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La rivoluzione del 1918 e il proletariato tedesco nel 1919-1921

Accademia delle Scienza dell'URSS | Storia Universale, vol 8, cap V, Teti editore

* * * Parte prima * * *

L'ascesa rivoluzionaria, iniziata in tutto il mondo dopo la Rivoluzione d'Ottobre, si manifestò prima che altrove nel maggior paese capitalistico del continente europeo, la Germania.

La situazione rivoluzionaria inaspritasi negli anni della guerra sfociò nel novembre 1918 in una rivoluzione, il cui fattore decisivo fu la lotta della classe operaia.

Questa rivoluzione e le lotte di classe del proletariato tedesco negli anni 1919-1921 ebbero un grande significato nello sviluppo storico non solo della Germania ma anche degli altri paesi capitalistici.

1. La rivoluzione del novembre 1918

LA GERMANIA ALLA FINE DELLA GUERRA MONDIALE

La Germania del kaiser era uno Stato imperialista sviluppato, con un'industria concentrata e un numeroso proletariato industriale, ma anche con residui feudali sopravviventi nella grande proprietà degli junkers e nella monarchia semiassoluta.

I grandi proprietari terrieri (junkers) occupavano posizioni di comando nell'apparato statale e militare e dividevano il potere con la borghesia monopolistica.
La stretta collaborazione tra junkers e monopolisti imprimeva alla politica interna ed estera dell'imperialismo tedesco un carattere particolarmente reazionario e aggressivo.

Il popolo tedesco pagò a duro prezzo la guerra imperialista.
Due milioni di tedeschi morirono sui fronti; calcolando anche i prigionieri e i feriti, il paese perse sette milioni e mezzo di persone.
La guerra aveva arrecato distruzioni all'industria, provocato la riduzione dei terreni seminati, l'abbassamento catastrofico della fertilità del terreno.

A causa del blocco economico era cessata quasi completamente l'importazione dei prodotti alimentari e dei concimi.
Il paese era affamato e infuriavano le epidemie.
Più profondi e aspri si erano fatti i contrasti sociali.
Il salario reale degli operai si abbassò bruscamente.

Le famiglie dei soldati ricevevano sussidi irrisori, mentre i grandi proprietari fondiari, gli industriali e gli speculatori accumulavano colossali profitti.
Tra le masse popolari si rafforzava e si estendeva il movimento di protesta contro il regime esistente e contro la guerra imperialistica, che aveva portato il paese sull'orlo della catastrofe.

Grande influenza ebbe sul popolo tedesco la Rivoluzione d'Ottobre.
I principi leninisti di una pace democratica, proclamati dal governo dei soviet, stimolarono i lavoratori tedeschi alla lotta per una pace immediata.
Si consolidarono le posizioni politiche degli spartachisti, che si fecero appassionati propagandisti degli ideali affermati dalla Rivoluzione d'Ottobre.

Sul fronte orientale divennero più frequenti i casi di fraternizzazione fra soldati russi e tedeschi.
Il comando spostò molti reparti, divenuti "malsicuri", dal fronte orientale a quello occidentale, con il risultato di estendere il movimento per la fine della guerra anche tra i soldati tedeschi del fronte occidentale.

Fra le truppe cominciò la disgregazione. I soldati non volevano più combattere.
I riservisti che giungevano sulla prima linea venivano accolti al grido di "Crumiri! Abbasso coloro che prolungano la guerra!".

Gli imperialisti tedeschi pensavano che imponendo alla Russia sovietica i loro piani briganteschi con la pace di Brest-Litovsk, essi avrebbero soffocato il paese socialista e impedito il diffondersi della rivoluzione in Germania.
In realtà l'occupazione dell'Ucraina, della Bielorussia e dei paesi baltici da parte delle truppe tedesche indeboliva maggiormente la Germania imperialista, trascinandola in una dura ed estenuante guerra con i popoli dei territori occupati, che si sollevavano in difesa della propria libertà.

Dopo lo sciopero politico generale di gennaio, il governo impose lo stato d'assedio in diverse città e sottopose le più importanti fabbriche belliche all'amministrazione militare.
Si giunse a dure rappresaglie contro i lavoratori, senza però riuscire a spezzare il loro spirito combattivo.

Nel luglio 1918 il capo della polizia di Berlino in un rapporto al comando supremo rendeva noto che le masse popolari non credevano ai bollettini di guerra e che il governo non godeva più di alcuna fiducia tra il popolo.
"L'anima popolare - vi si diceva - è agitata ora da una sola questione: quando giungerà la pace?".

Nell'estate 1918 si ebbe in tutto il paese una ondata di scioperi politici e di dimostrazioni in cui si chiedeva la pace, la democrazia e il miglioramento della condizioni di vita.
Scioperarono i minatori dell'Alta Slesia, delle miniere di carbone della Sassonia, i metallurgici della Ruhr, i tessili e i metallurgici della Baviera.
Complessivamente agli scioperi del 1918 parteciparono circa due milioni e mezzo di operai.
La storia della Germania non aveva mai conosciuto una tale dimensione nel movimento degli scioperi.

Durante lo sciopero dei minatori della Ruhr, nell'agosto 1918, i loro rappresentanti proclamavano: "Il totale impoverimento delle masse, ecco la causa dello sciopero. Nemmeno una camicia addosso, nemmeno una coperta per coprirsi. Briciole di parte e poca acqua, questa e la situazione attuale dei minatori".

Alla fine di settembre del 1918 si delineò chiaramente la situazione catastrofica della Germania in campo militare.
I circoli dirigenti, attraverso riforme parlamentari e una rapida conclusione della pace cercavano di mantenere le loro posizioni e di arrestare il cammino della rivoluzione.
A questo scopo era stato formato un nuovo governo. Cancelliere divenne il principe Max di Baden, considerato un liberale.

Le classi dominanti non potevano più governare il paese senza l'appoggio aperto dei dirigenti socialdemocratici di destra.
E questi si dichiararono pronti ad accettare una coalizione con i partiti borghesi, affermando che ciò era necessario nell'interesse della "salvezza della patria".

 Uno dei capi più influenti della destra socialdemocratica, Noske, scrisse in seguito: "Il vecchio partito socialdemocratico non voleva la rivoluzione; quando la disfatta militare divenne inevitabile, esso face entrare i propri dirigenti nel governo del principe Max di Baden per cercare di salvare la situazione".

I socialdemocratici Philipp Scheidemann e Gustav Bauer, entrati nel governo, cercarono di frenare lo slancio rivoluzionario delle masse, e di salvare il regime monarchico.
Sostenuti da un forte clamore propagandistico, vennero apportati alcuni emendamenti alla costituzione: fu istituita la responsabilità del cancelliere di fronte al Reichstag, furono limitati i diritti del kaiser nella nomina dei membri dell'alto comando dell'esercito, fu esteso il diritto di veto in Prussia.

Ma non si riuscì a ingannare il popolo. In tutto il paese scoppiarono scioperi e dimostrazioni.
Sempre più insistente, era la richiesta dell'abbattimento della monarchia, che aveva gettato la Germania in una guerra spaventosa nell'interesse dei monopoli e degli junkers.
Nel paese si formò una situazione apertamente rivoluzionaria: le masse popolari non potevano più vivere alla vecchia maniera, mentre le classi dominanti non potevano governare con i loro sistemi di prima.

Lenin scrisse nell'ottobre 1918: "La borghesia e il governo della Germania, sconfitti nella guerra e minacciati all'interno da un poderoso movimento rivoluzionario, si agitano in cerca della salvezza". (V. I. Lenin: "Risoluzione della seduta comune del Comitato Esecutivo Centrale di Russia. del soviet di Mosca, dei comitati di fabbrica e di officina e dei sindacati". Opere, vol. 28, pag. 128.)

Tuttavia in Germania non vi era in quel periodo un partito proletario rivoluzionario.
Il Partito Socialdemocratico di Germania (SPD) conduceva una politica opportunistica di appoggio alla borghesia imperialista.
Il Partito Socialdemocratico Indipendente (USPD) organizzava gli operai d'avanguardia, ma era diretto da capi centristi, che guidavano il partito sulla via della conciliazione e dell'opportunismo.

Solo la sinistra tedesca seppe definire giustamente i compiti dell'imminente rivoluzione.
La conferenza pantedesca degli spartachisti e dei radicali di sinistra, tenutasi a Brema il 7 ottobre, formulò il programma politico della avanguardia rivoluzionaria del proletariato tedesco.
Chiamando gli operai alla lotta, la conferenza ammoniva che essi non potevano attendere il soddisfacimento delle loro richieste dai rappresentanti del Parlamento, ma potevano ottenerlo solo con la lotta rivoluzionaria.

Le rivendicazioni democratiche avanzate dalla conferenza prevedevano la liberazione dei prigionieri politici, la cessazione dello state d'assedio, l'annullamento dei prestiti militari, la nazionalizzazione delle banche, delle miniere, degli altiforni e della grande proprietà terriera, la riduzione della giornata lavorativa, la liquidazione dei singoli Stati e delle dinastie tedesche eccetera.

In un appello si sottolineava che il raggiungimento di questi obiettivi doveva essere solo l'inizio della lotta.L'appello terminava con queste parole: "Evviva la rivoluzione socialista! Evviva la pace! Abbasso il governo! Morte al capitalismo!".

Il "Gruppo Spartaco" organizzativamente era ancora assai debole; esso faceva ancora parte del Partito Socialdemocratico Indipendente. I suoi capi migliori erano in carcere o in esilio; solo il 23 ottobre Karl Liebknecht uscì dal carcere.

L'INIZIO DELLA RIVOLUZIONE. IL CROLLO DELLA MONARCHIA

Alla fine di ottobre il comando della marina da guerra tedesca ordinò alla flotta di uscire in mare per lo scontro decisivo con gli inglesi.
Quest'ordine, dato quando era ormai chiaro che la guerra era perduta e quando già erano in corso trattative di pace, significava una avventura folle, che sarebbe costata la morte di decine di migliaia di marinai.

Gli equipaggi di molte navi si rifiutarono di obbedire.
Essi dichiararono che la flotta era pronta a difendersi in caso di un attacco del nemico ma si rifiutava di andare incontro a un insensato massacro.
La flotta non poté uscire.

Furono attuate rappresaglie contro i marinai, e allora i loro rappresentanti indissero per il 3 novembre una dimostrazione di protesta a Kiel.
I dirigenti socialdemocratici della città cercarono di far fallire la manifestazione, dicendo ai marinai: "La sconfitta dell'insurrezione del 1917 non vi ha insegnato nulla?".

Tuttavia la dimostrazione si tenne e vi parteciparono anche i soldati della guarnigione di Kiel, benché il comando avesse esperito tutti i mezzi per trattenerli nelle caserme.
Durante la dimostrazione un reparto di ufficiali di marina aprì il fuoco: otto persone furono uccise e ventinove gravemente ferite.

L'eccidio suscitò la profonda indignazione dei marinai, dei soldati e degli operai di Kiel.
In città cominciò l'insurrezione.
Il 4 novembre reparti di fanteria inviati contro i marinai e gli operai passarono dalla parte degli insorti.
Lo stesso giorno si formarono a Kiel un Consiglio di soldati e un Consiglio di operai, che agivano unitariamente. Consigli furono formati anche sulle navi.

Il 5 novembre vennero alzate le bandiere rosse su tutte le navi.
In città scoppiò lo sciopero generate.
A Kiel tutti i poteri passarono nelle mani dei Consigli, che godevano dell'appoggio dei marinai e dei soldati.

Per soffocare il movimento rivoluzionario il governo inviò in tutta fretta a Kiel il segretario di stato Hausmann e un deputato del Reichstag, il socialdemocratico di destra Noske.
Gli ingenui e politicamente inesperti marinai elessero Noske presidente del Consiglio dei soldati di Kiel, e alcuni giorni dopo egli venne nominato, per decisione del Consiglio, governatore della città.
Noske fece tutto il possibile per guidare il movimento su "binari pacifici".

Il 5 novembre il governo pubblicò un appello, firmato anche dai ministri socialdemocratici, che invitava "all'ordine e alla calma".
Sotto la pressione degli avvenimenti il governo promise che una serie di riforme avrebbe democratizzato la Germania.
Nello stesso tempo però cercava d'impedire l'estendersi della rivoluzione a tutto il paese, vietando la pubblicazione delle notizie su quanto avveniva a Kiel.

Tuttavia era ormai impossibile fermare il corso degli avvenimenti.
L'insurrezione dei marinai e degli operai di Kiel aveva segnato l'inizio della rivoluzione in Germania.
Ovunque sorsero soviet di operai e di soldati, che si mettevano a capo della lotta per l'abbattimento del potere monarchico e per la conquista delle libertà democratiche.

Il 5 novembre la rivoluzione si estese a Lubecca e Brunsbuttel.
A questo annunzio scoppiò ad Amburgo lo sciopero generale, al quale parteciparono 70.000 persone.
Gli operai di Amburgo elaborarono un programma rivoluzionario ed elessero il loro Consiglio degli operai e dei soldati.
L'8 novembre sorsero i Consigli anche a Brema, Rostock, Braunschweig, Schwerin, Dresda, Lipsia, Düsseldorf e in molte altre città.

Il movimento rivoluzionario portò il 7 novembre alla deposizione del re di Baviera e l'8 novembre a quella del duca di Braunschweig.
Furono deposti anche i re di Sassonia, del Württemberg e altri principeschi "padri della patria".
Il governo, i dirigenti dei sindacati e dei due partiti socialdemocratici cercarono di isolare Berlino dal movimento rivoluzionario, ma anche qui le masse lavoratrici si sollevarono in lotta contro la monarchia e la guerra.

L'8 novembre gli spartachisti e il Comitato Esecutivo del Consiglio operaio di Berlino, formatosi agli inizi di novembre e che comprendeva capi operai rivoluzionari eletti nelle fabbriche durante lo sciopero di gennaio, invitarono i lavoratori della capitale allo sciopero generale e all'insurrezione armata per "abbattere la monarchia e proclamare la repubblica socialista".

Il mattino del 9 novembre centinaia di migliaia di operai e di soldati si mossero verso il centro di Berlino.
Allora il partito socialdemocratico fece uscire Scheidemann e Bauer dal governo.
Max di Baden annunciò di propria iniziativa la rinuncia al trono del kaiser e del principe ereditario e rimise nelle mani di Friedrich Ebert, capo della SPD, la carica di capo del governo.
Il principe dichiarò che nella situazione creatasi l'unico cancelliere possibile era Ebert.
Frattanto gli operai e i soldati insorti avevano ottenuto una importante vittoria.

Per la paura di perdere il legame con le masse, Scheidemann proclamò davanti al palazzo del Parlamento la "libera repubblica tedesca" senza avere prima interpellato i capi del partito.
Ebert, che sperava ancora di salvare la monarchia, venne informato dell'arbitraria decisione di Scheidemann.
Ma questi si difese con la scusa che le masse e specialmente gli spartachisti lo avevano costretto.
Così l'insurrezione del 9 novembre 1918 portò all'abbattimento della monarchia e del governo del kaiser. Guglielmo II fuggì in Olanda.

Gli spartachisti valutavano questi avvenimenti solo come il primo passo della rivoluzione, che bisognava condurre fino in fondo.
Parlando il 9 novembre dal balcone del palazzo invernale di fronte a una massa imponente di operai e di soldati, Karl Liebknecht dichiarò: "In questo momento noi proclamiamo la Germania libera repubblica socialista".

Egli chiamò la classe operaia "a rivolgere tutti i propri sforzi alla creazione di un governo di operai e di soldati, a costituire una nuova organizzazione statale proletaria, un ordine di pace, di felicità e di libertà per i nostri fratelli tedeschi e per i fratelli di classe di tutto il mondo".

I socialdemocratici di destra, al contrario, vedevano nell'abbattimento della monarchia non l'inizio ma la fine della rivoluzione.
Essi non si azzardarono però a esprimere apertamente le proprie idee e perciò ricorsero a diverse manovre per conservare la direzione del movimento.
Innanzitutto proposero ai dirigenti del Partito Socialdemocratico Indipendente e a Liebknecht di entrare nel governo formato da Ebert.

Liebknecht rispose di essere d'accordo di entrare nel governo per tre giorni alla condizione che la Germania fosse proclamata repubblica socialista e tutto il potere fosse posto nelle mani di rappresentanti eletti dai lavoratori.
Ebert respinse questa condizione e Liebknecht non entrò nel governo.

I capi del Partito Socialdemocratico Indipendente accettarono invece la proposta dei socialdemocratici di destra.
Nella massima fretta i capi dei socialdemocratici di destra organizzarono allora nella sede della direzione del loro partito un Consiglio degli operai e dei soldati, per ottenere un'influenza decisiva nel movimento.

Il 10 novembre si tenne nel circo Busch l'assemblea dei Consigli degli operai e dei soldati di Berlino.
Essi dovevano eleggere gli organi centrali della rivoluzione.
La direzione della SPD aveva fatto di tutto per mettere i suoi aderenti fra i candidati nelle fabbriche e nelle caserme.
A questo si aggiungeva la debolezza organizzativa del "Gruppo Spartaco" e l'inerzia dell'USPD.
I socialdemocratici di destra avevano inoltre una schiacciante maggioranza nei Consigli dei soldati.

L'assemblea generale così formata decise, contro l'opposizione della minoranza rivoluzionaria, che il Consiglio dei Commissari del Popolo si trasformasse in governo provvisorio con la partecipazione paritetica di 3 membri della SPD (Ebert, Scheidemann, Landsberg) e di 3 membri dell'USPD (Haase, Dittmann, Barth).

Quale organo di controllo fu formato un Comitato Esecutivo dei Consigli degli operai e dei soldati di. Berlino con 7 rappresentanti della SPD e dell'USPD e 14 rappresentanti del Consiglio dei soldati, questi quasi tutti appartenenti alla SPD.

Solo Karl Liebknecht si oppose nell'assemblea a questa "unità" opportunistica; ma il suo discorso, in cui richiamava alla vigilanza nei confronti della controrivoluzione, suscitò la disapprovazione della maggioranza dei soldati.

La vera voce dei lavoratori e dei soldati fu invece quella del manifesto approvato dalla stessa assemblea "Al popolo lavoratore".
In questo manifesto, che doveva servire da fondamento al programma del governo, si dichiarava che la Germania era ormai una repubblica socialista, nella quale i Consigli degli operai e dei soldati dovevano essere i depositari del potere politico.
L'assemblea mandava i suoi fraterni saluti agli operai e ai soldati russi, che si erano incamminati sulla strada della rivoluzione e annunciava che i lavoratori tedeschi erano pronti a seguire l'esempio di quelli russi.

I dirigenti socialdemocratici di destra erano però ben lontani dal pensare che le richieste contenute nel manifesto sarebbero state realizzate.
Il governo Ebert-Haase si denominò "socialista", ma in realtà fu un governo borghese e controrivoluzionario.
Il Consiglio dei Commissari del Popolo assunse la funzione di "gabinetto politico", ma lasciò ai loro posti i segretari di stato borghesi, in qualità di ministri tecnici.

Nei primi giorni della rivoluzione il vecchio apparato statale era rimasto temporaneamente paralizzato.
In varie località il potere si trovava nelle mani dei Consigli degli operai e dei soldati.
A Brema, Braunschweig, Lipsia e in alcune altre città, i Consigli epurarono gli enti statali dagli elementi reazionari, militaristi.
In alcune aziende industriali gli operai instaurarono il proprio controllo sulla produzione.

Così in Renania gli operai occuparono alcune aziende e cacciarono i direttori, che solo con l'aiuto degli occupanti inglesi riuscirono poi a ritornare al loro posto.
Ad Amburgo e a Brema vennero organizzati reparti di lavoratori armati.

Tuttavia la schiacciante maggioranza dei Consigli non lottò per la liquidazione del vecchio apparato statale reazionario.
Sulla classe operaia pesava l'eredità delle illusioni socialdemocratiche sul parlamentarismo.

L'influenza troppo prolungata dell'opportunismo nel movimento operaio tedesco non permetteva alla maggioranza degli operai di avere un'idea chiara dei mezzi e delle vie di conquista del socialismo; si credeva che con la fine della guerra e l'abbattimento della monarchia, con la proclamazione della repubblica e l'introduzione del suffragio universale, fosse gia compiuta la lotta per la vittoria del socialismo.

Ebert e Scheidemann, con l'appoggio dei capi del Partito Socialdemocratico Indipendente riuscirono a ingannare le masse, a far credere che la rivoluzione in Germania fosse conclusa.

IL PROGRAMMA DEL GOVERNO EBERT-HAASE

La proclamazione della repubblica e la formazione del Consiglio dei Commissari del Popolo non significavano la liquidazione del potere delle classi sfruttatrici.
Con la sua lotta la classe operaia aveva ottenuto le libertà di riunione e di stampa, e l'abrogazione della legge sul lavoro obbligatorio.

Sotto la pressione della rivoluzione popolare il governo fu costretto a introdurre il suffragio universale e a concedere il diritto di voto anche alle donne.
Ma il programma del governo Ebert-Haase non usciva dall'ambito delle riforme sociali di tipo borghese.

L'intero apparato statale monarchico reazionario rimase integralmente in funzione, le posizioni del militarismo tedesco non vennero toccate, il dominio economico continuò a restare come in passato nelle mani dei proprietari terrieri e della borghesia.

Il governo non pose neppure il problema della riforma agraria.
Nulla era stato proposto né fatto per cambiare il vecchio ordinamento in agricoltura e nei possedimenti degli junkers.
Era stato abolito soltanto il medievale ordinamento di corte.

Ben poco si era fatto per riparare alla mancanza di diritti, al crudele sfruttamento e alle gravi condizioni di vita dei giornalieri e dei lavoratori agricoli.
Non essendo risolta la questione agraria, la classe operaia si era vista privare dell'appoggio dei contadini, suoi naturali e importanti compagni di lotta.
I contadini nella loro maggioranza si mantennero neutrali nell'attacco della reazione contro la classe operaia.
In alcuni casi le organizzazioni controrivoluzionarie riuscirono persino a guadagnare alla lotta contro la rivoluzione le forze contadine dei villaggi.

Il 10 novembre Ebert concluse un'alleanza segreta con gli alti comandi dell'esercito per opporsi a un ulteriore sviluppo della rivoluzione.
In base a questo accordo lo Stato Maggiore generale conservava il controllo sulle forze armate.
In seguito Ebert riconobbe che egli voleva creare con l'aiuto del comando supremo dell'esercito un governo "in grado di ristabilire l'ordine".

Il 12 novembre il Consiglio dei Commissari del Popolo pubblicò un "Appello al popolo", in cui si affermava demagogicamente che in Germania era stato costituito un governo socialista, che avrebbe attuato un programma socialista, ma aggiungeva che il governo avrebbe difeso la proprietà da qualunque attentato e che avrebbe convocato l'Assemblea costituente per risolvere il problema del regime statale della Germania.

La tendenza a limitare la rivoluzione tedesca all'abbattimento della monarchia e all'attuazione di alcune riforme democratiche determinò anche la politica estera del governo Ebert-Haase.
La rivoluzione di novembre spaventò la borghesia internazionale, timorosa di una eventuale alleanza della Germania rivoluzionaria con la Russia sovietica.

Perciò le forze controrivoluzionarie tedesche puntarono fin dall'inizio sull'aiuto delle potenze imperialistiche, specie degli Stati Uniti di America.
Il governo americano rese noto a Scheidemann, attraverso contatti con il segretario di stato per gli affari esteri Solf, che non avrebbe consegnato nessun aiuto in generi alimentari a un governo dei Consigli; che avrebbe rifiutato l'armistizio e occupato il territorio tedesco.

Le condizioni dell'armistizio di Compiègne offrirono la possibilità alle truppe tedesche del fronte occidentale di ritirarsi senza ostacoli e di conservare notevole parte del materiale bellico.
Ritirate le truppe sulla riva destra del Reno, Hindenburg effettuò la smobilitazione di gran parse dei soldati, ma non smobilitò la maggior parte degli ufficiali e sottufficiali.

Nello stesso tempo i nuovi dirigenti della Germania, volendosi assicurare l'aiuto delle potenze vincitrici, manifestavano un atteggiamento ostile verso la Russia sovietica.
Il 5 novembre il governo del principe Max di Baden, su iniziativa di Scheidemann, mise in atto una provocazione contro l'ambasciatore sovietico per rompere le relazioni diplomatiche con la Russia sovietica.

Una delle risoluzioni principali della classe operaia tedesca durante la rivoluzione di novembre era stata la richiesta del ripristino dei rapporti diplomatici con la Russia sovietica, a cui tendeva pure il governo sovietico.

L'11 novembre il Comitato Esecutivo Centrale panrusso aveva approvato la risoluzione d'inviare due convogli di grano agli operai tedeschi e aveva decretato l'istituzione di fondi permanenti di viveri per aiutarli.
Ma Haase a nome del Consiglio dei Commissari del Popolo rifiutò l'aiuto del governo sovietico.

Mentre conduceva un'aspra campagna antisovietica, il governo Ebert-Haase cercava di ingraziarsi i circoli dirigenti degli Stati Uniti e si umiliava a chiedere aiuti, promettendo in cambio di riportare "l'ordine nel paese".
Il governo Ebert-Haase era pronto anche a partecipare all'intervento armato degli imperialisti contro la Russia sovietica.

Il 16 novembre 1918 il comando supremo tedesco dichiarò in un suo ordine alle truppe tedesche dell'est che "il rapido abbandono di tutte le zone orientali, in particolare dell'Ucraina e dei territori baltici, è contrario agli interessi nazionali ed economici della Germania".

Poco dopo, nel dicembre 1918, il governo tedesco inviò alle potenze dell'Intesa una nota ufficiale, nella quale proponeva di organizzare una campagna in comune contro la Russia sovietica.
La nota affermava: "Noi e il nostro esercito vediamo nel bolscevismo un grave pericolo e facciamo di tutto per liquidarlo".

I militaristi tedeschi nutrivano la speranza di conservare il proprio controllo sull'Ucraina sovietica e sui paesi baltici. Ma la lotta del popolo sovietico costrinse gli interventisti a ritirarsi.
L'Ucraina, la Bielorussia e la Crimea furono evacuate dalle truppe tedesche.

Solo nei paesi baltici i militaristi tedeschi, appoggiandosi alle bande delle Guardie Bianche da essi costituite, mantennero alcune posizioni.
Il governo Ebert-Haase si accordò con l'Intesa per l'invio di truppe tedesche in quelle zone allo scopo di soffocare il movimento rivoluzionario e preparare l'offensiva su Pietrogrado.

LA RIORGANIZZAZIONE DEI PARTITI BORGHESI

La rivoluzione costrinse la borghesia a riorganizzare i propri vecchi partiti politici.

Il 20 novembre il Partito Popolare Progressista e l'ala sinistra dei nazional-liberali si fusero assieme e formarono il Partito Democratico Tedesco.
Questo partito rappresentava gli interessi dei ceti commerciali, dei proprietari di aziende dell'industria leggera, dei banchieri e degli azionisti di borsa, particolarmente della provincia, e godeva dell'appoggio della piccola borghesia e degli intellettuali delle città.

Il 22 novembre i magnati dell'industria pesante, i finanzieri, i grandi proprietari terrieri, che prima militavano nelle file dei conservatori tedeschi, dei liberi conservatori e del partito cristiano sociale, si organizzarono nel Partito Nazional-Popolare Tedesco.

Il partito dei nazional-liberali assunse dal 23 novembre il nome di Partito Popolare Tedesco.
Vi entrarono i magnati dell'industria pesante, i maggiori banchieri e una parte dei grandi proprietari terrieri legati all'industria e al commercio.

Il Partito cattolico del Centro si denominò Partito Democristiano Popolare.
Anche dopo il crollo della monarchia esso mantenne le proprie posizioni monarchiche, mascherandole temporaneamente e adattandosi alla nuova situazione.
La sua influenza era particolarmente forte tra la popolazione cattolica delle regioni meridionali, sud-occidentali e, in parte, anche nelle zone occidentali del paese.

Tutti i partiti borghesi appoggiavano il governo Ebert-Haase ed erano favorevoli alla immediata convocazione dell'Assemblea costituente.

L' "UNIONE SPARTACO"

Nei primi giorni della rivoluzione uscirono dal carcere i dirigenti spartachisti Rosa Luxemburg e Leo Jogiches, e giunse dall'Olanda Wilhelm Pieck.
Assieme a Karl Liebknecht, liberato in precedenza dal carcere, essi formarono il nucleo dirigente dell'organizzazione legale "Spartaco".

Il 9 novembre 1918 gli operai e i soldati rivoluzionari occuparono la redazione del giornale borghese "Berliner Lokal-Anzeiger" e lo posero al servizio degli operai.
Il giornale cominciò a uscire come organo centrale degli spartachisti con la nuova testata "Die rote Fahne" (Bandiera Rossa).
Esso diffondeva le parole d'ordine della lotta per una repubblica socialista tedesca unitaria, invitava gli operai a rafforzare i soviet, a difendere la rivoluzione, a ripulire l'apparato statale dai controrivoluzionari.

Nell'assemblea dell'11 novembre venne deciso di mutare il nome da "Gruppo Spartaco" in "Unione Spartaco" e fu eletto il Comitato Centrale composto da tredici persone (Karl Liebknecht, Rosa Luxemburg, Leo Jogiches, Franz Mehring, Wilhelm Pieck, Hermann Dunker e altri).
Successivamente si formò un centro organizzativo in grado di dirigere le cellule che sorgevano in tutto il paese.

Ma il processo di creazione del partito rivoluzionario autonomo della classe operaia tedesca non venne portato fino in fondo.
Gli spartachisti avevano proprie tessere, ma non pagavano le quote, restando contemporaneamente membri del Partito Socialdemocratico Indipendente.
La loro sottomissione organizzativa alla direzione di questo partito frenava la loro attività rivoluzionaria, ostacolava lo sviluppo dell' "Unione Spartaco", lasciava gli operai sotto l'influenza dei centristi.

Un'altra sua debolezza era la incapacità a muovere le masse, pur con giuste parole d'ordine rivoluzionarie.
Gli spartachisti inoltre non avevano legami con la provincia, non seppero create propri gruppi nei soviet, non diressero la lotta delle masse per obiettivi democratici immediati.

Sottovalutando l'importanza dell'alleanza tra la classe operaia e i contadini, essi non svolsero quasi nessuna attività nelle campagne.
L' "Unione Spartaco" avanzò l'obiettivo della confisca delle terre dei proprietari fondiari, ma non formulò la richiesta della distribuzione della terra ai braccianti e ai contadini poveri.

Le masse dei contadini poveri e dei braccianti non ebbero così un concreto programma rivoluzionario per la lotta contro gli junkers e le altre forze reazionarie.
In singole località, per esempio nelle regioni meridionali dell'Alta Slesia, sorsero soviet rivoluzionari contadini, che lottavano per la spartizione dei possedimenti terrieri degli junkers, ma anche qui i contadini poveri e i braccianti rimasero politicamente disorganizzati.

Nel frattempo i capi socialdemocratici di destra e i dirigenti dei sindacati si accordavano con gli junkers per conservare i vecchi ordinamenti nelle campagne.
Ben lontani da una riforma agraria radicale, si ebbe solo l'abolizione del medievale "Statuto della servitù", senza che però fossero eliminate le ingiustizie, lo inaudito sfruttamento e le dure condizioni di vita dei braccianti e dei contadini poveri; furono conservate perfino le punizioni corporali.

Il fatto che la rivoluzione non avesse risolto la questione agraria ebbe una grande influenza sulla posizione dei braccianti e dei contadini.
Le campagne rimasero fondamentalmente inerti di fronte all'attacco della reazione contro la classe operaia tedesca e in vari casi le organizzazioni controrivoluzionarie reclutarono proprio tra i contadini le forze per la lotta armata contro la rivoluzione.

Nonostante queste debolezze organizzative, politiche e tattiche, il fatto stesso dell'esistenza dell'Unione e la pubblicazione di un organo di stampa come "Die rote Fahne", che presentava un programma rivoluzionario autonomo, furono avvenimenti di enorme importanza.

Gli spartachisti esprimevano i veri interessi, le speranze, le aspirazioni del proletariato tedesco.
Essi cercarono di allargare i propri rapporti internazionali, considerando la lotta rivoluzionaria in Germania come parte della rivoluzione proletaria mondiale, comprendendo che il successo o la sconfitta della classe operaia tedesca avrebbe avuto un enorme significato internazionale.

Il 25 novembre 1918 l' "Unione Spartaco" pubblicò su "Die rote Fahne", un appello a firma di Karl Liebknecht, Rosa Luxemburg, Clara Zetkin e Franz Mehring, intitolato "Al proletariato di tutti i paesi", con l'invito a intensificare la lotta rivoluzionaria.

LA RIPRESA DELLA CONTRORIVOLUZIONE. IL "PUTSCH" DEL 6 DICEMBRE 1918

Il 15 novembre 1918 un gruppo di grossi industriali, tra i quali erano i noti monopolisti Borsig, Stinnes, Rathenau e Hugenberg, concluse con i dirigenti di destra dell'Unione dei Sindacati un accordo di "fattiva collaborazione" per porre fine alla "zizzania rivoluzionaria".

I monopolisti riconobbero ai sindacati solo i diritti già conquistati dagli operai nel corso della rivoluzione: libertà di organizzazione, giornata lavorativa di 8 ore e contratti collettivi di lavoro.
Inoltre 1'accordo prevedeva che tutti i conflitti tra gli operai e gli imprenditori dovessero essere risolti solo mediante arbitrato.
In questo modo i capi dei sindacati tradivano gli operai e si mettevano d'accordo con i capitalisti sulla cessazione di fatto della lotta di classe.

A sua volta il governo Ebert-Haase, nel tentativo d'ingannare le masse con false parole d'ordine, formò una "Commissione per la socializzazione", capeggiata da Karl Kautsky, orchestrandovi attorno una rumorosa campagna propagandistica per far credere che la Germania seguisse la via del socialismo e per nascondere l'alleanza controrivoluzionaria dei capi socialdemocratici con i magnati del capitale, gli junkers e i generali.
La stampa socialdemocratica asseriva che la Germania sarebbe divenuta un paese socialista, ma che occorreva a tale scopo un "solido fondamento", ancora inesistente.

Nel frattempo gli ufficiali reazionari, con la complicità e l'incoraggiamento del governo socialdemocratico, utilizzando mezzi finanziari concessi dalla borghesia, passarono alla formazione di squadre armate "volontarie".
Sorsero i "corpi" di Maercker, di Rossbach, di Lützov, di Epp, la brigata Erhardt, il "corpo franco del Baltico", i "corpi di difesa regionale" eccetera.

A queste squadre appartenevano migliaia di ufficiali e sottufficiali, diversi elementi declassati e demoralizzati, che durante i quattro anni e più di guerra erano divenuti degli spostati dal punto di vista sociale e per i quali la guerra era ormai una professione.
Poggiando su queste forze armate, i controrivoluzionari decisero di compiere un colpo di stato, di sciogliere i Consigli e d'instaurare un regime di terrore.

Il 6 dicembre 1918 una banda controrivoluzionaria sparò a Berlino contro una dimostrazione di soldati e di congedati, che chiedevano l'inclusione dei loro rappresentanti nei Consigli dei soldati.
Furono uccisi 16 manifestanti, tra cui il dirigente dell' "Unione dei soldati rossi" Willi Budich; venne aggredita la redazione del giornale "Die rote Fahne"; i sediziosi penetrarono nella sede del Comitato Esecutivo del Consiglio di Berlino e ne arrestarono i componenti.

Tuttavia il putsch fallì.
Gli operai, seguendo l'appello degli spartachisti, si diressero verso il centro della città, liberarono i membri del Comitato Esecutivo e dispersero i putschisti.

Il 7 e l'8 dicembre gli operai di Berlino organizzarono una manifestazione con le parole d'ordine: "Abbasso il governo Ebert-Scheidemann, colpevole dell'eccidio!", "Tutto il potere ai Consigli degli operai e dei soldati!", "Immediato disarmo degli ufficiali!", "Immediata formazione di distaccamenti armati operai e della Guardia Rossa!", "Evviva la Internazionale!", "Evviva la repubblica socialista sovietica russa!".
Alla dimostrazione parteciparono 150.000 persone, molte delle quali erano armate. I controrivoluzionari dovettero temporaneamente ritirarsi.

IL CONGRESSO PANTEDESCO DEI CONSIGLI

I Consigli sorti durante la rivoluzione di novembre erano organi della classe operaia tedesca e godevano dell'appoggio delle masse popolari.
Non osando perciò pronunciarsi apertamente contro i Consigli, i socialdemocratici di destra decisero di disgregarli dall'interno e di snaturarne gli scopi essenziali.

Il 16-21 dicembre si tenne il congresso pantedesco dei rappresentanti dei Consigli degli operai e dei soldati.
Vi parteciparono 288 socialdemocratici di destra, 87 socialdemocratici indipendenti, 27 soldati senza partito, 25 membri di partiti borghesi e solo 10 spartachisti, che appartenevano alla frazione degli indipendenti (Fritz Heckert, Eugen Levine e altri); Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht non avevano ottenuto i mandati.
Non venne ammessa al congresso neppure la delegazione della Russia sovietica.

Il giorno dell'apertura, gli spartachisti organizzarono una manifestazione operaia, in cui si chiedeva che il congresso proclamasse la Germania repubblica socialista unitaria, desse i pieni poteri dello Stato ai Consigli degli operai e dei soldati e attuasse immediatamente il disarmo della controrivoluzione e l'armamento degli operai: 250.000 persone passarono sotto l'edificio dove era riunito il congresso.

Tuttavia la direzione del partito socialdemocratico, sfruttando la propria esperienza, l'influenza tra la classe operaia e l'estesa rete di giornali al suo servizio, seppe ingannare le masse popolari, affermando che la rivoluzione era finita e che la vittoria del socialismo sarebbe dipesa dall'Assemblea nazionale liberamente eletta.

I socialdemocratici di destra furono aiutati anche dai capi degli indipendenti.
Conoscendo la simpatia dei lavoratori per i Consigli, essi presentarono una risoluzione che proponeva di conservarne il sistema, ma solo come collegamento con l'Assemblea nazionale, riducendoli a semplici organi della dittatura della borghesia e svilendone in tal modo la natura e le finalità presso l'opinione popolare.

Ingannati dalla propaganda socialdemocratica, dalle affermazioni generiche del governo sulla socializzazione dell'industria e dalle piccole concessioni di carattere democratico, i delegati del congresso dei Consigli votarono la risoluzione dei socialdemocratici di destra sulla convocazione dell'Assemblea nazionale (costituente) e sul passaggio di tutto il potere legislativo ed esecutivo al Consiglio dei Commissari del Popolo, fino alla conclusione dei lavori della costituente.

Il congresso elesse il Consiglio centrale, il quale aveva formalmente il diritto di controllare il governo, ma vi entrarono solo socialdemocratici della maggioranza.
Nella questione principale del potere, il congresso decise a favore della borghesia.
Subito dopo il congresso i capi di destra della socialdemocrazia passarono all'offensiva contro la avanguardia rivoluzionaria della classe operaia.

Volendo innanzitutto privare il proletariato delle proprie forze armate, il governo cessò di pagare il soldo alla "divisione della marina popolare", forte di oltre 3.000 marinai di tendenza rivoluzionaria.
Per risolvere il conflitto, i rappresentanti della divisione giunsero il 23 dicembre al comando militare di Berlino.
Mentre essi trattavano con il comandante, il socialdemocratico Weis, una pattuglia aprì il fuoco contro un gruppo di marinai unitisi ai delegati rimasti sulla strada.
Due di essi furono uccisi e tre gravemente feriti.
I marinai indignati arrestarono Weis e lo condussero nell'edificio del Maneggio.

La mattina del 24 dicembre il governo fece affluire verso il Maneggio reparti di fanteria e pezzi di artiglieria e intimò l'ultimatum ai marinai: lasciare il Maneggio, consegnare le armi e liberare Weis.
I marinai rifiutarono e subito iniziò la sparatoria contro di essi.
In difesa dei marinai si sollevarono gli operai di Berlino, che mossero verso il Maneggio e cacciarono i soldati; il governo dovette riconoscere il fallimento della provocazione e rinunciare momentaneamente allo scioglimento della "divisione della marina popolare".
I capi degli indipendenti iniziarono trattative con gli operai e i marinai e li convinsero a cessare la lotta.

Le azioni provocatorie del governo del 23-24 dicembre dimostrarono che i socialdemocratici di destra, assieme ai capi militari, si erano posti sulla strada della politica controrivoluzionaria aperta.
Gli operai scesero in agitazione, chiedendo ai capi degli indipendenti la rottura del blocco con i socialdemocratici della maggioranza.

Gli spartachisti esigevano l'immediata convocazione del congresso del Partito Socialdemocratico Indipendente, ma i suoi capi rifiutarono.
Comprendendo tuttavia che l'ulteriore partecipazione al governo Ebert minacciava di screditarli definitivamente agli occhi dei militanti di base, richiamarono i propri rappresentanti (Haase, Dittmann, Barth) dal Consiglio dei Commissari del Popolo.
I loro posti furono occupati dai socialdemocratici di destra Noske e Wissell.

LA FONDAZIONE DEL PARTITO COMUNISTA TEDESCO

Lo sviluppo degli avvenimenti rivoluzionari pose con maggior forza ai dirigenti dell' "Unione Spartaco" il problema della creazione di un partito autonomo.
Alla fine del dicembre 1918 i gruppi spartachisti erano diffusi nella Ruhr, nella Bassa Renania, a Essen, a Braunschweig, in Turingia, nella Prussia orientale, in Baviera, a Stoccarda, a Lipsia, a Chemnitz, a Dresda, a Magdeburgo e in altre località.

Il 14 dicembre il giornale "Die rote Fahne" pubblicò un appello programmatico: "Che cosa vuole l''Unione Spartaco '", in cui poneva il compito della lotta per l'ulteriore sviluppo della rivoluzione, allo scopo di conquistare la vittoria della classe operaia e dei contadini, d'instaurare la dittatura del proletariato e di formare la repubblica socialista tedesca.

Venivano anche formulate rivendicazioni immediate: distruzione del militarismo prussiano, organizzazione della milizia operaia, nazionalizzazione delle banche, delle miniere, dell'industria pesante, attuazione della riforma agraria, liquidazione dei diversi Stati tedeschi, disarmo della polizia, degli ufficiali e di tutte le bande armate dalle classi dominanti.

Il 29 dicembre la conferenza pantedesca dell' "Unione Spartaco" decise di rompere con il Partito Socialdemocratico Indipendente e di dare vita al partito comunista.

Il giorno seguente, il 30 dicembre, si aprì a Berlino il congresso costitutivo del Partito Comunista di Germania, alla presenza di 83 delegati di 46 organizzazioni locali, di 3 rappresentanti dell' "Unione dei soldati rossi", di un rappresentante della gioventù e di 16 ospiti.

Dopo aver ascoltato il rapporto di Karl Liebknecht ("La crisi del Partito Socialdemocratico Indipendente e la necessità della fondazione del Partito Comunista di Germania"), il congresso approvò una risoluzione, nella quale si affermava che l' "Unione Spartaco", rompendo i propri legami organizzativi con il Partito Socialdemocratico Indipendente, si costituiva in partito politico autonomo con la denominazione di Partito Comunista Tedesco (Unione Spartaco).

Alla base della struttura organizzativa del partito venne posto il "principio della produzione" cioè dell'organizzazione di cellule comuniste nelle aziende, presiedute dall' "attivo di distretto", che a sua volta eleggeva la propria direzione distrettuale.

Al centro dell'attenzione del congresso fu il rapporto di Rosa Luxemburg: "Il programma e la situazione politica".
In esso si constatava che il Partito Comunista Tedesco poggiava sul marxismo rivoluzionario, si sottolineava il significato della Rivoluzione d'Ottobre in Russia come grande esempio per la rivoluzione tedesca.

Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht espressero nei propri discorsi un sentimento di fraterna solidarietà con la Russia sovietica e alzarono la loro protesta contro la politica antisovietica del governo socialdemocratico tedesco.
Il congresso approvò anche un messaggio "ai compagni russi impegnati nella lotta contro il comune nemico degli oppressi di tutti i paesi".
In questo saluto si affermava: "La consapevolezza che i vostri cuori battono per noi ci dà forza ed energia nella nostra lotta. Evviva il socialismo! Evviva la rivoluzione mondiale!".

Quale programma del nuovo partito fu scelto l'appello "Cosa vuole l'' Unione Spartaco '", apportandovi lievi modifiche.
Non tutte le questioni però trovarono una giusta soluzione nel congresso: i congressisti sottovalutarono il ruolo dei contadini come alleati del proletariato e non elaborarono un programma agrario.
Sotto l'influenza delle tendenze settarie, il congresso vietò ai membri del partito di lavorare nei sindacati riformisti.

Nonostante le insistenze di Rosa Luxemburg e di Karl Liebknecht fu deciso di boicottare le elezioni dell'Assemblea nazionale, anche se l'istituzione non era stata ancora smascherata agli occhi delle larghe masse popolari, che non potevano capire la causa del rifiuto dei comunisti di partecipare alle elezioni.

Il congresso incaricò il Comitato Centrale dell'"Unione Spartaco" di adempiere le funzioni di Comitato Centrale del partito fino al successivo congresso del partito.
Il congresso costitutivo del partito comunista ebbe una grande importanza internazionale.
Nel movimento operaio tedesco era sorto un partito con un programma marxista rivoluzionario che riconosceva la dittatura del proletariato.
Come dichiarò al congresso Rosa Luxemburg, "ora noi siamo nuovamente con Marx".

Un valore decisivo sulle forze rivoluzionarie di molti paesi ebbe la rottura di esponenti del movimento operaio noti in tutto il mondo, come Karl Liebknecht, Rosa Luxemburg, Wilhelm Pieck, Franz Mehring, con il Partito Socialdemocratico Indipendente.
La fondazione del partito comunista ebbe un grande ruolo nel processo di creazione della Internazionale comunista.

Lenin scrisse: "Nel momento in cui la ' Unione Spartaco ' ha assunto il nome di Partito Comunista di Germania, la fondazione della III Internazionale, dell'Internazionale comunista, proletaria, internazionalista, realmente rivoluzionaria, è divenuta un fatto. Questa fondazione non è stata ancora sancita, formalmente, ma di fatto la III Internazionale già esiste". (V. I. Lenin: "Lettera agli operai d'Europa e d'America", Opere, vol. 28, pag. 435.)

(continua...)


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