www.resistenze.org - cultura e memoria resistenti - storia - 16-04-12 - n. 405

da Secchia e Frassati, Storia della Resistenza, Editori Riuniti, Roma, 1965, pp. 929-936
trascrizione per www. resistenze. org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
 
Vigilia d'insurrezione
 
Le trattative segrete
 
Lunga sarebbe la storia delle molteplici trattative intessute, per vie diverse, dai tedeschi con gli angloamericani per arrivare ad una resa concordata. Dai primi cauti sondaggi avviati a Berlino da von Ribbentrop, probabilmente con il consenso di Hitler, sin dall'agosto 1944, sino alle iniziative personali, più o meno ufficiose, in qualche caso e per un certo tempo all'insaputa l'uno dall'altro, degli alti comandanti delle forze tedesche in Italia nell'inverno e nella primavera del 1945.
 
Il fallito attentato ad Hitler del 20 luglio, che avrebbe dovuto sfociare nel colpo di Stato, indicava già chiaramente qual'era sin dall'estate la situazione nelle alte sfere politiche e militari del terzo Reich e la loro persuasione che occorresse trovare una via d'uscita. Col precipitare degli avvenimenti, le sconfitte delle armate tedesche su tutti i fronti, il crollo della fortezza hitleriana, preannuncianti la sicura catastrofe del regime nazista, erano molti gli interessati a cercare una soluzione politica ed anche personale.
 
Ribbentrop al processo di Norimberga dichiarerà: «c'erano molte persone che avevano la grande ambizione di succedere al Fuhrer e molti avevano già pronto il loro ministro degli esteri. Hitnmler aveva il proprio, Goring aveva il proprio e Bormann aveva il proprio».
 
Le diverse iniziative da più parti portate avanti all'unico scopo di salvare il salvabile erano tutte tessute sull'identica trama di fare leva sull'anticomunismo per cercare di realizzare con gli angloamericani un compromesso alle spalle e a danno dei sovietici. Himmler partiva dalla persuasione che nella coalizione delle Nazioni Unite esistessero divergenze tali da preludere ad una spaccatura. «Cogliere l'iniziativa prima del crollo fatale, salvare il resto del Reich dalla distruzione con un compromesso dell'ultimo momento con il nemico e porre le divisioni SS a disposizione degli alleati in funzione antisovietica avrebbe potuto essere la missione del Reichsfuhrer Himmler».
 
Tale disegno era tutt'altro che infondato se si considera che Churchill stesso nel dopoguerra rivelò di aver pensato all'utilizzazione dello sconfitto esercito tedesco in funzione antisovietica: «Prima che la guerra finisse telegrafai a lord Montgomery dandogli la direttiva di essere molto cauto nel raccogliere le armi dei tedeschi in modo da poterle facilmente redistribuire ai soldati prigionieri ai quali avremmo dovuto ricorrere se i sovietici avessero continuato ad avanzare».
 
Circa i progetti dei nazisti, Churchill nella sua storia della seconda guerra mondiale scrive che essi «ad eccezione di Hitler e di pochi altri si rendevano conto che la resa era inevitabile. La questione era: a chi arrendersi? La Germania non poteva più sostenere una guerra su due fronti. La pace con i sovietici era evidentemente impossibile. Restavano gli alleati dell'occidente. Non era impossibile, argomentavano essi, scendere a patti con la Gran Bretagna e con gli Stati Uniti? Se si poteva fare una tregua in occidente, essi potevano concentrare le loro truppe contro l'avanzata sovietica. Soltanto Hitler era ostinato. Il terzo Reich era finito, egli voleva morire con esso. Ma parecchi dei suoi seguaci tentarono di avvicinare in segreto gli alleati di lingua inglese. Tutte queste proposte naturalmente furono respinte. Le nostre controproposte erano di resa incondizionata su tutti i fronti».
 
Se cosi stavano le cose non si comprende perché gli angloamericani non informarono immediatamente i sovietici dei sondaggi iniziati sin da dicembre dai comandanti tedeschi in Italia e sboccati nell'incontro di Lugano del 3 marzo 1945 tra Dolmann e Zimmer delegati dal generale Wolff, comandante supremo delle SS in Italia, con i delegati di Allen Dulles. Questi, come prova di buona fede, pose quale condizione preliminare per l'inizio delle trattative, il rilascio immediato da parte dei tedeschi di Ferruccio Parri e del maggiore Antonio Usmiani. I nazisti accettarono: Ferruccio Parri venne rilasciato la sera del 7 marzo, Usmiani il mattino dell'8 ed ambedue portati subito in Svizzera. Avendo cosi dato prova della sua buona fede, il generale delle SS, Wolff, venne ricevuto nella giornata stessa dell'8 da Allen Dulles ed assieme concordarono una prima base di discussione e le modalità dell'incontro con i comandanti militari alleati. Il 15 marzo il maggior generale Airey, capo dei servizi di informazione degli eserciti alleati in Italia, ed il maggior generale L. Lemnitzer, sottocapo di stato maggiore di Alexander, raggiunsero da Caserta, in abiti civili, Berna ed il 19 marzo si incontrarono ad Ascona con i delegati tedeschi capeggiati dal generale Wolff, iniziando le trattative vere e proprie. I tedeschi s'impegnavano ad impedire la distruzione degli impianti industriali nell'Italia del nord, a rispettare la vita degli ostaggi, a sospendere ogni azione contro i partigiani. In proposito Wolff chiese se l'impegno dovesse estendersi ai comunisti. «Egli avrebbe preferito che gli angloamericani lo avessero autorizzato a sterminare le brigate Garibaldi formate per la maggior parte di comunisti; i dislocamenti di queste formazioni partigiane erano perfettamente noti al comando germanico, che disponeva tuttora di forze più che sufficenti per un'azione a fondo».
 
Sembra che gli angloamericani, bontà loro, abbiano risposto che essi non facevano distinzione alcuna tra partigiani e partigiani. La posta in gioco era ben altra, riguardava il fronte orientale e chi avrebbe occupato la Germania.
 
Quegli incontri non sfuggirono ai sovietici che protestarono per non essere stati immediatamente informati. Chiesero di poter partecipare ai colloqui e ne ebbero un sorprendente rifiuto.
 
Il 16 marzo. Molotov inviò una nota all'ambasciatore della Gran Bretagna a Mosca precisando di aver detto che il governo sovietico non si opponeva ai colloqui con il generale Wolff a Berna, purché vi partecipassero i rappresentanti del comando sovietico. «Nel dare tale risposta, il governo sovietico non dubitava che il governo britannico avrebbe accettato la richiesta di fare partecipare ufficialmente i sovietici ai colloqui con il generale Wolff e quindi aveva nominato i suoi rappresentanti. Tale rifiuto è assolutamente inatteso e incomprensibile per il governo sovietico, considerati i rapporti di alleanza che esistono fra i due paesi. Il governo sovietico ritiene quindi impossibile dare il suo consenso ai colloqui di Berna fra i rappresentanti americani e britannici e i rappresentanti del comando tedesco e insiste sulla necessità che i colloqui vengano interrotti». Alcuni giorni dopo, il 21 marzo, Molotov consegnava all'ambasciatore inglese a Mosca un'altra nota in termini ancora più risentiti: «A Berna, da due settimane, alle spalle dell'Unione Sovietica che sta sopportando il peso vivo della guerra contro la Germania, si svolgono negoziati tra i rappresentanti dei comandi inglese e americano da una parte e i rappresentanti del comando tedesco dall'altra. Il governo sovietico ritiene ciò assolutamente inammissibile e insiste nella sua dichiarazione esposta nella mia lettera del 16 marzo».
 
Note analoghe erano state consegnate all'ambasciatore degli Stati Uniti a Mosca. Gli angloamericani spiegarono che c'era un equivoco. Secondo loro i sovietici avevano frainteso, non trattandosi ancora di negoziati, ma di un semplice assaggio; se a Berna si fosse giunti ad un accordo definitivo per una riunione da tenersi a Caserta sui particolari della capitolazione i sovietici sarebbero stati avvertiti. «II mio governo, come voi certaimente comprenderete - aggiungeva Roosevelt - deve prestare ogni possibile aiuto a tutti gli ufficiali dell'esercito operanti, ai comandanti delle forze armate alleate i quali ritengono che sia possibile costringere alla capitolazione le truppe tedesche nella loro zona. Agirei in maniera del tutto sconsiderata se assumessi un'altra posizione o se permettessi il minimo ritardo».
 
« Non solo non sono contrario - rispondeva Stalin a Roosevelt il 29 marzo - ma anzi sono pienamente favorevole a sfruttare tutte le occasioni di disgregazione delle armate tedesche, ad affrettarne la capitolazione in qualsiasi settore del fronte e ad indurle ad aprire il fronte alle truppe alleate. Ma io acconsento a simili trattative con il nemico solo nel caso in cui esse non conducano a migliorare la sua situazione e resti esclusa per i tedeschi la possibilità di manovrare e sfruttare queste trattative per spostare le proprie truppe in altri settori del fronte e prima di tutto sul fronte sovietico».
 
A sua volta Roosevelt replicava, il 1° aprile, ribadendo che a Berna non vi erano «state trattative di alcun genere sulla capitolazione e se a queste si fosse pervenuti i rappresentanti sovietici sarebbero stati invitati»e lamentando che in seguito a tale equivoco si fosse «creata un'atmosfera di apprensione e di sfiducia».
 
Ma Stalin che sapeva perfettamente come stavano le cose (al 1° aprile i rappresentanti angloamericani si erano già incontrati più volte con quelli tedeschi; sin dal 7 marzo, come garanzia era stato rilasciato Parri, dopodiché vi erano stati almeno due incontri, quelli dell'8 e del 19 marzo) non era disposto ad accettare per buone storielle piuttosto mal imbastite che avevano il solo risultato di insospettirlo di più. Il 3 aprile scriveva nuovamente a Roosevelt: «Voi insistete ancora che non vi sono stati negoziati. Si può ritenere che non siate stato pienamente informato. Per quanto riguarda i miei colleghi militari, essi sulla base di dati che hanno a loro disposizione, non dubitano affatto che si siano svolti i negoziati, e che siano terminati in un accordo con i tedeschi in base al quale il comandante tedesco sul fronte occidentale, maresciallo Kesselring, ha acconsentito ad aprire il fronte ed a permettere alle truppe angloamericane di avanzare ad oriente, e gli angloamericani hanno promesso in cambio di alleviare le condizioni di pace ai tedeschi. Io penso che i miei colleghi siano vicini al vero. Altrimenti non si capirebbe il fatto che gli angloamericani si siano rifiutati di ammettere che i rappresentanti del comando sovietico partecipassero a Berna ai negoziati con i tedeschi».
 
Fu ancora la volta di Roosevelt che due giorni dopo rispose a Stalin: «Ho ricevuto con stupore la vostra lettera del 3 aprile concernente l'affermazione che accordi presi tra il maresciallo Alexander e Kesselring a Berna hanno permesso alle truppe americane di avanzare ad oriente e che gli angloamericani hanno promesso in cambio di alleviare le condizioni di pace ai tedeschi. Nelle mie precedenti lettere circa i tentativi fatti a Berna di organizzare una conferenza per discutere la resa dell'esercito tedesco in Italia vi ho detto che: a) nessun negoziato è stato tenuto a Berna: l'incontro non aveva carattere politico di sorta; b) in qualsiasi resa dell'esercito nemico in Italia non ci poteva essere alcuna violazione del nostro principio convenuto di resa incondizionata; e)ufficiali sovietici sarebbero benvenuti a qualunque riunione concretabile per discutere una resa».
 
A sua volta il 6 aprile Churchill scrisse personalmente a Stalin ripetendo che appena saputo degli avvenuti contatti aveva subito informato il governo sovietico riferendo tutto ciò che s'era svolto; che scopo dell'incontro era stato soltanto quello di saggiare le credenziali dell'emissario tedesco e che in Svizzera, sino a quel momento, non c'erano stati negoziati neppure per una resa militare dell'esercito di Kesselring.
 
Stalin replicò ancora e definitivamente con un altro messaggio al presidente Roosevelt in termini assai precisi: «1) nel mio messaggio del 3 aprile il punto in questione non è quello della lealtà e della fedeltà. Non ho mai dubitato della vostra lealtà e fedeltà così come della lealtà e fedeltà del signor Churchill. La questione è che nel corso della nostra corrispondenza si è reso evidente che le nostre vedute differiscono sui criteri di quanto sia ammissibile e di quanto inammissibile tra un alleato ed un altro. Noi russi pensiamo che nell'attuale situazione sui fronti, quando il nemico si trova davanti alla inevitabilità di una resa, se i rappresentanti di un alleato qualsiasi si abboccano con i tedeschi per discutere la resa, i rappresentanti di un altro alleato dovrebbero vedersi offrire l'opportunità di partecipare a tale incontro. In ogni caso ciò è assolutamente essenziale se l'alleato in questione chiede tale partecipazione. Però gli americani e i britannici la pensano diversamente e considerano errato il punto di vista russo. In conseguenza essi hanno rifiutato ai russi il diritto di partecipare all'incontro con i tedeschi in Svizzera. Io vi ho già scritto e credo si debba ripetere che in una situazione simile i russi non avrebbero mai ricusato agli americani ed ai britannici il diritto di partecipare a tale incontro. 2) E' difficile ammettere che la mancata resistenza da parte tedesca sul fronte occidentale sia dovuta soltanto al fatto che essi sono stati sconfitti. I tedeschi hanno centoquarantasette divisioni sul fronte orientale. Essi potrebbero senza compromettere la loro posizione distaccare da quindici a venti divisioni dal fronte orientale e trasferirle a rinforzare le loro truppe sul fronte occidentale. Eppure questo i tedeschi non l'hanno fatto e non lo fanno. Essi continuano a sostenere una pazza lotta con i russi per una insignificante stazione ferroviaria come Zemlianitza in Cecoslovacchia, che a loro serve come potrebbero servire le polentine di lino ad un cadavere, eppure cedono senza la minima resistenza città importanti al centro della Germania come Osnabruck, Mannheim e Kassel. Converrete che siffatta condotta da parte tedesca sia più che curiosa e incomprensibile. 3) Per quanto riguarda i miei informatori, Vi assicuro che si tratta di persone molte oneste e modeste che fanno scrupolosamente il loro dovere e non hanno intenzione di offendere chicchessia. Si tratta di persone che abbiamo avuto occasione di mettere alla prova più di una volta».
 
La messa a punto era inoppugnabile. Agli anglo americani non restava che incassare e Roosevelt chiudeva la polemica indirizzando, il 13 aprile, a Stalin un «vi ringrazio per la vostra sincera esposizione del punto di vista sovietico riguardo all'incidente d Berna che, come appare oggi, è ormai sbiadito e relegato nel passato, senza aver recato un utile qualsiasi. Comunque sia, non deve esservi reciproca sfiducia, e insignificanti malintesi di questo genere non devono sorgere in futuro».
 

Resistenze.org     
Sostieni una voce comunista. Sostieni Resistenze.org.
Fai una donazione o iscriviti al Centro di Cultura e Documentazione Popolare.

Support a communist voice. Support Resistenze.org.
Make a donation or join Centro di Cultura e Documentazione Popolare.