani e faceva insorgere contro di essa larghi strati del popolo italiano. 
In tale modo alla fine degli anni 60 la Francia si trovò praticamente isolata.
 
L'inasprimento della crisi interna dell'impero
 
Nel 1866 ebbe inizio in Francia una nuova crisi economica. 
Essa era accompagnata dall'ulteriore aggravamento della situazione politica interna e dal rafforzamento del movimento operaio e democratico. 
Larghi strati della piccola e media borghesia, che soffrivano per la concorrenza della grande produzione, per le speculazioni di Borsa e per l'aumento delle tasse, non nascondevano il proprio malcontento verso il regime bonapartista e la sua politica reazionaria all'interno e avventuristica all'estero.
 
I gruppi d'avanguardia degli intellettuali borghesi si agitavano attivamente contro il governo. 
Molti loro rappresentanti si unirono al gruppo dei "neo-giacobini", che erano ispirati dalle tradizioni della rivoluzione francese del XVIII secolo. 
Perfino parte della grossa borghesia, per varie cause scontenta della politica di Napoleone III, rifiutava il proprio appoggio al governo. 
Nel 1869 l'opposizione liberal-borghese ottenne una grande vittoria nelle elezioni al Corpo legislativo. 
Il numero dei deputati repubblicani aumentò, anche se fra di essi predominavano i repubblicani moderati borghesi.
 
Il governo bonapartista tentò di superare la crescente crisi politica intensificando le manovre fra le varie classi. 
A partire dal 1868 vennero introdotte alcune riforme liberali moderate. 
Il Corpo legislativo ottenne il diritto di eleggere la propria presidenza, venne allentato il controllo poliziesco sulla stampa e le riunioni.
 
Tuttavia, queste misure non ottennero i risultati attesi dal governo. 
Bastò che il governo aprisse appena leggermente le valvole di sfogo perché il malcontento che ribolliva sotterraneamente si riversasse immediatamente all'esterno.
 
Una grande impressione sui contemporanei esercitarono le opere di Victor Hugo, inconciliabile avversario del regime bonapartista. 
Mentre si trovava nell'emigrazione, Victor Hugo pubblicò nel 1852 il combattivo opuscolo satirico "Napoleone il piccolo" e nel 1853 la raccolta di versi "Il castigo", che stigmatizzavano la cricca dei bonapartisti che aveva preso il potere in Francia. 
I versi infiammati di Victor Hugo penetrarono per vie illegali in Francia e furono imparati a memoria dalla gioventù di orientamento repubblicano.
 
Negli anni 60 assunse una sensibile influenza politica la stampa democratica borghese. 
Il foglio del pubblicista Henri Rochefort "La lanterna", che usciva inizialmente in Francia e successivamente, dopo la proibizione, in Belgio e veniva distribuito clandestinamente in Francia, irrideva e denunciava mordacemente il governo e la dinastia dei Bonaparte. 
Nel 1869 Rochefort, che era stato eletto nel Corpo legislativo, cominciò a pubblicare in Francia il giornale "La Marseillaise", al quale collaboravano democratici rivoluzionari e socialisti di diversi indirizzi.
 
Una chiara manifestazione dell'aumento del malcontento sociale era rappresentato dal cosiddetto "affare Baudin", cioè dal processo al gruppo di repubblicani di sinistra portati in tribunale nel 1866 per avere organizzato una colletta per il monumento al deputato Baudin, ucciso all'epoca del colpo di stato del 2 dicembre 1851. 
Il giovane avvocato Gambetta, che intervenne al processo, pronunciò un chiaro discorso d'accusa contro il regime bonapartista e affermò che la Francia non vi si sarebbe mai rassegnata.
 
Dimensioni minacciose cominciarono ad assumere in quegli anni le lotte del proletariato. 
Nel 1869 quasi tutto il bacino della Loira fu interessato da un grande sciopero di minatori, che chiedevano la giornata lavorativa di otto ore. 
Le truppe inviate dal governo spararono sugli scioperanti. 
All'inizio del 1870, negli stabilimenti di Le Creusot scoppiò un grosso sciopero alla cui repressione parteciparono anche le truppe. 
La maschera di "amico degli operai" con cui si copriva il governo di Napoleone III venne definitivamente strappata. 
 
Dopo lo sciopero a Le Creusot seguirono altri scioperi in centri industriali. 
Nel marzo si verificò un nuovo sciopero a Le Creusot, nell'aprile avvenne uno sciopero di fonditori parigini, che si protrasse per circa quattro mesi ed ebbe l'appoggio non soltanto del proletariato francese ma anche degli operai di altri paesi. 
Contemporaneamente allo sviluppo della lotta di classe del proletariato, si rafforzava il movimento generale democratico repubblicano, nel quale un ruolo decisivo era esercitato dagli operai.
 
Nel gennaio del 1870 si svolse a Parigi una dimostrazione antigovernativa di duecentomila persone che per poco non sfociò in una insurrezione. 
Motivo di questa dimostrazione fu l'uccisione a tradimento del giornalista repubblicano Victor Noir da parte del principe Pietro Bonaparte, congiunto di Napoleone III. 
 
Il regime bonapartista tentò di frenare l'ondata montante della crisi rivoluzionaria con i mezzi ai quali più di una volta era ricorso il governo del II impero: una nuova guerra di aggressione. 
I circoli governativi della Francia speravano che una guerra vittoriosa avrebbe rafforzato il regime bonapartista pericolante, permettendogli di schiacciare l'opposizione liberale e sgominare il movimento operaio.
 
 

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