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Il Partito Tudeh dell'Iran, i quarant'anni della Rivoluzione del 1979 e l'Iran odierno

Partito Tudeh dell'Iran | solidnet.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

11/02/2019

Pubblichiamo di seguito l'intervista a Mohammad Omidvar, membro dell'Ufficio Politico e portavoce del Partito Tudeh dell'Iran e direttore del Nameh Mardom, l'organo centrale del partito.

1. La Rivoluzione del febbraio 1979 in Iran è stata definita la rivoluzione sociale più partecipativa del Novecento. Quali furono gli elementi chiave che negli ultimi anni del regime dello scià condussero alla Rivoluzione? Sotto lo scià, l'Iran aveva le sembianze di un forte Stato filo-occidentale. Era davvero così?

La Rivoluzione iraniana del 1979 fu una rivoluzione democratica nazionale, un esempio classico di rivoluzione sociale di massa nel contesto delle particolari circostanze dello sviluppo del capitalismo in Iran. Negli anni Sessanta e Settanta, la società iraniana attraversò una profonda crisi strutturale causata dall'espansione dei rapporti capitalisti, che determinò il predominio di una classe borghese compradora nella vita politica ed economica del Paese. La crescente influenza del capitale imperialista nell'economia iraniana, in presenza di uno Stato di polizia onnipotente che proteggeva il dispotico regime-fantoccio, fece sì che i ceti medi fossero sottoposti a una crescente pressione, che gravava anche sulla piccola borghesia.

La situazione causò inoltre l'indebolimento delle condizioni economiche di alcuni settori della borghesia nazionale. Va inoltre rilevato come, nello stesso periodo, la classe operaia stesse vivendo una modesta crescita innescata dall'emigrazione di un gran numero di persone dalle aree rurali verso le città in seguito alle pseudo-riforme agrarie promulgate allo scopo di eliminare la minaccia rappresentata per il regime dello scià dai grandi proprietari fondiari. Questo conferì alla classe operaia in crescita un peso sociale importante all'interno della struttura di classe della nostra società. La Rivoluzione del 1979, quindi, si sviluppò da gravi crisi socio-economiche e contraddizioni di classe create dagli interessi dominanti della borghesia compradora e dal dominio dispotico di un corrotto regime filo-occidentale. Mobilitò milioni di persone - operai, contadini ed esponenti della piccola borghesia, fino a settori della borghesia nazionale piccola e media - contro il regime dello scià.


2. La rivoluzione popolare iraniana e il rovesciamento del regime dello scià furono sostenuti dalla stragrande maggioranza della popolazione; milioni di persone scesero in piazza chiedendo un cambiamento. Dal punto di vista della partecipazione delle classi e dei settori della società iraniana, fu una rivoluzione unica. Quali erano le richieste principali di queste masse durante la Rivoluzione del 1979? Tra esse figurava l'instaurazione di uno Stato teocratico?

Come già accennato, un'ampia varietà di forze sociali - dalla classe operaia alla borghesia nazionale, dai ceti medi alla piccola borghesia con le varie forze socio-politiche che ne rappresentavano gli interessi - partecipò alla rivoluzione con prospettive e programmi diversi. Lo slogan del popolo era «Libertà, Indipendenza e Giustizia Sociale», e fu sostenuto con forza dal nostro partito. Le forze religiose insistettero per aggiungere la «Repubblica Islamica» alle rivendicazioni della popolazione e allo slogan della Rivoluzione, senza rivelare veramente che cosa essa avrebbe significato in pratica o quali sarebbero state le sue caratteristiche.

3. Per quale ragione e in quale modo le forze dell'Islam politico riuscirono a prendere il sopravvento? Altre forze rivoluzionarie e/o laiche non avrebbero potuto impedirlo?

La propaganda del regime teocratico al potere sostiene che il popolo dell'Iran scese in piazza per rovesciare il regime dello scià e instaurare il «governo dell'Islam». In realtà, la Rivoluzione del 1979 ebbe un chiaro carattere sociale e di classe che mirava a estirpare dal nostro Paese l'influenza distruttiva dei monopoli imperialisti, a realizzare l'indipendenza economica e politica dell'Iran, a instaurare la giustizia sociale e a democratizzare la vista politica e culturale della nostra società. La Rivoluzione del 1979 finì per essere guidata dalle forze religiose per una serie di ragioni fondamentali che risalivano all'indomani del colpo di Stato attuato in Iran nel 1953 dalla CIA e dall'MI6, che restaurò il regime dello scià.

Nel corso dei successivi venticinque anni, mentre le forze di sinistra - e in particolare il Partito Tudeh dell'Iran, le forze nazionaliste e successivamente i movimenti di guerriglia, tra cui i Fadaian del Popolo e i Mojahedin del Popolo - venivano pesantemente represse dalle forze di sicurezza, al clero fu consentito di servirsi delle proprie reti, delle moschee e degli eventi religiosi per organizzare e promuovere il proprio programma (l'Islam politico). Il regime dello scià e le sue temute forze di sicurezza, il «SAVAK», vedevano nel clero un importante strumento atto a contrastare le forze di sinistra e radicali in Iran. Vi fu perfino uno scambio di lettere tra l'allora presidente Carter e Khomeini (lettere oggi pubblicate nelle memorie del dott. Yazdi, intimo confidente di Khomeini a Parigi e primo ministro degli Esteri dell'Iran post-rivoluzionario) da cui emerge la disponibilità degli USA a tollerare il regime di Khomeini a patto che questo provvedesse a porre fine all'influenza del Partito Tudeh dell'Iran nel periodo post-rivoluzionario.

4. Nelle vostre pubblicazioni esprimete la valutazione che, dopo il successo iniziale riportato nell'estromettere il regime dello scià e nel promulgare una serie di cambiamenti politici, la Rivoluzione del 1979 fu arrestata e infine condannata al fallimento. Quali elementi la identificano come una rivoluzione fallita? Il suo fallimento era inevitabile? Le altre forze rivoluzionarie, compreso il Partito Tudeh, avrebbero potuto agire in modo diverso, eventualmente modificando il corso della Rivoluzione?

La rivoluzione iraniana portò a termine con successo la sua fase politica - il rovesciamento del dispotico regime dello scià. Per il nostro partito era chiaro che, per trionfare, la Rivoluzione doveva passare alla sua fase sociale, sostituendo l'ordine socio-economico ereditato dal regime dello scià con un nuovo ordine. Buona parte dei punti programmatici del nostro partito - tra cui la nazionalizzazione delle banche e delle imprese multinazionali, nonché la riforma agraria - furono realizzati nel clima che dominò durante il primo anno della Rivoluzione. Tuttavia, le incessanti interferenze imperialiste e reazionarie esercitate dagli USA in Iran, tra cui l'imposizione della guerra tra Iraq e Iran fomentata dall'imperialismo, bloccarono la Rivoluzione a metà del suo percorso e diedero modo a Khomeini e ai suoi seguaci di bloccare questi programmi e di procedere verso l'instaurazione di un regime teocratico.

In quel periodo, consapevole delle sfide che la Rivoluzione doveve fronteggiare, il nostro partito propose la formazione di un «Fronte Unito del Popolo» insieme ad altre forze rivoluzionarie, con l'obiettivo di evitare che il movimento rivoluzionario fosse sviato, ma il progetto non andò in porto a causa delle significative divergenze politiche tra queste forze. Il nostro partito, nella sua analisi dei primi anni della Rivoluzione, è giunto alla conclusione che forse, nel perseguire la nostra linea di «unità critica» con Khomeini e i suoi seguaci, ci preoccupammo troppo dell'«unità» e troppo poco di criticare alcune linee politiche che chiaramente non erano in linea con gli ideali rivoluzionari e con le rivendicazioni del popolo. È chiaro che se le forze democratiche e di sinistra fossero riuscite a unirsi, sarebbe stato possibile modificare i rapporti di forza politici nel Paese, arrivando a un esito diverso. Nell'arco di tre anni, le forze reazionarie ebbero modo di attaccare le forze di sinistra e democratiche una dopo l'altra, per poi instaurare il loro dominio assoluto in Iran.       

5. I principali slogan della Rivoluzione del 1979 chiedevano libertà, indipendenza e l'instaurazione di una repubblica, con diritti e strutture democratiche, destinata a rimpiazzare la dittatura dello scià. Qual è la valutazione del Partito Tudeh in ordine all'esito della Rivoluzione, per quanto riguarda la democrazia, l'eguaglianza tra i sessi, i diritti delle minoranze etniche e religiose e i diritti sindacali in Iran?

A quarant'anni dalla Rivoluzione, l'Iran è dominato da un regime dispotico che non rispetta i diritti umani e democratici. Nel corso degli ultimi decenni abbiamo visto l'imposizione di leggi che limitano i diritti delle donne e riservano loro un trattamento da cittadini di seconda classe. Tra esse figurano leggi medievali che permettono il matrimonio di bambine minorenni, anche solo undicenni, e impongono la segregazione di genere nelle strutture scolastiche e perfino ospedaliere. Inoltre, il regime ha soppresso senza pietà i diritti elementari delle minoranze etniche e nazionali, nonché quelli delle minoranze religiose.

Per quanto riguarda i diritti sindacali, i suoi precedenti sono e rimangono pessimi. Molti sindacalisti vengono incarcerati o esiliati e l'attività sindacale è limitata dallo Stato o costretta alla clandestinità. Il regime non ha mai accettato il funzionamento legale dei sindacati. Autorizza soltanto i Consigli Islamici del Lavoro, organi tripartiti che comprendono datori di lavoro, rappresentanti del governo e lavoratori, in violazione delle convenzioni 87 e 98 dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro che riconoscono a tutti i lavoratori il diritto di fare parte di un sindacato di loro scelta e di prendere parte alle attività sindacali. 

6. Nel corso degli ultimi quarant'anni, numerosi importanti movimenti sociali hanno rivendicato - e continuano a rivendicare - dei cambiamenti in Iran. L'obiettivo di questi movimenti era riformare il sistema politico e socio-economico dell'Iran, oppure essi miravano a realizzare un mutamento più fondamentale dell'ordine sociale?

Negli ultimi due decenni sono emersi in Iran potenti movimenti sociali, che hanno rivendicato un cambiamento nel modo in cui l'Iran viene governato e sono insorti contro la corruzione e la repressione. Nel 1997 il signor Khatami, divenuto presidente dell'Iran, promise riforme e «legalità». Dietro a Khatami vi erano potenti forze sociali, che comprendevano settori estesi dalle donne ai giovani agli studenti, ed egli ottenne oltre 20 milioni di voti in occasione delle elezioni. Ma le promesse del suo governo non sono state mantenute, in quanto i suoi esponenti erano dominati dall'idea che il cambiamento sarebbe stato possibile soltanto con il permesso della «guida suprema religiosa» e non avrebbe potuto travalicare la «linea rossa» tracciata dalla Repubblica Islamica. Durante gli otto anni di presidenza di Khatami, malgrado un certo allentamento dell'oppressione, non si sono concretizzati cambiamenti reali nella struttura di potere dell'Iran, e il regime è riuscito a neutralizzare il movimento sociale sottraendogli l'iniziativa.

Con il peggioramento della situazione socio-economica in Iran e livelli di povertà senza precedenti nel nostro Paese (secondo alcune stime, il 40% della popolazione vivrebbe al disotto della linea di povertà), mentre il regime ha venduto petrolio per 800 miliardi di dollari negli ultimi trent'anni, stiamo registrando una radicalizzazione delle rivendicazioni del popolo e una crescita degli scioperi e delle proteste operaie. Tra la fine del 2017 e nel corso del 2018 abbiamo avuto proteste sporadiche in 80 città iraniane, brutalmente represse dal regime. E negli ultimi tre mesi abbiamo assistito a scioperi operai prolungati in settori chiave quali quelli siderurgico, automobilistico e della canna da zucchero nel sud dell'Iran. Il popolo chiede la fine delle attuali politiche neoliberali di privatizzazione, delle ristrettezze economiche e dei livelli di corruzione che hanno superato ogni precedente.

7. Una delle caratteristiche fondamentali della Rivoluzione del 1979 fu la sua chiara presa di posizione anti-imperialista, successivamente ripresa dalla leadership teocratica con il suo appoggio alla «rivoluzione islamica» nella regione. Fuori dall'Iran, questa impostazione è stata interpretata da alcuni settori della sinistra come un'azione progressista mirante a difendere l'indipendenza nazionale dell'Iran dall'imperialismo. Come valutate la posizione della Repubblica Islamica dell'Iran contro gli Stati Uniti, e in quale misura la politica estera complessiva della Repubblica Islamica negli ultimi quattro decenni ha arrecato benefici al popolo iraniano?

È vero che una delle caratteristiche essenziali della nostra Rivoluzione è stato il suo anti-imperialismo, e in particolare il suo anti-americanismo determinato dalle storiche ingerenze degli USA nel nostro Paese e dal loro saccheggio delle nostre risorse nazionali, tra cui il petrolio e il gas. I leader religiosi si sono serviti di questi slogan, che molti riconducevano alla sinistra e al Partito Tudeh dell'Iran, per consolidare la loro posizione all'interno del movimento rivoluzionario iraniano. È chiaro che i loro slogan anti-americani non si ispiravano alla stessa concezione degli slogan anti-imperialisti della sinistra e del nostro partito, concezione che rispecchiava la nostra visione del ruolo distruttivo del capitale monopolistico sulla scena mondiale e la nostra convinzione che le forze anti-imperialiste debbano unirsi e collaborare alla costruzione di un mondo diverso. Il modello economico ideale del regime iraniano era quello di un ordine capitalista ammantato di vuoti slogan islamisti.

Per il regime iraniano, l'influenza nella regione e la costruzione di un impero islamico costituivano una componente essenziale della sua politica estera, che per questo si è scontrata con quella dei regimi reazionari e fantoccio dell'Arabia Saudita e di altri Stati arabi nell'area del Golfo Persico. È importante altresì ricordare che nelle fasi più critiche della storia recente della nostra regione, tra cui l'aggressione imperialista all'Afghanistan e all'Iraq, il regime iraniano - a detta dei suoi stessi leader - ha coadiuvato i piani degli USA aprendo lo spazio aereo della regione in modo da consentire gli attacchi contro il regime di Saddam Hussein.

8. L'amministrazione USA persegue oggi un'aperta politica di cambio di regime in Iran. Qual è la posizione del vostro partito in merito all'eventualità di un intervento esterno di questo tipo? Può illustrarcela in relazione alle posizioni assunte da Donald Trump, dal governo israeliano, dall'Arabia Saudita e dai loro alleati?

 In una dichiarazione rilasciata il 1° maggio 2018 dal nostro Comitato Centrale in risposta alle crescenti minacce da parte degli USA e dei loro alleati, il partito ha espresso la seguente opinione: «Nell'analizzare gli attuali sviluppi in corso nell'amministrazione Trump e la cooperazione senza precedenti messa in atto da governi di Israele e dell'Arabia Saudita con tale amministrazione, molte agenzie di stampa mondiali hanno affermato che il rischio di uno scontro militare tra Israele e Iran è oggi più elevato che mai».

Abbiamo inoltre affermato: «Il nostro Paese, il Golfo Persico e il Medio Oriente sono ancora una volta di fronte a una gravissima e imminente minaccia di catastrofici conflitti militari che avrebbero conseguenze devastanti per l'Iran e per l'intera regione. Contrariamente a quanto sostiene parte della sedicente opposizione anti-popolare e alleata con gli stranieri, ignorare queste minacce e appoggiare la politica di ingerenza e distruzione degli USA, di Israele e dell'Arabia Saudita non condurrà alla liberazione dell'Iran dalle grinfie dell'attuale regime teocratico; al contrario, come la guerra tra Iraq e Iran [1980-1988] imposta dall'imperialismo, tale atto avrà conseguenze molto dannose per la nostra nazione e per il movimento popolare a favore della libertà, della sovranità e della giustizia sociale. La lotta del popolo iraniano per eliminare il regime teocratico e instaurare in Iran un regime nazionale e democratico che garantisca la libertà, la democrazia, l'indipendenza e la giustizia sociale non può essere portata a termine attraverso un distruttivo intervento militare di forze reazionarie quali i governi di Trump, Netanyahu e Bin Salman. In una fase così critica, il compito più importante di tutte le forze nazionali e democratiche è organizzare e mobilitare tutte le forze favorevoli alla pace presenti nella nazione e nel mondo allo scopo di impedire un'ennesima, disastrosa e devastante guerra nella nostra regione».

9. Quali sono gli obiettivi che il Partito Tudeh dell'Iran persegue in questa fase della lotta per la trasformazione del vostro Paese?

A quarant'anni dalla vittoria della Rivoluzione del 1979, l'Iran necessita di cambiamenti fondamentali e democratici. Il futuro della nostra nazione deve essere deciso dal nostro popolo, senza ingerenze esterne, attraverso l'instaurazione di un regime politico democratico.

L'Iran è rimasto allo stadio della Rivoluzione Democratica Nazionale, e il Partito Tudeh dell'Iran è impegnato a fare sì che il nostro Paese consegua i seguenti obiettivi: salvaguardia della sovranità nazionale, revoca ed eliminazione della ristrutturazione economica neoliberale messa in atto dalla Repubblica Islamica, limitazione e reindirizzamento dello sviluppo capitalista al servizio della crescita e dello sviluppo delle forze produttive nell'ambito dell'economia nazionale, equa redistribuzione delle risorse e della ricchezza,  realizzazione delle libertà democratiche e della giustizia sociale.

Il Partito Tudeh dell'Iran rimane convinto che questo cambiamento richieda la creazione di un fronte unitario contro la dittatura, attraverso la mobilitazione di tutte le forze sociali del nostro Paese e la nascita di una forte unione delle forze progressiste e di sinistra con la partecipazione concreta della classe operaia. Il Partito Tudeh dell'Iran ritiene che l'obiettivo più urgente delle forze progressiste dell'Iran debba essere quello di lavorare insieme per preparare il terreno per la fine, una volta per tutte, del dominio assoluto della Guida Religiosa Suprema, allo scopo di aprire la strada a un cambiamento fondamentale, democratico e duraturo, nel nostro Paese.


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