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Sulla costruzione del Partito comunista del Vietnam 

Miguel Urbano Rodrigues | odiario.info
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

03/04/2014

Nella Storia non si registra una guerra di liberazione simile a quella del popolo vietnamita.

La lotta armata contro il colonialismo incominciò nel 1944 e terminò nel 1975, con la presa di Saigon e la caduta del governo fantoccio insediato dagli Stati uniti. Le forze rivoluzionarie avevano sconfitto prima i francesi, costringendoli a riconoscere l'indipendenza del Vietnam del Nord. L'intervento militare statunitense segnò l'inizio di un'altra guerra, la cui conclusione fu la sconfitta militare della più forte potenza mondiale.

Solo nelle mitiche epopee della babilonese Gilgamesh e dell'Iliade di Omero si può trovare una sfida vittoriosa all'impossibile paragonabile a quella del popolo di Ho Chi Minh. Meditavo commosso su di essa alcuni giorni fa leggendo un libro: "La prima resistenza vietnamita", di Nguyen Giap e Quoq Viet. Lo comprai a Santiago del Cile durante il governo Allende, ma allora non lo lessi e lo consideravo perduto. È una pubblicazione messicana delle edizioni Grijalbo, datata 1970. 

La prima parte è scritta dal generale Giap, il grande stratega che sconfisse i francesi a Dien Bien Phu e poi gli americani in una serie di campagne che gli fecero guadagnare il prestigio mondiale come genio militare. 

In contesti storici, geografici e culturali molto differenti, due fattori nella rivoluzioni russa e vietnamita furono decisivi per la vittoria: un grande partito e un grande leader. 

In questo piccolo libro (159 pagine), il personaggio principale è il Partito. Io ammiravo le gesta vietnamite, ma avevo difficoltà a comprendere come fosse stato possibile costruire in condizioni tanto avverse un'organizzazione comunista capace di assumere il ruolo di avanguardia nella lotta per l'indipendenza. 

Nel suo testo, Giap evoca il primo incontro con Ho Chi Minh avvenuto nel nord del Tonchino, dopo l'inizio della Seconda guerra mondiale. 

Nel 1940, i giapponesi occuparono senza resistenza le colonie dell'Indocina, ma l'amministrazione rimaneva in mano francese e la polizia e le truppe di Vichy scatenarono una feroce repressione contro i patrioti del movimento di liberazione. 

Giap evoca il suo primo incontro con Ho Chi Minh 

Lo Zio Ho - come veniva chiamato - si trovava alla frontiera cinese-vietnamita con un ridotto numero di emigrati che si erano rifugiati nel paese vicino. Di quel gruppo facevano parte Pham Van Dong, futuro primo ministro e Giap, un giovane avvocato e professore di storia che aveva aderito al Partito. 

Ho Chi Minh diede priorità alla formazione politica di questi quadri che dovevano tornare nel paese per creare, nel nord Tonchino, le prime basi della Lega Vietminh. Egli fu il professore di questi corsi. Discusse il programma, sottoposto all'approvazione collettiva. Le lezioni, adattate al livello delle masse, erano molto semplici. 

I militanti attraversarono la frontiera nella provincia di Cao Bang e iniziarono il lavoro politico in una regione dove prevalevano i contadini della minoranza Nung, che mal comprendevano la lingua vietnamita. 

Zio Ho si riunì al gruppo poco dopo. Stabilì il suo posto di comando in una grotta, sulle montagne. Giap ricorda che in questo luogo le condizioni di vita nella rigorosa clandestinità erano estremamente dure. Un giorno che, gravemente malato, temeva un esito fatale, Ho chiamò Giap e gli disse: "In questo momento la congiuntura nazionale e internazionale ci è molto favorevole. Il nostro Partito non deve lasciarsi sfuggire l'opportunità. Dobbiamo assumere la direzione della lotta per la conquista dell'indipendenza, costi quel che costi, anche che bruci l'intera cordigliera vietnamita (…) Sulla lotta armata, a partire dal momento in cui le circostanze ci siano propizie, sarà necessario iniziarla con determinazione, ma senza dimenticare il consolidamento delle nostre basi per evitare qualsiasi inciampo". Sembrava dettasse le sue ultime volontà, ma fortunatamente si curò e diresse la lotta per molti anni. 

Egli sapeva - sottolinea Giap - "comunicarci meravigliosamente la sua incrollabile fede nella vittoria della rivoluzione (…). Poneva il problema da discutere e ci dava del tempo per rifletterci sopra. Poi si teneva la riunione e il dibattito (…) dopo la discussione adottavamo gli accordi finali ed esigeva che fossero compiuti a qualunque costo". 

Sempre tormentati dalla repressione, si organizzarono tanto bene che, nonostante le privazioni - l'alimentazione era scarsa e frugale, a base di riso e frutta - riuscirono ad avviare in quella regione selvaggia una fonderia per la fabbricazione di granate e armi rudimentali, un giornale per i militanti, il "Vietnam Indipendente" e un ospedale di campo. 

Nel 1944 quando De Gaulle, dopo la battaglia di Normandia, entrò a Parigi e formò un governo con la partecipazione dei comunisti, si aggravarono in Vietnam le contraddizioni tra francesi e giapponesi. 

Il movimento della resistenza crebbe in modo torrenziale 

Ho Chi Min, che usciva dalle prigioni di Chiang Kai Chek, considerava che a sud non ci fossero le condizioni per scatenare la lotta armata. Neanche l'Esercito di liberazione del Vietnam era preparato per l'insurrezione. Era indispensabile approfondire le relazioni tra guerriglieri e popolazioni. 

Quando il Giappone capitolò nel 1945, esplose nel Tonchino la Rivoluzione di agosto. Al comando delle forze armate della giovane Repubblica Democratica del Vietnam, Nguyen Giap avrebbe svolto un ruolo storico. 

Un popolo e un partito eroici 

Il testo di Hoang Quoc Viet - coautore del libro - insiste soprattutto sulla costruzione del Partito realizzata in un'atmosfera di barbara repressione. 

Hoang Quoc, un sindacalista che fu presidente della CGT vietnamita, partecipò ancora giovane agli scioperi del 1929 nel porto tonchinese di Haiphong. Andò in Francia, e a Marsiglia contattò i compagni del PCF. Di ritorno nel Tonchino, fu scelto per partecipare come delegato alla prima riunione del Comitato centrale dell'allora Partito Comunista di Indocina. Fu incarcerato con altri compagni nella prigione di Haiphong e torturato selvaggiamente dalla polizia francese per dieci giorni consecutivi. 

Trasportato ad Hanoi, fu imbarcato nel 1931 su una nave per il penitenziario di Saigon. Giunti ad uno scalo, venne incatenato insieme con altri dieci compagni ad una sbarra di ferro e costretto a trasportarla scendendo l'intera passerella sotto le sferzate delle guardie. 

Condannato a prigione perpetua, il destino ultimo era il sinistro presidio carcerario di Poulo Condor. Il capitolo in cui ricorda gli anni che trascorse in questo luogo è chiarificatore sulla sua fibra di comunista. L'acqua era infetta e provocava ferite ed eczemi. "Il cibo - scrive - era anche più ripugnante, servito su stoviglie mai lavate. C'era anche una 'zuppa acida': pesce salato lesso in succo di riso fermentato. Gli demmo il nome di 'zuppa motocicletta' perché provocava violente diarree le cui esplosioni risuonavano nella latrina giorno e notte". 

Molti detenuti morirono in quell'inferno. Hoang Quoc afferma di avere forgiato lì la sua tempera di comunista. 

Con altri compagni formò una cellula comunista e tramite una continua lotta ottennero l'autorizzazione per aprire pozzi, piantare legumi, allevare galline, organizzare una squadra di calcio. L'organizzazione dei carcerati funzionò tanto bene che in tutti gli edifici del presidio erano presenti cellule comuniste. Una di esse creò un giornale, "Opinioni comuni", che circolava clandestinamente. Avviarono anche una biblioteca clandestina con i classici del marxismo. Quando affissero a una parete una mappa dell'Urss e una delle regioni della Cina controllate dai comunisti, la direzione del carcere li fece distruggere e li convocò. Furono tutti legati ai pali e battuti con i manganelli. 

Nel 1936, una volta liberato durante il governo del Fronte popolare, Hoang Quoc fu inizialmente inviato, collocato dal Partito, nel giornale "Vivere" di Hanoi. Dall'anno seguente, assunse la direzione politica di tutti gli organi di comunicazione sociale del Partito nel Tonchino. 

Ricorda che in quei giorni si dava totalmente al lavoro rivoluzionario, dedicandosi soprattutto ai temi ideologici. Il funzionamento del Partito, allora per breve tempo in semi-clandestinità, era quello di un'organizzazione marxista-leninista la cui direzione nella teoria e nella pratica prendeva come esempio la democrazia socialista dei rivoluzionari bolscevichi del 1917. 

Alla vigilia della Guerra mondiale, Hoang, espulso da Hanoi dalla polizia, andò nelle montagne per realizzare lavoro politico con le minoranze etniche. Contribuì a trasformare quelle foreste remote, quasi inaccessibili, in quella che definisce "la culla della Repubblica Democratica del Vietnam intesa come cittadella inespugnabile della nostra prolungata resistenza".

Le condizioni di vita nella regione erano tanto primitive che all'inizio dormivano nelle stalle dei bufali. Un giorno, quando le campane di una chiesa vicina risuonarono ad allarme, gli arrivò la notizia della sconfitta della Francia. Il lavoro rivoluzionario guadagnò un ritmo nuovo, molto intenso. Hoang inviò un messaggio ai soldati francesi, suggerendo che seguissero l'esempio dei comunardi del 1871 e puntassero le armi contro i colonialisti invece di usarle contro l'insurrezione contadina. 

Bello il capitolo in cui evoca la VIII Conferenza del Comitato centrale, realizzata in una capanna della giungla nella quale l'unico arredamento era un tavolo di bambù e i partecipanti erano seduti su dei tronchi. Si cantò l'Internazionale e il discorso di chiusura, che annunciava l'arrivo di "un nuovo giorno", fu pronunciato da Ho Chi Minh. Al termine dell'incontro si esigette la distruzione delle copie di tutti i documenti approvati. I compagni che dovevano trasmettere nel paese le decisioni adottate, lo avrebbero fatto oralmente. Zio Ho temeva che i documenti cadessero nelle mani del nemico. 

Le pagine dedicate alla preparazione dell'insurrezione sono commoventi. 

Hoang proseguiva in missione nel sud, quando in un villaggio del delta del Fiume Rosso vide un'automobile con issata una bandiera rossa con la stella dorata. Un megafono che trasmetteva canzoni rivoluzionarie improvvisamente informò: "Le forze insurrezionali sotto la direzione del Viet Minh hanno preso Hanoi alle quattro del pomeriggio. Nella capitale il potere è totalmente nelle mani del popolo". 

La grande sfida 

Nel 1975, sconfitto il governo fantoccio di Saigon e unificato il paese, nuove e complesse sfide si presentavano al Partito. Nel 1981, in un'intervista al giornalista americano Stanley Karowe, Pham Va Dong, allora primo ministro, affronta la questione affermando che le sfide del presente e del futuro sarebbero state colossali, molto più complesse di quanto avevano previsto. 

"Si - disse - abbiamo sconfitto gli Stati uniti, ma non abbiamo cibo sufficiente, siamo sottosviluppati economicamente. Governare un paese è più difficile che vincere una guerra", preannunciando lucidamente i tremendi problemi che il suo paese avrebbe affrontato. 

Oggi il Vietnam ha 90 milioni di abitanti. È un popolo alfabetizzato, che ha ricostruito un'economia annientata dall'imperialismo, con enormi estensioni di territorio avvelenate dagli erbicidi. Le sfide nel futuro immediato sono complesse in un mondo egemonizzato dall'imperialismo statunitense. Ma la storia del suo eroico partito rende giustificata la speranza. 

In quest'inizio di terzo millennio della nostra era, quando molti partiti comunisti tendono a socialdemocratizzarsi, ripubblicare e divulgare il meraviglioso libro di Giap e Hoang Quoc sarà un contributo rivoluzionario per il rafforzamento della fiducia dei comunisti nella vittoria finale sul capitalismo. 

Miguel Urbano Rodrigues

Vila Nova de Gaia, 31 marzo 2014


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