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L'ascesa del movimento rivoluzionario nei paesi capitalistici

Accademia delle Scienza dell'URSS | Storia Universale, vol 8, cap III/2, Teti editore

* * *

Le gravi sciagure arrecate dalla guerra imperialista alle masse popolari rafforzarono le tendenze rivoluzionarie nei paesi belligeranti.
Sotto l'influenza della Rivoluzione d'Ottobre i movimenti popolari contro la guerra imperialista si trasformarono in lotta per l'abbattimento dei governi imperialisti, e in alcuni paesi maturarono crisi rivoluzionarie.

LA RIVOLUZIONE IN FINLANDIA

Uno dei primi movimenti rivoluzionari seguiti alla Rivoluzione d'Ottobre fu quello finlandese.
Subito dopo l'abbattimento dell'autocrazia zarista si ebbe nel paese una forte ripresa degli scioperi, che si estesero alle città e alle campagne.
Il proletariato industriale chiedeva la giornata lavorativa di otto ore, l'aumento dei salari, il miglioramento della situazione alimentare. Gli scioperi dei salariati agricoli avevano come obiettivo l'aumento del salario e la riduzione della giornata lavorativa. I piccoli fittavoli colpiti dalla crisi si rifiutavano di lavorare per i grandi proprietari terrieri e di pagare le rendite.

Tuttavia i lavoratori di Finlandia non ebbero una direzione veramente rivoluzionaria.
Perfino l'ala sinistra del partito socialdemocratico non era ancora preparata per dirigere la lotta rivoluzionaria. I socialdemocratici di destra, entrati nel governo borghese, non fecero nulla per alleggerire la situazione delle masse popolari.

Nell'aprile 1917 gli operai riuscirono a conquistare la giornata lavorativa di otto ore nelle fabbriche e nel luglio il Sejm votò la proposta dei socialdemocratici di introdurre la giornata lavorativa di otto ore e di democratizzare il governo locale; si proclamava inoltre detentore del potere supremo nel paese.

Tuttavia il governo Kerenskij rifiutò di ratificare queste leggi e sciolse il Sejm.
La borghesia finnica temeva lo sviluppo del movimento rivoluzionario proletario e cominciò a rafforzare i propri reparti armati, costituiti nella primavera del 1917 per lottare contro gli scioperanti.
In varie località questi reparti organizzarono repressioni sanguinose contro gli operai in sciopero.

I lavoratori risposero, come già era avvenuto nel 1905, con la formazione di reparti di Guardie Rosse. La vittoria della Rivoluzione d'Ottobre entusiasmò la classe operaia finlandese.
Il 13 novembre 1917 iniziò nel paese uno sciopero generale.
I reparti operai occuparono molte stazioni ferroviarie, il telefono, il telegrafo, arrestarono i reazionari più attivi.

Le azioni della classe operaia costrinsero il Sejm ad approvare di nuovo le leggi respinte in luglio dal governo Kerenskij, ma non poterono ottenere di più.
Le richieste dei lavoratori di lottare contro la fame e la disoccupazione, di assicurare lo sviluppo della previdenza sociale e via dicendo rimasero insoddisfatte.
La Guardia Rossa esigeva la conquista del potere da parte del proletariato.

In una lettera ai dirigenti dell'ala sinistra della socialdemocrazia finnica, O.W. Kuusinen, J. Sirola e altri, Lenin esprimeva a nome del proletariato russo la certezza che "il grande talento organizzativo degli operai finlandesi, il loro alto grado di sviluppo e la lunga scuola politica degli istituti democratici li aiuteranno a realizzare felicemente la riorganizzazione socialista della Finlandia". (V. I. Lenin: "Ai compagni Kuusinen. Sirola e ad altri membri del Partito Operaio Socialdemocratico Finlandese", Opere, vol. 35, pag. 235.)

Ma nel Consiglio centrale rivoluzionario, che dirigeva lo sciopero, i fautori della conquista del potere si trovarono in minoranza, e il Consiglio, ritenendo che la borghesia spaventata dalle agitazioni operaie avrebbe acconsentito volontariamente alla costituzione di un governo socialdemocratico, fece cessare, il 19 novembre, lo sciopero.

L'ulteriore corso degli avvenimenti dimostrò l'illusorietà di questi calcoli.
Alla fine di novembre la maggioranza borghese del Sejm dava l'incarico di formare il governo all'esponente reazionario Svinhufvud.
Il nuovo governo si rivolse subito alla Germania chiedendo di inviare truppe per soffocare il movimento rivoluzionario.
Già prima il governo tedesco aveva fornito in segreto armi ai reparti militari borghesi.
Il 6 dicembre il Sejm dichiarò l'indipendenza della Finlandia. Il 31 dicembre il governo sovietico riconosceva la Finlandia come Stato indipendente e sovrano.

Nel paese intanto maturava rapidamente la crisi rivoluzionaria. La situazione alimentare peggiorava. Le masse popolari erano affamate e vi furono casi di morte per fame. La borghesia nascondeva i prodotti alimentari.
Le perquisizioni effettuate dalla Guardia Rossa a Vyborg portarono alla scoperta di grandi riserve di viveri nelle case dei borghesi.
Il governo, inasprendo le difficoltà, fece trasportare grandi quantità di viveri nel nord della Finlandia, dove si stavano creando le basi della guerra controrivoluzionaria.

Il 12 gennaio 1918 la maggioranza borghese del Sejm concesse a Svinhufvud i pieni poteri, facendone di facto un dittatore.
Le squadre armate borghesi furono poste al servizio dello Stato.
Divennero più frequenti le aggressioni contro gli operai e le loro organizzazioni.

Reparti armati borghesi si concentrarono nelle zone centrale e settentrionale del paese, dove giunsero segretamente anche l'ex-generale zarista Mannerheim, nominato comandante in capo delle forze armate della borghesia, e alcuni membri del governo.

In questa situazione iniziò, la sera del 27 gennaio del 1918, la rivoluzione in Finlandia.
La Guardia Rossa occupò nella capitale gli edifici pubblici e le banche.
Il giorno successivo, 28 gennaio, venne costituito il governo rivoluzionario: il "Consiglio dei plenipotenziari del popolo", in cui entrarono tra gli altri O. Kuusinen, J. Sirola, A. Taimi.

Il Consiglio inviò un messaggio al governo sovietico russo e al Consiglio dei deputati degli operai e dei soldati estoni.
La direzione del partito socialdemocratico rivolse un appello al proletariato internazionale, terminando con l'invito alla rivoluzione socialista.

La rivoluzione vinse nella Finlandia meridionale, dove si trovavano grossi centri industriali e una classe operaia organizzata.
Qui sorsero i nuovi organi rivoluzionari di potere.

Ma la parte settentrionale, la più estesa del paese, dove la maggioranza della popolazione era costituita da contadini, e dove esisteva un numeroso strato di contadini ricchi, rimase sotto il controllo della borghesia e divenne la base della controrivoluzione.

Il governo rivoluzionario dichiarò immediatamente che la terra dei contadini affittuari diventava di loro proprietà, attraendo questi strati contadini dalla parte della rivoluzione.
Inoltre esso aumentò la tassazione a carico dei ricchi, liberò dalle tasse gli strati più poveri della popolazione; liquido le decime a favore della Chiesa, obbligò gli imprenditori a pagare agli operai il salario durante gli scioperi.

Tuttavia il governo rivoluzionario non avanzò obiettivi di rivoluzione socialista.
Nel progetto di costituzione da esso elaborato si proponeva d'instaurare non la dittatura del proletariato, ma una cosiddetta "democrazia pura", che doveva conservare la proprietà privata dei mezzi di produzione della terra.

Queste mezze misure indebolirono lo slancio rivoluzionario del proletariato.
Verso i nemici di classe si manifestò una benevolenza ingiustificata.
Mancava un organo per la lotta attiva nei confronti dei controrivoluzionari.
L'obbligo al lavoro per la borghesia non fu quasi applicato.
Le banche private e i depositi bancari dei ricchi vennero invece espropriati.

Assai spesso la logica della lotta di classe costrinse il "Consiglio dei plenipotenziari del popolo" ad agire in modo più rivoluzionario del proprio programma e a presentarsi quale organo della dittatura del proletariato.

La borghesia venne di fatto privata dei diritti politici, i suoi giornali furono chiusi, le sue organizzazioni sciolte.
Le aziende e le proprietà, in caso di sabotaggio o di fuga dei padroni, venivano poste a disposizione dei lavoratori.
La Banca Finlandese venne nazionalizzata.

I controrivoluzionari, insediati nelle zone settentrionali del paese, aprirono allora le ostilità militari contro il governo rivoluzionario.
La attiva propaganda borghese asseriva che i "bianchi" conducevano la lotta per la "liberazione" della Finlandia, mentre i "rossi" avrebbero voluto sottomettere di nuovo la Finlandia alla Russia e strappare la terra ai contadini.

La borghesia riuscì a far schierare i contadini contro la rivoluzione e imponendo il servizio militare obbligatorio li arruolò nell'esercito controrivoluzionario.
Era un esercito ben armato, che disponeva di ufficiali qualificati.
In aiuto dei "bianchi" giunsero circa duemila soldati finlandesi di un battaglione formato in Germania per prendere parte alla guerra contro la Russia e circa 1500 "volontari" armati dalla Svezia.

La classe operaia era molto meno preparata alla lotta armata.
Vi era insufficienza di armi, non vi erano ufficiali addestrati, servizi di informazione, riserve.
Il governo rivoluzionario si era lasciato sfuggire la iniziativa militare.
Ma gli operai erano animati dalla volontà di combattere.

Migliaia di volontari entrarono nella Guardia Rossa, che raggiunse un effettivo di 80.000 uomini e si oppose all'esercito controrivoluzionario su un fronte che attraversava l'intero paese dal Golfo di Botnia al lago Ladoga.

I lavoratori della Russia sovietica seguivano con grande simpatia la lotta eroica dei rivoluzionari finlandesi.
Il governo sovietico inviò agli operai rivoluzionari di Finlandia un messaggio, nel quale si esprimeva la speranza che essi avrebbero lottato fino alla vittoria finale e prometteva il proprio appoggio.

La Russia sovietica si trovava allora in una situazione estremamente difficile, ma, adempiendo al proprio dovere internazionalista, aiutò la Finlandia rivoluzionaria con l'invio di armi e viveri.
Numerosi volontari russi combatterono nelle file della Guardia Rossa finlandese.

Il 1° marzo 1918 venne concluso tra la Repubblica Federativa Socialista Sovietica di Russia e la repubblica finlandese un trattato di amicizia e collaborazione.
In due mesi di combattimenti i "bianchi" riuscirono a ottenere alcuni successi territoriali, ma la parte meridionale del paese, con le sue città industriali, restava nelle mani della Guardia Rossa.

Pur di ottenere aiuti stranieri, la borghesia si dimostrò pronta a sacrificare l'indipendenza del paese.
Il 7 marzo 1918 i "bianchi" conclusero con la Germania un trattato di pace, un accordo commerciale e sulla navigazione e un patto segreto militare, impegnandosi a non accordarsi con gli Stati vicini, senza il consenso della Germania, su mutamenti territoriali; a concedere alla Germania basi militari; a trattenere le navi della coalizione antitedesca; ad accettare il capitale tedesco a pari diritto con quello finlandese nello sfruttamento delle risorse del paese.

Il 20 marzo Mannerheim rivolse al governo tedesco l'invito a inviare rapidamente truppe, affermando che "ogni indugio avrebbe avuto conseguenze fatali".
Il 3 aprile i tedeschi sbarcarono ad Hanko la "divisione baltica", forte di 12.000 uomini, comandata dal generale von der Goltz, e successivamente un secondo contingente militare a Lovisa.

La presenza nelle retrovie della Guardia Rossa di truppe tedesche ben armate e addestrate, appoggiate da navi da guerra e dall'aviazione, mutò radicalmente il rapporto di forze a favore della controrivoluzione.

Alcuni giorni dopo, i controrivoluzionari si impadronivano della città di Tampere.
Il 13 aprile i tedeschi occupavano la capitale, Helsinki.
In base agli accordi presi, gli interventisti tedeschi e i socialdemocratici (Tanner e altri) pubblicarono un manifesto nel quale si calunniava la rivoluzione finlandese e la Russia sovietica, si dimostrava l'inutilità della lotta e s'invitavano gli operai a deporre le armi.

Il governo rivoluzionario si trasferì a Viipuri (Vyborg).
I reparti della Guardia Rossa si ritirarono verso est, continuando la loro eroica resistenza.
Il 29 aprile cadeva Viipuri e nei primi giorni di maggio venivano sconfitti i restanti reparti della Guardia Rossa.
Alcune migliaia di operai rivoluzionari passarono nella Russia sovietica.

Le cause principali della sconfitta della rivoluzione in Finlandia sono da attribuirsi all'incoerenza e all'indecisione della ala sinistra del partito socialdemocratico, alla politica di tradimento dei socialdemocratici di destra, alla mancanza di una solida alleanza tra la classe operaia e i contadini, che la borghesia riuscì ad ingannare con parole d'ordine nazionaliste, e all'aiuto militare fornito dalla Germania alla controrivoluzione finlandese.

Pur tuttavia la rivoluzione finlandese ebbe una grande importanza: essa infatti fu la prima rivoluzione proletaria dopo quella dell'Ottobre e, nonostante non avesse un chiaro programma socialista, il governo rivoluzionario attuò numerose misure democratiche, alcune delle quali avevano carattere socialista.

In seguito l'esperienza rivoluzionaria aiutò gli operai d'avanguardia a liberarsi dal retaggio socialdemocratico e a fondare nell'agosto 1918, sulla base dell'ala sinistra del partito socialdemocratico, il Partito Comunista Finlandese.

Dopo la sconfitta della rivoluzione la borghesia instaurò nel paese un regime di terrore.
Circa 90.000 persone, tra cui migliaia di donne, vennero arrestate: di esse 10.000 furono fucilate, torturate oppure morirono in carcere per fame e malattia, decine di migliaia furono condannate a lunghi periodi di carcere o di lavori forzati.
Le conquiste sociali della classe operaia vennero liquidate.

Il boia della rivoluzione, il generale tedesco von der Goltz, s'impossessò di fatto dei pieni poteri nel paese.
La Finlandia fu dichiarata monarchia con a capo il principe tedesco Federico Carlo d'Assia, cognato di Guglielmo II.
Solo la disfatta della Germania nella guerra mondiale e la rivoluzione tedesca costrinsero la borghesia finlandese a rinunciare ai propri progetti monarchici.
Nel 1919 il Sejm approvò la costituzione repubblicana.

L'INASPRIRSI DELLA SITUAZIONE RIVOLUZIONARIA IN GERMANIA, AUSTRIA-UNGHERIA E BULGARIA

La vittoria della Rivoluzione d'Ottobre ebbe grandi ripercussioni nei paesi della Quadruplice Alleanza.
Nella seconda metà del novembre 1917 si svolsero in tutta la Germania affollati comizi e assemblee, nei quali gli operai manifestarono la loro solidarietà verso i principi di pace espressi dal potere dei soviet e ne chiesero l'attuazione.

In molti centri industriali si ebbero scioperi.
Alle manifestazioni di Berlino, Essen, Solingen, Brema, Amburgo, Chemnitz, Magonza e altre città parteciparono oltre un milione di operai.
Gli edifici nei quali si svolgevano i comizi erano sovraffollati.

L'organo del partito socialdemocratico "Voerwärts" fu costretto a constatare che "gli operai di Germania senza differenza di tendenza socialista salutano le proposte dei russi e sono pronti ad appoggiarle con decisione".
Riunioni e manifestazioni si susseguivano l'una all'altra.
Vennero approvate risoluzioni di solidarietà con la rivoluzione russa e di decisa volontà degli operai tedeschi di appoggiarla.

Domenica 25 novembre si tennero a Berlino nuove manifestazioni per la pace.
I dimostranti chiedevano la liberazione di Karl Liebknecht, che si trovava in carcere dal 1916.
Nonostante l'arresto di alcuni partecipanti alle manifestazioni, una marcia organizzata percorse le vie della capitale.

In un volantino illegale pubblicato nel dicembre 1917, il "Gruppo Spartaco", organizzazione rivoluzionaria che univa i socialdemocratici di sinistra tedeschi, invitava gli operai tedeschi a seguire l'esempio del proletariato russo e a sollevarsi nella lotta per la pace, per la libertà, per il pane.
Nel manifestino erano contenute le parole d'ordine: "Abbasso la guerra, abbasso il governo, viva il socialismo".

Le imponenti manifestazioni operaie gettarono l'allarme nei gruppi dirigenti.
La polizia arrestava tutti coloro che diffondevano o leggevano volantini rivoluzionari.
Le autorità militari dichiararono che avrebbero disperso qualsiasi tentativo di convocare "assemblee di rivoltosi", mentre i loro partecipanti e i diffusori dei volantini sarebbero stati considerati dei traditori.
I dirigenti di destra della socialdemocrazia s'impadronirono della direzione del movimento e contribuirono a smorzare la prima ondata di scioperi.

Tuttavia, sotto l'influenza della propaganda del "Gruppo Spartaco", seguì una seconda ondata di scioperi ancor più imponente.
Un grande sciopero scoppiò il 28 gennaio 1918 a Berlino.
Le più importanti fabbriche militari cessarono il lavoro.
Fra scioperanti e polizia avvennero scontri sanguinosi.
Nella città apparvero le barricate.

Nelle aziende furono eletti i Consigli dei deputati degli operai.
I loro rappresentanti, riunitisi nella Casa dei Sindacati, presentarono al governo la richiesta di concludere la pace sulla base del principio dell'autodecisione dei popoli, senza annessioni né riparazioni, come avevano proposto i sovietici, e di fare partecipare delegati degli operai di tutti i paesi alle trattative di pace.
Scioperi di massa si ebbero in questo periodo anche a Colonia, Monaco, Amburgo, Essen e in altre città.

I dirigenti di destra della socialdemocrazia e i dirigenti dei sindacati, facenti parte del comitato di sciopero, lanciarono un appello per la cessazione della lotta.
Il governo, appoggiandosi su costoro, passò alla controffensiva.
Il comandante delle truppe del circondario militare di Berlino emanò un decreto sullo "stato d'assedio a Berlino, nella sua periferia e nei suoi dintorni" e ingiunse agli scioperanti di riprendere immediatamente il lavoro.
Venne fissato come limite massimo la data del 4 febbraio e furono minacciate pene per quanti avessero disubbidito al decreto.

Le città in cui era più forte il movimento degli scioperi furono invase da truppe e migliaia di operai furono gettati in carcere. I tribunali militari emisero severe condanne. La dura repressione e l'aiuto offerto dai socialdemocratici di destra riuscirono a soffocare il movimento degli scioperi.

Sotto l'influenza della Rivoluzione d'Ottobre si ebbero grandi manifestazioni anche in Austria-Ungheria.

A Vienna l'11novembre 1917 si tennero affollati comizi e dimostrazioni di solidarietà con gli operai e i soldati di Pietrogrado che avevano strappato il potere alla borghesia, e col governo sovietico che proponeva a tutti i paesi belligeranti la conclusione di una pace senza annessioni né riparazioni.

I dimostranti chiedevano che il governo austro-ungarico aprisse immediatamente trattative con tutti i paesi in guerra sulla base delle proposte russe, e proclamavano la loro decisione di lottare per una immediata pace democratica.
Comizi e manifestazioni si ebbero anche nelle città di Linz, Graz, Wiener Neustadt, Salisburgo, Neunkirchen e in decine di altre città dell'Austria.
Applausi fragorosi scoppiavano ogni volta che gli oratori facevano un accenno alla Russia sovietica, alle proposte sovietiche di pace.

Lo spirito rivoluzionario delle masse era talmente combattivo, che la direzione centrale del Partito Socialdemocratico Austriaco, costituita di elementi opportunisti, fu costretta a inviare al congresso panrusso dei soviet un telegramma di saluto, nel quale si comunicava l'accordo con le proposte sovietiche di pace e si dava notizia delle grandiose manifestazioni degli operai di Vienna, che chiedevano l'immediata conclusione dell'armistizio.

In appoggio alle proposte sovietiche di pace manifestarono pure i lavoratori di Budapest.
La capitale ungherese non aveva mai visto una simile dimostrazione di massa.
Molti operai dei dintorni della città vi presero parte: 800 minatori, per esempio, percorsero a piedi 20 chilometri per partecipare alla manifestazione.

Grazie all'ascesa del movimento operaio di massa si rafforzò l'ala sinistra della socialdemocrazia austriaca, i cosiddetti "socialdemocratici radicali di sinistra", che raggruppavano nelle loro file la parte migliore, più combattiva, della classe operaia.

Questi gruppi convocavano riunioni clandestine, diffondevano volantini, creavano comitati d'azione per gli scioperi, e alla fine del dicembre 1917 organizzarono un "soviet di operai e soldati" clandestino.
In un volantino, pubblicato nel gennaio 1918, si affermava: "Il popolo russo e la rivoluzione russa ci hanno mostrato come ottenere la pace. Il popolo russo ci ha insegnato cosa occorre fare per conquistare diritti e libertà".
Tuttavia i radicali di sinistra non si risolsero a rompere organizzativamente con il partito socialdemocratico.

Il movimento antimilitarista sfociò nel gennaio 1918 in uno sciopero generale.
Il 14 gennaio scioperarono gli operai delle officine belliche del distretto industriale di Wiener Neustadt; il giorno successivo si unirono a essi gli operai di Vienna; il 16 lo sciopero si estese alle zone industriali dell'Austria.
Gli scioperanti, in numero di 700.000, esprimevano la propria indignazione contro gli obiettivi imperialisti delle delegazioni tedesca e austro-ungarica alla conferenza di pace di Brest-Litovsk e chiedevano l'immediata conclusione della pace.
Il 16 gennaio venne creato a Wiener Neustadt il primo soviet di operai, mentre il 18 gennaio sorgevano soviet anche a Vienna.

I capi di destra della socialdemocrazia austriaca, spaventati dall'estensione assunta dal movimento rivoluzionario, cercarono di incanalarlo nell'alveo delle pure rivendicazioni economiche.
Approfittando della debolezza dei radicali di sinistra, essi s'impadronirono della direzione del soviet di Vienna e lo trasformarono in soviet centrale dell'Austria, interessandosi alle questioni operaie dell'intero paese.

Il 18 gennaio si tenne presso il primo ministro austriaco una riunione con i dirigenti del partito socialdemocratico V. Adler, K. Seitz e K. Renner.
Questi promisero di adoperarsi per la cessazione degli scioperi e chiesero che il governo non avanzasse a Brest rivendicazioni annessionistiche e attuasse alcune riforme.
Il governo s'impegnò a tener conto delle loro richieste, purché gli scioperi e le manifestazioni cessassero.

Nella notte del 20 gennaio il soviet di Vienna, dopo aver ascoltato una relazione dei capi della socialdemocrazia sulle trattative con il governo, stabilì la ripresa del lavoro in tutte le fabbriche del paese a partire dal 21 gennaio.
Le opinioni degli altri soviet non vennero ascoltate.

Il 21 e il 22 gennaio i giornali pubblicarono l'appello della direzione della socialdemocrazia e dei sindacati agli operai affinché cessassero gli scioperi a le manifestazioni.
Molte fabbriche non ubbidirono e gli scioperi continuarono fino al 25 gennaio.
Ma l'attività degli opportunisti disorganizzò la classe operaia.
Nello stesso tempo il governo ricorse al terrorismo poliziesco.
Lo sciopero generale venne soffocato.

Il 18 gennaio scioperarono gli operai delle fabbriche di Budapest e di alcuni altri centri industriali dell'Ungheria.
Lo sciopero cessò solo dopo che il governo ebbe dato la promessa di adempiere le richieste degli operai sul miglioramento della situazione alimentare.

Le agitazioni rivoluzionarie degli operai ebbero influenza anche sui soldati: il 1° febbraio 1918 iniziò lo sciopero dei marinai della squadra navale austro-ungarica nel porto di Cattaro.
Vi parteciparono 6.000 marinai imbarcati su 40 navi da guerra.
Gli scioperanti, diretti dal soviet dei deputati dei marinai, chiedevano trattative immediate sulla pace generale senza annessioni e senza indennità, il diritto all'autodecisione per i popoli dell'Austria-Ungheria, l'istituzione di governi democratici in Austria e in Ungheria.

Con l'aiuto delle truppe tedesche e degli equipaggi dei sommergibili il comando austro-ungarico soffocò l'insurrezione; centinaia di marinai vennero processati dai tribunali militari e quattro dei loro dirigenti furono fucilati.
Il carnefice dell'insurrezione di Cattaro fu l'ammiraglio Horthy, il futuro dittatore fascista dell'Ungheria.

I lavoratori bulgari salutarono calorosamente la Rivoluzione d'Ottobre.
Il giornale "Rabotničeski Vestimik" (L'Araldo dei Lavoratori), organo del Partito Operaio Socialdemocratico Bulgaro, scriveva: "Dal 7 novembre la grande repubblica russa è entrata in un nuovo, luminoso, ben definito cammino. È il cammino della pace e della liberazione dei popoli dalle terribili prove, alle quali sono stati sottoposti già da più di 3 anni. Il proletariato rivoluzionario russo... ha avvicinato la fine della spaventosa e devastatrice guerra generale e ha assunto su di sé l'indimenticabile missione storica di salvatore dell'umanità dal totale suicidio. Noi salutiamo te, proletariato russo, guardia della pace, della libertà e della fratellanza dei popoli".

Il 10 novembre 1917 venne pubblicato sulla stampa del partito degli "stretti" il decreto sovietico sulla pace.
Nella seduta del Sobranje (il Parlamento bulgaro), il dirigente degli "stretti" D. Blagoev chiese la discussione del decreto sulla pace, ma la sua proposta venne respinta.

Il Comitato Centrale del partito degli "stretti" decise di convocare un comizio a Sofia.
Il 2 dicembre si riunirono vicino alla Casa del Popolo più di 10.000 lavoratori.
Gli oratori, D. Blagoev, G. Dimitrov e H. Kabakčijev parlarono del significato della rivoluzione socialista in Russia e invitarono i lavoratori ad appoggiarla.

Nella risoluzione approvata dal comizio si affermava: "L'assemblea, convinta di esprimere il desiderio del proletariato e della maggioranza del popolo bulgaro, invia un fraterno saluto al proletariato russo e dichiara che gli operai e le operaie della Bulgaria considerano la causa del proletariato russo come la propria causa e sono pronti a compiere ogni sforzo per il suo completo trionfo".

I lavoratori di Sofia chiesero all'Assemblea nazionale di approvare la proposta sovietica di pace, di dare al paese una costituzione, di cessare la stato di guerra e di condurre trattative di pace sotto il controllo del popolo.
Blagoev dichiarò il 3 dicembre all'Assemblea che l'intero popolo bulgaro "accetta pienamente e appoggia il programma di pace del governo operaio-contadino russo...".

Su decisione del Comitato Centrale del partito degli "stretti", la risoluzione del comizio del 2 dicembre di Sofia venne stampata in un volantino sotto il titolo "La rivoluzione russa e la pace" e diffusa in tutto il paese.

Tramite i soldati in licenza la risoluzione giunse al fronte.
Ovunque essa incontrò il pieno appoggio del popolo.
Oltre che a Sofia, gli "stretti" organizzarono comizi a Sliven, Stara Zagora e in altre città.
Alla fine del 1917 si svolsero dimostrazioni di donne.
Manifestazioni di operaie si ebbero pure nella primavera e nell'estate del 1918.

Gli "stretti" svilupparono un'intensa attività nei reparti militari.
Sotto la direzione di Dimitrov i soldati appartenenti a questo partito svolsero nelle linee del fronte (nella Tracia occidentale) una riunione illegale.
Il rapporto sul significato storico della Rivoluzione socialista d'Ottobre e sui compiti degli "stretti" fu tenuto da Dimitrov.
La riunione approvò una risoluzione sulla necessità d'intensificare il lavoro del partito nell'esercito.

Nell'inverno e nella primavera del 1918 si ebbero insurrezioni in numerosi reparti militari: 24 dirigenti degli insorti furono processati e solo le proteste di massa riuscirono a salvarli dalla fucilazione; 300 soldati semplici vennero inviati nei reparti di punizione.

Secondo dati incompleti, nel febbraio-marzo 1918 vennero puniti 40.000 militari, tra cui 800 ufficiali.
Molti soldati abbandonavano l'esercito e passavano con le armi in pugno nelle retrovie del fronte.
In alcuni reggimenti si costituirono comitati di soldati.

LO SVILUPPO DEL MOVIMENTO RIVOLUZIONARIO NEI PAESI DELL'INTESA

Nei paesi dell'Intesa il movimento rivoluzionario ebbe uno sviluppo alquanto diverso da quello dell'Europa centrale, poiché le sofferenze dei soldati e delle popolazioni erano relativamente minori. Ma anche qui la lotta dei lavoratori acquistò un'ampiezza ben superiore alle precedenti.

Nel novembre-dicembre 1917, sotto l'influenza della Rivoluzione d'Ottobre, si ebbero grandi manifestazioni e scioperi di operai a Parigi, Lione e in altre città della Francia.
Il movimento degli scioperi si estese anche alle fabbriche militari.

Il primo ministro Georges Clemenceau, che aveva formato a metà novembre il proprio ministero, chiese alla Confederazione Generale del Lavoro, capeggiata dal riformista Jouhaux, la cessazione degli scioperi, minacciando di "riempire Parigi di truppe e di gettarne la responsabilità sulla Confederazione del Lavoro", e aggiungeva: "Io conduco la guerra, la guerra al fronte e la guerra nelle retrovie".

La "guerra nelle retrovie" consisteva in arresti, punizioni, deportazioni, invio di operai al fronte.
Nonostante le repressioni governative e l'azione di freno dei capi di destra del partito socialista e dei sindacati, il proletariato francese manifestò il proprio appoggio alle proposte sovietiche di pace.

In dicembre una conferenza sindacale approvava a Clermont-Ferrand una risoluzione, nella quale si condannava la diplomazia segreta, e si chiedeva al governo la pubblicazione delle condizioni di una pace generale stabile e giusta.
La conferenza si espresse a favore della pace senza annessioni né indennità, sulla base del principio dell'autodecisione dei popoli.

All'inizio del 1918 si ebbero in tutta la Francia manifestazione e scioperi di solidarietà con le proposte di pace presentate dalla Russia sovietica.
Nel bacino della Loira scioperarono oltre 150.000 metallurgici e minatori.
A Lione si ebbe uno sciopero generale di 3 giorni con comizi e dimostrazioni.
Scioperarono pure gli operai delle fabbriche di aeroplani di Parigi, delle armerie di Clichy, delle fabbriche siderurgiche di Decazeville, Tarn, Nevers.
Gli scioperi abbracciarono tutte le zone industriali del paese.

Il congresso nazionale della minoranza sindacale, convocato nel maggio 1918 a Saint-Étienne, invitò gli operai allo sciopero generale.
Su appello del congresso scioperarono a Parigi 400.000 operai; a essi si unirono 180.000 operai del bacino della Loira-Revier e gli operai di Bourges, Vienne, Lione, Rouen, Marsiglia, Le Havre, Nevers, Chaussy e di altre città.
Il governo riuscì a soffocare gli scioperi.

Tuttavia essi lasciarono tracce profonde.
Nelle masse operaie si estese l'influenza della minoranza rivoluzionaria.
Gli internazionalisti francesi si posero l'obiettivo di appoggiare i bolscevichi russi e le loro iniziative di lotta per la pace.
Essi stamparono pubblicazioni clandestine e tennero gli operai al corrente degli avvenimenti che si svolgevano nella Russia sovietica.

Nel corso della lotta di classe si formavano gruppi rivoluzionari, le cui convinzioni politiche si avvicinavano sempre più alle posizioni dei bolscevichi.
Essi erano diretti da noti intellettuali progressisti: Henri Barbusse, Paul Vaillant-Couturier, Raymond Lefebvre e altri.

Anche in Inghilterra si sviluppò il movimento degli scioperi.
Nonostante che la borghesia inglese, ricca di una lunga esperienza politica, ritenesse necessario, subito dopo la Rivoluzione d'Ottobre, fare alcune concessioni alla classe operaia (aumento dei salari degli operai dell'industria di guerra, dichiarazioni demagogiche del governo sui cosiddetti obiettivi giusti della guerra), si ebbe un rapido sviluppo della coscienza di classe del proletariato.

Nel gennaio 1918 la conferenza dei rappresentanti degli "shop stewards" (anziani di reparto e di fabbrica) d'Inghilterra e di Scozia chiese al governo di discutere le condizioni di pace.

I segretari delle Trade Unions e degli shop stewards, riuniti a Glasgow, avanzarono la stessa richiesta e si pronunciarono contro la legge di mobilitazione degli operai al fronte; venne approvata una risoluzione, che invitava a lottare "per l'abbattimento del regime capitalista e l'istituzione della repubblica socialista".

A Londra un'assemblea di rappresentanti del sindacato dei meccanici chiese l'immediata conclusione dell'armistizio su tutti i fronti e la presentazione alle potenze centrali della proposta di concludere la pace senza annessioni né indennità.
Risoluzioni analoghe vennero approvate in altre città. Si intensificò il movimento degli scioperi.
Scioperarono i metalmeccanici di Coventry e Birmingham, gli operai delle aziende tessili del Lancashire, i ferrovieri dell'Inghilterra settentrionale, del Galles meridionale e di Londra.

Lo spirito rivoluzionario si diffuse anche nella marina da guerra.
Su alcune navi vennero eletti comitati dei marinai, che prepararono uno sciopero generale degli addetti alla marina militare.

Il movimento rivoluzionario di massa contribuì allo sviluppo di tendenze di sinistra nel partito socialista britannico, nel partito operaio socialista, nei comitati degli shop stewards e in altri gruppi e comitati simpatizzanti per le idee comuniste.
Sotto l'influenza del crescente movimento rivoluzionario, il governo di Lloyd George fu costretto ad attuare una serie di riforme democratiche, di cui la più importante fu la riforma elettorale.

La legge approvata nel febbraio 1918 concedeva per la prima volta nella storia dell'Inghilterra il diritto elettorale alle donne.
Nonostante che i diritti elettorali fossero estesi solo alle donne di età superiore ai 30 anni (gli uomini avevano il diritto di voto a 21 anni), la nuova legge ebbe una grande importanza, poiché aumentò il numero degli elettori da 8 a 21 milioni di persone.

Un'ascesa del movimento operaio si osservò anche negli Stati Uniti.
La rivoluzione russa aveva prodotto una profonda impressione su gli operai americani.

William Z. Foster scrisse in seguito che "nonostante la loro arretratezza politica e l'incapacità di valutare pienamente il significato di quest'avvenimento, gli operai americani capirono che era successo qualcosa fuori del comune, estremamente importante anche per il loco destino".
In molte città si tennero comizi di solidarietà con il paese dei soviet.
A essi parteciparono operai e intellettuali progressisti.

All'inizio del 1918 in un comizio a Seattle venne approvata una risoluzione nella quale si affermava: "Salutiamo con entusiasmo il glorioso proletariato russo che ha ottenuto per primo la vittoria sul capitale, per primo ha realizzato la dittatura del proletariato, per primo ha attuato il controllo del proletariato nell'industria... Assicuriamo i combattenti russi della libertà che noi simpatizziamo calorosamente con loro, siamo pronti ad aiutarli e li preghiamo di credere che non è lontano il tempo in cui sapremo di fatto dimostrare la nostra solidarietà proletaria".
Durante i comizi venivano raccolti fondi a favore della Russia sovietica.

Queste manifestazioni s'intrecciarono a una più intensa azione di sciopero, in particolare dei ferrovieri, dei metallurgici, dei tessili, degli edili.
Nel 1918 il numero degli scioperi superò il livello del 1917.
Gli operai chiedevano l'aumento dei salari e la cessazione della guerra.

In questo modo, sia nei paesi dell'Intesa che nei paesi della coalizione nemica s'intensificò, sotto l'influenza della Rivoluzione d'Ottobre, il movimento contro la guerra, si radicalizzò sempre influenzando fortemente la situazione militare e i piani bellici di ambedue le coalizioni.


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