www.resistenze.org - cultura e memoria resistenti - storia - 15-02-18 - n. 662

Corea: Storia contemporanea

Accademia delle Scienza dell'URSS | Storia Universale, Teti editore

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1. Corea: dalla storia più antica a quella moderna

Corea: Storia contemporanea (Parte prima)
Indice:
La Corea sotto il giogo coloniale del Giappone
Il movimento di liberazione nazionale
L'inasprirsi della situazione politica in Corea
La rivoluzione democratico-popolare in Corea


Accademia delle Scienza dell'URSS | Storia Universale, Vol. 8, cap. XIV, Teti editore

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La Corea sotto il giogo coloniale del Giappone

L'INSURREZIONE POPOLARE

Dopo aver annesso nel 1910 la Corea, gli imperialisti giapponesi vi avevano instaurato un regime di terrore, senza però riuscire a piegare il popolo coreano: ampi strati della popolazione (contadini, operai, artigiani, la borghesia nazionale, gli intellettuali ) non si rassegnarono mai al giogo giapponese.

Il regime coloniale aveva ulteriormente aggravato la già pesante situazione dei contadini coreani.
La maggior parte delle terre venne espropriata direttamente dal governo o dalle banche, dai monopoli o dalle compagnie fondiarie giapponesi.
La maggiore di queste compagnie era la Società di Colonizzazione Orientale, creata fin dal 1908 per attuare l'usurpazione delle terre in Corea.

Conseguenze gravose ebbe per i proprietari terrieri coreani il censimento delle terre, ordinato dagli aggressori giapponesi: molti proprietari non avevano potuto presentare i necessari documenti o, temendo un aumento delle tasse, avevano comunicato dati inferiori alla reale estensione delle loro terre e furono perciò privati delle terre non denunciate.

In complesso 90 mila proprietari fondiari giapponesi e coreani possedevano più della meta di tutte le terre coltivate, mentre pia di 2 milioni e mezzo di aziende contadine erano ammucchiate su insignificanti appezzamenti di terra, che spesso non andavano oltre il mezzo ettaro.

Più di 3/4 delle aziende contadine prendevano in affitto la terra dai proprietari fondiari.
Il canone d'affitto era pari al 50-60% e talvolta al 70-80% del raccolto.
Si contavano tasse ed esazioni di 52 specie, tra cui 11 tipi d'imposte dirette.

I contadini rovinati diventavano braccianti o emigravano oppure andavano a ingrossare il numero dei miserabili senza casa (kwadzonmin = contadini dei campi bruciati), che vagabondavano nelle zone montane inabitate, dove bruciavano i boschi e le macchie e coltivavano i terreni abbandonati.

La giornata lavorativa si prolungava frequentemente fino a 17-18 ore.
Il proletariato non superava le 40 mila persone, ma si era già posto sulla strada della lotta di classe.

Nel 1914 uno dei primi scioperi fu attuato solo da 130 partecipanti; nel 1918 gli scioperi salirono a 50, con più di 6.000 partecipanti; nel 1919 si contarono 86 scioperi, ai quali parteciparono più di 9 mila persone, pari al 20 % di tutti gli operai coreani.

Del domino coloniale giapponese era malcotenta anche la borghesia nazionale.
Tutta la grossa industria e una parte notevole di quella media, le banche e il commercio estero si trovavano nelle mani del monopoli giapponesi.
La legge sulle società, introdotta delle autorità giapponesi nel dicembre del 1910, vietava di fatto ai capitalisti coreani di creare proprie società per azioni di tipo commerciale-industriale.
Agli imprenditori coreani apparteneva soltanto l'8% dei capitali investiti nelle imprese industriali e non più del 6% del valore complessivo industriale.
La borghesia nazionale dirigeva soltanto piccole imprese artigiane o semiartigiane.

Gli intellettuali erano sottoposti a una umiliante discriminazione.
Gli studiosi, gli insegnanti, i medici, gli avvocati, gli artisti coreani, non venivano ammessi a nessun importante incarico od occupazione indipendente e quando veniva affidato loro qualche insignificante lavoro era a condizioni molto peggiori rispetto a quelli di cui godevano gli occupanti giapponesi.
L'impiegato coreano riceveva uno stipendio pari al 40-50% di quello dell'impiegato giapponese della stessa qualifica.
I compensi del maestro di scuola coreano erano uguali a quelli del bidello giapponese della stessa scuola.
Tutto l'apparato amministrativo era subordinato ai giapponesi.

Alla popolazione coreana si applicavano anche punizioni corporali: frustate con verghe di bambù.
Nel periodo dal 1913 al 1918 furono sottoposti a questa punizione circa 300 mila coreani.

Le autorità giapponesi bruciavano sui roghi i libri sulla storia della Corea e le altre opera letterarie che avrebbero potato risvegliare nei coreani sentimenti nazionali.
Vennero distrutte anche molte antiche opere d'arte, gloria del popolo coreano; nei programmi scolastici la lingua coreana venne relegata al rango di "lingua straniera" mentre quella giapponese divenne lingua "madre".

Come faceva notare Lenin, i giapponesi opprimevano e depredavano la Corea "con ferocia inaudita, in cui tutte le conquiste più recenti della tecnica si congiungono con le torture puramente asiatiche". (V. I. Lenin: "Discorso all'assemblea dei militanti dell'organizzazione moscovita del partito comunista di Russia", Opere, vol. 31. pag. 426)

La Rivoluzione d'Ottobre esercitò un profondo influsso sul popolo coreano.
Ancora prima del termine della guerra mondiale in molte località, particolarmente nelle regioni settentrionali di confine con la Russia, cominciarono a operare reparti partigiani di patrioti coreani.
Essi attaccavano le guarnigioni giapponesi, i posti di fronticra e i distaccamenti della gendarmeria.
Inizialmente poco numerosi e male equipaggiati, questi reparti partigiani crebbero rapidamente attirando nei propri ranghi i contadini diseredati.
Nel paese crebbe costantemente il movimento di massa antimperialista.

L'INSURREZIONE DEL MARZO 1919

La debolezza del proletariato permise alla borghesia nazionale di assumere il ruolo di forza dirigente nel movimento di liberazione.
Non meno importante fu la funzione esercitata della setta religiosa "Chondogo" (la dottrina della via celeste), fondata nel 1906.
La sua base era formata da contadini agiati, mentre i dirigenti erano proprietari fondiari di orientamento liberate e rappresentanti della borghesia.
Nel 1919 contava circa 130 mila membri, ma la sua influenza investiva strati ben più vasti delle masse contadine.
Il capo della setta, Son Bjong Hai, aveva collaborato strettamente nel passato con i colonizzatori giapponesi, ma la pressione delle masse popolari l'aveva spinto a prendere parte al movimento antigiapponese.

Motivo occasionale dell'insurrezione fu la morte dell'ex-imperatore coreano Li Chj (detronizzato dagli imperialisti giapponesi nel 1907 ).
La sua morte improvvisa alimentò tra il popolo il sospetto che fosse stato avvelenato per ordine delle autorità giapponesi.
A Seul giunsero numerosi pellegrini per onorare la memoria dell'ultimo imperatore della Corea indipendente.
I dirigenti del "Chondogo", assieme ad alcune personalità borghesi, decisero di utilizzare questo assembramento di popolo nella capitale e nel febbraio del 1919 pubblicarono una dichiarazione d'indipendenza, invitando il popolo a effettuare dimostrazioni e ad aprire una campagna di petizioni.

La dichiarazione d'indipendenza venne sottoscritta da "33 rappresentanti della nazione".
Essa conteneva richieste assai moderate e si appellava alla conferenza della pace di Parigi e in primo luogo agli Stati Uniti per ottenere un "aiuto", mentre esprimeva la speranza che lo stesso governo giapponese sarebbe volontariamente ritornato "ai giusti principi del diritto e della verità".

I leaders borghesi nazionalisti volevano ottenere in sostanza un compromesso con il Giappone o giungere a un accordo con i suoi rivali imperialisti, in primo luogo con gli Stati Uniti.
Per questo motivo gli autori della dichiarazione invitavano il popolo ad astenersi dall'impiego della forza.

La dichiarazione venne letta il 1° marzo 1919 in un affollato comizio nel parco della Pagoda di Seul e provocò subito una dimostrazione di circa 300 mila persone per le vie della capitale.
Dimostrazioni di massa ebbero luogo in molte altre città.
Alle manifestazioni fecero seguito scioperi spontanei fra gli operai di Seul (tranvieri, addetti alla lavorazione del tabacco e altri).

I "33 rappresentanti della nazione" che avevano stilato la dichiarazione non erano nemmeno presenti al parco della Pagoda, ma si erano riuniti a banchetto in un elegante ristorante di Seul e brindando alla indipendenza della Corea avevano informato la polizia giapponese dell'accaduto, mettendosi volontariamente in stato d'arresto.

Le autorità giapponesi scatenarono repressioni sui dimostranti e sugli scioperanti e diedero l'avvio agli arresti.
La direzione del movimento in breve capitolo e la lotta popolare continue in forma spontanea.
A partire dal 5 marzo le dimostrazioni si trasformarono in scontri armati.

Gli insorti devastarono i posti di polizia, le istituzioni governative giapponesi, le case dei funzionari e dei ricchi giapponesi più in vista.
Dalla seconda meta di marzo l'insurrezione si estese a quasi tutto il paese.
A essa parteciparono più di 2 milioni di persone.

In varie regioni gli operai proclamarono scioperi e scesero in lotta armata contro le truppe e la gendarmeria giapponese.
Nelle località di campagna i contadini attaccavano le fattorie dei proprietari fondiari.
Gli scontri sanguinosi durarono due anni.

Le autorità giapponesi concentrarono contro gli insorti grosse forze militari, infierendo dappertutto con arresti, torture, esecuzioni.
Il popolo coreano subì innumerevoli vittime: circa 8 mila persone vennero uccise, 16 mila ferite, 35 mila arrestate.
A gran fatica gli imperialisti giapponesi riuscirono a soffocare l'insurrezione alla fine di aprile del 1919.

Nel frattempo i leaders borghesi speravano sempre nell'appoggio degli Stati Uniti.
Nell'aprile del 1919 un gruppo di emigrati coreani formò a Shanghai un governo provvisorio coreano, che inviò propri rappresentanti alla conferenza per la pace di Parigi.

Gli imperialisti americani conducevano in questo periodo con il Giappone e con gli altri loro rivali un complesso gioco diplomatico per la spartizione del bottino di guerra.
Quando la delegazione del "governo" coreano giunse a Parigi le fu dichiarato da parte dei dirigenti della conferenza che la proclamazione dei "principi" di Wilson si riferiva soltanto alle nazioni europee e che in generale si riteneva non desiderabile l'esame della questione coreana alla conferenza, dato che essa poteva provocare complicazioni nei rapporti fra le grandi potenze.

Nel frattempo la lotta di liberazione nazionale del popolo coreano non subiva soste.
Si rafforzava il movimento operaio: dall'aprile all'agosto 1919 scioperarono gli scaricatori a Pusan; dal luglio all'ottobre i tranvieri, i tipografi e i metallurgici a Seaul; per tutto l'autunno e l'inverno del 1919-20 gli scioperi in diverse cave e miniere rappresentarono la metà di tutti gli altri scioperi.

Preoccupato dallo sviluppo del movimento di liberazione nazionale del popolo coreano, il governo giapponese, nell'estate del 1919, proclamò con una ampollosa dichiarazione che il periodo dell'amministrazione militare della Corea era terminato e che ora si apriva l'"era dell'amministrazione culturale".
Contemporaneamente il governatore generale della Corea fu sostituito dal generale Saito Makoto, che aveva fama di liberale.
Egli era incaricato dal governo giapponese dell'esecuzione di alcune riforme, dirette a creare l'illusione di un'attenuazione dell'oppressione coloniale per legare al Giappone la borghesia nazionale e spezzare il fronte della lotta di liberazione.

In realtà tutte le riforme e le promesse del governo giapponese risultarono un inganno e la politica dell' "amministrazione culturale" non convinse affatto i più vasti strati della popolazione.
Dopo gli avvenimenti del 1919 nel movimento di liberazione nazionale s'inizia una nuova tappa, che vede emergere in primo piano il proletariato quale forza egemone del movimento di liberazione.

LE PRIME ORGANIZZAZIONI DELLA CLASSE OPERAIA

Nelle file della classe operaia si rafforzava la aspirazione all'unione: nel 1920 sorse a Seul la "Società di mutuo soccorso degli operai coreani", la prima organizzazione operaia professionale rivoluzionaria coreana; nel 1922 in seguito all'attività frazionista della sua direzione riformistica questa società si disgregò, ma in breve comparvero nuove organizzazioni operaie: l'Unione operaia coreana, che riunì subito più di 20 mila membri, il Congresso del lavoro e varie altre unioni e casse di mutuo soccorso.

Si formarono le prime unioni contadine e alcune di esse si allearono agli operai: l'Unione operaia-contadina coreana e la Federazione operaia-contadina sud-coreana.
Le organizzazioni operaie e contadine erano ancora assai deboli, non avevano una solida direzione rivoluzionaria e in molti casi subivano l'influenza dei riformisti, che spezzavano la unita della classe operaia e ostacolavano l'instaurazione dell'alleanza del proletariato con i contadini.
Ciò nondimeno i membri di base di queste organizzazioni conducevano una lotta decisa.

La creazione delle organizzazioni operaie e contadine dimostrò che la lotta di classe in Corea, dopo l'insurrezione del 1919, era passata a un livello più elevate.
Per vie diverse le idee del marxismo-leninismo incominciarono a penetrare in Corea, in primo luogo attraverso gli emigranti rivoluzionari coreani, che avevano soggiornato a quel tempo in Russia.

Nel 1920 fra gli studenti coreani che studiavano a Tokio e poi fra quelli di Seul e di altre grandi città della Corea sorsero circoli per lo studio del marxismo.
Più tardi gli emigranti coreani residenti a Irkutsk e a Shanghai formarono gruppi comunisti.
Essi inviavano in Corea letteratura marxista e propri rappresentanti per il lavoro fra le masse.
Gruppi comunisti di operai rivoluzionari e d'intellettuali sorsero nella stessa Corea.
Nel 1925 essi formarono il Partito Comunista della Corea.


Movimento di liberazione nazionale

Accademia delle Scienza dell'URSS | Storia Universale, Vol. 10, cap. V, Teti editore

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Una lotta attiva contro il dominio giapponese si sviluppò in Corea.
Il partito comunista, fondato nel 1925, esercitò una grande influenza sul movimento di liberazione nazionale del paese.
Sotto la direzione dei comunisti si svolse, nel giugno 1926, una grande manifestazione antimperialista.
Si estese il movimento degli scioperi.

Nel 1927 scioperarono gli operai delle fabbriche del legno di Hamhung, delle aziende alimentari di Pjongjang e Kunsan, gli scaricatori di Wonsan, i tessili di Taegu, i minatori di Jonghung, i tipografi di Iri.
Nel corso della lotta si formarono le organizzazioni sindacali.
Sotto l'influenza del movimento operaio vi furono agitazioni contadine in una serie di distretti.
Si intensifico l'attività antigiapponese dei giovani.

Nel 1927 si ebbero nel paese oltre 60 manifestazioni studentesche antimperialiste.
Le autorità accusarono dei fermenti il giovane partito comunista e compirono arresti in massa dei suoi militanti.
Per di più in questo momento difficile si scatenò all'interno del partito comunista l'attività di gruppi frazionisti di tendenza nazionalistica.

A causa della incessante lotta frazionistica e delle dure repressioni degli imperialisti giapponesi, nel 1928 il Partito comunista di Corea cessava di esistere come forza organizzata.
Tuttavia nei centri industriali del paese cominciarono a costituirsi nelle grandi fabbriche gruppi comunisti illegali.
I comunisti stabilivano collegamenti con le masse operaie, dirigevano la lotta per le rivendicazioni economiche dei lavoratori.

Nell'autunno 1928 nella raffineria di petrolio di Wonsan ebbe inizio uno sciopero che si trasformò poi in sciopero generale.
Esso durò quasi tre mesi e si trasformò in un avvenimento politico di grande importanza.
Scioperi, comizi, manifestazioni di solidarietà con gli operai di Wonsan si registrarono a Pjongjang, Hamhung e in molte altre città.
Gli operai organizzarono fondi di assistenza agli scioperanti; i contadini inviarono riso e legna da ardere.

Negli anni della crisi economica mondiale l'ondata di agitazioni operaie e contadine si sollevò ancor più.
All'inizio del 1930 scioperarono i tessili di Pusan, in maggio i minatori di Singhung, in agosto gli operai di 13 fabbriche della gomma di Pjongjang.
Caratteristica di questo periodo fu il sempre crescente carattere politico degli scioperi, che spesso scoppiavano nelle giornate delle feste internazionali dei lavoratori (1° maggio, 7 novembre).

Negli anni della crisi anche i contadini intensificarono la loro lotta.
Nelle province di Hamgjong-Nam, Ciolla-Nam, Pjongjang e in altri distretti si ebbero lunghi conflitti contro la rendita fondiaria, scioperi degli operai agricoli, "rivolte per l'irrigazione".
La lotta dei contadini sfociava talvolta in insurrezione.
Nell'estate 1930 a Tanchon, nella provincia di Hamgjong-Nam, alcune migliaia di contadini si ribellarono contro le autorità giapponesi e i proprietari fondiari.
L'insurrezione venne soffocata nel sangue.

L'asprezza della situazione politica del paese era testimoniata anche dalle agitazioni degli studenti, che iniziate nell'ottobre 1929 nella città di Kwanchu nella provincia di Ciolla-Nam, presto si estesero ad altre città.
Negli anni 30 si ebbero importanti mutamenti nel movimento di liberazione nazionale del popolo coreano.

Impegnati nella guerra aggressiva in Cina e intenzionati a utilizzare la Corea come base per le operazioni, gli imperialisti giapponesi cominciarono a investire notevoli capitali nella industria mineraria, chimica, metallurgica e in altri settori della economia coreano.
Dal 1931 al 1936 sorsero nel paese 1.300 nuove fabbriche, e il valore globale della produzione industriale aumentò di oltre due volte e mezzo (5 volte nell'industria mineraria).
Nello stesso periodo gli imperialisti giapponesi inasprirono le misure repressive contro il movimento operaio di liberazione, introducendo in Corea lo stato di emergenza militare che vietava l'esistenza di organizzazioni patriottiche legali.

Tuttavia l'attività delle lotte rivoluzionarie non cessò.
Anzi si manifestò una nuova forma del movimento di liberazione, la lotta partigiana diretta dai comunisti.
I reparti partigiani coreani, formatisi in Manciuria e in altre zone della Cina, erano composti di operai, contadini, intellettuali.
In condizioni estremamente difficili e complesse essi intrapresero la lotta attiva contro gli occupanti giapponesi.
Il movimento operaio si organizzò sempre più solidamente; si rafforzarono i sindacati rivoluzionari; crebbe la pubblicazione di giornali e riviste clandestini; divennero più frequenti gli scioperi negli stabilimenti militari.

Nel 1935 i comunisti coreani fondarono sul territorio della Cina nord-orientale la "Società per la rinascita della patria", che assunse la guida del movimento di liberazione del popolo coreano.
L'attività di questa organizzazione, che contava su una rete ramificata di cellule, su un programma di azione che fondeva i compiti sociali e di liberazione nazionale della rivoluzione, esercitò una grande influenza sullo sviluppo della lotta rivoluzionaria del popolo coreano.

Dopo la costituzione della "Società per la rinascita della patria", i partigiani coreani trasferirono la lotta armata antigiapponese anche sul territorio della Corea del nord.
La direzione comunista dei reparti partigiani tendeva al rafforzamento e all'unione delle forze rivoluzionarie, alla formazione del nucleo del partito comunista.

L'inizio della guerra mondiale impose mutamenti nella tattica di lotta.
Dal 1940, sulla base dell'analisi dei reali rapporti di forze determinatisi in questo periodo, i partigiani coreani passarono dalle grandi operazioni offensive alla tattica dei piccoli combattimenti compiuti da esigui gruppi nelle retrovie del nemico.
L'impegno principale fu volto a una intensa attività politica tra la popolazione e allo stabilimento di contatti con i gruppi comunisti e con le altre organizzazioni patriottiche clandestine della Corea.

Nonostante il terrore scatenato dalle autorità giapponesi, vennero organizzati scioperi a Seul, Pjongjang, Hamhung, Hungnam, Chonjin, Wonsan, Pusan, Sinuiju e in altre zone industriali.
Nel complesso metallurgico di Chonjin, nelle fabbriche di Songchin vennero organizzati comitati clandestini di operai rivoluzionari, con il compito di preparare l'insurrezione armata.
Alcuni comitati furono costituiti dai metallurgici di Pjongjang e dagli elettrici di Seul.
Negli stabilimenti militari, negli aeroporti, nelle ferrovie, nei porti gli operai provocavano esplosioni e incendi, distruggevano macchinari o attrezzature, ritardavano l'esecuzione delle ordinazioni militari.
Nel complesso chimico di Hungnam vennero messi fuori uso più volte interi reparti.

In molte città della Corea si registrarono "agitazioni del riso".
La maggior parte dei loro partecipanti erano lavoratori.
Importanti agitazioni si svolsero nelle campagne.
Nel 1941 si registrarono quasi 5.000 conflitti per la trasformazione del regime fondiario.
I contadini rifiutavano di consegnare il riso alle autorità e non pagavano le imposte militari.


L'inasprirsi della situazione politica in Corea

Accademia delle Scienza dell'URSS | Storia Universale, Vol. 10, cap. XV, Teti editore

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IL REGIME COLONIALE GIAPPONESE IN COREA

Con l'aiuto della guerra nell'oceano Pacifico, gli imperialisti intensificarono lo sfruttamento delle risorse economiche, militari e strategiche della Corea.
A ritmi rapidi si svilupparono quei settori dell'industria ai quali era innanzitutto interessata l'economia di guerra giapponese.
Così l'estrazione di rame, piombo, zinco, volframio, molibdeno, aumentò di 2-3 volte.
Aumentò notevolmente l'estrazione di carbone e di minerali di ferro.
Si svilupparono anche i settori dell'industria di trasformazione, legati alle esigenze militari.
Si sviluppa la costruzione di fabbriche di importanza bellica.

Nel 1939 tali aziende erano 6952, e nel 1945 divennero 14.856.
L'incremento dell'industria militare portò a un notevole aumento della classe operaia in Corea.
Alla fine della guerra il numero degli operai aumentò di 750.000 unità e raggiunse il numero complessivo di 2 milioni di lavoratori.

Un posto di primo piano avevano gli operai di fabbrica, che erano circa 600.000.
Durante la guerra si intensificò lo sfruttamento dei lavoratori.
La giornata lavorativa raggiunse in molte aziende le 14-16 ore, e quasi ovunque furono aboliti i giorni di riposo.
Nelle fabbriche militari venne adottato un regime da caserma.

Si registrarono alcuni mutamenti anche nella situazione di diversi gruppi della borghesia coreana.
Continuò il processo di impoverimento della piccola e media borghesia e a ciò contribuirono in notevole misura la concentrazione della produzione e l'allargamento della sfera di attività dei monopoli giapponesi in Corea.

Consolidò alquanto la sua posizione la grande borghesia coreana, che venne inserita nel processo della produzione bellica.
Si rafforzarono anche i legami politici della grande borghesia con gli imperialisti giapponesi.
La guerra influì negativamente sullo sviluppo dell'agricoltura coreana.

Il pesante fardello delle imposte militari ricadde sulle spalle dei contadini, che dovettero assicurare all'industria bellica le materie prime, e all'esercito e alle retrovie i prodotti alimentari.
La mobilitazione dei contadini nei lavori di costruzione di fabbriche militari, l'insufficienza di forza meccanica, la mancanza di concimi chimici, contribuirono allo scadimento dell'agricoltura.
Si ridussero le aree seminate, diminuirono i raccolti.
Nel 1942, il raccolto del riso scese del 40% rispetto al 1940.

Le autorità giapponesi acquistavano dai contadini la produzione agricola a prezzi molto più bassi di quelli di mercato, mentre i prezzi dei prodotti industriali aumentavano.
I tre quarti dei contadini erano oppressi dai debiti, e molti vivevano in estrema miseria.
Le tasse, i prestiti obbligatori di guerra e ogni sorta di detrazione portavano via quasi la metà del salario degli operai e degli impiegati, come pure del reddito degli artigiani.
Così a Seul le tasse aumentarono di 40 volte dal 1934 al 1943.
I prezzi delle merci aumentarono nel 1945, rispetto al 1936, di quasi 4 volte e mezzo, e sul mercato nero di oltre cento volte.
Con il salario mensile, un impiegato poteva acquistare solo 4-5 kg di riso.

Tutto ciò causò il malcontento delle masse e inasprì la situazione nel paese.
Gli insuccessi militari dell'esercito giapponese, l'instabilità delle retrovie, in particolare di quelle coreane, costrinsero gli imperialisti giapponesi a ricercare, oltre all'intensificazione del terrore politico, anche altre forme e metodi più flessibili del loro dominio coloniale.

Poggiando sui rappresentanti delle forze feudali-commerciali coreane, i colonialisti crearono una vasta rete di organizzazioni militariste scioviniste.
Loro compito principale era la lotta contro il movimento antimperialista e la disgregazione delle forze democratiche.
I colonialisti propagandarono la teoria della unità del Giappone e della Corea.
Essi affermarono che la guerra era vantaggiosa per i coreani e che la vittoria del Giappone avrebbe reso anche i coreani dirigenti della "Grande Asia orientale", poiché i coreani sarebbero stati fratelli minori    dei giapponesi.

Esponenti della grande borghesia e dei grandi proprietari fondiari coreani fondarono organizzazioni filogiapponesi, che sviluppavano la propaganda delle idee della "grande sfera di coprosperità dell'Asia orientale" sotto l'egida del Giappone.
Un ruolo attivo in queste organizzazioni ebbero anche molti esponenti di gruppi di destra della media borghesia coreana.

Gli esponenti borghesi, che capeggiavano le organizzazioni filogiapponesi, invitavano sulla stampa i coreani a sostenere la politica e le misure delle autorità giapponesi e a lottare per la vittoria del Giappone.
Questa posizione compromise gli elementi della borghesia non solo agli occhi dei lavoratori, ma anche fra gli strati progressisti della borghesia nazionale.

Il terrorismo del tempo di guerra escludeva la possibilità di creare organizzazioni popolari patriottiche legali, e complicava estremamente le attività delle organizzazioni rivoluzionarie clandestine.
Le leggi e i decreti approvati dalle autorità giapponesi sul "mantenimento dell'ordine pubblico in tempo di emergenza" vietavano la istituzione di qualsiasi organizzazione senza il consenso delle autorità.

Nelle riunioni non era ammessa la discussione di questioni politiche e ideologiche.
Perfino i funerali e le nozze potevano essere celebrati solo con il visto della polizia.
Era vietato riunirsi in gruppi e discutere della situazione del momento.
Per infrazioni a questi ordini decine di migliaia di coreani furono arrestati.
Introducendo nel 1944, dopo una preparazione di due anni il servizio militare obbligatorio, i militaristi giapponesi non osarono consegnare armi ai coreani e utilizzarono i mobilitati soprattutto nei lavori di costruzione.

IL MOVIMENTO ANTIMPERIALISTA DEL POPOLO COREANO

Nonostante le persecuzioni, gli operai coreani continuarono la lotta per migliorare le loro condizioni di vita.
Nel 1943 si ebbe un grande sciopero di operai agricoli nelle campagne di Monicho.
Nel complesso chimico di Hungnam, nelle fabbriche metallurgiche di Chonjin e Hwang-hä nelle fabbriche di Pjongjang e Songchin, nelle miniere, scoppiarono scioperi, vennero organizzati atti di sabotaggio, fu impedita l'esecuzione delle ordinazioni militari.

I contadini continuarono a opporre resistenza alle autorità e ai grandi proprietari fondiari, rifiutando di consegnare il riso agli ammassi.
In una serie di zone si ebbero agitazioni contadine.

Le autorità coloniali furono seriamente allarmate nel 1944 dal rifiuto degli studenti coreani di arruolarsi come "volontari" nell'esercito giapponese.
Le repressioni, così come gli inviti degli esponenti borghesi filo-giapponesi, non spezzarono il coraggio dei giovani patrioti.
Il comportamento degli studenti dimostrava la crescita delle tendenze pacifiste, la volontà dei coreani di lottare attivamente contro l'imperialismo e la guerra.
Molti giovani si rifugiarono sulle montagne e aderirono ai reparti partigiani.
Una larga popolarità acquistò nel paese l'attività del reparto partigiano guidato da Kim Ir Sen.

Nel 1943-1944 si intensificò la resistenza delle masse popolari coreane alla mobilitazione per il lavoro proclamata dalle autorità coloniali.
Spesso si svolgevano comizi di protesta.
Molti dei mobilitati fuggivano sulle montagne e ingrossavano i reparti partigiani.

Benché l'assenza di un partito comunista ostacolasse seriamente lo sviluppo della lotta rivoluzionaria, le organizzazioni comuniste dei reparti partigiani e i gruppi comunisti che operavano nel paese esercitavano una sempre maggiore influenza sulle masse.
Gradualmente, durante la lotta di liberazione si formò il nucleo del futuro partito, e furono gettate le premesse ideologiche e organizzative per la sua costituzione.

Negli anni di guerra le masse si convinsero che esse potevano affidare il loro destino solo alla classe operaia.
Il prestigio politico, l'autorità, l'influenza del proletariato coreano tra le masse furono determinati in larga misura dal fatto che esso poggiava sull'aiuto e il sostegno dei lavoratori dell'Unione Sovietica.

Le gesta del popolo sovietico nella guerra patriottica, la sua eroica lotta contro il fascismo tedesco, l'appoggio da esso fornito al movimento di liberazione nazionale coreano, consolidarono le posizioni della classe operaia di Corea e, così come negli altri paesi, al rapido estendersi della sua influenza tra le larghe masse del popolo e alla instaurazione del suo potere politico dopo la liberazione del paese dal dominio imperialista giapponese a opera dell'armata rossa.


Accademia delle Scienza dell'URSS | Storia Universale, Vol. 11, cap. III, Teti editore

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La rivoluzione democratico-popolare in Corea

L'INIZIO DELLA RIVOLUZIONE DEMOCRATICO-POPOLARE IN COREA, NELL'AGOSTO-NOVEMBRE 1945

La liberazione della Corea dal dominio coloniale giapponese fu una delle conseguenze immediate della seconda guerra mondiale e una delle manifestazioni della missione liberatrice dell'Unione Sovietica. Essa modificò radicalmente la situazione del paese.
Il crollo del dominio coloniale del Giappone assestò un duro colpo ai suoi alleati coreani, gli agrari e la grande borghesia. La borghesia nazionale della Corea, interessata acché dopo la liberazione il paese continuasse a svilupparsi lungo la via capitalistica, era debole e senza aiuti esterni, impotente a realizzare i suoi disegni. I suoi gruppi dirigenti erano compromessi agli occhi del popolo per aver collaborato con i colonialisti.

La classe operaia coreana costituiva una considerevole forza sociale e contava oltre 2 milioni di lavoratori, circa 600 mila dei quali occupati nell'industria. La massa fondamentale del proletariato industriale della Corea era concentrata nelle sue regioni settentrionali.
Nel corso della precedente lotta di liberazione si erano rafforzati i legami della classe operaia con i contadini e gli altri strati di lavoratori e si erano così create le premesse per la ricostituzione del partito comunista.

Dopo il crollo del dominio giapponese la dislocazione delle forze di classe, le condizioni oggettive e soggettive, nel loro complesso, favorirono la creazione di una situazione rivoluzionaria e la possibilità di una rivoluzione democratico-popolare
Sulla base degli accordi tra gli alleati, la Corea fu divisa in due zone: quella settentrionale, a nord del 38° parallelo, controllata dalle truppe sovietiche, e quella a sud dello stesso parallelo, presidiata dalle truppe americane.

Si trattava di una spartizione provvisoria, in attesa della capitolazione delle forze giapponesi.
Nella Corea settentrionale le forze armate sovietiche crearono tutte le condizioni necessarie per l'attività degli organi del potere popolare.
In breve tempo fu distrutto l'apparato coloniale, furono liquidati tutti gli organi dell'amministrazione giapponese, furono annientate le basi del domino economico del Giappone.
La grande industria, i trasporti, i mezzi di comunicazione, le banche di proprietà dei giapponesi, furono messi sotto il controllo e la gestione del Comando militare sovietico per esser consegnati successivamente al loro legittimo proprietario: il popolo.

L'amministrazione civile si poneva come compito fondamentale quello di aiutare i lavoratori coreani a sviluppare la Corea come uno Stato democratico e indipendente. Tecnici di professioni civili che si trovavano nelle file dell'esercito sovietico, si misero al lavoro per aiutare immediatamente i lavoratori coreani a ricostruire l'economia danneggiata dal colonialismo e dalla guerra, sviluppare la cultura, preparare i dirigenti.
La presenza nella Corea settentrionale delle truppe sovietiche aveva inoltre paralizzato le forze della reazione imperialista e coreana, privandole della possibilità di intervenire o di scatenare la guerra civile.

Le condizioni createsi nella parte settentrionale del paese vi avevano facilitato lo svolgimento di un processo rivoluzionario.
La forza dirigente e organizzatrice di questo processo era rappresentata dai comunisti, diretti da Kim Il Sung. I comunisti erano alla testa dei comitati popolari creati subito dopo la liberazione, sulla base di una larga coalizione delle forze democratiche.

Dall'8 al 10 ottobre 1945 ebbe luogo a Pyong-Yang una conferenza dei rappresentanti dei comitati popolari che discussero problemi relativi alla loro organizzazione e attività.
I comitati popolari cominciarono a procedere alla confisca delle terre appartenute agli agrari giapponesi e ai coreani traditori, che furono consegnate gratuitamente ai contadini poveri e ai braccianti agricoli. Secondo una decisione presa dagli stessi comitati, il canone della terra data in affitto non poteva essere superiore al valore del 30 per cento del raccolto. I comitati popolari, aiutati attivamente dalle truppe sovietiche, ricostruirono l'economia, presero misure per assicurare il vettovagliamento della popolazione, aiutarono i disoccupati e gli indigenti.

Nella Corea settentrionale sorsero e si rafforzarono i partiti politici democratici e le organizzazioni di massa.
Una pietra miliare importante sulla via della trasformazione rivoluzionaria della società nella Corea settentrionale fu la ricostituzione del partito comunista.
Nei primi giorni successivi alla liberazione gli ex partigiani e i comunisti usciti dalla clandestinità e dalle prigioni si misero al lavoro per formare le organizzazioni di base, distrettuali e provinciali del partito.

Il 10 ottobre 1945 cominciò la propria attività l'Ufficio organizzativo del Partito comunista della Corea del nord.
Nel novembre fu costituito in forma organica il Partito democratico della Corea settentrionale, che riuniva soprattutto i rappresentanti della piccola e media borghesia urbana e degli intellettuali. Al tempo stesso, partendo dalla base progressista della setta religiosa "Cihondoge", "Dottrina della via celeste", cominciò a formarsi il Partito dei giovani amici, fondato nel febbraio del 1946, estremamente eterogeneo dal punto di vista della sua composizione sociale. Alla fine del 1945 e inizio del 1946, infine, fu creato il Nuovo partito popolare della Corea del nord, il cui programma coincideva in molti punti con quello del partito comunista.

Le organizzazioni democratiche di massa sorte subito dopo la liberazione, si stavano frattanto trasformando in grandi forze.
Nell'ottobre 1945 era sorta la Federazione giovanile democratica, nel novembre l'Unione delle donne democratiche e i sindacati, che ancora prima avevano costituito 15 organizzazioni di categoria. Nel gennaio 1946 i contadini, anch'essi già organizzati prima, si unirono nella Federazione contadina della Corea settentrionale. Fu creata anche l'Associazione degli esponenti
Tutte queste forze si raccolsero in un Fronte unico democratico e nazionale della Corea settentrionale, guidato dalla classe operaia e dal partito comunista.

Nella Corea meridionale, invece, le truppe giapponesi continuarono a rimanere ancora tre settimane dopo la capitolazione del Giappone.
Vi rimanevano, inoltre, l'amministrazione del governatore generale e tutto l'apparato coloniale giapponese.

Anche qui, però, si sviluppò un movimento popolare di massa, sorsero partiti e organizzazioni democratici, organi democratici del potere, i comitati popolari, che in molte località occuparono fabbriche e officine, dichiarandole patrimonio popolare.
In alcuni stabilimenti fu istituito il controllo operaio e furono cacciati il direttore e i sorveglianti giapponesi.
Nelle campagne i comitati popolari avanzarono la rivendicazione della riduzione dei canoni di affitto al 30 per cento dei raccolti, riuscendo in parecchi casi a farla accettare. Essi proibirono agli agrari lo sfratto dei fittavoli dagli appezzamenti che lavoravano. Già alla fine di agosto del 1945 erano in funzione nella Corea meridionale circa 150 comitati popolari.

I militari giapponesi dichiararono lo state d'emergenza, senza peraltro decidersi a far ricorso alle forze armate.
Manifestazioni e comizi con migliaia di partecipanti chiedevano la creazione di uno Stato democratico e indipendente e manifestavano la profonda riconoscenza all'Unione Sovietica, liberatrice della Corea. Nelle città e nelle campagne sorgevano compagnie battagliere di patrioti coreani.
Anche nella Corea meridionale questo poderoso processo rivoluzionario era diretto dalla classe operaia e dai comunisti.

I militari giapponesi non erano in grado di impedirlo. Si era venuto creando una specie di dualismo del potere.
Alla fine di agosto l'amministrazione giapponese chiese al comando militate americano di poter ritirare al più presto le proprie truppe dalla Corea meridionale.

Il 7 settembre il generale MacArthur, comandante delle forze armate americane nell'Estremo Oriente, avvertiva con un'ordinanza la popolazione della Corea meridionale che il potere passava all'amministrazione militare americana la quale avrebbe considerato il territorio della Corea del sud non come liberato dal nemico, ma come una zona di occupazione e che vi sarebbe stato instaurato un regime militare, compreso un apposito tribunale di occupazione.

L'8 settembre, nel Porto di Incheon, iniziava lo sbarco dei marines e il giorno successivo le truppe americane entravano a Seul.
Tutta l'amministrazione coloniale precedente, le leggi e gli ordinamenti voluti dai giapponesi, furono conservati. Ciò suscitò la protesta delle masse popolari, sotto la cui pressione furono rimossi, prima il governatore generale giapponese Abe, e poi i capi dipartimento. Ma in tutti i settori dell'amministrazione rimasero ancora a lungo funzionari giapponesi.

Le autorità americane di occupazione rifiutarono di riconoscere i comitati popolari, benché nei primi tempi non facessero niente per scioglierli. Esse cercavano di "captare" la rivoluzione e orientare l'attività del popolo in una direzione conforme ai loro interessi, perciò, dichiarando di essere per le libertà politiche, civettavano con le organizzazioni democratiche. Contemporaneamente mettevano assieme le forze della reazione coreana, con il proposito di servirsene più tardi per sconfiggere il campo rivoluzionario.

Subito dopo la loro entrata nella Corea meridionale le autorità americane si misero ad appoggiare attivamente la costituzione di partiti e di organizzazioni di destra. La loro direzione era costituita da elementi dirigenti della società coreana borghese-agraria, alleati fino a poco tempo prima dei colonialisti giapponesi, e dai gruppi di destra della borghesia coreana, da molti anni emigrati negli USA e in Cina, e da lungo tempo favorevoli all'imperialismo americano.

Tra le organizzazioni reazionarie della Corea meridionale una funzione dirigente era esercitata dal Partito democratico, fondato nel settembre 1945. Esso era diretto da grandi capitalisti e agrari, già collaboratori attivi dei monopolisti giapponesi. Una attività intensa, diretta allo sgretolamento del fronte democratico, era svolta anche dal cosiddetto governo provvisorio della Corea, rientrato dalla Cina, e autoproclamatosi tale a Shangai ancora nel periodo dell'insurrezione popolare del 1919. Capo del campo reazionario sudcoreano era Syngman Rhee, vissuto negli USA per oltre tre decenni.

Nel frattempo, nella Corea meridionale continuava a svilupparsi il movimento democratico di massa.
Si creavano comitati popolari provinciali e cittadini, sorgevano organizzazioni a indirizzo democratico.
Il 5 novembre veniva costituita la Confederazione del lavoro. Il 12 novembre sorgeva il Partito popolare, programmaticamente vicino al partito comunista.
Al principio di dicembre aveva luogo il congresso costitutivo dell'Unione contadina.

I provvedimenti economici delle autorita di occupazione della Corea meridionale erano subordinati fin dall'inizio ai piani espansionistici degli USA. Le proprietà dei giapponesi nella Corea meridionale furono trasferite alla gestione dell'amministrazione militare. Questa non intraprese nessun passo per ripristinare la vita economica, benché la maggioranza degli stabilimenti fosse inattiva e parte degli altri lavorasse in modo parziale. Ciò comportava una disoccupazione di massa e una situazione estremamente grave per larghi strati della popolazione.

LE TRASFORMAZIONI DEMOCRATICHE NELLA COREA SETTENTRIONALE

Nel dicembre 1945, nella riunione di Mosca dei ministri degli esteri dell'URSS, degli USA e della Gran Bretagna, su proposta sovietica, fu approvato un progetto sulla Corea che apriva la strada a uno Stato democratico e sovrano.

La decisione prevedeva la costituzione di un governo democratico provvisorio della Corea, per la cui formazione avrebbe dovuto essere istituita una commissione mista dei rappresentanti delle truppe americane della Corea del sud e di quelle sovietiche della Corea del nord. Con la partecipazione del governo democratico provvisorio coreano e con l'apporto delle organizzazioni democratiche della Corea, la commissione avrebbe anche dovuto avere il compito di elaborare misure per concorrere al progresso politico, economico e sociale del popolo coreano, per sviluppare una auto-amministrazione democratica, e assicurare l'indipendenza statale della Corea.

Le decisione della conferenza di Mosca furono accolte con grande soddisfazione dalla Corea progressista. Tutti i partiti e tutte le organizzazioni democratiche dichiararono di approvare incondizionatamente tali decisioni e di essere disposti a fare di tutto per la loro attuazione

Il processo rivoluzionario stava sempre di più approfondendosi nella Corea settentrionale.
Nel febbraio 1945 a Pyong-Yang, in una assemblea allargata dei rappresentanti dei comitati popolari, dei partiti politici e delle organizzazioni democratiche fu costituito un comitato nazionale provvisorio della Corea settentrionale, in qualità di organo supremo temporaneo del potere in questa parte del territorio. Questo comitato cominciò ad attuare un vasto piano di riforme democratiche.

Il potere popolare si basava su un programma di 20 punti, formulato dal partito comunista nel febbraio 1946. Questo programma, che definiva i principali compiti antimperialistici e antifeudali della rivoluzione democratico-popolare coreana, prevedeva la liquidazione dei residui e delle conseguenze del dominio coloniale nipponico in tutti i settori della vita economica e politica del paese; le libertà politiche; lo sviluppo generale dell'industria, dell'agricoltura, dei trasporti e del commercio allo scopo di elevare le condizioni materiali delle masse; la nazionalizzazione della grande industria, dei principali mezzi di comunicazione, delle banche, delle miniere e dei boschi; la confisca di tutte le terre appartenute allo Stato giapponese o agli agrari di cittadinanza giapponese, e la loro concessione in uso gratuito ai contadini; la confisca di tutti gli impianti di irrigazione e il loro passaggio alla gestione statale; l'introduzione della giornata lavorativa di otto ore per gli operai e gli impiegati, assicurazioni sociali, salario minimo e sistema unico di profitti e di tassazione; riforma democratica della pubblica istruzione e appoggio generale allo sviluppo della cultura nazionale; formazione di dirigenti per l'economia nazionale; allargamento della rete di istituzioni sanitarie statali, introduzione dell'assistenza sanitaria gratuita per gli strati meno abbienti della popolazione.

Il primo passo sulla via delle trasformazioni era stato compiuto con la riforma agraria.
Nelle condizioni della Corea, dove il latifondismo e il sistema capestro delle affittanze impedivano lo sviluppo delle forze produttive nelle campagne, la riforma agraria si presentava come una necessità politica ed economica impellente. Alla vigilia della sua attuazione, gli agrari, che costituivano circa il 4 per cento della popolazione della Corea del nord, possedevano quasi il 60 per cento della super-ficie seminata di questa parte del paese. La massa fondamentale dei contadini era costituita, per oltre il 70 per cento, da fittavoli o subfittavoli.

La legge sulla riforma agraria, approvata il 5 marzo 1946 dal Comitato nazionale provvisorio, disponeva la confisca e la cessione gratuita in proprietà ai contadini di tutte le terre appartenute allo Stato o ai privati giapponesi, agli agrari coreani che possedevano più di 5 ciombo (1 ciombo = 0,99 ettari) per azienda, ai proprietari fondiari che davano le loro terre sistematicamente in affitto, ai monasteri e alle chiese che possedevano più di 5 ciombo. Fu confiscato complessivamente più di un milione di ciombo di terre lavorate, che delle autorità popolari furono consegnate gratuitamente ai contadini lavoratori. Parte di queste terre furono trasferite in un fondo statale. Furono confiscati e trasferiti agli organi del potere popolare le foreste, i frutteti, gli impianti di irrigazione, le scorte agricole morte e il bestiame da tiro che erano appartenuti allo Stato o ai privati giapponesi e agli agrari coreani. La riforma agraria fu attuata con la partecipazione attiva dei contadini lavoratori. Per assistere gli organi popolari furono creati 11.500 comitati contadini dei quali facevano parte circa 90 mila contadini, che costituivano soprattutto l'organizzazione dei contadini poveri.

Un grande contributo per l'attuazione della riforma e un molteplice aiuto ai contadini lavoratori venne dalla classe operaia.
Il partito comunista mandò nelle campagne migliaia di operai a illustrare ai contadini la legge sulla riforma e a prender parte alla sua attuazione.

La riforma agraria, per il suo carattere antifeudale, era anche diretta a limitare lo sviluppo del capitalismo nelle campagne. Le terre distribuite ai contadini non potevano essere né vendute, né ipotecate. Anche la liquidazione del sistema di affittanza costituì un duro colpo per i contadini ricchi. Distruggendo i rapporti produttivi semifeudali, la riforma agraria modificò la struttura di classe e i rapporti di forza nelle campagne della Corea del nord. La classe degli agrari era ormai inesistente, le posizioni dei contadini ricchi indebolite, mentre quelle dei contadini lavoratori si erano notevolmente consolidate. L'attività politica di questi ultimi era fortemente cresciuta, come era aumentata la loro fiducia nel potere popolare dal quale avevano avuto la terra.

Assieme alla legge sulla riforma agraria il comitato nazionale provvisorio della Corea settentrionale aveva anche introdotto un'unica imposta agraria in natura, che attribuiva ai contadini il diritto di disporre liberamente dei loro prodotti, una volta corrisposta l'imposta stessa. Il nuovo sistema di imposizione dei contadini contribuì allo sviluppo degli scambi tra città e campagna e alla soluzione del problema degli approvvigionamenti, che era il più grave per la Corea settentrionale.

Nel giugno 1946 fu approvata una legge sul lavoro degli operai e degli impiegati. Questa legge introduceva la giornata lavorativa di otto ore, vietava lo sfruttamento del lavoro minorile, stabiliva la parità di remunerazione a parità di lavoro, indipendentemente dal sesso e dall'età, introduceva la prevenzione degli infortuni e le assicurazioni sociali.

Il 30 luglio dello stesso anno il comitato approvava una legge sulla parità giuridica delle donne, che ottenevano diritti pari a quelli degli uomini in tutti i campi della vita statale, economica, politica, sociale e culturale.

Cominciavano nello stesso tempo le trasformazioni nel campo della cultura. Fu liquidato il sistema di istruzione coloniale giapponese che tendeva alla distruzione della cultura coreana, dei quadri intellettuali nazionali, dell'insegnamento della lingua coreana. Fu sviluppata la lotta contro una delle più gravose eredità del dominio coloniale giapponese: l'analfabetismo di massa della popolazione. Furono prese misure per la rinascita dell'arte nazionale.

Il 10 agosto 1946 il Comitato nazionale provvisorio della Corea settentrionale approvò una legge sulla nazionalizzazione, senza indennizzo, delle imprese industriali, di trasporto e delle comunicazioni, delle banche e del commercio, già appartenenti ai giapponesi o ai coreani traditori. In questo modo passarono nelle mani del potere popolare 1.034 imprese, rappresentanti il 90 per cento delle industrie della Corea settentrionale. Fu introdotto il monopolio del commercio con l'estero e venne creata la Banca Nazionale.
In questo modo il potere popolare aveva assunto posizioni di comando nell'economia, era stato creato un settore statale, erano stati creati rapporti di produzione socialisti.

Il potere popolare si orientò verso l'utilizzazione sotto il suo controllo del capitale privato nell'interesse dello sviluppo economico.
Il 4 ottobre 1946, il Comitato nazionale provvisorio emanò un'ordinanza sulla protezione dei diritti della proprietà privata e sulle misure da prendere per incoraggiare l'iniziativa privata nell'industria e nel commercio.
Con ciò non solo si neutralizzava la borghesia nel suo complesso, ma si attirava anche la piccola borghesia e una parte di quella media all'attuazione dell'edificazione democratica.

I legami e la collaborazione tra i partiti progressisti, consolidatisi nel corso delle trasformazioni rivoluzionarie della società, consentirono, nel luglio del 1946, la formazione del Fronte unico nazionale democratico.
Nel suo programma era iscritta la lotta per l'attuazione delle decisioni della conferenza di Mosca sulla Corea e veniva posto come compito principale quello dello sviluppo dell'amicizia con l'Unione Sovietica e con tutti i popoli del mondo amanti della pace.

Entrarono a far parte del Fronte unico nazionale democratico il partito comunista, il Nuovo partito popolare, il Partito democratico, il Partito Cikhonudan e 15 organizzazioni sociali di massa della Corea del nord.
Il Fronte unì circa 5 milioni di uomini e divenne un solido baluardo di massa del regime democratico popolare.

Le trasformazioni rivoluzionarie si svolsero in un clima di acuta lotta di classe e di resistenza da parte della reazione, che cercava di boicottarle e contrastarle in tutti i modi. I nemici organizzarono azioni di sabotaggio, assassini di attivisti, e cercarono di scuotere la fiducia nella politica del potere popolare. Essi cercarono di penetrare nei posti di direzione delle organizzazioni democratiche, nel tentativo di corroderle e disgregarle dall'interno. In queste condizioni l'attuazione delle trasformazioni democratiche generali, che preludevano al passaggio alla soluzione dei compiti immediatamente socialisti, richiedevano una ancor maggiore compattezza delle forze d'avanguardia della rivoluzione.

Nell'agosto del 1946 il partito comunista si unì al partito che più gli era vicino per compiti e obiettivi, il Nuovo partito nazionale, dando vita al Partito del lavoro della Corea del nord.
Il congresso di unificazione, tenutosi dal 28 al 30 agosto, approvò lo statuto, che faceva del nuovo partito un partito monolitico, di lotta, di tipo nuovo, e un programma minimo.

Una grande importanza per lo sviluppo della rivoluzione nella Corea settentrionale ebbero le elezioni generali per i comitati popolari e la trasformazione degli organi provvisori in permanenti, che ebbero luogo alla fine del 1946 e all'inizio del 1947.
Il 1° congresso dei comitati popolari, che si svolse nel febbraio del 1947, elesse l'Assemblea nazionale della Corea settentrionale come organo supremo del potere statale. Essa era composta per quasi il 90 per cento da operai, contadini, impiegati e rappresentanti degli intellettuali.
L'Assemblea nazionale formò il Comitato nazionale della Corea del nord, presieduto da Kim Il Sung.

All'inizio del 1947 nella Corea settentrionale erano stati sostanzialmente risolti i compiti democratici generali e antifeudali della rivoluzione democratico-popolare, e già nella prima fase di quest'ultima avevano cominciato a formarsi le strutture socialiste dell'economia. In questo modo erano state poste le premesse per il passaggio alla soluzione dei compiti più specificamente socialisti.

IL MOVIMENTO DI LIBERAZIONE NELLA COREA MERIDIONALE

Nella Corea meridionale la situazione si aggravava sempre di più.
Gli USA, che avevano firmato le decisioni della conferenza di Mosca sulla Corea, non avevano nessuna intenzione di metterle in pratica.
I reazionari coreani, con il loro consenso e appoggio, misero in giro la voce che le decisioni di Mosca non miravano al progresso della Corea, bensì a farne un protettorato. Contro l'evidenza dei fatti essi affermavano che questi erano gli intendimenti dell'Unione Sovietica, mentre gli USA sarebbero stati su posizioni opposte. Dal 20 marzo all'8 maggio 1946 si svolsero i lavori della commissione mista sovieto-americana che, tra l'altro, avrebbe dovuto concorrere alla costituzione di un governo democratico provvisorio della Corea.

La delegazione americana cercò di tener lontani dalle consultazioni i rappresentanti dell'opinione pubblica democratica coreana. Di fronte al deciso rifiuto sovietico di aderire a questa pretesa, la delegazione USA interruppe i lavori della commissione. Nello stesso tempo le autorità americane avevano iniziato un'offensiva aperta contro le forze democratiche della Corea meridionale: ordinanze e risoluzioni limitavano le possibilità di attività legate delle organizzazioni democratiche, le persecuzioni nei loro confronti furono intensificate, i loro dirigenti arrestati.
Tutto ciò contribuì a rendere la situazione incandescente.

Nel corso dell'estate del 1946 ebbero luogo nella Corea meridionale manifestazioni di massa, scioperi, rivolte contadine. Gli operai erano i più attivi. Nel settembre 1946 i ferrovieri chiesero un aumento dei salari e il miglioramento dei rifornimenti alimentari. Le autorità opposero un rifiuto e allora il sindacato dei ferrovieri proclamò uno sciopero generale, che fu appoggiato dai poligrafici, dagli operai dei cantieri navali e da quelli degli stabilimenti industriali. Il traffico ferroviario fu interrotto in tutta la Corea del sud, le comunicazioni subirono la stessa sorte, furono chiusi molti istituti, scuole, collegi. Gli scioperanti, diretti da un comitato di sciopero della Corea meridionale, posero alle autorità di occupazione una serie di rivendicazioni: cessazione immediata del terrorismo, il potere ai comitati popolari, libertà politiche per la popolazione, ripresa dei lavori della commissione mista sovieto-americana e formazione di un governo democratico, secondo le decisioni della conferenza di Mosca, attuazione delle stesse trasformazioni democratiche già operate nella Corea del nord.

Le rivendicazioni degli operai in sciopero erano sostenute dagli altri strati della popolazione, e in primo luogo dai contadini.
Preoccupate per l'ampiezza dello sciopero, le autorita di occupazione promisero di soddisfare alcune rivendicazioni economiche, alla condizione che lo sciopero fosse fatto preventivamente cessare. Ma quando il traffico ferroviario fu ripreso su alcune reti esso, invece di essere utilizzato per i trasporti di riso promessi, lo fu per spostare cannoni e mitragliatrici. Il comitato di sciopero dichiarò allora che gli operai non avrebbero ripreso il lavoro fino a quando le loro rivendicazioni non fossero state accolte. Allora le autorità scagliarono contro gli operai i militari, la polizia, i terroristi. Spedizioni punitive furono compiute anche nelle campagne.

Le masse popolari della Corea meridionale risposero al terrore con la lotta armata. All'inizio di ottobre nella città di Taegu operai, contadini e studenti disarmarono soldati e polizia e instaurarono il potere dei comitati popolari.
La lotta impari dei patrioti con i militari americani durò alcuni giorni.

Nell'ottobre e all'inizio di novembre scontri armati ebbero luogo anche in altre città della Corea meridionale, così come nelle campagne, dove i contadini attaccarono reparti di polizia e poderi di agrari. Anche notevoli strati di media borghesia e di intellettuali presero parte agli scontri. Al movimento presero parte più di due milioni di persone. Alla loro testa c'era il proletariato sudcoreano, che fu il primo a iniziare la lotta e dette prova, nel suo corso, di un grande spirito di organizzazione e di fermezza.

Le autorità di occupazione e la reazione sud coreana soffocarono i moti di ottobre con grande durezza, uccidendo o ferendo circa 7 mila persone e arrestandone più di 25 mila.
Nel contempo le autorita di occupazione si videro costrette a rispondere al movimento popolare anche con qualche concessione di carattere economico ai lavoratori. Inoltre, per dare ai coreani una parvenza di autonomia amministrativa, esse crearono una camera legislativa e un'amministrazione civile coreana, entrambe però formate con elementi dirigenti della società borghese-agraria coreana. Contemporaneamente proposero di indire nella Corea del sud elezioni per un'"assemblea nazionale".

Grazie al terrore e al dominio della reazione, queste elezioni si conclusero con una vittoria della borghesia. Ciononostante le larghe masse popolari continuarono a insistere perché il potere fosse trasferito ai comitati popolari, perché fossero attuate le decisioni della conferenza di Mosca.

Nelle condizioni che si erano andate creando appariva estremamente importante mantenere in vita e unire le organizzazioni rivoluzionarie della Corea meridionale e garantire loro la possibilità di un'esistenza legale.
Nel novembre 1946 il partito comunista, il partito popolare e il nuovo partito popolare si fusero nel Partito del lavoro della Corea meridionale.
Nel maggio 1947 la commissione mista sovieto-americana riprese i suoi lavori, ma la delegazione USA cercò di silurarla.
Nella Corea meridionale si intensificarono le repressioni contro le organizzazioni democratiche. Nel solo mese di agosto furono arrestati 12 mila esponenti democratici.

Poiché le posizioni degli USA avevano reso impossibile la creazione di un governo democratico provvisorio alle condizioni indicate dalla conferenza di Mosca l'Union Sovietica il 26 settembre 1947, tramite il suo rappresentante nella commissione mista, propose il ritiro contemporaneo dalla Corea delle truppe sovietiche e americane e di dare allo stesso popolo coreano la possibilità di decidere da sé dei suoi problemi statali.

Gli USA respinsero questa proposta e cominciarono ad operare separatamente per formare un governo reazionario. Nello stesso tempo essi portarono il problema coreano all'Assemblea generale delle Nazioni Unite. La maggioranza dell'Assemblea, malgrado una ferma protesta dell'URSS e dei paesi democratico-popolari e contro la volontà del popolo coreano, decise l'invio in Corea di una commissione provvisoria dell'ONU, incaricata di controllare lo svolgimento delle elezioni per l' "assemblea nazionale".

Il popolo coreano accolse questa decisione con profonda indignazione.
Nella Corea del nord ebbero luogo ovunque comizi e manifestazioni di protesta.
I lavoratori svilupparono la lotta per superare i piani della produzione e per consolidare i successi economici della Corea settentrionale, base democratico-rivoluzionaria del paese.
Nella Corea meridionale, in segno di protesta contro le "elezioni" e contro la creazione della commissione dell'ONU, il 7 febbraio 1948 gli operai proclamarono uno sciopero generale. Questo fu seguito da rivolte in massa di contadini, di studenti e di altri strati della popolazione, che sfociarono in lotte armate.
Nell'isola di Jeju-do si sviluppò un movimento partigiano che in seguito si estese ad altre regioni della Corea meridionale. Per tre mesi la polizia e i soldati inviati per pacificare gli abitanti di Jeju-do furono incapaci di vincerne la resistenza.

La decisione di indire elezioni separate suscitò un grande fermento anche nei partiti di destra e di centro. Ciò dette la possibilità di convocare a Pyong-Yang nell'aprile 1948, su proposta dei partiti politici e delle organizzazioni sociali della Corea del nord, una conferenza comune dei partiti e delle organizzazioni delle due parti della Corea. Vi presero parte i rappresentanti di 56 tra partiti e organizzazioni sociali del paese. La conferenza decise all'unanimità di boicottare le elezioni separate nella Corea meridionale e chiese che la commissione provvisoria dell'ONU fosse immediatamente allontanata.

Malgrado la volontà del popolo coreano, però, le autorità americane di occupazione, il 10 maggio 1948 fecero svolgere le "elezioni" per l'"assemblea nazionale" della Corea meridionale.
Queste ebbero luogo in un clima di terrore sfrenato.
A Seul e in altre grandi città del sud fu proclamato lo stato d'assedio. Nei porti di Fusan e di Incheon fecero la loco comparsa navi da guerra americane. Aeroplani sorvolavano città e villaggi. Le strade erano pattugliate dai soldati e dalla polizia. Le votazioni si svolsero sotto la sorveglianza diretta della polizia.

Nella "assemblea nazionale" eletta in questo modo entrarono 84 agrari, 32 grossi capitalisti, 23 ex funzionari dell'amministrazione giapponese e 59 altri esponenti reazionari.
Il 15 agosto 1948 fu proclamata la costituzione della Repubblica di Corea e ne fu nominato presidente Syngman Rhee. Il governo da lui presieduto si rivolse agli USA con la preghiera di non ritirare le loro truppe dalla Corea del sud, cosa che del resto gli americane non avevano nessuna intenzione di fare.

Subito dopo, tra la Repubblica di Corea e gli USA furono conclusi una serie di accordi giuridicamente ineguali, con i quali gli USA si riservavano il controllo militate, politico e economico della Corea meridionale.

LA COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA POPOLARE DI COREA UNA NUOVA FASE DI TRASFORMAZIONI RIVOLUZIONARIE

Già nel marzo del 1948 il 2° congresso del Partito del lavoro della Corea settentrionale aveva tracciato una linea per la riunificazione pacifica del paese e aveva indicato le vie concrete attraverso le quali si sarebbe potuti giungere alla formazione di un unico Stato coreano democratico.

Il partito muoveva dalla constatazione che le larghe masse popolari, sia della Corea del nord sia di quella del sud, erano per una repubblica democratico-popolare. Alla fine di giugno, in risposta alle elezioni separate del 10 maggio e per iniziativa del Partito del lavoro, si apriva a Pyong-Yang la seconda conferenza comune dei dirigenti dei partiti politici e delle organizzazioni sociali delle due parti del paese. La conferenza decise di indire libere elezioni per la creazione di una Assemblea nazionale suprema della Corea e la formazione di un governo centrale con rappresentanti della parte settentrionale e di quella meridionale del paese.

Le elezioni si svolsero nel luglio 1948.
Nella Corea del nord le votazioni furono segrete e le elezioni generali, eguali per tutti e dirette. Circa il 99 per cento degli elettori votò per i candidati del Fronte unico nazionale democratico.

Nella parte meridionale del paese le autorità di Syngman Rhee sguinzagliarono per città e villaggi squadre punitive, terroristi e provocatori, per far andare a vuoto le elezioni. Perciò queste dovettero essere svolte clandestinamente e furono indirette: dapprima furono eletti i delegati al Congresso dei rappresentanti popolari della Corea meridionale e furono poi questi delegati a eleggere i deputati alla Suprema assemblea nazionale della Corea.

Il congresso dei rappresentanti della Corea meridionale si svolse dal 21 al 25 agosto nella Corea del nord, in quanto era impossibile tenerlo al sud. All'Assemblea suprema furono eletti 572 deputati, 360 dei quali della Corea meridionale e 212 di quella settentrionale. Tra i deputati vi erano 120 operai, 194 contadini, 152 impiegati, 7 artigiani, 33 intellettuali, 14 religiosi, e i rimanenti commercianti, imprenditori, eccetera.

La prima sessione della Suprema assemblea nazionale, tenutasi dal 2 al 9 settembre 1948, proclamò la costituzione della Repubblica Democratica Popolare di Corea, ne approvò la Costituzione e confermò il consiglio dei ministri presieduto da Kim Il Sung. L'assemblea si rivolse ai governi dell'URSS e degli USA per chiedere il ritiro contemporaneo dalla Corea delle truppe dei due paesi.

L'Unione Sovietica, fedele ai suoi impegni internazionali, aderì alla richiesta.
Nel dicembre del 1948 l'evacuazione delle truppe sovietiche era ultimata.

La costituzione della Repubblica Democratica Popolare di Corea aprì una nuova fase nello sviluppo economico e culturale della Corea settentrionale.
Accanto ai lavori di ripristino cominciarono quelli di ricostruzione di alcuni rami dell'economia nazionale.

Il piano del 1948 per tutti i tipi di produzione industriale fu attuato al 105,5 per cento. Fu eliminata la disoccupazione. Il piano biennale 1949-1950, approvato dall'Assemblea suprema nel febbraio 1949, si poneva il compito della eliminazione dei residui del passato coloniale dall'economia del paese, del superamento della sua arretratezza, dell'acceleramento dei ritmi della produzione, del miglioramento delle condizioni materiali e culturali delle masse popolari.
Una grande importanza per l'ascesa economica e culturale della Repubblica Democratica Popolare di Corea ha avuto il trattato sovietico-coreano di collaborazione economica e culturale, stipulato nel marzo 1949. Sulla base di questo trattato l'Unione Sovietica prestò alla giovane repubblica un aiuto multiforme.

Grazie alle trasformazioni operate, la struttura socio-economica della Corea settentrionale era stata radicalmente modificata. In essa il settore socialista aveva assunto una posizione dirigente e determinante. Il peso specifico dell'industria statale e cooperativa nella produzione complessiva del settore industriale era nel 1949 del 90,7 per cento. Aziende statali erano comparse anche nelle campagne.
Notevoli risultati furono conseguiti anche nel campo della cultura. Negli anni del dominio coloniale non esisteva nella Corea del nord neanche un istituto di istruzione superiore, mentre nel 1949 ne erano in funzione già 15.
Nello stesso anno una legge introduceva l'insegnamento elementare generale e obbligatorio.

LA LOTTA DEL POPOLO DELLA COREA MERIDIONALE PER L'UNITÀ NAZIONALE E LA DEMOCRAZIA

La creazione della Repubblica Democratica Popolare di Corea aveva recato un duro colpo ai piani aggressivi dell'imperialismo in Asia.
La reazione americana e quella della Corea del sud, non rassegnandosi, cominciarono preparare una aggressione contro la Repubblica Democratica Popolare di Corea, allo scopo di estendere a tutto il paese il regime reazionario fantoccio.
Grande ampiezza assunsero le misure intese alla preparazione, all'istruzione e all'equipaggiamento dell'esercito sudcoreano, avviate sotto la guida diretta delle forze armate americane. Non cessò il terrore contro il movimento democratico.

In virtù della sola legge del 1948 sulla "sicurezza nazionale" che sanciva pene severe per la partecipazione al movimento di liberazione e l'appartenenza a organizzazioni democratiche, furono effettuati migliaia di arresti.
Ma le retrovie nemiche sud-coreane si incrinavano sempre più profondamente.
In una serie di regioni divampava il movimento partigiano.

Nell'ottobre 1948 nella zona della città di Yeosu scoppiò una rivolta armata. Lo stesso 14° reggimento dell'esercito di Syngman Rhee, inviato a Jeju-do per combattere i partigiani, si ammutinò. I soldati si schierarono dalla parte della popolazione civile. Rivolte scoppiarono anche in altre città della Corea meridionale. Nella primavera del 1949 erano incominciati i moti contadini nella provincia di Djolla meridionale e altrove.
Nel corso della guerra di liberazione, davanti ai gravi pericoli che minacciavano il paese, si sviluppò un processo di unificazione e consolidamento di tutte le forze patriottiche, democratiche e amanti della pace della Corea.

Nel giugno 1949 era stato fondato il Fronte unico patriottico democratico. Al suo congresso costitutivo presero parte i rappresentanti di 72 partiti e organizzazioni sociali della Corea settentrionale e meridionale.
Il congresso si rivolse al popolo coreano con una dichiarazione contenente un programma concreto per l'unificazione pacifica del paese e per assicurare l'indipendenza nazionale e lo sviluppo democratico.
Tra le condizioni principali figuravano le seguenti: ritiro immediato delle truppe americane, cessazione dell'attività della commissione dell'ONU per la Corea, elezioni contemporanee al nord e al sud per un unico organo legislativo del paese.

Un avvenimento importante per la vita politica del paese fu l'unificazione, avvenuta nel giugno del 1949, del Partito del lavoro sudcoreano e di quello nordcoreano in un unico Partito del lavoro della Corea.
Il 20 luglio 1949 gli operai della Corea del sud proclamarono uno sciopero di solidarietà con le decisioni del Fronte unico patriottico democratico. Essi furono sostenuti dai contadini, da vasti strati di intellettuali e della piccola e media borghesia. In molte città e in molti villaggi, nonostante la repressione, ebbero luogo comizi e dimostrazioni.
Il movimento partigiano si intensificò, accompagnato da rivolte contadine.

In queste condizioni, le autorità di Syngman Rhee oltre a intensificare il terrore, a lanciare spedizioni punitive nelle regioni partigiane per infierirvi ferocemente, presero misure per minare il movimento dal suo interno. Insinuarono i loro agenti negli organi dirigenti delle organizzazioni di partito, delle formazioni partigiane e inscenarono provocazioni.

Nello stesso tempo affermavano che sarebbe stata fatta la riforma agraria, per la quale starebbe già stata preparando la relativa legge.
Tutto ciò contribuì ad affievolire il movimento partigiano e alla fine del 1949 i centri fondamentali erano sottomessi.


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