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La prima guerra mondiale - Le operazioni militari (agosto 1914-novembre 1917)

Accademia delle Scienze dell'URSS | Storia universale vol. VII, Teti Editore, Milano, 1975

Capitolo XXVI - [Parte prima] Parte seconda

3. Le operazioni militari nel 1915

Il teatro delle operazioni militari nell'europa orientale

Nel corso dell'inverno 1914-15 l'attenzione di ambedue i contendenti venne spostata sul fronte galiziano, dove le truppe russe avevano sostenuto tenaci combattimenti per il possesso dei passi e della catena dei Carpazi.
Il 22 marzo capitolò Przemysl con la sua guarnigione austro-ungarica di 120 mila uomini.
Le truppe russe però non poterono sfruttare questo successo perché si faceva sentire acutamente l'insufficienza di armi e specialmente di munizioni.
Il comando delle potenze centrali, seriamente preoccupato della minaccia d'irruzione delle truppe russe oltre i Carpazi riuscì a concentrate importanti forze, e alla metà di aprile le esauste armate russe passarono alla difensiva.

Poco tempo dopo le truppe tedesche intraprendevano una grossa operazione offensiva sull'ala destra del fronte russo sud-occidentale, con lo scopo iniziale di liquidare la minaccia da parte delle truppe russe sulla pianura d'Ungheria, ma successivamente l'operazione si sviluppò come parte integrante di una "tenaglia" strategica, che doveva avvolgere e schiacciare con un colpo simultaneo, dai Carpazi alla Prussia orientale, tutto il raggruppamento delle truppe russe in Galizia e in Polonia.
Dai fronti dell'Europa occidentale vennero trasferiti i reparti migliori e con essi venne formata la nuova XI armata tedesca.
Fu deciso di effettuare lo sfondamento del fronte russo nella zona di Gorlice.

L'artiglieria tedesca nel settore prescelto per lo sfondamento superava quella russa di 6 volte e per i grossi calibri 40 volte.
Le posizioni russe erano male fortificate e quelle arretrate non erano state approntate; il 2 maggio le truppe tedesche riuscirono a spezzare il fronte.
La posizione delle armate russe era aggravata dall'errata tattica del comando, il quale invece di attuare una rapida evacuazione dei reparti su nuove linee li esauriva in infruttuose e sanguinose battaglie con le preponderanti forze del nemico.
Non fu quindi difficile per le truppe austrotedesche respingere le armate russe lontano ad oriente.

Alla fine di maggio venne ripresa Przemysl, mentre il 22 giugno le truppe russe cedettero Leopoli.
Contemporaneamente i tedeschi passarono all'attacco anche sull'ala settentrionale del fronte russo, occupando Libava (Liepaja).
Alla fine di giugno il comando supremo tedesco, nel tentativo di realizzare lo schiacciamento delle armate russe nella "tenaglia" pensava di assestare con la propria ala destra un colpo fra il Bug occidentale e la Vistola e con la sinistra un attacco sul basso Narev.
Ma la "Canne" progettata da Hindenburg e Ludendorff andò a vuoto.
Il comando in capo russo decise infatti di ritirare le proprie armate e di abbandonare la Polonia.

Il 13 luglio le truppe tedesche iniziarono l'offensiva; nei primi giorni di agosto esse occuparono Varsavia e poi Novogeorgijevsk (Modliń).
Nella seconda metà di settembre l'offensiva tedesca incominciò ad esaurirsi.
Alla fine dell'anno il fronte si stabilizzava sulla linea Dvina occidentale, lago Narocz, Styr, Dubno, Strypa.
Nel complesso la campagna dell'anno 1915 sul fronte orientale ebbe rilevanti conseguenze.
Lo zarismo subì una grossa sconfitta, mettendo a nudo tutti i difetti dell'organizzazione militare e l'arretratezza economica del paese.
Le masse dei soldati dovettero scontare questo fatto con sacrifici colossali: dall'inizio della guerra le perdite umane della Russia raggiungevano più di tre milioni di uomini, di cui trecentomila caduti.
In concomitanza a questo fatto e in conseguenza della sconfitta si accelerò il processo di diffusione delle idee rivoluzionarie nell'esercito.

Gli imperialisti tedeschi non ottennero però lo scopo principale, quello cioè di liquidare la guerra sul fronte orientale, dettato dalla difficile posizione economica e politica della Germania e dei suoi alleati.
Nonostante che sul fronte russo fosse stata concentrata nel 1915 più della metà di tutte le truppe austro-tedesche, la Russia non venne messa fuori combattimento e anche la Germania e l'Austria-Ungheria subirono perdite assai elevate.

Negli anni 1914-15 una notevole parte della Polonia divenne teatro delle operazioni militari.
Ognuno dei belligeranti, la Germania, l'Austria e la Russia zarista, aspirava alla conquista di tutte le terre polacche.
Nello stesso tempo i governi di questi paesi, con false promesse, miravano ad attirare i polacchi ciascuno dalla propria parte e ad utilizzarli nella guerra.
Questo era il vero scopo dei ripetuti appelli dei comandanti degli eserciti di ognuna delle tre potenze, diretti alla popolazione polacca, nell'anno 1914; in essi era promesso tra l'altro l' "autogoverno" e l'unificazione delle terre polacche.

La borghesia ed i proprietari fondiari della Polonia e della Galizia riponevano le loco speranze non nel movimento di liberazione nazionale ma nell'appoggio da parte di questo o di quello degli staff imperialisti.

I nazionaldemocratici ed alcuni altri raggruppamenti borghesi propugnavano l'unificazione delle terre polacche sotto "lo scettro del monarca russo" con ampie autonomie.
I borghesi, gli agrari e i piccolo-borghesi della Galizia e singoli gruppi politici, in particolare i socialisti di destra e l'Unione contadina, sostenevano il programma della creazione di uno Stato polacco nell'ambito della monarchia asburgica.
Alcuni circoli della borghesia e dei proprietari fondiari polacchi, tra cui Pilsudski, erano orientati verso la Germania e miravano a una collaborazione con il comando dell'esercito tedesco, che aveva occupato gran parte del regno di Polonia; si organizzò così una Legione polacca, che combatteva a fianco degli imperi centrali.

Le operazioni militari nell'europa occidentale

Alla fine dell'inverno e nella primavera del 1915 il comando anglo-francese intraprese diverse operazioni offensive strategiche rivelatesi infruttuose.
Esse vennero tutte effettuate con fini limitati e su ristretti settori del fronte.
Il 22 aprile nella città di Ypres le truppe tedesche attaccarono le posizioni anglo-francesi.

Violando le clausole della convenzione internazionale, che proibiva l'impiego dei gas tossici, in quest'attacco venne usato in misura massiccia il gas cloro: vennero intossicati quindicimila uomini, e cinquemila morirono.
Il successo tattico raggiunto dalle truppe tedesche con l'impiego di questo barbaro mezzo fu assai modesto, ma offrì l'occasione per l'impiego di mezzi chimici da parte di ambedue i belligeranti in modo sempre più massiccio.

Gli attacchi delle armate dell'Intesa nell'Armis, in maggio e in giugno, non portarono, nonostante le forti perdite, ad alcun serio risultato.
Il carattere irresoluto e limitato delle operazioni offensive dell'Intesa permise al comando germanico di aumentare sensibilmente le proprie forze schierate contro la Russia.

La grave posizione delle armate russe e il timore che lo zarismo potesse uscire dalla guerra obbligarono alla fine l'Intesa ad occuparsi del problema degli aiuti alla Russia.
Il 23 agosto Joffre espose al ministro della guerra francese i motivi che gli suggerivano d'intraprendere operazioni di attacco: "Per noi e più conveniente iniziare questo attacco al più presto possibile, dato che i tedeschi, dopo aver battuto le armate russe, possono rivolgersi contro di noi".

Tuttavia, sotto la pressione dei generali Foch e Petain, l'attacco venne rimandato alla fine di settembre, quando sul fronte russo le operazioni cominciavano già a ristagnare.
Il 25 settembre le truppe francesi intrapresero un'operazione offensiva con due armate nello Champagne e con un'armata (unitamente agli inglesi) nell'Artois.
Sebbene fossero state concentrate forze assai considerevoli, non si riuscì però a sfondare il fronte tedesco.

Le operazioni nei Dardanelli

Nel 1915 i paesi dell'Intesa, in particolar modo l'Inghilterra, intrapresero operazioni di mare e di terra al fine di conquistare gli stretti dei Dardanelli. il Bosforo ed anche Istanbul.
Nei negoziati preliminari con il governo russo queste operazioni furono motivate con la necessità di stabilire comunicazioni tra l'Intesa e la Russia in questo settore e di distogliere le forze della Turchia dal fronte del Caucaso e di Suez; inoltre gli alleati fecero rilevare alla Russia che l'attacco agli stretti ed alla capitale turca avrebbe interrotto le comunicazioni della coalizione nemica con il Vicino Oriente ed estromesso la Turchia dalla guerra.

In realtà i circoli governativi di questi paesi, in particolare l'ideatore della spedizione dei Dardanelli, Winston Churchill, perseguivano prima di tuttto uno scopo politico: occupare Costantinopoli e gli stretti prima che essi passassero alla Russia zarista in conformità all'accordo segreto dell'anno 1915.

Inizialmente si ritenne di potersi impossessare degli stretti soltanto con forze militare navali.
Il 19 febbraio iniziarono le operazioni della flotta anglo-francese, che tentò di forzare il passaggio dei Dardanelli, ma dopo aver subito rilevanti perdite, essa fu costretta a ritirarsi il 18 marzo 1915.
Il 25 aprile il comando anglo-francese effettuò una grossa azione di sbar-co sulla penisola di Gallipoli, ma le truppe dell'Intesa non riuscirono neanche qui ad ottenere un successo.
Alla fine dell'anno il comando anglo-francese decise di abbandonare Gallipoli e di cessare le operazioni per il possesso degli stretti.

L'intervento dell'Italia in guerra e le battaglie dell'Isonzo

Le classi dirigenti italiane già all'inizio della guerra avevano deciso di utilizzare la situazione politica che si era venuta creando per realizzare le loro esigenze imperialistiche.
Nell'agosto del 1914 il governo italiano avviò trattative non ufficiali con la Russia e la Gran Bretagna per negoziare il proprio passaggio dalla parte dell'Intesa.

La rapida avanzata dell'esercito tedesco su Parigi venne affrettatamente valutata a Roma come una sconfitta della Francia, e questo fatto suggerì all'Italia d'interrompere le trattative con l'Intesa ed iniziare sondaggi segreti nelle capitali delle potenze centrali.
I circoli politici e militari tedeschi ritenevano che l'intervento dell'Italia contro le potenze centrali poteva render assai più difficile la posizione delle truppe degli imperi centrali ed esercitarono perciò una forte pressione sul governo austro-ungarico, chiedendogli di accettare delle cessioni territoriali a favore dell'Italia quale prezzo della sua neutralità.

Nella prima metà del dicembre del 1914 l'Italia iniziò su questa base trattative con l'Austria-Ungheria, chiedendo la cessione del Trentino e di parte del Tirolo meridionale e la concessione dell'autonomia a Trieste.
In risposta l'Austria-Ungheria propose all'Italia, come compenso, i territori francesi di Nizza, Savoia, Corsica e Tunisi.

Il governo italiano rigettò categoricamente questa proposta.
Il governo tedesco esercitò allora nuove pressioni sull'Austria-Ungheria e sull'Italia allo scopo di persuaderle a un accordo, ma tutti i suoi sforzi rimasero inutili.

All'inizio del marzo 1915 il governo italiano informò confidenzialmente il governo inglese che desiderava chiarire le condizioni alle quali l'Italia si sarebbe potuta unire all'Intesa e comunicò le proprie pretese politiche e territoriali.

Nel corso dei successive negoziati, l'Italia insisté sul fatto che la flotta anglo-francese l'avrebbe dovuta difendere dalle azioni della flotta austriaca, mentre l'esercito russo avrebbe dovuto legare a sé le principali forze di combattimento dell'Austria-Ungheria, privando quest'ultima della possibilità di concentrare le proprie forze contro l'Italia.

L'Italia chiedeva grossi compensi territoriali: in Europa essa chiedeva il Trentino, Trieste e l'Istria (incluse tutte le isole istriane), la Dalmazia, le isole del Dodecaneso e una parte dell'Albania.
Nel caso di una spartizione della Turchia l'Italia pretendeva le province di Adalia e di Smirne, mentre nel caso di spartizione delle colonie germaniche in Africa chiedeva adeguati compensi in Eritrea e in Somalia a spese delle colonie francesi ed inglesi.

Il 26 aprile 1915 fu firmato a Londra un accordo segreto fra la Russia, l'Inghilterra, la Francia e l'Italia, secondo il quale quest'ultima s'impegnava ad entrare in guerra entro un mese; gli alleati dichiararono che alla conclusione della pace avrebbero assicurato il soddisfacimento di una notevole parte delle richieste italiane.
In quello stesso giorno i rappresentanti dei quattro governi firmarono una dichiarazione nella quale affermavano che non avrebbero concluso una pace separata.

Il 4 maggio l'Italia notificava ufficialmente a Vienna che considerava non valido l'accordo di alleanza con l'Austria-Ungheria e il 23 maggio dichiarava la guerra all'Austria-Ungheria.
Così alla fine del maggio 1915 si apriva in Europa un nuovo fronte, quello italiano.

Approfittando del fatto che ingenti forze austro-ungariche erano impegnate sul fronte russo, il comando italiano tentò d'intraprendere operazioni offensive.
Esso schierò la maggior parte delle proprie truppe sul fiume Isonzo, iniziando contemporaneamente operazioni di attacco nel Trentino, sulle Alpi Carniche e nel Cadore.

La prima offensiva sull'Isonzo, come anche gli attacchi negli altri settori, non dettero però risultati importanti.
Gli italiani riuscirono a spingersi in avanti, ma non poterono sbaragliare il nemico.
Nel luglio le truppe italiane iniziarono nuovi attacchi sull'Isonzo.
Nell'ottobre e nel novembre l'esercito italiano attaccò in direzione di Gorizia, ma ottenne soltanto successi locali.
La guerra sul fronte italiano assunse l'aspetto di guerra di posizione.

L'intervento della Bulgaria nella guerra. Il fronte balcanico

Pur avendo dichiarato alla fine del luglio 1914 una rigorosa "neutralità", il governo bulgaro, già all'inizio dell'agosto, si accordò con la Germania e l'Austria-Ungheria per schierarsi al loro fianco.
Le potenze centrali promisero di compensare la borghesia bulgara a spese della Serbia, mentre i paesi dell'Intesa, con i quali il governo bulgaro aveva condotto trattative, non avevano potuto promettere alla Bulgaria territori dei propri alleati.

I tentativi dell'Intesa di persuadere la Serbia alla cessione volontaria dei territori voluti dalla Bulgaria in cambio del futuro ricco bottino da farsi a spese dell'Austria-Ungheria si scontrarono con una risoluta resistenza.
Il governo bulgaro però procrastinò ogni decisione definitiva, attendendo risultati decisivi sui principali fronti della guerra mondiale: i successi austro-germanici del 1915 rafforzarono la convinzione dei circoli dirigenti della Bulgaria sulla invincibilità delle potenze centrali.

Al fine di esercitare un'ulteriore pressione sulla Bulgaria, il governo tedesco spinse la Turchia a cederle una piccola ma strategicamente importante striscia della Tracia, sulla sponda sinistra del fiume Marizza presso Edirne.
Il 3 settembre 1915 la Turchia e la Bulgaria firmarono un accordo su questa questione e tre giorni dopo, il 6 settembre, venne siglata l'alleanza a quattro austro-bulgaro-germano-turca.

Sulla base di una convenzione segreta, conclusa in quello stesso giorno, vennero promessi alla Bulgaria tutta la parte serba della Macedonia e i territori compresi sino alla sponda destra della Morava.
Nel caso di un'entrata in guerra della Grecia e della Romania a fianco dell'Intesa, la Bulgaria avrebbe ricevuto anche parte della Macedonia greca e la Dobrugia meridionale.
Contemporaneamente venne firmata anche una convenzione militare, e l'11 ottobre 1915 la Bulgaria attaccò la Serbia.

L'intervento della Bulgaria mise in una grave situazione il relativamente poco numeroso esercito serbo, pressato da nord e da est dalle preponderanti forze austro-ungariche, tedesche e bulgare.
L'aiuto degli alleati si ridusse allo sbarco (in ottobre) a Salonicco di due divisioni francesi per rafforzare il fianco destro dei serbi.

In circostanze eccezionalmente difficili l'esercito serbo, seguito da gran parte della popolazione, si ritirò verso la costa dell'Adriatico.
I resti dell'esercito serbo (circa centoventimila uomini) furono evacuati nell'isola di Corfù.
Con la sconfitta della Serbia si stabilirono comunicazioni dirette fra la Germania e la Turchia.
Altre truppe inglesi e francesi sbarcarono a Salonicco ed in tal modo nei Balcani si creò il fronte di Salonicco.

Il fronte caucasico

Nell'estate del 1915 le truppe turche intrapresero un'operazione offensiva in direzione di Alaškert.
Le truppe russe rigettarono i turchi e quindi passarono all'attacco anche in direzione del lago di Van.
Ambedue le coalizioni effettuarono attive operazioni militari nei territorio della Persia.

All'inizio del 1915 gli agenti tedeschi riuscirono ad organizzare una rivolta delle tribù nel sud del paese.
Le tribù dei bakhtiari, che erano insorte, distrussero parte dell'oleodotto della Compagnia anglo-persiana, le truppe turche penetrarono nelle zone petrolifere e nell'autunno 1915 occuparono Kermanshah e Hamadan.

Al rafforzamento delle posizioni tedesche nella Persia, l'Inghilterra e la Russia risposero con l'invio di nuove truppe.
Gli inglesi riuscirono a riattivare l'oleodotto ed a ributtare i turchi ed i bakhtiari dalla zona delle concessioni petrolifere.

Nell'ottobre 1916 ad Enseli sbarcò un corpo di spedizione russo del generate Baratov.
Iniziata l'avanzata su Teheran, egli occupò Kazvin; quindi, inseguendo i reparti turco-tedeschi, le truppe di Baratov occuparono Hamadan, Kum, Kashan e si avvicinarono a Isfahan.

Le azioni militari in Mesopotamia, Siria ed Africa

Alla fine del 1914 sbarcò alla foce del Shatt-al-Arab un corpo di spedizione inglese al comando del generale Townsend.

Dopo essere penetrate nella valle del Tigri e dell'Eufrate e aver ottenuto dei successi iniziali, le truppe inglesi, nel novembre 1915, si avvicinarono a Bagdad, ma nella battaglia presso le rovine di Ctesinfonte i turchi le batterono e le rigettarono verso Kut-el-Amara, dove i resti del corpo di spedizione di Townsend vennero assediati.
Fallì così il tentativo dell'Inghilterra di impadronirsi della Mesopotamia.

All'inizio del 1915 la Turchia inviò dalla regione di Bersabea (a sud-est di Gaza) un corpo di spedizione, affidandogli il compito di conquistare il canale di Suez, penetrare in Egitto e farlo insorgere contro l'Inghilterra.
Dopo una marcia eccezionalmente difficile attraverso il deserto del Sinai, i turchi tentarono di conquistare il canale, ma l'attacco venne respinto dalle truppe inglesi.

Nel luglio 1915 le truppe inglesi s'impossessarono dell'Africa sud-occidentale tedesca.
Nel Camerun le truppe tedesche vennero circondate e capitolarono nei gennaio 1916.

La guerra sul mare

Nel 1915 nessuno dei paesi belligeranti intraprese operazioni militari decisive sul mare.
I più grossi scontri navali furono i combattimenti fra le squadre degli incrociatori inglesi e tedeschi nei Mare del Nord presso il Dogger Bank, che si conclusero con la vittoria degli inglesi, nonché l'operazione fallita della flotta dell'Intesa nei Dardanelli.

Nel febbraio il comando tedesco iniziò la cosiddetta guerra commerciale sottomarina contro l'Intesa.
Le navi mercantili, indipendentemente dalla bandiera, venivano affondate senza preavviso appena apparivano in una zona determinata attorno alla Gran Bretagna e all'Irlanda.
Il governo tedesco contava in tal modo di privare in breve tempo, i propri nemici, ed in primo luogo l'Inghilterra, delle forniture dei materiali e delle derrate necessarie alla condotta della guerra ed obbligarla alla capitolazione.

Nel maggio venne affondato il piroscafo "Lusitania" sul quale si trovavano più di mille passeggeri, fra cui degli americani.
Il governo degli Stati Uniti presentò una secca protesta alla Germania.
Tra i dirigenti della politica tedesca sorsero dissensi sull'impiego del metodo della guerra sottomarina, e per un certo tempo presero il sopravvento le tendenze moderate; al comando navale tedesco venne ordinato di limitare le azioni sottomarine agli attacchi contro le navi da guerra.

I risultati delle operazioni del 1915. i piani dei belligeranti all'inizio del 1916

Il carattere fondamentale della situazione strategica tra la fine del 1915 e l'inizio del 1916, era dato dalla crescita della potenza tecnico‑militare dell'Intesa.
La Francia e l'Inghilterra, grazie allo spostamento del centro di gravità delle operazioni militari sul fronte russo, avevano ottenuto un certo respiro e raccolsero quindi le forze ed i mezzi per una lunga lotta sullo scacchiere occidentale.

All'inizio del 1916 gli anglo-francesi avevano nei confronti della Germania una superiorità di 75-80 divisioni ed avevano liquidata in notevole misura la propria inferiorità nel campo dell'artiglieria.
Gli eserciti inglesi e francesi disponevano ora di artiglieria pesante di nuovo modello, di grandi scorte di proiettili e di una produzione di armamenti bene organizzata.

I dirigenti dei paesi dell'Intesa avevano riconosciuto la necessità di cercare la risoluzione della guerra in operazioni offensive concordate nei principali scacchieri, senza polverizzare gli sforzi in azioni di importanza secondaria.
Vennero precisate le date d'inizio delle operazioni offensive: sul fronte orientale il 15 luglio, su quello dell'Europa occidentale il 1° luglio.
Il difetto fondamentale di questo piano fu che le offensive erano partite troppo tardi, offrendo così la possibilità alla coalizione avversaria di prendere nuovamente l'iniziativa nelle proprie mani.

La posizione del comando tedesco nell'elaborazione dei piani per la campagna del 1916 era estremamente difficile.
Non si poteva pensare all'esecuzione immediata di operazioni decisive su ambedue i fronti; le forze erano insufficienti anche per effettuare un'offensiva su più settori dello stesso fronte.

Nella sua relazione all'imperatore Guglielmo alla fine del dicembre 1915 il capo di Stato Maggiore generate Falkenhayn riconosceva che per un attacco in Ucraina le forze "erano insufficienti sotto tutti i rapporti"; l'attacco su Pietrogrado "non prometteva risultati decisivi"; una marcia su Mosca "ci conduce nel campo dell'indefinito", perché le forze disponibili non erano sufficienti per nessuno di questi obiettivi.
Per questo la Russia doveva essere esclusa come oggetto di attacco.

Sconfiggere il nemico principale, la Gran Bretagna, non appariva possibile a seguito della sua posizione insulare ed alla superiorità della sua flotta.
Rimaneva la Francia.
Falkenhayn riteneva che "la Francia nel suo sforzo era giunta fino ai limiti del sopportabile" e che la disfatta della Francia poteva realizzarsi se la si obbligava ad esaurire le sue forze nella lotta per un obiettivo "alla cui difesa il comando francese fosse obbligato a sacrificare fino all'ultimo uomo".

La scelta cadde su Verdun.
L'urto contro il saliente di Verdun avrebbe dissestato in caso di successo tutto il sistema difensivo sull'ala destra del fronte francese ed avrebbe aperto alle armate tedesche l'accesso verso Parigi da oriente.
La zona di Verdun poteva inoltre rappresentare una seconda base di partenza per un attacco dell'esercito francese verso settentrione e lungo la Mosa.
Il comando tedesco sapeva che l'Intesa aveva preparato questo piano e calcolava di ostacolarlo con la presa di Verdun.
Per raggiungere un vantaggio decisivo sul fronte italiano, il comando austriaco decise di sferrare un colpo potente nel Trentino.

4. Le operazioni militari del 1916-1917

La battaglia di Verdun e le operazioni sulla Somme

Nella campagna del 1916 sullo scacchiere europeo occidentale ebbero luogo due sanguinose e assai lunghe operazioni militari, l'attacco a Verdun e la battaglia della Somme.
Le truppe tedesche alla fine di febbraio intrapresero il tentativo di conquistare Verdun con un attacco di sorpresa, ma non poterono spezzare la difesa francese.
Il generale von Gallwitz, che aveva assunto alla fine di marzo il comando nel settore occidentale d'attacco, annotava nel suo diario: "Sembra che sia successo quello che io temevo. È stata intrapresa una grande offensiva con mezzi insufficienti".

Il 1° luglio le truppe francesi e inglesi assestarono un forte colpo all'avversario sulla Somme, e già in precedenza le armate russe del fronte sud-occidentale avevano sfondato le posizioni austro-tedesche.
Nel frattempo l'esercito tedesco proseguiva i suoi attacchi sotto Verdun, ma essi gradualmente diminuirono d'intensità e verso settembre cessarono del tutto.

Dall'ottobre al dicembre le truppe francesi, con potenti contrattacchi, sloggiarono il nemico dalle più importanti posizioni della zona della fortezza.
La battaglia costò ad ambedue le parti centinaia di migliaia di vite umane.

La battaglia della Somme venne preparata dal comando dell'Intesa come la principale operazione della campagna del 1916.
Con un potente esercito composto da più di sessanta divisioni francesi e inglesi, il comando dell'Intesa si proponeva di rompere le posizione tedesche e sconfiggere le truppe germaniche.

L'attacco dei tedeschi a Verdun obbligò il comando francese a spostare parte delle forze e dei mezzi verso questa fortezza.
Nonostante ciò il 1° luglio l'operazione ebbe inizio. Furono concentrati enormi mezzi tecnici e materiali. Il quantitativo di proiettili per la VI armata francese qui operante era pari al totale delle scorte per tutte le truppe francesi nel 1914.

Dopo scontri di carattere locale le truppe inglesi e francesi scatenarono nel settembre una potente offensiva. In questi combattimenti il comando inglese impiegò un nuovo mezzo di lotta: i carri armati (tanks).
Utilizzati in piccolo numero e tecnicamente ancora imperfetti, essi permisero il raggiungimento di successi locali ma non dettero un successo operativo totale.

Gli Stati Maggiori dei contendenti sul fronte dell'Europa occidentale non erano riusciti a creare il metodo adatto per la rottura del fronte.
Le truppe erano sistemate in posizioni fortemente fortificate, disposte una dietro l'altra per una profondità di dieci-venti chilometri.
Innumerevoli nidi di mitragliatrici spezzavano con il loro fuoco la forza viva degli attaccanti.
La distruzione delle posizioni difensive con l'artiglieria esigeva un tempo abbastanza lungo, talvolta diversi giorni.
La parte che si difendeva riusciva nel frattempo a costruire nuove linee di posizioni e a far affluire riserve fresche.
L'ottobre e il novembre trascorsero fra dure battaglie.
L'operazione gradualmente si arrestò.

I suoi risultati si espressero nella conquista da parte dell'Intesa di duecento chilometri quadrati di territorio, nella cattura di centocinquemila prigionieri, più di cinquecento mitragliatrici e trecentocinquanta cannoni.
Le perdite delle due parti superarono quelle di Verdun, assommando fra morti, feriti e prigionieri a più di un milione e trecentomila uomini.

Nonostante l'insuccesso nello sfondamento del fronte, l'operazione sulla Somme assieme alla rottura del fronte austro-ungarico da parte dei russi, non solo obbligò il comando tedesco a rinunciare agli attacchi su Verdun, ma fu anche una svolta a favore dell'Intesa nel corso generale delle operazioni.

L'offensiva russa

L'attacco tedesco a Verdun costrinse il comando francese a chiedere insistentemente un rapido appoggio della Russia.
Il 18 marzo 1916 le truppe russe del fronte nord-occidentale intrapresero un energico attacco nella zona di Dvinsk e del lago Narocz; l'attacco costò molte perdite e non fu coronato da successo, ma gli assalti dei tedeschi contro Verdun in quel periodo vennero sospesi.
Il fronte sud-occidentale, comandato dal generale Brusilov, dovette effettuare un attacco di sostegno.

La difficile posizione dell'esercito italiano e le insistenti richieste di aiuto da parte degli alleati forzarono il comando russo ad affrettare la decisione dell'operazione, che ebbe inizio il 4 giugno (invece del 15 giugno secondo il piano iniziale).
L'offensiva delle truppe russe si sviluppò con successo quasi in tutti i settori.
Il successo maggiore toccò alla VIII armata, che aveva conquistato Luck, e alla IX che era penetrata in Bucovina.

In quel periodo doveva iniziare anche un'operazione offensiva sul fronte russo occidentale.
Il comandante del fronte, generale Even, si limitò però ad un debole attacco su Baranoviči, rimandando l'attacco generale al luglio.
Nella seconda metà di luglio le armate del fronte sud-occidentale svilupparono l'attacco e raggiunsero sull'ala destra del fronte la linea del fiume Stochod, mentre sull'ala sinistra conquistavano gran parte della Bucovina.

Il 3 luglio l'esercito del fronte occidentale intraprese nuovamente un attacco in direzione di Baranoviči, ma non riuscì a rompere il fronte dell'avversario.
L'insuccesso di questa operazione offensiva convinse alla fine lo Stato Maggiore zarista che il piano era superato e senza prospettive.

Il fronte sud-occidentale venne riconosciuto il più importante, mentre al fronte occidentale fu affidato il compito secondario di tenere impegnate le forze del nemico ivi presenti.
Ma questo riconoscimento venne troppo tardi.
In conseguenza delle operazioni estive sul fronte sud-occidentale, una parte notevole delle armate austro-germaniche era stata gravemente battuta.

Le truppe russe avevano preso prigionieri circa novemila ufficiali e più di quattrocentomila soldati ed occupato venticinquemila chilometri quadrati di territorio, tra i quali la Bucovina e parte della Galizia orientale.

Nel momento più impegnativo dei combattimenti attorno a Verdun il comando tedesco era stato obbligato a togliere dal fronte occidentale undici divisioni e trasportarle ad Oriente.
Il comando austro-ungarico dovette trasferire dal fronte italiano sei divisioni, indebolendo l'offensiva nel Trentino.
Le armate russe mostrarono di nuovo la propria capacità di assestare colpi potenti.

Il comando del fronte sud-occidentale impiegò un nuovo metodo di sfondamento delle posizioni dell'avversario mediante attacchi demolitori simultanei su una serie di settori isolati.
Gli eserciti avversari persero fino a un milione e mezzo di uomini fra morti, feriti e prigionieri.

L'offensiva delle armate russe non portò a risultati strategici risolutivi per l'inetta direzione del comando supremo, che non seppe sfruttare il successo raggiunto.
La disorganizzazione nei trasporti ostacolava il tempestivo inoltro delle riserve e delle munizioni.
Già alla fine di luglio alle azioni offensive si sostituirono gradualmente lunghe e sanguinose battaglie sul fiume Stochod.
Nondimeno lo sfondamento delle posizioni austro-germaniche da parte delle truppe russe del fronte sud-occidentale ebbe una funzione importante.

Assieme all'offensiva delle truppe anglo-francesi sulla Somme, essa tolse l'iniziativa al comando tedesco, che alla fine del 1916 dovette passare sui fronti di terra alla difesa strategica.
L'esercite austro-ungarico fino alla fine della guerra non ebbe più possibilità di condurre serie operazioni di attacco.

L'intervento della Romania nella guerra. Le azioni militari sul fronte romeno

I circoli dirigenti della Romania ritenevano che la guerra avrebbe assicurato loro la possibilità di soddisfare le proprie mire di conquista e creare una "grande Romania".
Essi aspiravano, oltre che alla Transilvania, ad altri territori che facevano parte dell'Austria-Ungheria e alla Bessarabia, appartenente alla Russia.
Questi piani non avevano nulla in comune con l'aspirazione del popolo romeno di portare a compimento la creazione di uno stato nazionale romeno mediante la riunione della Transilvania alla Romania.

Dopo aver dichiarato all'inizio della guerra la sua neutralità, il governo romeno aveva lasciato le porte aperte per mercanteggiare con ambedue le coalizioni, preferendo differire il momento dell'intervento fino al completo chiarimento delle possibilità di vittoria di uno dei due raggruppamenti belligeranti.

Con l'accordo segreto russo-romeno del 1° ottobre 1914 la Russia garantiva l'integrità territoriale della Romania e riconosceva alla stessa il diritto di unire le popolazioni romene del territorio della monarchia austro-ungarica nel momento che essa avrebbe ritenuto più conveniente.
La Romania in cambio si obbligava ad osservare una "benevole neutralità" verso la Russia. In seguito, quando la guerra assunse un carattere più indeciso, i circoli dirigenti della Romania furono sempre più propensi a schierarsi con l'Intesa.

Il governo zarista preferiva che la Romania rimanesse neutrale, ritenendo che essa non sarebbe stata in condizioni di portare un sostanziale aiuto all'Intesa, ma avrebbe avuto essa stessa bisogno di aiuto da parte della Russia.
L'Inghilterra e la Francia invece insistevano per il suo intervento nella guerra.

Così il 27 agosto 1916 la Romania dichiarò guerra all'Austria-Ungheria ed iniziò un'offensiva autonoma per la conquista della Transilvania. L'esercito romeno ottenne inizialmente alcuni successi, ma poi subì una serie di sconfitte in Dobrugia ed in Transilvania. Le truppe tedesche irruppero in Romania ed occuparono Bucarest. Cadde così nelle mani della coalizione austro-tedesca una importante fonte di generi alimentari, di petrolio ed altre materie prime.

Soltanto con l'aiuto delle truppe russe il fronte romeno venne stabilizzato alla fine di dicembre sulla linea: corso inferiore del Danubio-Brăila-Focsani-Tîrgu-Ocana-Dorna-Vatra.
In questo modo il fronte delle armate russe si allungo di cinquecento chilometri, e il comando russo fu costretto a spostare in Romania trentacinque divisioni di fanteria e undici di cavalleria.

I fronti italiano e balcanico

Nel marzo 1916 l'esercito italiano, al fine di aiutare i francesi impegnati a Verdun, effettuò una nuova infruttuosa offensiva sul fiume Isonzo.
Nel maggio il comando austriaco cominciò una decisiva offensiva contro gli italiani nel Trentino.
Dopo aver concentrato grosse forze (18 divisioni), l'esercito austro-ungarico il 15 maggio assestò un colpo fra il lago di Garda ed il fiume Brenta.

L'esercito italiano battuto iniziò a ripiegare su un settore del fronte di sessanta chilometri e la sua situazione divenne difficile.
L'offensiva delle armate russe sul fronte sud-occidentale, obbligando il comando austro-ungarico a trasferire truppe ad oriente ed a cessare gli attacchi nel Trentino, contribuì a salvare l'esercito italiano da una situazione critica.

Nella seconda metà del 1916 le truppe italiane effettuarono ancora quattro offensive sull'Isonzo e al prezzo di grandi perdite occuparono Gorizia, ma non poterono sfondare verso Trieste.

Sul fronte balcanico nel 1916 ci fu una quiete relativa: nell'agosto l'esercito bulgaro aveva conquistato parte del territorio greco nel basso corso del fiume Struma ed aveva effettuato attacchi a sud di Monastir (Bitolj).

Nel settembre gli alleati respinsero i bulgari e occuparono Monastir.
Le forze dell'Intesa crescevano gradualmente; un fronte continuo correva dalla costa del Mare Egeo, lungo il fiume Struma, il lago Doiran, Monastir, Ocrida, fino alla costa del Mare Adriatico, a nord di Valona.

I fronti extra-europei

Nel teatro di operazioni turco-caucasico l'esercito russo raggiunse grandi successi.
In territorio montagnoso e in condizioni eccezionalmente difficili, con 30 gradi sotto zero, esso sconfisse i turchi ed il 16 febbraio 1916 occupò Erzurum.
Il comando russo spostò poi il suo sforzo nell'importante settore di Trebisonda ed il 18 aprile, in seguito ad operazioni combinate delle forze di mare e di terra, la città venne presa.
Contemporaneamente le truppe russe attaccavano in direzione di Urmia, dove occuparono Revandus.
Nella zona del lago Van, un fruttuoso attacco nell'estate del 1916 condusse all'occupazione di Mus e Bitlis.

In Persia l'Inghilterra subì nel 1916 un grosso rovescio con la capitolazione del corpo di spedizione inglese comandato da Townsend, assediato a Kut-el-Amara.
Sul fronte siriano i turchi, nell'estate del 1916, tentarono nuovamente senza successo di conquistare Suez.
Nell'Africa orientale tedesca reparti tedeschi furono respinti verso il confine meridionale della colonia.

La battaglia dello Jutland

Nel 1916 nel Mare del Nord avvenne la più importante battaglia navale della guerra mondiale.
Nel corso del primi anni di guerra le principali forze delle flotte inglese e tedesca erano rimaste nelle proprie basi evitando scontri decisivi.

Dei due avversari, la Germania si trovava nella situazione peggiore, perché soffocata dal blocco.
Per spezzare il blocco, infliggere all'Inghilterra una sconfitta sul mare e migliorare la propria situazione, il comando tedesco decise di passare ad attive operazioni navali.

Tra il 31 maggio ed il 1° luglio, lungo le coste dello Jutland avvenne una grossa battaglia navale, che terminò a vantaggio dell'Inghilterra, benché anche la sua flotta avesse subito serie perdite.
Il piano tedesco di distruzione della flotta inglese non riuscì e le speranze del comando germanico di spezzare il blocco marittimo crollarono.
Dopo la battaglia dello Jutland, la flotta tedesca non si arrischiò più ad uscire in mare per operazioni di rilievo.

Il bilancio delle operazioni del 1916 e i piani dei contendenti per il 1917

Nelle dure battaglie del 1916 l'Intesa non era riuscita a sbaragliare il proprio avversario.
Le cause principali di questo fatto erano state gli antagonismi fra gli alleati e la mancanza della necessaria coordinazione nelle operazioni.
D'altra parte era fallito anche il piano tedesco di sbaragliare i francesi a Verdun, e neppure l'esercito austro-ungarico era riuscito a eliminare l'Italia dal conflitto.

Il bilancio generale delle operazioni del 1916 si era chiuso a favore dell'Intesa.
Gli assalti delle truppe russe sul fronte sud-occidentale, le battaglie di logoramento sotto Verdun e sulla Somme avevano ridotto gli imperi centrali in una difficile situazione.
Appariva ormai chiara la superiorità delle forze dell'Intesa.

La ricchezza delle risorse umane le permetteva d'incrementare la consistenza delle proprie forze armate, i successi della produzione industriale e militare e l'aiuto americano avevano liquidato l'arretratezza nel campo dell'artiglieria, permettendo inoltre di eliminare la superiorità dell'avversario in fatto di aviazione e di carri armati.
Alla fine del 1916 l'Intesa aveva sui vari fronti quattrocentoventicinque divisioni contro trecentotrentuno dell'avversario, ed aveva preso l'iniziativa strategica.

Il comando tedesco, nelle persone di Hindenburg e Ludendorff, era stato obbligato dalla fine del 1916 a passare alla difesa strategica su tutti i fronti; esso pensò allora di sferrare un possente colpo all'economia del nemico principale, l'Inghilterra, per mezzo di una guerra sottomarina senza limitazioni.

I dissensi sulla condotta militare indebolivano l'Intesa permettendo alla Germania non soltanto di neutralizzare i vantaggi dell'Intesa, ma di metterla talvolta in difficili situazioni.
Le fruttuose operazioni delle truppe austrogermaniche contro la Romania dimostrarono che la conclusione della guerra era ancora lontana.

Alla fine del 1916 gli eserciti degli Stati belligeranti erano passati dalle 363 divisioni dell'inizio a 756.
Cresciute numericamente e con un notevole aumento del proprio equipaggiamento tecnico, esse tuttavia avevano perso i migliori, più qualificati ed addestrati quadri di carriera del tempo di pace.

Il peso delle enormi perdite e delle privazioni aveva fatto scomparire l'ebbrezza sciovinista dei primi mesi di guerra.
La grande massa dei soldati era composta da riserve di età adulta e da giovani chiamati alle armi in anticipo, insufficientemente istruiti in rapporto alla tecnica militare e poco allenati fisicamente.
Il rapido sviluppo del movimento rivoluzionario in tutti i paesi belligeranti conquistava la massa dei soldati.
Contro di questi furono compiute rappresaglie crudeli, ma il movimento di protesta contro la guerra imperialista crebbe senza sosta.

Il comando militare dei paesi dell'Intesa elaborando il proprio piano strategico per il 1917 decise nuovamente di infliggere duri colpi alla coalizione austro-tedesca con azioni combinate nei principali scacchieri della guerra.
Alla fine del 1916 alla testa delle armate francesi fu messo il generale Nivelle.

Si progettò d'inchiodare le forze tedesche con attacchi delle armate francesi ed inglesi nei settori di Arras-Bapaume e tra la Somme e l'Oise e di effettuare sul fiume Aisne, fra Reims e Soissons, un'offensiva improvvisa al fine di sfondare il fronte germanico.
Secondo il piano elaborato dallo Stato Maggiore generale dell'esercito zarista il principale colpo doveva venir inferto dalle truppe del fronte sud-occidentale in direzione di Leopoli, cioè nel punto più vulnerabile della coalizione avversaria: l'Austria-Ungheria.

L'Italia, avendo migliorato l'equipaggiamento tecnico materiale del suo esercito, progettava per il 1917 un piano di attive operazioni.
Il comandante in capo dell'esercito italiano, il generale Cadorna, si propose di conquistare Trieste con un offensiva sul fronte dell'Isonzo ed in seguito di penetrare nella valle del fiume Sava.

Le operazioni militari nel 1917

Nel periodo dal 15 al 20 marzo 1917 il comando tedesco spostò le proprie truppe dal pericoloso saliente di Noyon su posizioni precedentemente fortificate, note sotto la denominazione di "linea Sigfrido".
In tal maniera i preparativi effettuati dal comando anglo-francese per la principale operazione strategica del piano del 1917 risultarono in notevole misura inutili.

Tuttavia francesi e inglesi iniziarono il 16 aprile un'offensiva che aveva per scopo di battere l'avversario nello scacchiere occidentale.
Ad essa dovevano partecipare più di cento divisioni di fanteria e dieci di cavalleria, più di 11 mila cannoni di ogni tipo e calibro, oltre a mille aeroplani e circa 130 carri armati.
Al momento dell'attacco generale però il coordinamento tra fanteria e artiglieria non funzionò e quando la cortina mobile del fuoco dell'artiglieria si allontanò dalla fanteria, i mitraglieri tedeschi iniziarono dai propri rifugi a sparare sugli attaccanti.

Soltanto a due corpi alleati riuscì di rompere la seconda linea tedesca.
Vennero allora lanciati all'attacco i carri armati, che dovettero però effettuare lo schieramento sotto il fuoco dell'artiglieria nemica, già fornita di cannoni anticarro e in località assolutamente inadatte per le buche scavate dalle granate.
Dei 132 carri armati ne ritornarono undici, i rimanenti furono distrutti oppure danneggiati.

Le truppe anglo-francesi non riuscirono a sfondare le posizioni delle truppe germaniche.
Il 17 aprile il generale Nivelle decise di proseguire l'attacco e a questo scopo riorganizzò l'artiglieria, ma quasi tutti gli assalti furono infruttuosi.

Allora Nivelle gettò nella battaglia nuovi reparti.
Il 18 e 19 aprile le truppe francesi occuparono il versante sud del crinale dello Chemin des Dames e Fort Condé, ma non poterono spingersi più avanti.
Per le insistenze del governo francese l'operazione venne interrotta.

Il piano di Nivelle era fallito completamente, ed era costato centoventiduemila tra morti e feriti ai francesi e circa ottantamila agli inglesi.
Più di 5.000 furono i soldati russi morti, combattendo nei ranghi del XXXII corpo francese.

In seguito a questo assurdo macello, organizzato da Nivelle, fra i soldati francesi incominciarono agitazioni, che avevano la loro origine nell'influenza esercitata dalla rivoluzione democratico-borghese avvenuta in Russia.
I movimenti tra i soldati furono schiacciati senza pietà dal comando, ma tuttavia i governi francese ed inglese furono obbligati a tenere conto dell'umore della massa dei combattenti e per molto tempo i comandi rinunciarono a grosse operazioni offensive.

Sino alla fine del 1917 il comando anglo-francese effettuò soltanto qualche operazione di significato esclusivamente tattico.
Una di esse fu intrapresa dalle truppe inglesi nella zona della città di Ypres allo scopo di ripulire dai tedeschi le Fiandre del nord e la costa belga.

Per quest'operazione insistevano particolarmente i comandi navali inglesi. timorosi che la Germania potesse utilizzare ancora più largamente le basi dei mezzi sottomarini sul litorale delle Fiandre.
L'operazione iniziò il 31 luglio con un attacco sostenuto da un potente schieramento di artiglieria: duemilatrecento cannoni (centocinquantatre cannoni per ogni chilometro di fronte) e duecentosedici carri armati.

In combattimenti durati quasi quattro mesi le truppe inglesi, affondando nel fango delle paludi delle Fiandre, compirono solo lentissimi progressi.
In novembre l'operazione cessò, senza che si fosse riusciti a spezzare il fronte tedesco.
Come risultato di questi combattimenti gli inglesi persero tra morti e feriti quattrocentomila uomini ed i tedeschi duecentoquarantamila.

Un' altra operazione venne effettuata dai francesi a Verdun: il 22 agosto le truppe francesi, sostenute da un potente schieramento di artiglieria, attaccarono le posizioni tedesche.
Su ogni metro di fronte furono gettate sei tonnellate di proiettili.
Con un riuscito coordinamento fra artiglieria e fanteria e con l'appoggio di carri armati l'attacco fu coronato da successo.

L'ultima operazione dell'Intesa sullo scacchiere dell'Europa occidentale nella campagna del 1917 si svolse nelle vicinanze di Cambrai.
Il comando inglese voleva verificare l'apporto alla battaglia dei carri armati in collaborazione con le altre armi e cancellare con vistosi successi la pessima impressione del fallimento nelle Fiandre: inoltre i comandi militari dell'Intesa contavano d'impegnare a Cambrai importanti forze dell'esercito tedesco per alleggerire la situazione degli italiani.

Il mattino del 20 novembre, senza la consueta preparazione d'artiglieria, gli inglesi mossero all'assalto, riuscendo a sorprendere i tedeschi.
Forti stormi aerei attaccarono l'artiglieria ed i comandi tedeschi.
A mezzogiorno la fascia difensiva tedesca era sfondata.
Nel corso di sei-otto ore gli inglesi raggiunsero un successo che non avevano ottenuto in varie precedenti operazioni, ma non riuscirono a sfruttarlo.

Il 30 novembre il comando tedesco, dopo aver concentrato grosse forze, a sua volta portò un contrattacco improvviso e respinse gli inglesi da gran parte delle posizioni da essi conquistate.
L'operazione di Cambrai non ebbe alcun risultato né strategico né operativo; essa confermò però il valore del nuovo mezzo bellico, il carro armato, e diede l'avvio alla nuova tattica basata sulla cooperazione della fanteria, dell'artiglieria, dei carri armati e dell'aviazione.

Nella campagna del 1917 una seria sconfitta fu subita dall'esercito italiano.
Secondo il piano generale dell'Intesa, esso doveva passare all'attacco contemporaneamente all'esercito anglo-francese.
Il 12 maggio, con ritardo, gli italiani iniziarono la decima offensiva sull'Isonzo, ma non riuscirono a penetrare verso Trieste.
Nell'agosto seguì una nuova offensiva nella stessa zona, anch'essa con risultati assai limitati e con enormi perdite.

Cionondimeno, secondo la testimonianza di Ludendorff, "personalità responsabili dell'Austria-Ungheria erano convinte che il loro esercito non sarebbe riuscito a sopportare il proseguimento del combattimento ed una dodicesima offensiva sull'Isonzo".
Il comando tedesco fu obbligato ad aiutare il suo alleato e distaccò a questo scopo sette divisioni, che assieme alle otto austriache formarono la nuova XIV armata austro-tedesca, che venne concentrata contro un settore del fronte italiano fra Plezzo e Tolmino per far fallire con un attacco in direzione di Caporetto la dodicesima offensiva sull'Isonzo.

La località montana era poco favorevole alle operazioni degli eserciti e gli italiani non si attendevano attacchi di grosse forze del nemico in quella zona.
Nella notte del 24 ottobre l'artiglieria austro-tedesca aprì un massiccio fuoco e all'alba iniziò l'attacco della fanteria.
Il fronte italiano fu spezzato e le truppe austro-germaniche s'incunearono profondamente.
Il tentativo delle truppe italiane di mantenersi su posizioni arretrate non riuscì; la ritirata fu così disordinata, che l'esercito italiano perse sulla viva orientale dell'Isonzo tutta l'artiglieria pesante.
Il 28 ottobre gli italiani evacuarono l'importante nodo ferroviario di Udine e continuarono a ritirarsi verso il fiume Tagliamento.

Il controllo sulle truppe sfuggì ai comandi, e i soldati affluirono nelle retrovie al grido di "Abbasso la guerra!", "Abbasso gli ufficiali!".
In tal modo l'operazione delle truppe austro-tedesche a Caporetto, decisa inizialmente soltanto per prevenire l'attacco degli italiani, condusse ad una seria disfatta dell'esercito italiano. 

Gli italiani ebbero più di trecentotrentacinquemila prigionieri e centotrentamila tra morti e feriti; furono abbandonate al nemico tremilacentocinquantadue bocche da fuoco, più di tremila mitragliatrici a una enorme quantità di equipaggiamento e di rifornimenti di ogni specie.

Il fronte arretrò di quasi cento chilometri verso occidente.
Gran parte della regione veneta fu occupata dalle truppe austrogermaniche.
Soltanto dopo che il comando anglo-francese ebbe trasferito urgentemente diverse divisioni in aiuto degli italiani e furono applicati severi provvedimenti contro i soldati che si ritiravano, il ritmo della ritirata cominciò a rallentare.

Sul fronte balcanico il comandante dell'armata francese, generale Sarrail, preparò un'azione offensiva nel settore del fiume Struma - lago Doiran - ansa del fiume Černa-Monastir alla vigilia del grande attacco di aprile dell'Intesa.
Ma l'offensiva fallì, causando lo scoppio di agitazioni fra le truppe e complicazioni nei rapporti fra gli alleati.

La diplomazia dell'Intesa raddoppiò allora i propri sforzi per coinvolgere la Grecia nella guerra.
Il 10 giugno l'Intesa presentò al governo greco un ultimatum per farlo intervenire contro le potenze centrali.
Il re Costantino, di tendenze germanofile, abdicò e si ritirò in Svezia.
A capo del governo fu messo un sostenitore dell'Intesa, Venizelos.

Sul fronte orientale l'avvenimento più importante fu l'offensiva delle truppe russe intrapresa dopo l'abbattimento dell'autocrazia in Russia.
Sotto la pressione dell'Intesa e della borghesia imperialistica russa, il governo provvisorio, con a capo Kerenskij, dette l'ordine dell'offensiva.
Il 18 giugno (1° luglio) le armate del fronte sud-occidentale iniziarono operazioni militari in direzione di Leopoli.
In breve l'offensiva venne arrestata dai contrattacchi del nemico e i reparti russi ripiegarono sulle posizioni di partenza.
Le contraddizioni fra le masse dei soldati ed il comando controrivoluzionario divennero più profonde.

All'inizio di settembre il comando tedesco intraprese un'operazione per entrare in possesso di Riga e del golfo omonimo, per rafforzare la posizione del suo fianco sinistro e contemporaneamente verificare la combattività dell'esercito russo, prima di iniziare il trasferimento di divisioni sullo scacchiere dell'Europa occidentale.

Contrariamente all'attesa dei tedeschi, i reparti russi di orientamento rivoluzionario resistettero tenacemente, ma il comando, senza aver esaurito tutte le possibilità di resistenza, ordinò il 3 settembre di evacuare Riga.
Dopo questo fatto la posizione dell'esercito russo a difesa degli accessi a Pietrogrado peggiorò notevolmente.

Sul fronte caucasico-turco nel 1917 proseguì soltanto l'attacco del corpo di Baratov in direzione di Mossul e Bagdad. Le truppe russe entrarono in contatto con quelle inglesi presso Kizil-Ribat.

Sul fronte della Mesopotamia, il corpo inglese, dopo un'accurata preparazione, iniziò un'offensiva in direzione di Bagdad, che cadde il 10 marzo. Il tentativo delle forze turche e tedesche di rigettare il nemico non riuscì. Avanzando su Mossul le truppe inglesi alla fine della campagna si fortificarono sulla linea Karatepe-Tekrit, a metà strada fra Bagdad e Mossul. Sul fronte palestinese-siriano le truppe inglesi attaccarono Gaza due volte, in marzo ed aprile, ma senza successo.
Soltanto più tardi, nell'autunno, dopo un'accurata preparazione, esse si accinsero nuovamente ad operazioni attive.

In seguito alle operazioni del 1917 le truppe tedesche furono eliminate dall'Africa orientale. Le operazioni militari sul mare furono caratterizzate da un largo impiego di mezzi sottomarini (soprattutto da parte dei tedeschi).

Nel febbraio del 1917 la Germania iniziò la guerra sottomarina senza limitazioni.
Inizialmente queste azioni portarono alla Germania dei successi: il tonnellaggio totale delle navi dell'Intesa affondate in febbraio fu di 781.500 t. (mentre in tutto il 1916 erano state affondate navi per 1.125.000 t.), nel marzo ne furono affondate 885.000 t. e nell'aprile 1.091.000.

Più della metà di questo tonnellaggio apparteneva alla Gran Bretagna, che venne a trovarsi in una situazione preoccupante. L'ammiraglio Jellicoe dichiarò che se il ritmo della guerra sottomarina non fosse diminuito, il limite di resistenza dell'Inghilterra sarebbe stato raggiunto il 1° novembre 1917.

I paesi dell'Intesa intrapresero varie, energiche misure contro la guerra sottomarina: armarono le navi mercantili, crearono un sistema di scorta con navi da guerra, collocarono barriere di mine e reti.
Il rafforzamento del blocco alla Germania portò alla quasi completa cessazione delle forniture dei materiali a lei necessari da parte dei paesi neutrali.

Una seria influenza sulla situazione politica e militare dei partecipanti alla guerra venne esercitata dalla rivoluzione democratico-borghese del febbraio in Russia.
Essa influì anche sulla posizione degli Stati Uniti d'America e sulla questione del loro intervento nella guerra.
I circoli imperialistici americani temevano che verificandosi l'uscita della Russia dalla guerra, la posizione dell'Intesa sarebbe di colpo peggiorata, e per questo decisero di accelerare il passo che stavano preparando da tempo.

Il 6 aprile 1917 il Congresso degli Stati Uniti dichiarò guerra alla Germania, ma solo nel 1918 l'esercito americano s'inserì attivamente nel corso delle operazioni militari.
Nel 1917 entrarono in guerra dalla parte dell'Intesa anche la Cina, la Grecia, il Brasile, Cuba, Panama, la Liberia ed il Siam.

La guerra mondiale continuava a trascinare nella propria orbita nuovi stati e popoli. I lavoratori di decine di paesi versavano fiumi di sangue e sopportavano inauditi sacrifici per gli interessi di un pugno di imperialisti.


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