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La strategia del Partito Comunista nella Guerra Civile 1936-1939

Partito Comunista dei Lavoratori di Spagna (PCTE) * | initiative-cwpe.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

2019

Contributo del PCTE (PCPE) * all'Incontro della Iniziativa Comunista Europea, Istanbul, 16 e 17 febbraio 2019

*) Partito Comunista dei Lavoratori di Spagna (PCTE) è la nuova denominazione adottata dal Partito Comunista dei Popoli di Spagna (PCPE) con segretario generale Astor Garcia. Il presente contributo è stato presentato con il vecchio nome PCPE.

Sommario:

1. Una introduzione necessaria
2. La Grande Rivoluzione Socialista d'Ottobre e il comunismo in Spagna
3. Il dibattito con la IC e la bolscevizzazione del Partito Comunista di Spagna
4. Il Biennio Nero. La rivoluzione d'ottobre del 1934 e le Alleanze Operaie
5. La vera svolta. Il VII Congresso dell'IC e il Fronte Popolare in Spagna
6. Il VII Congresso dell'Internazionale e la strategia del PCE durante la guerra
- Il fronte unico e il Partito Unico del Proletariato
7. Il Fronte Popolare
8. Il carattere della guerra e della rivoluzione in Spagna
9. Aspetti internazionali
10. Situazione rivoluzionaria e possibilità di prendere il potere
11. In conclusione

Glossario

* * *

1. Una introduzionenecessaria

L'XI Congresso Straordinario del PCPE ha deciso di iniziare un profondo studio della storia del movimento comunista in Spagna. Si è giunti alla conclusione che, per affrontare le sfide attuali della lotta di classe, era imprescindibile contare sulla valutazione generale dell'esperienza accumulata dal movimento comunista nel nostro paese. Un compito che, prescindendo da ogni approccio sentimentale, deve realizzarsi con il massimo rigore analitico, senza precipitazioni, dalle categorie del marxismo-leninismo. Solo così otterremo conclusioni scientifiche che ci permettano di arricchire la nostra strategia rivoluzionaria contemporanea.

Con questo proposito è stata creata una Commissione di Storia dipendente dal Comitato Centrale, cui lavori ci permettono di presentare all'Incontro della Iniziativa Comunista Europea il presente studio sulla strategia del Partito Comunista nella guerra civile che ebbe luogo in Spagna tra luglio del 1936 e aprile 1939.

Sulla guerra spagnola si sono versati fiumi d'inchiostro. La maggior parte della bibliografia esistente nasconde fini apologetici e, in molti casi, si tratta di pubblicazioni anticomuniste. Gli studi realizzati all'epoca dal Partito Comunista di Spagna hanno indubbio valore, ma sono scritti in gran parte con fini propagandistici. Questi studi, successivi al XX Congresso del PCUS ed elaborati in gran parte in piena deriva eurocomunista, realizzano una lettura della guerra diretta a giustificare le posizioni adottate dalla direzione del Partito, sia durante la guerra come successivamente. In altri casi, si tratta di meri regolamenti di conti tra i protagonisti delle dure lotte interne che visse il PCE fino alla completa mutazione in un partito socialdemocratico.

Entrando nella materia oggetto di studio, l'analisi della strategia seguita durante la guerra necessita di fare riferimento alle condizioni in cui si sviluppa il Partito Comunista di Spagna e come influiscono in questo sviluppo i dibattiti in seno all'Internazionale Comunista. Solo da questo punto di partenza si può arrivare a capire, in tutta la sua complessità, la caratterizzazione realizzata dal PCE della rivoluzione spagnola, della Repubblica e della stessa guerra. Con questa intenzione, il presente studio include tutta una serie di considerazioni sullo sviluppo del Partito e la sua posizione sugli importanti avvenimenti che, sebbene non coincidono cronologicamente con la guerra, hanno una stretta relazione con le cause che conducono infine allo scoppio del conflitto e con la strategia adottata. La guerra spagnola fu considerata, all'epoca, come la prima battaglia della II Guerra Mondiale, e in essa intervennero direttamente o indirettamente le principali potenze imperialiste. Pertanto, l'analisi della guerra, per esser completa, non può nemmeno perdere di vista i fattori internazionali.

Infine, si espongono una serie di conclusioni iniziali che saranno la base del contributo che il PCPE presenterà all'Incontro di Istanbul e che, insieme ai contributi dei partiti fratelli e le conclusioni collettive che si otterranno, ci permetteranno di continuare ad approfondire gli studi della storia del movimento comunista per arricchire la nostra strategia attuale.

Il CC del PCPE, nell'anno del centenario dell'Internazionale Comunista, non vuol lasciar passare l'occasione di rendere il suo più sentito omaggio agli uomini e donne che hanno dato la loro vita nella nostra guerra rivoluzionaria. In particolare, ai membri delle Brigate Internazionali che hanno combattuto in Spagna dando la loro vita per la causa socialista-comunista. Il loro esempio rimane inalterato nel ricordo dei comunisti spagnoli e ci spinge ad andare avanti. Onore e gloria a tutti loro.

2. La Grande Rivoluzione Socialista d'Ottobre e il comunismo in Spagna

Il trionfo della Grande Rivoluzione Socialista d'Ottobre del 1917 ebbe un profondo impatto nel movimento operaio spagnolo, protagonista di importanti lotte nei mesi precedenti tra le quali si evidenzia lo sciopero generale rivoluzionario dell'agosto 1917, che acquisì il carattere di insurrezione armata nelle regioni operaie delle Asturie e Biscaglia.[1]

Nelle file del Partito Socialista Operaio Spagnolo (PSOE), nella cui direzione predomina il riformismo, si intensificò il dibattito tra riforma e rivoluzione. A dicembre del 1919, il V Congresso della Federazione delle Gioventù Socialiste decise di seguire i passi dell'Internazionale Comunista e scindersi dal PSOE.[2] Il 15 aprile 1920, l'Assemblea Nazionale della Gioventù Socialista si riunì alla Casa del Popolo di Madrid per discutere la sua trasformazione in Partito Comunista.

Nasce così il primo partito comunista del nostro paese con la denominazione di Partito Comunista Spagnolo.[3] A sua volta, il periodico della Gioventù Socialista, chiamato "Rinnovamento", si trasforma nel primo organo di espressione comunista con la denominazione di "Il Comunista", nel quale si pubblica il Manifesto di costituzione del Partito Comunista Spagnolo, riconosciuto come Sezione dell'Internazionale Comunista nel suo II Congresso, riunito a Mosca nel luglio 1920.

La costituzione del Partito Comunista Spagnolo e la celebrazione del suo I Congresso, nel marzo 1921, fa sì che i dibattiti all'interno del PSOE si polarizzano di nuovo. I socialisti rifiuteranno le 21 condizioni di adesione all'Internazionale Comunista nel loro III Congresso Straordinario[4], riunito ad aprile del 1921, decidendo di unirsi alla Internazionale Seconda e Mezza di Vienna.

Di fronte a questo risultato, i cosiddetti terzisti, sostenitori dell'Internazionale Comunista, decidono di abbandonare il Congresso e separarsi dal PSOE, fondando il 13 aprile 1921 un secondo partito con la denominazione di Partito Comunista Operaio Spagnolo. Da parte sua, la nuova Federazione Nazionale delle Gioventù Socialiste, ricostruita dopo la decisione della precedente organizzazione giovanile di costituirsi in Partito Comunista Spagnolo, decise di convertirsi in Federazione delle Gioventù Comuniste, manifestando la sua adesione all'Internazionale Comunista. Per due volte in un anno la gioventù socialista si incorporava al movimento comunista.

L'esistenza di due partiti aderenti all'IC ostacolava il suo sviluppo. Per questo motivo, dopo il III Congresso dell'Internazionale, si decise l'unificazione. Così, dal 7 al 14 novembre 1921 ebbe luogo a Madrid la Conferenza di Fusione dalla quale nascerà il Partito Comunista di Spagna (Sezione spagnola dell'IC), cui organo di espressione si chiamerà "La Torcia". Parallelamente, si unirono anche le due organizzazioni giovanili, dando vita all'Unione delle Gioventù Comuniste di Spagna (UJCE), cui organo di espressione era "Il Giovane Comunista".[5]

Il movimento comunista comincia a compiere i suoi primi passi in Spagna. Il capitalismo spagnolo si trova in crisi e immerso in una guerra imperialista in Nord Africa. Cresce il malcontento popolare e le tensioni nel blocco dominante si saldano con l'instaurazione della Dittatura di Primo de Rivera il 13 settembre 1923, che si prolungherà fino a gennaio 1930.

Durante questo periodo il Partito si vede obbligato a lavorare in condizioni di clandestinità e subisce uno dopo l'altro gli attacchi della repressione. Nonostante l'adesione formale alle 21 condizioni della IC, il Partito Comunista di Spagna tuttavia non si era bolscevizzato. La bibliografia comunista, parlando di quell'epoca, insiste nell'influenza che svolgeva nelle giovani generazioni che si erano integrate nel PCE del "sindacalismo rivoluzionario" di taglio anarchico. Furono gli anni in cui il culto allo spontaneismo, l'indisciplina e il radicalismo sinistroide caratterizzano lo stile del lavoro del Partito.

Nel luglio 1923 fu nominato Segretario Generale del Partito Óscar Pérez Solís, di origine militare e fondatore del PCOE, cui concezioni, nel più puro stile anarchico, si basavano nel creare un "nucleo di uomini d'azione", caratterizzandosi per un radicalismo infantile che approfondirà l'isolamento dalle masse.[6]

Mentre il PSOE collaborava con la Dittatura di Primo de Rivera, il periodo 1923-1931 venne correttamente descritto come un periodo di piombo e sbarre per il movimento comunista, segnato dal sinistrismo, l'instabilità e una forte divisione interna.

Nel 1925 giunge alla direzione del Partito un nuovo gruppo sotto la direzione di José Bullejos. Nella Historia del Partido Comunista de España si caratterizza questo periodo nel modo seguente:

«Con l'arrivo alla direzione del Partito, nel 1925, di José Bullejos e altri giovani militanti, che si portavano con loro una carica considerevole di sinistrismo, si iniziò una tappa di predominio delle tendenze settarie…»[7]

Nel luglio 1928 il VI Congresso dell'IC include la Spagna tra i paesi con un livello medio di sviluppo del capitalismo. In concreto, il Programma dell'Internazionale Comunista segnala che:

«Paesi di un livello medio di sviluppo del capitalismo (Spagna, Portogallo, Polonia, Ungheria, paesi balcanici, ecc.) con vestigia importanti di relazioni semifeudali nell'economia agraria con un minimo di elementi materiali necessari per l'edificazione del socialismo, con un processo di trasformazione democratica rimasto a metà. In alcuni di questi paesi è possibile la trasformazione più o meno rapida della rivoluzione democratico borghese in rivoluzione socialista; in altri, un tipo di rivoluzioni proletarie con un gran contingente di obiettivi di carattere democratico borghese. In questi paesi, di conseguenza, l'avvento della dittatura del proletariato può non prodursi momentaneamente, ma nel processo di transizione della dittatura democratica del proletariato e dei contadini alla dittatura socialista del proletariato; lì dove la rivoluzione si dispiega in modo immediato come rivoluzione proletaria, presuppone la direzione da parte del proletariato di un vasto movimento agrario; la rivoluzione agraria svolge in generale un ruolo, a volte decisivo, nel processo di appropriazione della grande proprietà agraria; una parte importante delle terre confiscate passa nelle mani dei contadini; il volume delle relazioni di mercato, dopo la vittoria del proletariato, è considerevole; il compito di organizzare cooperativamente i contadini e di unirli dopo per la produzione occupa un posto enorme tra gli altri obiettivi dell'edificazione socialista. Il ritmo di questa edificazione è relativamente lento».[8]

Nell'agosto 1929, si riunisce a Parigi il III Congresso del PCE in condizioni di clandestinità. Il Partito Comunista di Spagna definì il carattere della rivoluzione in gestazione come democratico-borghese, intendendo come inevitabile la tappa della rivoluzione democratico-borghese, che si presentava come una rivoluzione agraria, antifeudale a livello economico e antimonarchica a livello politico.

Le forze motrici della rivoluzione saranno la classe operaia, i contadini e altri strati popolari, perseguendo l'obiettivo di rovesciare il settore più reazionario della società spagnola - l'aristocrazia latifondista, distruggere le fondamenta del suo potere economico - la grande proprietà territoriale, e privarla del suo strumento di dominazione - lo Stato monarchico.

La classe operaia doveva svolgere il ruolo dirigente nella rivoluzione democratico-borghese, il cui trionfo avrebbe implicato un Governo di Operai e Contadini, la cui missione sarebbe stata portare a termine i compiti della rivoluzione democratica e avanzare in modo ininterrotto verso il socialismo.[9]

Il 28 gennaio 1930, la Dittatura di Primo de Rivera fece posto al Governo Berenguer. Si intensifica la lotta dello sciopero e il sistema politico entra in crisi. Nel mese di agosto, le forze di opposizione alla Monarchia firmano il Patto di San Sebastián, nel quale partecipa il PSOE, divenendo il punto di partenza per il Governo Provvisorio che ottenne il potere dopo la proclamazione della Repubblica.

In queste condizioni il PCE convoca la sua Conferenza Nazionale, che per ragioni di clandestinità passò alla Storia come Conferenza di Pamplona, anche se in realtà si riunì a Bilbao. In questa conferenza, che ebbe un carattere congressuale, si definì la tattica del Partito di fronte agli importanti avvenimenti che arrivavano e si regolarono i conti con la Federazione Catalano-Baleare, diretta da Joaquín Maurín, corrispondendo alla lotta contro il trotskismo scatenata in URSS e all'interno dell'Internazionale.

Al Governo Berenguer succede il Governo Aznar, che davanti all'acuirsi della crisi politica si vide obbligato a convocare elezioni municipali per il 12 aprile 1931. Queste elezioni si trasformarono in un plebiscito contro la Monarchia nel quale si ottenne la vittoria delle forze repubblicane. Alla vista dei risultati elettorali, alle 7 di mattina del 14 aprile, si proclama la Repubblica a Eibar, alla quale seguono altre importanti città come Barcellona, Valencia, Siviglia e Oviedo. In queste 48 ore convivranno in Spagna due governi, quello monarchico e quello repubblicano che, infine, in conformità agli accordi del Patto di San Sebastián, si convertì in Governo Provvisorio della nascente Repubblica Spagnola, mentre Alfonso XIII abbandonava il paese.

Il PCE, che aveva recuperato la legalità, saluta la proclamazione della Repubblica con lo slogan "Abbasso la Repubblica Borghese!". Nelle Elezioni all'Assemblea Costituente celebrate il 28 luglio 1931, il Partito Comunista non ottiene rappresentanza parlamentare.

In Spagna esiste una situazione rivoluzionaria. L'Internazionale Comunista decide di aprire un dibattito con la sua sezione spagnola che risulterà determinante per lo sviluppo del PCE durante il periodo repubblicano e durante la guerra civile che si avvicina.

3. Il dibattito con la IC e la bolscevizzazione del Partito Comunista di Spagna

Un mese dopo la proclamazione della Repubblica, nel maggio 1931, la IC dirige al Comitato Centrale del PCE una lettera aperta. In essa, si analizza che la proclamazione della Repubblica, il 14 aprile:

«… segnala un momento molto importante dello sviluppo della rivoluzione spagnola. L'instaurazione della Repubblica, anche se avvenuta senza l'insurrezione armata delle masse contro le forze dell'ex regime, è stata il risultato delle sue lotte e delle sue azioni rivoluzionarie precedenti e costituisce un fattore di principale importanza per scatenare le forze della rivoluzione e accelerare il suo sviluppo».[10]

L'Internazionale trasmette le seguenti critiche:

«1. - Il Partito nel suo insieme, e la sua direzione in particolare, non hanno compreso il profondo senso degli avvenimenti sviluppati il 14 aprile … ponendo la monarchia e la repubblica sullo stesso piano senza vedere gli antagonismi e le lotte di classe che determinano questo cambio di regime (…).

2. - Il Partito non ha compreso il ruolo dirigente nella direzione della rivoluzione democratico-borghese… il Partito non ha ben compreso il carattere della rivoluzione che si sviluppa in Spagna … Il programma dell'Internazionale caratterizza per la Spagna, con grande correttezza, l'importanza dei resti del feudalesimo e l'errore fondamentale della direzione del Partito a questo riguardo è stato quello di sottovalutare la sua importanza e di conseguenza il carattere democratico della rivoluzione, anche se si è sempre ripetuta meccanicamente questa formula.

3. - Il ruolo del Partito nello sviluppo di una tale rivoluzione non era quello di difendere il governo controrivoluzionario della repubblica, di gridare "Viva la repubblica" e di collocarsi a rimorchio della piccola borghesia, come hanno fatto i trotskisti e maurinisti… il Partito non aveva una visione chiara… e ha miscelato slogan giusti con altri falsi, come quello di "Abbasso la repubblica borghese!"; ossia, questi slogan non formavano un sistema, una linea politica chiara sugli obiettivi della lotta e il ruolo del Partito per conseguirli.

4. - Il Partito deve saper legare questa lotta delle masse contro le forze dell'ex regime con la parola d'ordine della creazione dei soviet degli operai, contadini e soldati, come una delle garanzie contro la restaurazione della monarchia, come organo del fronte unico per organizzare e dispiegare l'azione di massa, per vigilare sulla rivoluzione e prendere le misure di salute pubblica necessarie per la sua salvaguardia e come forza motrice per condurre la rivoluzione democratica fino al suo fine e assicurare il suo sviluppo in rivoluzione socialista (…).

5. - Il Partito, in realtà, ha limitato il suo ruolo ad un'azione di propaganda generale del comunismo e degli slogan fondamentali del Partito. Non ha compreso che il suo ruolo era mobilitare le masse e porle in movimento con slogan concreti derivati dalla situazione del giorno (…).»

Nella lettera aperta dell'IC si fa un'analisi adeguata di ciò che fino ad allora era stata la vita del PCE:

«Questa passività del Partito, questa attività esclusivamente propagandista, questa incapacità di comprendere il suo ruolo dirigente, provengono, in parte, dalla sua grande debolezza numerica, dall'assenza di legami con le masse, dal suo settarismo, dalla sua mancanza di organizzazione e dalla sua passività precedente: il Partito Comunista di Spagna, per molto tempo, non ha preso parte attiva alla vita dell'Internazionale, non ha studiato, né assimilato la ricca esperienza della rivoluzione russa, non si è convertito in un Partito bolscevico... fortemente influenzato dalle tradizioni riformiste e anarcosindacaliste.»[11]

I dibattiti continueranno nei mesi seguenti. A novembre del 1931 si realizza una riunione tra la IC e una delegazione della direzione del PCE. Nel discorso di Manuilsky si evidenzia l'importanza internazionale della rivoluzione spagnola e si vincola la sua sorte a quella del Partito Comunista; si segnala che il principale ostacolo per la sua bolscevizzazione è il Comitato Esecutivo e la necessità di convocare un Congresso per analizzare tutte le questioni poste dall'IC e, in particolare, la questione agraria, la questione dell'organizzazione e la questione sindacale.

Nel gennaio 1932, la IC indirizza una nuova lettera aperta, ma questa volta a tutti i membri del PCE e non solo al suo Comitato Centrale, nella quale si conclude che la Spagna attraversa una fase rivoluzionaria nella quale il proletariato è la principale forza motrice. Si evidenziano i seguenti elementi dalla proclamazione della Repubblica:

«1° La crisi economica (e agraria) si fa ogni mese più acuta, più amplia e profonda.

2° Il Governo repubblicano-socialista, tutti i partiti repubblicani e le Corti Costituenti hanno chiaramente messo in rilievo la loro natura di classe borghese e controrivoluzionaria (…) Ci troviamo di fronte una nuova disposizione delle forze di classe e dei partiti.

3° Nel blocco controrivoluzionario, il partito socialista ha giocato e gioca tuttavia il principale ruolo di ingannatore delle masse.

4° Nel campo rivoluzionario si è prodotto e continua a prodursi un sensibile raggruppamento di forze.»

La IC segnala che la rivoluzione democratico-borghese non è terminata:

«I suoi obiettivi essenziali: abolizione delle sopravvivenze feudali, soluzione rivoluzionaria della questione agraria, distruzione del potere economico e politico della Chiesa e del clero, abolizione dell'oppressione nazionale, miglioramento radicale della sorte della classe operaia e delle grandi masse lavoratrici, non sono state portate a termine.»[12]

Per il completamento dei compiti della rivoluzione democratico-borghese e della sua trasformazione in rivoluzione proletaria si segnala come condizione indispensabile la bolscevizzazione del PCE:

«Il Partito non potrà compiere questo compito se il Congresso del Partito non è un Congresso di organizzazione del Partito, il Congresso della sua trasformazione in un vero partito bolscevico di massa.»

L'Internazionale insiste nella creazione dei soviet come «organi di lotta per il potere, organi di mobilitazione e di organizzazione delle masse per la presa del potere da parte del proletariato e dei contadini, per l'instaurazione della dittatura democratica rivoluzionaria del proletariato e dei contadini». Si insiste anche nella necessità di creare Comitati di fabbrica, nell'abbandonare la passività e il settarismo nel lavoro con i contadini e per quanto riguarda i movimenti di emancipazione nazionale in Catalogna, Paesi Baschi, Galizia e Marocco. Si chiama il PCE a superare definitivamente le deficienze:

«Questi ultimi anni abbiamo dovuto lottare sistematicamente e tenacemente per il raddrizzamento della linea del Partito, per la correzione dei suoi errori, per una svolta radicale nell'attività politica generale e nel lavoro interno del Partito Comunista di Spagna.»

Il IV Congresso del PCE, che nella storiografia comunista spagnola si conosce come la grande svolta, si riunì a Siviglia a marzo del 1932. Il PCE corregge la sua linea politica sulla base delle direttrici della IC, José Bullejosviene sostituito nella Segreteria Generale da José Diaz Ramos e vengono eletti i membri del Comitato Centrale che dirigeranno il Partito durante le decisive lotte che si avvicinano.

Tuttavia, i dibatti interni proseguono nei mesi seguenti. Un gruppo di dirigenti, organizzato intorno a José Bullejos e altri membri dell'Ufficio Politico, si mettono contro la Delegazione dell'IC in Spagna e iniziano una lotta di frazione che si conclude con la loro espulsione il 21 ottobre 1932.[13]

A partire da questo momento, il PCE si trova nelle condizioni di applicare la linea marcata dal VI Congresso dell'Internazionale. La sua influenza cresce rapidamente. Prima della proclamazione della Repubblica il PCE aveva solo 2.000 militanti, nel novembre 1931 la Delegazione della IC riconosce 7.000[14] militanti e a gennaio 1932 la IC riconosce che la cifra si avvicina già ai 10.000. Nei mesi seguenti al IV Congresso e nonostante le dure condizioni che dovrà affrontare, il Partito intensifica il reclutamento e crescerà esponenzialmente.[15]

La Spagna attraversa una situazione rivoluzionaria nella quale tutte le classi sociali si preparano per affrontare gli scontri decisivi.[16] Ad ottobre del 1932 nasce la Confederazione Spagnola delle Destre Autonome (CEDA) che mantiene stretti legami con il partito nazista e riceve un forte impulso con l'ascesa di Hitler al potere nel gennaio del 1933. Il suo capo, Gil Robles, partecipa in qualità di inviato al Congresso del partito nazista, celebrato a Norimberga a settembre 1933. Il 15 ottobre di quest'anno, Gil Robles espone pubblicamente la tattica che seguirà la CEDA:

«Abbiamo bisogno di tutto il potere e questo è quello che chiediamo. La democrazia non è per noi un fine, ma un mezzo per andare alla conquista di uno Stato nuovo; giunto il momento, il Parlamento o si sottomette o lo faremo scomparire».[17]

Il 19 ottobre 1933, José Antonio Primo de Ribera si riunisce con Mussolini a Roma. A sua volta, in un meeting celebrato a Madrid il 20 ottobre, annuncia la creazione di un partito nettamente fascista denominato Fascismo Spagnolo (FE), che a partire dal 2 novembre 1933 si chiamerà Falange Spagnola (FE).[18]

4. Il Biennio Nero. La rivoluzione d'ottobre del 1934 e le Alleanze Operaie.

Nell'ottobre del 1933 il PSOE abbandona il Governo. La crisi di governo comporta le elezioni generali del 19 novembre, nelle quali precipita la coalizione repubblicano-socialista e trionfano il Partito Repubblicano Radicale e la CEDA, che per il momento rimane fuori dal Governo. Comincia la tappa del Biennio Nero[19], nel quale la Repubblica è governata dalle destre e la reazione cerca di impiantare il fascismo per via legale, seguendo l'esempio tedesco.

Nelle elezioni generali il PCE ottiene circa 400.000 voti, che rappresenta una percentuale del 1,2%.[20] La percentuale elettorale è molto superiore nelle circoscrizioni con un predominio operaio: Dolores Ibárruri ottiene il 6,55% dei voti nelle Asturie.

Ma, indipendentemente dai risultati, si produce un fatto significativo che conviene ricordare per la sua futura importanza nella strategia del Partito: Cayetano Bolivar, candidato comunista a Malaga, viene eletto deputato attraverso una candidatura unitaria con socialisti e repubblicani. Il PCE, per la prima volta nella sua storia, ottiene rappresentanza parlamentare.

Alla fine del 1933 il PCE crea le Milizie Antifasciste Operaie e Contadine (MAOC)[21], che giocheranno il ruolo di organizzazione di autodifesa operaia e popolare, proteggendo scioperi e manifestazioni dagli attacchi fascisti e polizieschi.

A dicembre 1933, Jesús Hernández[22] e Dolores Ibárruri assistono a Mosca alle sessioni del XIII Plenum del Comitato Esecutivo dell'Internazionale, in cui si affronta il pericolo del fascismo, e rappresentano il PCE nel XVII Congresso del Partito Comunista dell'Unione Sovietica, che ebbe luogo il 26 gennaio al 16 febbraio 1934. Nel libro "El unico camino", scritto da Dolores Ibárruri, si include la seguente informazione:

«Da Mosca DI - Dolores Ibárruri - scrisse all'UP del Comitato Centrale. Nella lettera si riferisce, senza dubbio, alla riunione che ebbe con la direzione della IC, e l'Internazionale Sindacale Rossa, a istanze di Manuilski, per dibattere la politica sindacale dei comunisti. Questa riunione fu il punto di partenza per una riunione successiva della Sindacale Rossa, in cui si concordò l'unificazione sindacale. In Spagna, la CGTU (Centrale comunista) entrò nella UGT nel 1935. (Cf. Lettera all'Ufficio Politico, Mosca, 9-01-1394, Microfilm in Archivio PCE; D. Ibarruri, Memorie 1939-1977, PlanetaBarcelona, 1984, P.31 e S. Carrilo, MañanaEspaña, Ebro, París, 1975, p. 75.)»[23]

Sotto la pressione dell'avanzata fascista si cominciarono a fare i primi passi di quello che molto presto sarà l'autentica svolta nella strategia del PCE e anche dell'Internazionale Comunista.

Il 14 gennaio 1934, trovandosi la Passionaria a Mosca, la IC invia un messaggio cifrato[24] alla direzione del PCE nel quale si indica di creare in tutte le fabbriche e territori comitati del fronte unico contro la reazione e il pericolo fascista. Si orienta il PCE a rivolgersi alle direzioni locali del PSOE, UGT, CNT, sindacati autonomi e a tutti i lavoratori, organizzati e non, per costituire comitati del fronte unico e organizzare ogni tipo di azioni chiedendo la legalizzazione dei sindacati proibiti, libertà per la stampa operaia, il disarmo e scioglimento delle bande fasciste, la cancellazione della Legge di Ordine Pubblico, lo scioglimento dei gesuiti e la confisca di tutti i loro beni.

Il 19 febbraio del 1934 si dichiara lo sciopero generale in solidarietà con gli operai austriaci e contro la repressione scatenata dal Governo di Dollfus. Comincia così un anno decisivo, nel quale si intensificano le azioni di sciopero del proletariato e dei lavoratori della campagna.

Il disastro elettorale e l'intensificazione della lotta di classe provoca cambiamenti nelle direzioni del PSOE e dell'UGT, la cui direzione si concentra su Largo Caballero, capo dell'"ala sinistra". A gennaio del 1934 il PSOE elabora un programma di "azione rivoluzionaria" diretto alla presa del potere. A febbraio promuove la creazione delle Alleanze Operaie. La strategia del PSOE si basa su un forte settarismo, nella sottovalutazione del ruolo dei contadini e dei forti movimenti nazionali che si sviluppano, in particolare, in Catalogna.

Il PSOE aveva rifiutato la politica del fronte unico proposta dal PCE, che decide inizialmente di non integrarsi nelle Alleanze Operaie e di criticare gli errori della direzione socialista che, facendo mostra di una irresponsabile passività, si manteneva nell'attesa che si creassero le condizioni propizie per la convocazione dello sciopero generale rivoluzionario. Come criticherà Jesús Hernándezin una intervista pubblica su Mundo Obrero il 2 agosto del 1394:

«L'obiettivo di ogni rivoluzione è la presa del potere. Bene, arrivare a questo obiettivo è necessario. Non bisogna urlarlo a gran voce che vogliamo questo, ma avanzare per prenderlo, dicendo come e in che modo. Fino ad oggi i capi socialisti hanno fatto solo parole e infuocate promesse, e a ogni colpo della reazione, intensificano le minacce. Dicono, ma non fanno. E non solamente non fanno, ma impediscono che si faccia, col pretesto che si sprecano energie.»

Nonostante le critiche e non senza dibattiti, in Spagna, Austria e Francia si compiono passi verso un avvicinamento ai socialisti. All'interno dell'Internazionale Comunista si prepara il programma del VII Congresso. Tra luglio e agosto del 1934 nelle commissioni preparatorie del programma, si gettarono le basi del nuovo orientamento politico del movimento comunista internazionale che si plasmerà infine nel VII Congresso. Nella direzione della IC predominerà l'idea sulla necessità di una fase democratica generale, antifascista, della lotta.[25]

Nella riunione del Comitato Centrale del PCE, celebrata nei giorni 11 e 12 settembre del 1934, mantenendo alcune delle critiche precedenti al Partito Socialista, si approva un'importante svolta tattica:

«Il Comitato Centrale del Partito Comunista di Spagna (Sezione dell'IC) si pronuncia per l'ingresso di tutte le sue organizzazioni all'interno delle Alleanze Operaie, lì dove esistono, e invita a crearle lì dove ancora non esistono. Allo stesso tempo, invita le frazioni comuniste di tutte le organizzazioni di massa affinché propagandino l'ingresso immediato delle stesse nelle Alleanze Operaie. Entrando nelle Alleanze, il Comitato Centrale dichiara che i comunisti, in forma cordiale e democratica, propaganderanno e difenderanno i loro punti di vista e metodi di organizzazione all'interno delle Alleanze Operaie, con l'obiettivo di convincere le altre forze che partecipano alle stesse della correttezza dei loro metodi di organizzazione, della tattica e della linea politica del Partito Comunista».[26]

Nei giorni seguenti si compiranno nuovi passi nella preparazione di quello che sarà la grande svolta nella strategia del PCE. Il 14 settembre del 1934, Jesús Hernández affermerà davanti ad una concentramento unitario allo Stadio Metropolitano di Madrid:

«Adesso che vediamo il Partito e la Gioventù Socialista che si orientano verso il cammino della Rivoluzione, dopo aver compreso i loro errori passati, il nostro Comitato Centrale ha posto la questione che l'Esercito della rivoluzione necessita di una sola direzione, che il proletariato necessita di un solo partito dirigente, che bisogna camminare, andare con nobili intenzioni e decisi propositi a dare alla classe operaia un solo comando, un solo partito».[27]

Per la prima volta si esprime la parola d'ordine del partito unico del proletariato, sulla quale insisterà il PCE negli anni successivi.

In questi giorni la situazione in Spagna è esplosiva. Matura di nuovo una crisi rivoluzionaria. Dalla formazione del Governo di Lerroux, il 24 gennaio 1934, si producono tre crisi di governo e nelle masse si produce una situazione di effervescenza. La CEDA chiede l'entrata nel Governo e forza la caduta del Governo Samper il 2 ottobre. Questo stesso giorno il PCE propone alla direzione del PSOE la convocazione dello sciopero generale, rifiutata dai socialisti, che annunciano pubblicamente che insorgeranno se la CEDA entra nel Governo, come forma di pressione sul Presidente della Repubblica, Alcalá Zamora, cercando di impedire l'arrivo al governo della destra fascista.

Due giorni dopo, il 4 ottobre, si annunciò la costituzione di un nuovo Governo del radicale Lerroux con la partecipazione di tre ministri della CEDA. Si dichiara lo Stato di guerra e si ordina la concentrazione di truppe nelle caserme. Il Governo si era preparato ai piani insurrezionali annunciati pubblicamente dai dirigenti socialisti.

Il PSOE da l'ordine dello sciopero generale rivoluzionario senza consultare il PCE, né nessun'altra forza operaia, senza un piano serio diretto alla presa del potere. Regna l'improvvisazione e lo sconcerto. La fiducia del PSOE e del suo massimo dirigente, Largo Caballero, nel legalismo e nella politica di pacificazione del fascismo divenne chiara nella notte del 3 ottobre, in cui, al conoscere le prime notizie della conformazione del nuovo Governo, Caballero affermò davanti a coloro che erano chiamati a dirigere il movimento insurrezionale: «Fino a che non lo vedo nella Gazzetta, non ci credo…».[28]

Nonostante ciò, la militanza comunista si lancia nella lotta. Si producono scontri armati a Madrid, Biscaglia, León, Palencia, Catalogna e in altri luoghi. In Catalogna il Governo della Generalitat proclama la repubblica catalana dentro la repubblica federale spagnola. Nelle Asturie la classe operaia si dispose per la presa del potere, sotto lo slogan di Uniti, fratelli, proletari! (U.H.P.!), che mantenne nelle sue mani tra il 5 e il 18 ottobre, data in cui il Comitato Rivoluzionario delle Asturie pubblicò l'ordine di ritirata che terminava con le seguenti parole:

«Noi, compagni, ci ricordiamo questa frase storica: Il proletariato lo si può vincere, ma mai sconfiggere. Tutti al lavoro e a continuare la lotta per il trionfo! 18 ottobre 1934.»[29]

La rivoluzione fu schiacciata. Si scatenò una tremenda repressione. Le statistiche ufficiali della Direzione Generale di Sicurezza diedero come risultato totale 1335 morti e 2951 feriti, in gran maggioranza rivoluzionari. Gli operai incarcerati superarono i 40.000.

Sebbene l'analisi delle cause della vittoria della controrivoluzione trascende l'obiettivo di questo lavoro, insieme alle critiche già realizzate al ruolo del PSOE, bisogna segnalare la mancanza di coinvolgimento del movimento anarchico (salvo nelle Asturie), la mancanza di preparazione del movimento contadino spagnolo e le contraddizioni del movimento nazionalista catalano.

Detto questo, e nonostante la dura repressione subita, la lotta dell'ottobre 1934 metterà in luce tre aspetti che determineranno lo sviluppo della lotta di classe durante gli anni seguenti:

Si impedì il consolidamento della reazione e l'installazione del fascismo per via parlamentare.

Si segnò l'inizio del declino del PSOE come principale partito della classe operaia spagnola.

Nelle Asturie, dove trionfò il fronte unico tra la classe operaia di tutte le tendenze presenti (socialiste, comuniste e anarchiche), si dimostrò che era possibile che la classe operaia prendesse il potere.

5. La vera svolta. Il VII Congresso dell'IC e il Fronte Popolare in Spagna

Tra settembre e dicembre del 1934 avviene una vera e propria svolta nella strategia del PCE che, come già si è visto, corrisponde ai dibattiti di preparazione del VII Congresso dell'Internazionale. A riguardo conviene sottolineare vari fatti significativi che anticipano la successiva politica del fronte popolare:

L'autorizzazione da parte della IC al PCE di rivolgere una lettera aperta alle Gioventù Socialiste proponendogli l'unificazione giovanile sulle basi dell'Internazionale Giovanile Comunista, ricevuta attraverso messaggio cifrato l'8 settembre 1934.[30]

L'ingresso del PCE nelle Alleanze Operaie, accordata dal Comitato Centrale i giorni 11 e 12 settembre 1934.

I tentativi di approccio con Largo Caballero, proponendogli un incontro con rappresentanti del Comitato Centrale e dell'Internazionale, a Mosca o in qualsiasi altro luogo all'estero, mediante i messaggi cifrati del 22 settembre e 2 ottobre 1934.[31]

L'istruzione dell'IC per "estendere lo sciopero generale e la lotta armata dei lavoratori" e un avvicinamento con la "Sinistra Repubblicana di Azaña e la Sinistra catalana (ERC)", ricevuta mediante messaggio cifrato il 7 ottobre 1934.[32]

L'istruzione dell'IC di unificazione dei sindacati rivoluzionari con i riformisti e con gli anarchici che avevano preso parte alla lotta d'ottobre proponendo un sindacato unico, ricevuta il 9 novembre 1934.[33]

Così come si menziona in Guerra e Rivoluzione in Spagna[34], nel dicembre 1934, il PSOE accetterà la costituzione di un Comitato Nazionale di Collegamento tra il Partito Socialista e quello Comunista, congiuntamente con le centrali sindacali, UGT e CGTU, sebbene continua a porre ostacoli allo sviluppo delle Alleanze Operaie.

Nei mesi successivi il Partito Comunista svilupperà una intensa campagna in solidarietà con i perseguitati dell'ottobre del 1934. Jesus Hernandez, a nome del PCE, si riunisce in prigione con Largo Caballero e gli propone di trasformare le sessioni del suo processo giudiziario in una accusa contro il Governo, seguendo l'esempio di Dimitrov nel processo di Lipsia. Largo Caballero e la direzione del PSOE rifiutano la proposta e negano vergognosamente la loro partecipazione personale al movimento rivoluzionario.

Si produce allora un fatto di enorme importanza nel consolidamento del PCE. Nel discorso pronunciato al Cinema Monumentale di Madrid, il 2 giugno del 1935, José Diaz assume a nome del Partito Comunista tutta la responsabilità della lotta d'ottobre:

«E ascoltate bene, compagni, che ascoltino quanti vogliano sentirlo: noi comunisti abbiamo chiamato alla lotta e all'insurrezione le masse, ci siamo posti alla testa e abbiamo lottato contro le forze repressive della reazione e del fascismo con le armi in mano. Il Partito Comunista è, poi, identificato con il movimento insurrezionale e assume la sua piena responsabilità politica. Ripeto questo, perché sembra ci sia chi scrolla le spalle e non vuole che gli si dica nulla di quello che è successo. Non c'entrano nulla con l'insurrezione delle Asturie né con le lotte di Ottobre (…)

E, se questo non basta, per non lasciare alcun dubbio, io, a nome del Partito Comunista, dico a tutti gli operai, ai contadini, ai lavoratori tutti - che ci ascoltino anche i padroni di casa della reazione - che noi siamo i responsabili del movimento rivoluzionario d'Ottobre, che il Partito Comunista di Spagna si assume la responsabilità politica che deriva dal movimento e dall'insurrezione vittoriosa delle Asturie.»[35]

In questo stesso intervento si segnala la tattica del momento. José Diaz propone l'unità delle forze del PCE e del PSOE, delle giovanili socialiste e comuniste, degli anarchici e sindacalisti[36] e i repubblicani di sinistra, di tutte le organizzazioni popolari di massa disposte a lottare contro il fascismo. Si propone di andare avanti verso un'organizzazione e un programma congiunto della Concentrazione Popolare Antifascista. José Diaz segnalerà:

«Noi, Partito Comunista, lottiamo e lotteremo sempre per la realizzazione del nostro programma massimo, per impiantare in Spagna un Governo Operaio e Contadino, per la dittatura del proletariato nel nostro paese.

Ma, in questi momenti di grave pericolo che minaccia i lavoratori, con il fascismo che ha in mano le principali leve dello Stato, dichiariamo che siamo disposti a lottare uniti con tutte le forze antifasciste, sulla base di un programma minimo di adesione obbligatoria per quanti entrano nella Concentramento Popolare Antifascista».[37]

Il programma minimo proposto dal PCE conteneva i seguenti punti:

«1° Confisca della terra dei grandi proprietari terrieri, della Chiesta e dei conventi, senza alcun indennizzo, per consegnarla immediatamente e gratuitamente ai contadini poveri e operai agricoli. (…)

2° Liberazione dei popoli oppressi dall'imperialismo spagnolo. Che si conceda il diritto di decidere liberamente i suoi destini alla Catalogna, Euzkadi, Galizia e a tutte le nazionalità che sono oppresse dall'imperialismo della Spagna. (…)

3° Miglioramento generale delle condizioni di vita e di lavoro della classe operaia (aumento di salari, rispetto dei contratti di lavoro, riconoscimento dei sindacati di lotta di classe, ampia libertà di opinione, riunione, manifestazione e stampa per gli operai, ecc. ecc.). (…)

4° Libertà per tutti i prigionieri rivoluzionari. Amnistia totale per i prigionieri e perseguitati di carattere politico-sociale.»[38]

Le forze antifasciste dovevano porsi come obiettivo quello di imporre lo scioglimento delle corti controrivoluzionarie e convocare immediatamente nuove elezioni, dalle quali uscirà un governo rivoluzionario provvisorio disposto a realizzare il programma della Concentrazione Popolare Antifascista.[39]

Giusto due mesi prima dell'inizio del VII Congresso dell'IC, riunito dal 25 luglio al 17 agosto del 1935, si annuncia a Madrid la grande svolta che subirà la strategia del movimento comunista internazionale e dello stesso Partito Comunista di Spagna.

Nel rapporto presentato da José Diaz (compagno "Garcia"[40]) durante l'undicesima sessione del VII Congresso dell'Internazionale, si dirà in riferimento alla strategia del PCE:

«Il blocco popolare antifascista deve crearsi intorno alle Alleanze Operaie e Contadine[41]. In queste condizioni sarà il proletariato a dirigere la lotta. Il blocco popolare lotterà fino ad imporre lo scioglimento delle Corti Controrivoluzionarie e convocare nuove elezioni nelle quali, marciando unite le forze antifasciste, le forze reazionarie saranno sconfitte, il trionfo della candidatura del blocco popolare sarà sicuro. Questo avrà una grande ripercussione rivoluzionaria.

Crediamo che realizzeremo una politica giusta sul fronte unico. Cerchiamo di eliminare dal nostro Partito i residui del settarismo e cercheremo di non cadere in un opportunismo di destra, come diceva nel suo discorso il compagno Pieck, nell'applicazione pratica della nuova tattica del fronte unico davanti alla nuova situazione e questo lo conseguiremo seguendo la linea tracciata da Lenin e Stalin.»[42]

I passi segnalati da José Diaz nel suo rapporto al VII Congresso si compiranno fedelmente nei mesi seguenti.

Dopo il VII Congresso della IC l'organo di espressione della "sinistra socialista" del PSOE, Claridad, si esprimeva a favore della creazione del Fronte Popolare e cominciano i negoziati tra PCE e PSOE per la creazione del Fronte Popolare. Di fronte alle differenze esistenti all'interno della direzione socialista, si convoca un referendum interno in cui la militanza del PSOE si pronuncia a immensa maggioranza a favore del Fronte Popolare. Il 14 novembre 1935, Azaña invia una lettera al PSOE proponendo "una coalizione elettorale dei partiti di sinistra", della quale in un primo momento vorrebbe escludere i comunisti.

Nel Governo scoppia una nuova crisi, le forze di destra si dividono e si convocano elezioni per il 16 febbraio del 1936. La convocazione elettorale accelera i negoziati per la costituzione del Fronte Popolare, il cui patto fu firmato il 15 gennaio dalle seguenti forze: PSOE, PCE, Sinistra Repubblicana, Unione Repubblicana, Unione Generale dei Lavoratori, POUM[43], Partito Sindacalista e Partito Repubblicano Federale. Il programma del Fronte Popolare si limita a chiedere l'amnistia, la reintegrazione ai loro posti di lavoro di coloro che furono repressi nelle lotte d'ottobre del 1934, l'impulso alla Riforma Agraria, lo Statuto di Autonomia per la Catalogna e alcune riforme nella legislazione sociale e della scuola[44].

Il 16 febbraio il Fronte Popolare vince le elezioni, con 269 deputati e un incremento totale di 148 deputati in comparazione con i risultati ottenuti dalle forze che lo integravano nelle precedenti elezioni. A sua volta, i partiti di destra passano da 213 a 157 deputati, perdono 56 deputati. I partiti qualificati come di centro ottengono 48 deputati, perdendone 91. Da parte sua, il PCE ottiene 17 deputati ottenendo il 3,5% dei voti e cresce in numero di militanti, raggiungendo i 50.348 membri[45].

Si forma un Governo presieduto da Manuel Azaña con l'unica partecipazione di Sinistra Repubblicana e Unione Repubblicana, senza rappresentanza dei partiti operai, con l'obiettivo di placare le forze reazionarie, che da mesi stavano preparando una uscita violenta alla crisi rivoluzionaria che attraversava il paese.

Nel periodo compreso tra il 16 febbraio e il 17 luglio del 1936, data in cui inizia il colpo di Stato con cui comincia la guerra, il PCE intensifica gli sforzi unitari e si trasforma nella forza operaia maggioritaria, passando da 30.000 a 102.000 militanti tra febbraio e luglio del 1936. Si tenga conto che il PSOE, nella stessa data, diceva di contare su 59.846 membri.[46]

Nel Plenum del Comitato Centrale del marzo 1936, il PCE caratterizza il Fronte Popolare come "una organizzazione antifascista di massa per la lotta parlamentare ed extraparlamentare della democrazia contro il fascismo". La sua linea politica consiste nell'appoggiare il Governo repubblicano chiedendogli il compimento del programma del Fronte Popolare per garantire lo sviluppo pacifico e parlamentare della rivoluzione democratica, sostenendo gli interessi degli operai, impiegati, contadini e della piccola borghesia contro i grandi capitalisti e proprietari terrieri. Il 12 maggio 1936, sul Mundo Obrero veniva pubblicato questo:

«La minoranza comunista vuole che si proceda alla formazione di un governo repubblicano che, interpretando fedelmente lo spirito del trionfo del 16 febbraio, agisca con la massima rapidità e energia nel compimento del patto-programma del Fronte Popolare.

Governo che affronti il grave problema della disoccupazione con la celerità che l'angustiosa situazione delle masse popolari richiede, adeguata alle richieste e necessità delle masse contadine.

Di fronte all'atteggiamento provocatorio di certi nuclei dirigenti di imprese e stabilimenti bancari, di sabotaggio e boicottaggio al popolo e alla Repubblica, il nuovo governo ha una missione da compiere, rompendo i piani dei nemici dalla Repubblica e del popolo…

La reazione fascista, sconfitta dall'impeto del popolo lavoratore, impiega ogni risorsa contro di esso, specialmente i terroristi. Il nuovo governo non può rimanere impassibile davanti alle serie di attentati contro elementi noti del Fronte Popolare, e deve punire indiscutibilmente i suoi esecutori e ispiratori.

Nei comandi dell'esercito, nella Magistratura, negli organismi dello Stato, ci sono imboscati rappresentanti genuini della reazione e del monarchismo, che sabotano la Repubblica. La minoranza comunista ritiene che tale situazione non possa prolungarsi e bisogna porre in primo piano delle attività del nuovo governo la depurazione nei summenzionati organismi di tutti gli elementi nemici della libertà popolare.

A un nuovo governo dalle caratteristiche segnalate, la minoranza parlamentare darà il suo appoggio in Parlamento».

Il Partito Comunista si prepara per la celebrazione del suo V Congresso, cui convocazione era prevista per il 12 luglio 1936. Il Programma del V Congresso viene discusso nel Presidium del Comitato Esecutivo dell'Internazionale nella sua sessione del 22 maggio. Per questa data già si erano prodotti due avvenimenti trascendentali:

L'ingresso dei sindacati della CGTU nella UGT (dicembre 1935), con cui la UGT si converte nella principale centrale sindacale raggruppando 754.000 operai industriali, circa 253.000 contadini e oltre 200.000 operai in fase d'ingresso, di fronte ai 559.000 affiliati della CNT.[47]

La fusione delle gioventù socialiste e comuniste (aprile 1935), con la creazione della Gioventù Socialista Unificata (JSU). La Gioventù Comunista nel momento della fusione contava 50.680 membri e la Gioventù Socialista circa 65.000. Le settimane successive alla fusione la militanza della JSU raggiungeva i 140.000 membri.[48]

Il grande compito segnalato nei materiali preparatori del V Congresso, che avvicinandosi il colpo di Stato non si riuscirà a celebrare, era la creazione in Spagna del Partito Unico del Proletariato, cui prima e unica realizzazione, giorni dopo lo scoppio della guerra, fu la fondazione del Partito Socialista Unificato di Catalogna (PSUC), frutto della fusione del Partito Comunista di Catalogna (organizzazione catalana del PCE), la Federazione Catalana del PSOE, l'Unione Socialista di Catalogna e il Partito Proletario Catalano.[49]

Dopo il trionfo elettorale del Fronte Popolare e la formazione del nuovo Governo repubblicano, la reazione intensifica le sue azioni e sperimenta i tentativi di golpe militare nell'aprile e maggio del 1936. Nonostante i ripetuti avvertimenti del Partito Comunista, il Governo non applica il programma del Fronte Popolare. Si tratta di un Governo nettamente borghese in cui, come già si è segnalato, non sono rappresentate le organizzazioni operaie.

Nelle strade cresce la tensione. Le forze fasciste, seguendo la tattica utilizzata dai nazisti nel 1932, conosciuta come "guerra dei nervi", cercano di estendere il caos e il disordine, con costanti provocazioni e con l'esercizio del terrore individuale contro i dirigenti operai. Parallelamente, i capitalisti e proprietari terrieri esportano capitali, ricorrono alla serrata padronale e sabotano la produzione nella campagna e città, peggiorando le condizioni di vita delle masse, alle cui rivendicazioni i padroni rispondono con la frase: "se vuoi mangiare, mangiati la Repubblica".

In tutti i terreni si prepara il golpe fascista. Il Partito Comunista avverte le masse e il Governo. In un meeting realizzato a Oviedo il 5 giugno, José Diaz chiama alla vigilanza:

«Asturiani: In piedi e in allerta contro ogni tentativo di colpo di Stato! Contro la reazione e i suoi organi, il proletariato saprà dare una lezione categorica e ferma. Il proletariato saprà sconfiggere ogni tentativo di fascismo in Spagna, contrariamente a ciò che avviene in altri paesi».[50]

Due giorni prima del colpo di stato, il Segretario Generale del PCE avverte anche nel suo discorso nella sessione della Deputazione Permanente delle Corti, celebrata il 15 luglio del 1936[51], ma il Governo e le forze repubblicane sono più preoccupate a placare la spinta del movimento operaio che del pericolo fascista.

I giorni 17 e 18 luglio si produce il golpe militare, prima nel protettorato spagnolo in Marocco e Canarie, dopo nella Spagna peninsulare. Durante la notte del 18 luglio, la direzione del PCE e del PSOE rendono pubblica una nota congiunta con un appello ai loro membri:

«Ogni militante deve presentarsi nel locale dell'organizzazione più prossima e aspettare che arrivi l'ordine d'agire, che gli sarà dato tanto presto quanto questa parola d'ordine è necessaria… Il Fronte Popolare necessita di ribadire con le armi la vittoria che ha ottenuto nelle urne. A tal fine si rivolge al Governo e gli dice: qui siamo, sereni e risoluti, disposti a contribuire alla sconfitta di coloro che si sono sollevati per insanguinare il paese e consegnarlo alla più avvilente reazione…»[52]

La guerra era iniziata.

6. Il VII Congresso dell'Internazionale e la strategia del PCE durante la guerra

Come si evince da quanto detto finora, la strategia seguita dal PCE durante la guerra è inseparabile dai dibattiti che si producono in seno all'Internazionale e gli accordi del suo VII Congresso, che si mettono subito alla prova in Spagna.

Nel periodo che comprende la nostra guerra, dal 18 luglio 1936 fino al 1° aprile 1939, il Partito Comunista celebra cinque plenum di guerra del suo Comitato Centrale, molti di essi ampliati a vari quadri politici e militari. Nei dibattiti del Comitato Centrale e nelle dichiarazioni dell'Ufficio Politico si va adeguando la politica frontista ai cambiamenti delle condizioni politico-militari della guerra.

A nostro giudizio, la pratica non ha confermato come sicura la strategia seguita dal Partito Comunista di Spagna nell'applicazione degli accordi del VII Congresso dell'IC. Vediamo.

- Il fronte unico e il Partito Unico del Proletariato

La politica del fronte unico proletario, come base del fronte popolare antifascista, si applicò nella pratica in due piani differenziati: quello politico e quello sindacale. Nel caso spagnolo questa politica si concretizzò nelle seguenti linea di attuazione:

Sul piano sindacale la CGTU entrò nella UGT. A partire da questo momento il PCE lavorò per l'unità con la CNT proponendo la creazione di un'unica centrale sindacale in Spagna.

Sul piano politico si lavorò per creare il Partito Unico del Proletariato, inteso come fusione tra il PCE e il PSOE, arrivando a costituire un Comitato Nazionale di Collegamento e concordare un programma comune. La politica del Partito Unico del Proletariato condusse, poco prima dell'inizio della guerra, alla fusione della UJCE e della FJSE, con la creazione della Gioventù Socialista Unificata. In Catalogna, nei primi giorni della guerra, in applicazione di questa politica, si costituì il PSUC.

Il PCE analizzava che nel Partito Socialista esistevano tre correnti principali: la destra, rappresentata da JuliánBesteiro; il centro, rappresentato da IndalecioPrieto; e la sinistra, rappresentata da Largo Caballero. Ad eccezione del settore guidato da Besteiro - caratterizzato da un anticomunismo patologico - il PCE cercò di applicare la politica del partito unico e di raggiungere l'unità d'azione con gli altri due settori.

Il PSOE visse una intensa lotta frazionista nella quale i tre settori descritti si disputavano sia la direzione del partito come la direzione dell'Unione Generale dei Lavoratori (UGT), nonostante ciò avevano nelle loro mani le principali leve del potere in tutti i Governi del Fronte Popolare durante la guerra: Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero della Difesa e Ministero dell'Interno.[53]

La politica del fronte unico, che il PCE applicò in un primo momento dalla base, in coerenza con gli accordi del VI Congresso della IC, fu progressivamente applicato dall'alto. Sebbene sia certo che il PCE diede ripetutamente istruzioni alle sue organizzazioni per intensificare l'unità con i socialisti di base, l'avvicinamento della base del PSOE al PCE fu la giustificazione in varie occasioni per non disturbare le diverse frazioni che componevano la Commissione Esecutiva del PSOE.

Come si dimostrò nella pratica, nella direzione socialista mai esisté la minima volontà di formare il Partito Unico del Proletariato. Sebbene, per ragioni tattiche, cercando di non apparire davanti alla classe operaia come i responsabili della divisione politica del proletariato, davanti ai costanti appelli pubblici all'unità realizzati dal PCE, il PSOE mai scartò pubblicamente questa possibilità. Il 26 dicembre 1936 i socialisti proposero la creazione di un "comitato di unità d'azione" per coordinare l'attività di entrambi i partiti. Con questo proposito, pubblica una circolare alle sue organizzazioni, datata 24 aprile 1937, chiamando a creare questo tipo di comitati a livello provinciale e locale. In realtà, al di là del coordinamento di alcune azioni e di realizzare vari pronunciamenti generali, non ci fu un processo reale di unità. La direzione socialista cercava di frenare l'unità dalla base, di cui poteva beneficiare solo il Partito Comunista, allargando le negoziazioni tra le direzioni di entrambi i partiti.

Nel Plenum ampliato del Comitato Centrale del PCE, riunito a Valencia dal 18 al 20 di giugno del 1937, vista l'assenza per malattia di José Diaz, Dolores Ibárruri espose la relazione politica nella quale si stabilivano le basi teoriche del Partito Unico del Proletariato, la sua struttura e le forme di organizzazione e funzionamento proposte dal PCE. In questa occasione, oltre che ai socialisti, la proposta includeva settori anarchici. Nella relazione si dice:

«Vogliamo arrivare al Partito Unico del Proletariato. E il nostro Partito, che vive di realtà, non può non riconoscere la potenzialità e la capacità rivoluzionaria che esistono latenti nei gruppi di lavoratori iscritti ad altre organizzazioni, e fondamentalmente al Partito Socialista, senza dimenticare nemmeno le correnti anarchiche, che ogni giorno di più, accettano l'azione politica del proletariato, e che potranno esser attratte all'orbita dell'azione del Partito Unico del Proletariato, facendo parte integrante di esso.

Questo Partito Unico potrà continuare così le migliori tradizioni del Partito Socialista Operaio Spagnolo, la corrente rivoluzionaria dell'anarchismo e la tradizione del Partito Comunista, forgiato nella teoria e nella pratica del marxismo, del leninismo…».[54]

A luglio del 1937, il Comitato Nazionale del PSOE accetta la proposta inviata dall'Ufficio Politico del Partito Comunista e la creazione di un nuovo Comitato Nazionale di Collegamento. Il 19 agosto si pubblica un documento intitolato Programma d'Azione Congiunto dei Partiti Comunista e Socialista. In questo programma si menziona il seguente pronunciamento:[55]

«… i partiti Socialista e Comunista lotteranno per l'azione congiunta della II e la III Internazionale e della Federazione Sindacale Internazionale, per l'unità d'azione internazionale più stretta e energica per tagliare i criminali intrighi del fascismo e ottenere l'unificazione delle Internazionali, che sarà la più solida garanzia della pace mondiale e delle conquiste rivoluzionarie dei lavoratori».[56]

Le parole erano una cosa, la realtà un'altra, sia nella pratica del PSOE come della II Internazionale.

Come segnalò con ragione Stoyán Nínev (alias Stepánov e alias Moreno), delegato in Spagna della IC da gennaio 1937 fino a febbraio 1939, nel suo Rapporto del Comitato Esecutivo dell'Internazionale Comunista sulle Cause della sconfitta della Repubblica Spagnola, datato a Mosca in aprile del 1939:

«Il Comitato Nazionale di Collegamento tra i partiti socialista e comunista, costituito nell'aprile 1937, si trasformò, per colpa del Partito Socialista in un comitato di lamentale e reclami, in un comitato di conflitti.»[57]

È certo che il PSOE, indebolito dal frazionismo interno e l'incoerenza della contradditoria politica praticata da ognuno dei suoi settori, aveva chiuso le sue porte nel momento in cui scoppiò la guerra e, mentre si riducevano le sue file, il PCE cresceva esponenzialmente. Sebbene dobbiamo prendere le cifre con la dovuta cautela, nel 1936 l'affiliazione al PSOE oscillò tra i 60.000 e i 75.000 militanti, mentre il PCE, che nel luglio del 1936 contava 88.523 militanti, raggiunse i 250.000 nel marzo del 1937[58] e 339.682 nel novembre dello stesso anno, senza contare il PSUC e i giovani comunisti integrati nella JSU.

I socialisti, dell'una e l'altra corrente, studiarono insieme alla II Internazionale il modo di frenare la crescita del Partito Comunista, che vedevano e trattarono sempre come una minaccia. A sua volta, l'attività della direzione del PSOE, si orientò durante tutta la guerra a prendere posti di comando nello Stato e nell'Esercito Popolare.

In quanto alla pratica dei massimi dirigenti socialisti nel Governo, senza intenzione di esaustività, possiamo evidenziare i seguenti significativi fatti:

Largo Caballero (sinistra socialista), Presidente del Consiglio dei Ministri dal 4 settembre del 1936 al 16 maggio 1937. Sul piano politico stabilisce un'alleanza con gli anarcosindacalisti. Per la pressione del Partito Comunista, durante il suo mandato si inquadrano le milizie in unità regolari e si crea il Commissariato Politico Generale. Resiste nell'applicare la politica militare di mobilitazione generale e di servizio militare obbligatorio, impedendo così la creazione delle necessarie riserve, mettendo a rischio i fronti del Jarama e di Guadalajara e, con esso, la difesa di Madrid. Data la sua coalizione con gli anarcosindacalisti, avviata alla realizzazione di ogni tipo di esperimenti di collettivizzazione, che affronteremo più avanti, impedisce la creazione di un'industria di guerra all'altezza delle necessità. Durante il suo governo non si crea il comando unico che era imprescindibile per vincere la guerra, coabitando con i poteri autonomi in Catalogna, Euskadi, Santander, Asturie e Aragon. Mantenne un'aperta ostilità verso i comandi militari provenienti dal popolo e forgiati nelle milizie, ponendo piena fiducia nei comandi militari professionali[59], senza comprendere le leggi e le esigenze della guerra popolare. Perseguitò i commissari e comandi militari comunisti, cercando di limitare l'influenza del PCE. Sul piano operativo, la sua politica militare condusse alla perdita del Nord, cui Esercito non ricevette il sostegno necessario. Sul piano internazionale, ripose la sua fiducia nei leader capitolazionisti della II Internazionale e fu influenzato dalla diplomazia imperialista britannica e francese, basata sulla criminale politica del "Non Intervento". Mantenne una posizione di complicità con il trotskismo e con il POUM diretta a indebolire i comunisti. La sua politica economica e industriale, basata su un forte sinistrismo, fu complice delle posizioni trotskiste e anarcosindacaliste, da cui fu influenzato. Non si presero le dovute misure contro i dirigenti del putsch anarcosindacalista e trotskista di maggio 1937. Non si lottò debitamente contro la Quinta Colonna, permettendo l'azione del nemico nella retroguardia repubblicana. Una volta fuori dal Governo, i caballeristi, che conservavano importanti posizioni nella UGT e nel Raggruppamento Socialista madrileno, incrementarono la loro ostilità anticomunista e furono un fattore decisivo nel trionfo nel colpo di stato che consegnò la Repubblica al fascismo.

Indalecio Prieto, dirigente del denominato centro socialista. Tra settembre e maggio del 1937 fu Ministro della Marina e dell'Aria e tra maggio e aprile del 1938 Ministro della Difesa. Ebbe un'influenza determinante nel primo periodo del Governo Negrín. È il principale sostenitore dell'"esercito apolitico" e basa tutta la sua politica militare sullo scetticismo rispetto alle possibilità di vittoria. Attacca il Commissariato Politico nell'Esercito Popolare e, come Largo Caballero, non concepisce la necessità militare di ampliare le riserve e la mobilitazione generale, nonostante l'adozione di alcune misure positive nella costituzione dell'Esercito Popolare e di realizzare alcuni appelli alle file, che si dimostrano chiaramente insufficienti. Tende progressivamente a spodestare il Partito Comunista da ogni responsabilità, destituendo gran parte dei commissari e comandi militari comunisti. Di fronte alle proposte del PCE, adotta una politica di ricatto al Governo, minacciando costantemente con le sue dimissioni e con il procurare una nuova crisi di governo. Cerca di imporre la denominata "politica del silenzio", diretta ad evitare ogni agitazione politica nelle file dell'Esercito Popolare. Adotta una posizione di ostilità aperta verso il Partito Comunista e l'Unione Sovietica. Si schiera nell'orbita dell'imperialismo britannico e si fa sostenitore di una "pace negoziata", ossia, della capitolazione.[60]Dopo esser stato destituito, si esilia in Messico ed è uno dei principali sostenitori della capitolazione. Non condanna il golpe di Casado contro la Repubblica.

Julián Besteiro, dirigente dell'ala destra del PSOE. In un primo tempo si mostra contrario al Fronte Popolare e sostiene posizioni apertamente anticomuniste.[61] Per la maggior parte della guerra non svolge alcun ruolo attivo, per cui Dolores Ibárruri lo chiama durante la guerra "la nobile mummia". Riappare nella fase finale della guerra per appoggiare la coalizione antigovernativa, cospirando apertamente contro il Governo[62] in piena offensiva fascista, prendendo contatto con il comando franchista influenzato dai corpi diplomatici dell'imperialismo britannico e francese. Dopo il golpe contro la Repubblica, la "nobile mummia" farà parte della Giunta di Casado insieme a militari golpisti, anarcosindacalisti, un membro del Raggruppamento Socialista Madrileno[63] e repubblicani.

Questi erano i dirigenti socialisti con cui il PCE cercava di creare il Partito Unico del Proletariato. Alla luce dei fatti, si trattava di un obiettivo irraggiungibile. E, qualora raggiunto, avrebbe significato la completa mutazione del Partito Comunista di Spagna in una forza molto diversa da quella che si caratterizzava nelle 21 condizioni approvate nel II Congresso dell'Internazionale Comunista su proposta di Lenin.

Ma, l'obiettivo del partito unico, sebbene si dimostrò irrealizzabile, svolge un ruolo importante. Durante tutta la guerra, il PCE limitò la sua attività e iniziativa per non pregiudicare le relazioni con il Partito Socialista, cosa che comportò che la corretta politica militare sostenuta dai comunisti non si applicasse o si applicasse parzialmente e troppo tardi. Inoltre, e anche se la propaganda socialista, anarchica e trotskista insisteva sul contrario, il Partito Comunista si impose serie autolimitazioni nel suo lavoro di proselitismo verso le masse sotto l'influenza socialista, che in gran parte della guerra aveva una forte attrazione verso il campo comunista. Questo per non pregiudicare il processo di unità "dall'alto" con il PSOE.

Infine, è necessario analizzare, anche se brevemente, le due realizzazioni pratiche della parola d'ordine del Partito Unico del Proletariato: il PSUC e la JSU.

La formazione del PSUC partì da una posizione di debolezza dei comunisti, che costituivano una chiara minoranza rispetto al resto di forze che formavano il nuovo Partito Socialista Unificato. Nella storiografia comunista, dal nostro punto di vista, si è magnificato il ruolo che svolse la formazione del PSUC, occultando i gravi problemi e la evidente necessaria critica al ruolo che svolse la sua direzione in alcuni momenti decisivi della guerra. A riguardo, sottolineano le opinioni sollevate al Comitato Esecutivo della IC da Stoyán Nínev (alias Stepánove alias Moreno) e da Togliatti (alias Alfredo e alias Ercoli), entrambi delegati della IC in Spagna.

Nel rapporto di Stepánov si dice:

«Inghilterra e Francia, secondo i repubblicani di sinistra, non saranno mai d'accordo nel riconoscere il Fronte Popolare e, per questo, è necessario ottenere la formazione di un altro governo. Da parte loro, i partiti catalani, includendo anche la direzione del Partito Socialista Unificato, raddoppiano la loro lotta contro Negrín, considerandolo il nemico numero uno, dal punto di vista degli interessi nazionali della Catalogna.»[64]

«Bisogna ricordare una circostanza importante: una gran parte della responsabilità della crisi di agosto[65] è del Partito Socialista Unificato di Catalogna e, personalmente Comorera[66]. La direzione del Partito Socialista Unificato di Catalogna e Comorera si incontravano in qualità di ispiratori segreti e promotori del blocco antigovernativo dei catalani. Nella direzione del Partito Comunista si ebbe l'impressione che esisteva un accordo e un'intesa diretti tra Comorera, Companys e il Segretario di Sinistra Repubblicana di Catalogna, Tarradellas, per lottare contro Negrín»[67]

«Acutizzazione delle vacillazioni all'interno della direzione del Partito Socialista Unificato di Catalogna»[68]

«In questo senso ebbe non poca responsabilità il Partito Socialista Unificato di Catalogna, la sua direzione e personalmente il compagno Comorera. La critica delle deficienze ed errori della politica di Negrín sulla questione nazionale fu realizzata dalla direzione del PSUC dalle posizioni del nazional-separatismo catalano piccoloborghese e dalla posizione del blocco nazionalista catalano. Ci fu un periodo in cui da parte della direzione del PSUC si sposò una forma di lotta su due fronti contro due pericoli: contro il pericolo del centralismo di Negrín e contro il pericolo del fascismo di Franco».[69]

Palmiro Togliatti, nel suo rapporto al Comitato Esecutivo della IC, datato 21 maggio 1939, include un'epigrafe intitolata Nostre difficoltà in Catalogna e con il PSUC[70]. Tra gli altri aspetti di interesse, si evidenziano le seguenti valutazioni:

«È evidente che il PSUC, data la sua origine, non possa esser un partito omogeneo, né nella sua condizione né nella sua direzione, ma la cosa più grave è che nella direzione mancava un punto d'appoggio sicuro e un gruppo di compagni che lavorino e lottino con una linea efficace per correggere le debolezze del Partito»[71]

«L'errore fondamentale del PSUC rispetto alla questione nazionale fu quello di non aver inteso che proprio ad esso come partito catalano attendeva il compito di lottare contro l'ottuso nazionalismo dei catalanisti piccoloborghesi, contro il disfattismo e il tradimento che covava all'interno di questi partiti e contro i suoi intrighi. In questo compito il PCE non poteva sostituire il PSUC ferendo la suscettibilità catalana. Se il PSUC avesse assunto questo percorso la sua popolarità sarebbe aumentata enormemente, perché le masse catalane erano contro i capitolazionisti e gli intrighi».[72]

«Tutte le debolezze del PSUC, e in primo luogo della sua direzione, si manifestarono in pieno. Il primo discorso di Comorera, pronunciato nei primi giorni di gennaio, che doveva orientare tutto il partito e tutto il popolo, fu politicamente sbagliato. Mirava non alla necessità di mobilitare fino all'ultimo uomo per far fronte al nemico, ma contro il governo di Negrín, allo stesso modo più o meno dei partiti catalani, contribuendo a smobilitare e demotivare tutti».[73]

La costituzione del PSUC spezzò in una certa misura la direzione unica dei comunisti nella guerra e introdusse serie deviazioni nella linea politica. Come riconoscono i delegati della IC in Spagna, il PSUC non si bolscevizzò mai e peccò di posizioni nazionaliste piccoloborghesi, convivendo al suo interno diverse tendenze.[74]

In quanto alla formazione della Gioventù Socialista Unificata, bisogna segnalare che, come già precedentemente esposto, aderì all'Internazionale Giovanile Socialista, nonostante mantenesse eccellenti relazioni con l'Internazionale Giovanile Comunista. La maggior parte dei suoi quadri dirigenti, incluso il suo Segretario Generale, Santiago Carrillo, provenienti dalla Gioventù Socialista, aderirono al PCE nei duri momenti della difesa di Madrid. Il processo di creazione della JSU disgustò la direzione del PSOE, che durante la guerra creò una Segreteria Giovanile nella sua direzione con l'intento di organizzare il lavoro all'interno della JSU, e, nell'ultimo periodo della guerra, sotto la direzione del settore caballerista, cercò di dividere la JSU e di ricostruire la Gioventù Socialista.

Nonostante l'eroico ruolo svolto dalla JSU durante la guerra, la Gioventù Unificata si decompose completamente dopo la sconfitta, cosa che condusse successivamente alla riorganizzazione della UJCE nella clandestinità. I dirigenti della JSU, con Santiago Carrillo in testa, costituiranno una nuova generazione dirigente che, in gran parte, finirà per prendere il potere all'interno del PCE imponendo, in seguito, le posizioni antisovietiche ed eurocomuniste che porteranno alla mutazione di carattere socialdemocratico.

7. Il Fronte Popolare

Così come abbiamo già esposto, nella Spagna repubblicana si anticipa l'applicazione di quella che sarebbe la politica approvata dal VII Congresso dell'IC, sulla base di una esperienza concreta: l'ingresso del PCE nelle Alleanze Operaie nel settembre 1934.[75]

Le Alleanze Operaie erano state create dal PSOE come risposta alla politica del Fronte Unico promossa dai comunisti. Nonostante tutto, con il beneplacito della IC, il PCE entra in esse in modo critico, basandosi sulla necessità di includere i contadini e convertire la struttura in Alleanze Operaie e Contadine. L'esperienza rivoluzionaria dell'ottobre 1934, con la partecipazione comunista nelle Alleanze, preparò il terreno per quello che, successivamente, sarà il Fronte Popolare.

Nel meeting celebrato il 2 giugno 1935, al Cinema Monumental di Madrid, José Diaz fa appello pubblicamente alla creazione del Blocco Popolare Antifascista, spiegando la tattica del momento in questo modo:

«Quali sono le forze che oggi possono lottare unite contro la reazione e il fascismo? Per noi, non c'è dubbio: queste forze sono il Partito Comunista e il Partito Socialista, le Gioventù Comuniste e Socialiste, gli anarchici, i sindacalisti e i repubblicani di sinistra, tutte le organizzazioni popolari di massa che sono disposte a lottare contro il fascismo.»[76]

Dopo la celebrazione del VII Congresso della IC, la parola d'ordine del Blocco Popolare Antifascista si trasformerà, sulla stessa base politica, in un appello alla creazione del Fronte Popolare, che viene favorito dal favorevole accoglimento di questa politica da parte della sinistra socialista e dai risultati ottenuti a Malaga nelle elezioni del 19 novembre del 1935, nelle quali il PCE ottiene il suo primo deputato attraverso una candidatura unitaria di sinistra.

La cosa più importante, più che il programma politico, diviene l'unità antifascista. Così si crea il Fronte Popolare in Spagna, che partecipa alle elezioni il 16 febbraio con un programma minimo molto lontano dalla proposta programmatica dei comunisti e, anche, di quella socialista.

Il Fronte Popolare ottiene la vittoria nelle elezioni di febbraio 1936, ma non si costituisce un governo frontista, ma un governo repubblicano monocolore che, come si è detto, si mostrò più preoccupato dalla combattività dimostrata dal movimento operaio che dalla minaccia fascista, mettendo in pratica il programma moderato del Fronte Popolare.

Si poteva evitare il golpe organizzato dai militari fascisti o, quantomeno, minimizzarne gli effetti; ma non tenendo conto delle reiterate avvertenze del Partito Comunista, il Governo di Azaña e il Governo di Casares Quiroga, organizzato dopo la nomina di Azaña come Presidente della Repubblica nel maggio 1936, preferirono ricorrere ad una politica di pacificazione del fascismo davanti al sempre più fragoroso rumore delle sciabole dalle caserme.

Nel momento in cui si conferma il golpe, il 17 e 18 luglio, il Governo si rifiuta di armare il popolo. Il 19 luglio scoppia la crisi di Governo e si dimette Quiroga. Il Presidente Azaña propone al Presidente delle Corti, il repubblicano Martinez Barrio[77], di formare un nuovo governo che, mentre le masse operaie affrontano il golpe nelle strade vedendosi negato l'armamento, negozia con gli insorti e giunge ad offrire ai militari golpisti la loro integrazione nel Governo della Repubblica, persistendo nella politica di pacificazione e conciliazione con il fascismo.

Se nel 1934 fu la lotta dello sciopero e insurrezionale del proletariato quella che frenò il tentativo fascista di prendere il potere per via democratica, nel luglio 1936 fu di nuovo la classe operaia quella che sconfisse gli obiettivi immediati del colpo di stato. Nulla ebbe a vedere con questo, come struttura, il Fronte Popolare.

Nel paragrafo precedente abbiamo analizzato le difficoltà e i cambiamenti nelle relazioni tra il Partito Comunista e il PSOE, che impedirono di applicare una politica di fronte unico, intesa come unità d'azione e anche organica tra i due partiti operai. Senza la minima possibilità di applicare la politica del fronte unico dall'alto, così come fu posta progressivamente dal settembre 1934, era ovvio che la strategia del Fronte Popolare era destinata al fallimento.

Lo stesso Stepánov, nel rapporto già citato, descrive la situazione nel modo seguente:

«Il Governo attua in modo lento e come routine, vacillando e con prudenza, sperimentando allo stesso tempo grande paura davanti alla grandiosità dell'ampiezza dell'iniziativa popolare e delle azioni popolari.

Non c'è Fronte Popolare in questo modo. È mancata l'unità del proletariato. È mancato un centro generale di coordinamento delle forze, partiti e organizzazioni antifasciste. Non si è avuta una valutazione unica e generale dell'importanza di quello che accadeva e, di conseguenza, non c'è stata unità d'azione. Ogni partito e organizzazione agisce per conto suo e per propria iniziativa».[78]

Come sostenne Stepánov, il Fronte Popolare in nessun momento riuscì a costituirsi come centro unitario di direzione durante la guerra. Così come successe con il Comitato Nazionale di Collegamento tra il PCE e il PSOE, il Comitato Nazionale del Fronte Popolare si limitò a dirimere le intense contraddizioni tra i suoi componenti e tra questi e i vari governi della Repubblica.

La mancanza di unità tra le organizzazioni del Fronte Popolare acquisì tinte drammatiche dopo la perdita della Catalogna. Dalla divisione e la mancanza di operatività, si passò apertamente all'anticomunismo.

Dall'8 all'11 febbraio 1938 si riunì la Conferenza Provinciale di Madrid del Partito Comunista. Di fronte agli interventi che si fecero nella conferenza, nella riunione del Fronte Popolare di Madrid, celebrata il 16 febbraio 1939, si approva una critica esplicita al Partito Comunista. Parallelamente all'avanzamento delle posizioni capitolazioniste cresce l'anticomunismo, sempre più evidente dall'estate del 1938.

In varie località e province si riunisce il Fronte Popolare senza il PCE e si dichiara la sua incompatibilità con il Partito Comunista, che viene escluso. Palmiro Togliatti, criticando il denominato Manifesto di Figueras, approvato dall'Ufficio Politico del PCE il 2 febbraio del 1939, in cui si criticava con giustificata durezza la politica capitolazionista e molto direttamente il socialista Largo Caballero, che era fuggito attraverso la frontiera francese il 18 gennaio, descriverà la situazione nel modo seguente:

«Quando arrivai a Madrid da Tolosa (16 febbraio 1939) la situazione del partito era molto grave. Il Partito era isolato. Negli ultimi giorni della resistenza in Catalogna era giunta a Madrid l'ultima dichiarazione politica redatta dall'UP a Figueras…

La censura non permise la sua pubblicazione.[79] L'UP decise e realizzò la diffusione illegale di massa. Conseguenza: rottura delle relazioni con il PS[80] in tutta una serie di province, a partire da Madrid, e una risoluzione di condanna e denuncia della posizione del PC, come antiunitaria; nelle altre province il partito fu espulso dal FP, perché gli altri partiti si dichiararono "incompatibili" con esso; in due o tre grandi città l'autorità militare ordinò l'arresto dei dirigenti del partito».[81]

L'ostilità verso la politica comunista di resistenza, si trasforma in una aperta aggressione alle sedi del Partito, nella detenzione, incarceramento e assassinio di militanti comunisti dalla sollevazione della Base di Cartagena, acquisendo tinte drammatiche con il golpe e la costituzione della Giunta di Casado.

Dalla firma del patto programmatico dalla quale nasce il Fronte Popolare, il 15 gennaio 1936, fino alla fine della guerra il 1° aprile del 1939, l'esperienza frontista in Spagna porta alle seguenti conclusioni:

Il programma con il quale il Fronte Popolare compete alle elezioni del 16 febbraio 1936 è un programma estremamente moderato, che non comprende la maggior parte delle proposte delle organizzazioni operaie, che accettano questo per cercare di sigillare l'alleanza con i partiti repubblicani, di matrice borghese e piccoloborghese. Per quanto riguarda la posizione del Partito Comunista, che sostiene lo sviluppo e approfondimento della rivoluzione democratica, il programma del Fronte Popolare risulta insufficiente anche a tal proposito.

Dopo la vittoria elettorale di febbraio 1936, non si forma un governo del Fronte Popolare, ma un Governo delle forze repubblicane che conta dell'appoggio parlamentare delle organizzazioni del Fronte Popolare. L'azione del Governo, pertanto, rimane nelle mani della borghesia e della piccola borghesia repubblicana.

Dalla costituzione del Governo repubblicano fino al golpe militare di luglio del 1936, cresce l'attività reazionaria, si succedono i preparativi e prove del golpe militare e si intensifica l'attività del movimento operaio. In queste condizioni, il Governo opta per una politica di pacificazione e conciliazione con le forze di destra, manifestando una profonda preoccupazione per la crescente pressione del movimento operaio. Il Partito Comunista mantiene l'appoggio al Governo e, allo stesso tempo, pressa affinché si applichi il programma del Fronte Popolare e si attacchi la base materiale su cui si poggia la reazione.[82]

Una volta confermato il golpe, nei giorni 17 e 18 luglio 1936, il Governo repubblicano si rifiuta di armare il popolo. Si produce una crisi di Governo, cerca di frenare il golpe offrendo alle forze golpiste la loro integrazione nel Governo. Si produce una nuova crisi e, infine, il Governo Giral - di nuovo esclusivamente repubblicano - superato dall'azione delle masse, decide di consegnare le poche armi che rimanevano in quel momento nelle mani della Repubblica. In questo periodo le organizzazioni del Fronte Popolare organizzano le proprie milizie, ogni organizzazione applica separatamente la propria politica di guerra.

Le forze operaie non giungono al governo della Repubblica fino alla nomina del Governo di Largo Caballero nel settembre 1936, dopo due mesi di guerra, in cui le organizzazioni della classe operaia sono maggioritarie. Il ruolo del Fronte Popolare dipenderà da allora, e fino alla perdita della Catalogna, dalle tese relazioni tra le varie forze politiche. Il Fronte Popolare non si costituirà mai in centro politico di direzione unica. Il suo ruolo è più che altro di moderatore delle discrepanze tra le forze del Fronte Popolare e le altre che, non facendo parte del Fronte Popolare, appoggiano la causa della Repubblica contro il fascismo, come il Partito Nazionalista Basco.

Nella parte finale della guerra, a partire dall'estate 1938, si intensificano le politiche capitolazioniste e l'anticomunismo. Il PCE rimane solo nell'appoggio al Governo di Negrín ed è isolato all'interno del Fronte Popolare, in cui il resto delle forze mantengono una politica formale di appoggio al Governo, mentre nella pratica intensificano l'opposizione e l'anticomunismo.

Dopo la perdita della Catalogna, comincia la fase finale della guerra. In questa tappa, marcata dal tradimento e la diserzione nelle file repubblicane, il Fronte Popolare scompare nella pratica e, in vari luoghi, iniziando da Madrid, adotta una posizione anticomunista. In vari luoghi si esclude il PCE dal Fronte Popolare e le organizzazioni integranti si dichiarano incompatibili con il Partito Comunista. In queste condizioni, con il golpe di Casado, inizia una politica di criminale repressione anticomunista.

La strategia del Fronte Popolare Antifascista, condizionò completamente la politica del PCE nella guerra, la strategia fu in ogni momento sottomessa ad una doppia pressione: mantenere ad ogni costo le relazioni con il Partito Socialista e preservare il Fronte Popolare. Nella pratica non ebbero conferma le analisi realizzate dal Partito Comunista e dall'IC. La causa di fondo bisogna ricercarla nella definizione del carattere della rivoluzione spagnola e della guerra stessa.

8. Il carattere della guerra e della rivoluzione in Spagna

Come si è visto, la politica del PCE era determinata dalle posizioni dell'Internazionale Comunista. La strategia approvata dal VI e il VII Congresso, così come i dibattiti sulla sua interpretazione, si sottomisero in Spagna al fuoco della sua conferma pratica.

Il VI Congresso dell'Internazionale Comunista incluse la Spagna tra i paesi con un livello medio di sviluppo del capitalismo, in cui prevedeva una trasformazione più o meno rapida della rivoluzione democratico-borghese in rivoluzione socialista o una rivoluzione proletaria che dovrà assumere tutta una serie di obiettivi di carattere democratico borghese. Indipendentemente dalla classificazione dei paesi approvata dal VI Congresso potesse peccare di un certo meccanicismo, ciò che è certo è che questa posizione permise al Partito Comunista di Spagna un ampio quadro per orientare strategicamente la sua politica in funzione dello sviluppo della lotta di classe nel paese.

La posizione sostenuta dalla direzione di Bullejos prima della proclamazione della Repubblica, nonostante sia stata definita da gran parte della storiografia comunista come una posizione di sinistra, in realtà fu una deviazione di destra tipicamente menscevica, lasciando la direzione della rivoluzione democratico-borghese alla borghesia. L'intervento dell'Internazionale Comunista per correggere questa posizione fu essenzialmente giusto, e permise che il Partito Comunista di Spagna entrasse nella sua fase di bolscevizzazione e di intervento effettivo nella lotta di classe, incrementando progressivamente la sua influenza nella classe operaia e nelle masse popolari.

Tuttavia, né il Partito né l'IC interpretano correttamente gli sviluppi nella lotta di classe, specialmente per quanto riguarda il movimento rivoluzionario dell'ottobre 1934. La presa del potere nelle Asturie metteva la Spagna tra i paesi in cui era possibile una rivoluzione proletaria, indipendentemente dagli sforzi che fossero necessari per eliminare i residui feudali che potevano esistere. Tuttavia, dati i dibattiti iniziati all'interno dell'Internazionale, in piena preparazione del VII Congresso, i fatti di ottobre del 1934 si interpretarono nel senso contrario, incorrendo in un grave errore.

In ogni caso, la caratterizzazione democratico-borghese della rivoluzione in Spagna aveva permesso una correzione pratica della strategia, alla vista del rapido sviluppo degli avvenimenti, nel quadro della politica del VI Congresso, a condizione che fossero sostenuti il ruolo dirigente del proletariato nel periodo rivoluzionario e la trasformazione ininterrotta della rivoluzione democratica in rivoluzione proletaria. Tuttavia, con l'accordo della IC, dal trionfo elettorale del Fronte Popolare fino all'inizio della guerra, la direzione del Governo fu lasciata nella mani delle forze borghesi[83] e piccoloborghesi raggruppate nei partiti repubblicani che, per la loro propria natura di classe, e come si dimostrò nella pratica, non erano in grado di applicare con l'intensità necessaria le politiche giuste per eliminare la base materiale su cui poggiava la sua forza la reazione, incorrendo con ciò nella stessa deviazione di destra che poco prima era stata duramente criticata alla direzione guidata da José Bullejos.

Così come si trassero conclusioni errate dall'esperienza rivoluzionaria dell'ottobre 1934, si commise lo stesso errore nell'analisi di ciò che avvenne dopo il golpe nel luglio 1936. In realtà, un'analisi obiettiva degli avvenimenti conduce alla conclusione che lo Stato borghese - e la Repubblica spagnola lo era - si decompose, si creò una situazione rivoluzionaria nella quale si risolveva il carattere di classe del potere.

Fu la classe operaia attraverso le sue organizzazioni ad assumere la direzione della lotta:

«La classe operaia fu il nervo e l'anima della lotta popolare, che impregnò con la sua combattività e la sua fermezza. I suoi principali metodi d'azione furono lo sciopero generale politico: l'armamento del popolo mediante una atto di iniziativa rivoluzionaria, legalizzato successivamente dalle autorità repubblicane; l'assalto alle caserme, e la lotta armata contro la sedizione fascista nelle strade».[84]

L'immensa maggioranza dei capi e degli ufficiali dell'esercito appoggiarono il golpe fascista[85]. Le forze armate borghesi furono sostituite dalle milizie create dalle organizzazioni antifasciste, svolgendo un ruolo preminente le milizie comuniste (MAOC), che organizzarono l'inquadramento iniziale della lotta armata[86].

Lo storico sovietico K.L. Maidanik caratterizzò la situazione nel modo seguente:

«Secondo il nostro punto di vista, gli avvenimenti del 19 luglio furono l'inizio di una tappa qualitativamente nuova della rivoluzione spagnola. L'azione delle masse proletarie e la loro disposizione soggettiva confermano questa conclusione. Nel luglio-agosto del 1936 furono risolti, di fatto, i problemi di base della rivoluzione, i problemi del potere e della proprietà degli strumenti e mezzi di produzione. Il potere locale passò, praticamente nelle mani del proletariato armato. Nelle sue mani passarono anche, e in minor grado in quelle dei contadini, tutti gli strumenti e mezzi di produzione appartenenti ai contadini e proprietari terrieri. Gran parte della borghesia e del suo apparato statale furono liquidati nel territorio conservato dalla Repubblica. Tutto questo non coincide con il quadro di una rivoluzione democratico-borghese.»[87]

Lo stesso Stepanov segnala che la sollevazione fascista condusse subito alla bancarotta dell'apparato dello Stato della Repubblica.[88]

I golpisti confidavano in un rapido trionfo, ma sono inizialmente sconfitti dalla classe operaia e dal popolo. Il golpe militare da inizio alla guerra civile. Il PCE caratterizza correttamente la guerra come guerra nazional-rivoluzionaria, in cui si ventila l'indipendenza nazionale, di fronte al massiccio intervento straniero in appoggio al fascismo, e la questione del potere. E qui avviene l'errore essenziale, in cui incorre sia il Partito Comunista di Spagna che l'Internazionale, poiché pongono la contraddizione tra le due forme differenti di gestione della dittatura di classe capitalista: la democrazia borghese e il fascismo. Vediamo come si riflette questo aspetto nella storia ufficiale della guerra pubblicata dal PCE:

«In questo modo, la lotta armata contro la ribellione, la lotta politica contro il fascismo, andava acquisendo, per sua dinamica interna, una nuova dimensione nel terreno economico e sociale; si traduceva in profondi cambiamenti rivoluzionari, che liquidavano le sopravvivenze feudali nella terra e mettevano il freno all'onnipresenza dell'oligarchia finanziaria. Questo dava alla resistenza del popolo all'aggressione fascista e all'intervento straniero il carattere di una guerra nazional rivoluzionaria, come giustamente fu caratterizzata dal Partito Comunista.

Un fatto decisivo, perché da questo in ultima istanza derivano tutti gli altri, fu l'armamento del popolo, che determinò una profonda trasformazione nel carattere dell'apparato dello Stato.

Di fatto, il vecchio apparato dello Stato rimase disorganizzato. L'Esercito, la polizia, l'alta burocrazia si erano sollevati contro la Repubblica.

Il nuovo potere che sorgeva era un potere popolare esercitato dal Partito Socialista, il Partito Comunista, i partiti repubblicani piccoloborghesi, i nazionalisti cattolici baschi, i nazionalisti catalani, l'Unione Generale dei Lavoratori e la Confederazione Nazionale dei Lavoratori (anarco-sindacalista)…"[89]

La forza dei cambiamenti prodotti si riflette nelle analisi del PCE e dell'IC, che, davanti all'evidenzia della sconfitta dello Stato borghese, sostengono che in Spagna si è forgiata una "Repubblica di nuovo tipo". Vediamo come la definisce Togliatti:

«… la repubblica democratica che si crea in Spagna non assomiglia a una repubblica democratica borghese di tipo comune. Si crea nel fuoco di una guerra civile nella quale il ruolo dirigente corrisponde alla classe operaia…»[90]

Questa Repubblica di nuovo tipo, successivamente, sarà presentata come l'antecedente delle democrazie popolari nate dopo la Vittoria Antifascista dei Popoli in vari paesi europei. Dolores Ibárruri dirà a riguardo:

«Nella guerra e con il sostegno del popolo in armi la Repubblica democratica borghese si trasformò in una Repubblica Popolare, la prima nella storia delle rivoluzioni democratiche contemporanee.

Se la rivoluzione del 1905 in Russia diede al coacervo rivoluzionario della classe operaia i Consigli operai o Soviet, come la forma più democratica del potere del proletariato, la guerra nazionale rivoluzionaria del popolo spagnolo contro il fascismo diede la democrazia popolare, che dopo la seconda guerra mondiale è stata in alcuni paesi una delle forme di transizione pacifica verso il socialismo».[91]

Questa Repubblica di nuovo tipo si situava nella terra di nessuno, a cavallo tra il capitalismo e il socialismo, giustificando con il ricorso alla formula generica della "democrazia popolare", una specie di potere intermedio, che non rispondeva nemmeno alla formula transitiva dal Governo degli Operai e Contadini alla dittatura socialista del proletariato, sostenuta precedentemente dal VI Congresso della IC e dal PCE. Inoltre, dalla stessa formazione del Fronte Popolare, il PCE ribadì pubblicamente che la sua lotta non era per il comunismo, così come consigliò la direzione dell'Internazionale.[92]

Detto in forma sintetica, si separò meccanicamente la lotta armata contro il fascismo dalla questione del potere, applicando la parola d'ordine di "prima vincere la guerra" in forma meccanica, senza comprendere che il cambiamento rivoluzionario della classe al potere si rendeva imprescindibile per la vittoria antifascista. Nella teorizzazione stessa del Partito Comunista rispetto al carattere della rivoluzione spagnola, e nelle analisi del VII Congresso dell'Internazionale, esistevano limitazioni strategiche che ostacolavano le possibilità di vittoria e che, già nell'ultima tappa della guerra, si ritorsero contro il Partito stesso.

Alla situazione rivoluzionaria creata dopo il golpe militare si doveva dare una risposta basata sugli insegnamenti leninisti e nell'esperienza della Grande Rivoluzione Socialista d'Ottobre del 1917. La politica di guerra del Partito Comunista di Spagna fu una politica giusta, l'unica che poteva condurre alla vittoria, ma mancò nell'aspetto fondamentale: per esser applicata risultava imprescindibile il potere operaio.

Di fronte ai vacillamenti, il movimento operario rivoluzionario si trovò sulla difensiva. Fu la reazione fascista ad assestare i primi colpi trasformando la guerra spagnola nella prima battaglia della II Guerra Mondiale, internazionalizzando il conflitto e applicando in Spagna le tecniche della guerra moderna che, apprendendo dall'esperienza militare della prima guerra mondiale, si metteranno in pratica su scala mondiale poco mesi dopo la fine della guerra in Spagna.

Solo il Partito Comunista gettò le basi di una politica di guerra adeguata alle condizioni esistenti. La proposta di organizzare l'Esercito Popolare e di renderlo conforme al carattere di una guerra popolare, dando la giusta importanza alla politicizzazione dell'esercito attraverso la figura del Commissario Politico e con unità di comando; l'importanza di organizzare le riserve attraverso la mobilitazione generale del popolo; l'organizzazione di una industria di guerra sotto il controllo operaio; la necessaria disciplina e integrità della retroguardia, attraverso una lotta senza quartiere contro la Quinta Colonna[93]; la necessità di depurare l'esercito e i corpi di polizia e di lavorare nella retroguardia nemica, ecc.; questo corrispondeva pienamente al tipo di guerra che si sviluppava in Spagna. Inoltre, erano condizione sine qua non della vittoria.

9. Aspetti internazionali

Il VI Congresso dell'Internazionale segnalò correttamente il pericolo di una nuova guerra imperialista generalizzata che iniziò, proprio, in Spagna. Il colpo di stato fascista, oltre a compiere un obiettivo diretto ed esplicitamente controrivoluzionario, ebbe fin dai primi giorni l'appoggio di Germania e Italia. Ogni potenza capitalista difese nella guerra spagnola i suoi interessi politici, militari ed economici.

Le forze reazionarie spagnole contarono sull'appoggio diretto dell'Italia fascista e della Germania nazista da molto prima del prodursi del golpe militare, nel luglio 1936. L'intervento di entrambe le potenze fu diretto e di massa. Si calcola che combatterono in Spagna più di 50.000 militari nazisti, dei quali 26.113 furono decorati ufficialmente dal governo hitleriano per i loro meriti di guerra in Spagna[94]; e più di 100.000 militari italiani. Gli eserciti di Italia e Germania commisero in Spagna ogni tipo di crimini, provando gli armamenti che avrebbero impiegato dopo nella II Guerra Mondiale: carri armati e veicoli blindati, aerei, navi da guerra, sottomarini, cannoni, mitragliette, fucili, etc., determinando così, dal punto di vista dei mezzi militari, lo sviluppo della guerra.[95] La dittatura di Salazar in Portogallo fece sì che il paese vicino si convertisse nel principale focolare della cospirazione fascista contro la Repubblica. Inoltre, una volta iniziata la guerra, gli aeroporti portoghesi servirono come base per i bombardamenti incessanti dell'aviazione italiana e tedesca contro il territorio repubblicano, e quando gli eserciti fascisti del nord e del sud peninsulare furono divisi, il territorio del paese vicino servì da passaggio tra i due gli eserciti. Si calcola che combatterono insieme all'esercito franchista circa 20.000 portoghesi. A tedeschi, italiani e portoghesi si devono aggiungere oltre 100.000 soldati marocchini, reclutati nel protettorato sotto controllo spagnolo in Marocco e, anche, nel protettorato francese. Con tale composizione, rimane paradossale che i fascisti chiamassero le loro truppe "Esercito Nazionale"[96].

Il Governo degli USA, da parte sua, negò al Governo repubblicano la possibilità di comprare armi negli USA e pressò gli altri governi, specialmente quello messicano, per tagliare ogni fonte di fornitura. Nel mentre, e durante tutta la guerra, i monopoli petroliferi statunitensi fornivano combustibile a credito all'esercito franchista, e imprese come Ford e General Motors diedero circa 12.000 camion ai fascisti. La falsa neutralità statunitense si smascherò nei bombardamenti subiti da Barcellona e altre città spagnole nell'aprile 1938, impiegando bombe che gli USA vendettero all'Italia e alla Germania affinché fossero poste al servizio dei fascisti. L'ipocrisia del Governo degli USA si manifestò nelle seguenti dichiarazioni stampa realizzate dal Presidente Roosevelt il 21 aprile 1938:

«Abbiamo letto che bombe di fabbricazione americana sono state lanciate su Barcellona da aerei di Franco. Questo è possibile… Saranno state vendute al Governo tedesco, cosa che è perfettamente legale, o a compagnie tedesche, anche questo perfettamente legale, inviate alla Germania e rispedite alle forze di Franco».[97]

In queste condizioni, la politica promossa da Inghilterra e Francia di apparente neutralità, conosciuta come politica di "Non intervento", si rivolse ad impedire che il Governo repubblicano acquisisse qualsiasi tipo di armamento, permettendo l'inibizione della Società delle Nazioni - nella quale era rappresentato solo il governo della Repubblica -, trasformandosi in una forma di aiuto criminale ai fascisti, che allo stesso tempo ricevevano un massiccio aiuto dalle potenze nazi-fasciste. Il Partito Comunista esemplificò questa politica nel modo seguente:

«Quando due banditi assaltano un passante, uno di essi colpisce di fronte per indebolirlo (questo fu il ruolo di Germania e Italia). L'altro lo afferra alle spalle in modo che non possa difendersi (questo fu il ruolo di Francia, Inghilterra e USA). Ma entrambi i banditi sono criminali».

Questo fu il ruolo svolto dal denominato Comitato di Londra o Comitato di "Non intervento", sotto la direzione inglese, alla quale si sottomise vergognosamente il Governo francese, guidato dal socialista Blum con l'appoggio del Fronte Popolare francese. Un organismo in cui erano rappresentati, pur essendo potenze aggressori, sia la Germania che l'Italia. Francia e Inghilterra, misero in pratica ciò che è nota come politica di pacificazione del fascismo, bloccando la Repubblica spagnola, la cui frontiera con la Francia rimase chiusa durante la maggior parte della guerra, come se con questa politica la guerra si potesse contenere dentro le frontiere spagnole attraverso il cordone sanitario con cui l'imperialismo britannico e francese cercarono di circondare le forze operaie e popolari in Spagna.

La posizione delle democrazie capitaliste rispetto alla guerra spagnola si fece sempre più violenta, trasformandosi nella fase finale della guerra in un intervento diretto contro il Governo repubblicano, nella misura in cui si intensificavano le contraddizioni internazionali. In particolare, dopo la Capitolazione di Monaco, in cui Gran Bretagna e Francia consentirono lo smembramento della Cecoslovacchia cedendo alle pressioni naziste. Da allora, l'intervento indiretto si trasformò in un intervento aperto e rude, pressando tutte le forze del Fronte Popolare in modo che si ottenesse una soluzione negoziata del problema spagnolo, affinché capitolassero davanti al nemico fascista, che entrambe le potenze riconobbero ufficialmente il 27 febbraio 1939, convertendosi in complici della politica di sterminio praticata una volta terminata la guerra.

E a questa criminale politica si piegarono la II Internazionale e la Internazionale di Amsterdam, così come scrisse nel suo rapporto sulle cause della sconfitta il c. Stepanov:

«Come è noto, la politica di "Non intervento" il cosiddetto "Comitato di Non Intervento" sono opera di Blum, Sitrin e di altri caporioni della II Internazionale e dell'Internazionale di Amsterdam. I caporioni di queste due Internazionali, riflettendo i punti di vista della borghesia reazionaria di entrambi i paesi sulla questione spagnola, confidavano che con il prezzo del sacrificio della Repubblica Democratica di Spagna potevano comprare Hitler e Mussolini alla pace e la tranquillità per Inghilterra e Francia.

Sacrificando sull'altare del fascismo le libertà democratiche e l'indipendenza della Spagna, questi caporioni pensarono di conservare la democrazia a casa loro».[98]

A parte l'aiuto messicano, il popolo spagnolo poté contare solo sull'appoggio incondizionato dell'Unione Sovietica e dell'Internazionale Comunista che, nonostante le calunnie e le costanti manipolazioni storiche a riguardo, risposero al loro dovere internazionalista proletario.

L'aiuto sovietico fu il fattore essenziale nella resistenza antifascista durante i quasi tre anni di guerra. A sua volta, l'incessante impulso della lotta di solidarietà internazionale con il popolo spagnolo, sul piano politico e anche materiale, da parte della IC, si convertì in una forza morale che raggiunse la sua massima espressione con l'arrivo delle Brigate Internazionali che, combattendo insieme alla classe operaia e il popolo spagnolo contro il fascismo, diedero uno dei più fraterni esempi di internazionalismo proletario conosciuti nella Storia.

Se la guerra spagnola ha dimostrato qualcosa, a livello internazionale, fu il carattere imperialista della guerra mondiale che si avvicinava e le disastrose conseguenze della cosiddetta politica di pacificazione.

Il ritiro delle Brigate Internazionali fu accordato dal Governo Negrín nel quadro di una crescente pressione internazionale in favore della abdicazione, senza comprendere che nessun gesto avrebbe cambiato la linea di classe che orientava le politiche dell'una o dell'altra potenza imperialista. La Commissione Internazionale incaricata di verificare la ritirata dei volontari internazionali elaborò un censimento nel quale figuravano 9.834 internazionali nella Zona della Catalogna e 2830 nella Zona Centro-Sud, in totale 12.679 brigatisti che cominciarono a ripartire dalla Spagna il 2 novembre 1938. Mentre i nostri compagni internazionalisti lasciavano la Spagna, decine di migliaia di militari fascisti continuarono spargere di sangue il nostro suolo fino all'ultimo giorno della guerra.

10. Situazione rivoluzionaria e possibilità di prendere il potere

In considerazione dell'insieme di fattori affrontati nel presente studio, concludiamo che con l'inizio della guerra erano presenti tutti gli elementi che caratterizzano una situazione rivoluzionaria, sia dal punto di vista oggettivo che soggettivo, seguendo la classica esposizione realizzata da Lenin in Il fallimento della II Internazionale.[99]

Dopo il colpo di stato di luglio 1936, lo Stato borghese, semplicemente, si decompose, così come riconobbe in quei giorni il Partito Comunista. Come esempio, basta citare le parole di Manuel Azaña, Presidente della Repubblica, nel discorso pronunciato il 22 gennaio 1937:

«Il popolo intero iniziò a supplire o sostituire organi dello Stato che erano stati ridotti a zero o che erano sollevati».[100]

A riguardo, possiamo segnalare alcuni dati illustrativi. Il 90% del corpo diplomatico passò al campo fascista, per cui si dissolse il servizio diplomatico. Furono licenziati tutti i funzionari pubblici che avevano partecipato al golpe fascista o simpatizzarono con il nemico. Si dissolse la Guardia Civile.[101]Gran parte dell'esercito e praticamente la totalità dei suoi comandi parteciparono al golpe, che fu fermato dalla classe operaia in armi organizzata in milizie, tra le quali principalmente le MAOC comuniste. I tribunali borghesi furono sostituiti da Tribunali Popolari, integrati da magistrati professionisti e una maggioranza di giudici popolari nominati dalle organizzazioni del Fronte Popolare. Lo Stato prese tutte le industrie abbandonate dai loro proprietari. Si legalizzò la situazione dei centri di lavoro che erano passati nelle mani dei comitati operai, si consegnò la terra ai contadini poveri, ecc.

Sul piano organizzativo, nonostante tutta una serie di carenze organizzative, il Partito Comunista era di gran lunga il partito più forte della Spagna repubblicana. Il suo numero di militanti arrivò ad esser maggiore della somma dei militanti degli alttri partiti del Fronte Popolare. Sul piano militare, in un primo momento, le MAOC svolsero il ruolo determinante nell'inquadramento armato della classe operaia che resistette al golpe militare. Il PCE contò su importanti quadri militari e molti dei militari professionali che rimasero leali alla Repubblica aderirono al Partito Comunista o manifestarono apertamente le loro simpatie comuniste. Nel momento in cui si creò l'Esercito Popolare, il Partito Comunista mise a sua disposizione 75.000 uomini in armi contando, da solo, come le forze del Quinto Reggimento. Il Partito Comunista, inoltre, contava su una presenza determinante nel Commissariato Politico. A tutto questo bisogna aggiungere la presenza delle Brigate Internazionali, composte in gran parte da militanti comunisti; dei consiglieri militari sovietici e il fatto che gli unici mezzi militari su cui poteva contare la Repubblica provenivano dall'Unione Sovietica.

Il Partito Comunista formulò una politica di guerra popolare giusta. Fu l'unica organizzazione politica che comprese che la classe operaia affrontava una guerra moderna, e proposte le misure che potevano cambiare radicalmente il risultato della contesa. Ma sbagliò nella cosa fondamentale: la strategia. Senza il potere nelle mani della classe operaia, esercitato attraverso il suo partito, le giuste misure proposte dal PCE o non si applicarono bene o si applicarono solo parzialmente e in ritardo, dopo tenaci lotte all'interno del Governo o del Fronte Popolare e al margine delle masse proletarie che combattevano al fronte o nella retroguardia.

Nonostante gli scarsi riferimenti che esistono nella bibliografia comunista, all'interno del Partito si svolse un dibattito costante al riguardo, anche tra i principali dirigenti che in varie occasioni nel corso della guerra posero la questione del potere. E la possibilità della presa del potere non fu solo posta all'interno del Partito, ma anche altri settori politici e militari ebbero molto presente questa possibilità in tutta la guerra.

Dolores Ibárruri, nel suo libro El unico camino, fa riferimento a questi dibattiti:

«E qualora in un momento concreto della nostra guerra, al prodursi nel 1937 della crisi del Governo Caballero, esistevano certe condizioni che avrebbero potuto permettere una posizione di questa natura, il Partito Comunista non lo fece, nonostante il desiderio di molti combattenti: perché né la situazione nazionale né quella internazionale erano favorevoli a tale cambiamento».[102]

Lo stesso Santiago Carrillo scrive in Nuestra Bandera[103] questo:

«Ricordo quello che successe una mattina, a Valencia, durante la crisi del Governo Largo Caballero. Era riunito l'Ufficio Politico. José Diaz, in conferenza telefonica con Madrid, rispose ad una domanda posta dal generale Miaja, portavoce in questo caso dell'opinione di molti militari professionali, poco esperti politicamente, che attribuivano gli ostacoli posti ad una coerente politica di guerra, alla molteplicità di partiti al governo. Il generale Miaja propose al Partito Comunista di prendere il potere: Cosa aspetti? - aveva detto -. L'esercito è dietro di voi».

Nel III Vol. di Guerra y Revolución en España, edito a Mosca nel 1971, la stessa direzione del PCE cita lo storico D.T. Cattel, che segnala:

«… nel maggio - del 1937 - il Partito Comunista non prese ciò che aveva conquistato».[104]

Nel Plenum di guerra del Comitato Centrale, celebrato a Valencia dal 18 al 20 luglio 1937, si svolge il seguente dibattito:

«Le difficoltà esistenti - spiega l'oratore - portavano qualcuno a domandarsi, dentro le stesse fila comuniste e fuori di esse, soprattutto nell'Esercito, perché il PCE non prendeva nelle sue mani la direzione della guerra. Visto che dal punto di vista militare, e tenendo conto che il Partito occupava posizioni dominanti in aviazione e in carri armati, che le migliori unità dell'Esercito erano comandante dai comunisti e che il PCE godeva di grande influenza politica, riuniva nelle sue file oltre 300.000 affiliati, senza contare i 65.000 del PSUC, questo non sarebbe stato impossibile».[105]

Ma la direzione del Partito Comunista di Spagna, invece di orientarsi alla presa del potere, decise di approfondire la politica di Partito Unico del Proletariato e di Fronte Popolare. La Passionaria rispose alle posizioni favorevoli della presa del potere manifestate in questo plenum del CC nel modo seguente:

«Certo che realizzare l'unità non è un compito facile, che ci saranno momenti in cui alcuni dei nostri stessi compagni pensano che forse, incappando nell'incomprensione, nell'egoismo, e anche nella meschinità dei piccoli interessi creati, se non fosse meglio - ora che il nostro Partito è la forza politica fondamentale del nostro paese -, porre la questione di esser noi stessi, di esser il Partito Comunista, che appoggiandosi sull'adesione delle ampie masse dei lavoratori della città e della campagna, a proporsi, con le sue sole forze, di superare e risolvere tutti i problemi che la situazione pone.

Se questo stato d'animo può esistere in alcuni, è necessario eliminarlo; è necessario arrivare al convincimento di tutti i compagni, in modo che essi possano difendere con fermezza questa nostra posizione, la giustezza della politica del Partito rispetto all'unità».[106]

L'Internazionale Comunista diede indicazioni concrete in questa direzione. Due furono gli argomenti a supporto: la necessità di mantenere l'unità e la mancanza di condizioni nazionali e internazionali.

Per quanto riguarda le condizioni internazionali, come già esposto, l'unico aiuto considerevole su cui contò la Repubblica fu quello sovietico.[107] Le potenze capitaliste, ad eccezione del caso messicano, sostennero direttamente o indirettamente i franchisti. Inoltre, pochi dubbi ci sono sul fatto che i paesi capitalisti si sarebbero opposti alla presa del potere da parte della classe operaia, un insegnamento appreso dal movimento comunista dai giorni della Comune di Parigi e, soprattutto, dopo il trionfo della Rivoluzione d'Ottobre.

Per quanto riguarda le condizioni interne, si è esposto in precedenza che esisteva una situazione rivoluzionaria. Evidentemente, le direzioni socialista e anarchica, con ogni probabilità, avrebbero posto la loro opposizione. Ma, per caso non lo fecero anche i menscevichi e gli anarchici russi? Una cosa erano le direzioni e un'altra molto diversa le masse proletarie della campagna e la città, che nei primi giorni della guerra presero nelle loro mani le armi assumendo le principali leve del potere statale.

Ma, invece di avanzare verso la presa del potere, il Partito Comunista si convertì nel campione dell'unità, e si perse una guerra che terminò con un colpo di stato facilitato dagli stessi capitolardi che impedivano di applicare le misure che, reiterate dai comunisti, risultavano imprescindibili per sconfiggere il fascismo.

Come segnala Stepanov nel suo rapporto all'IC, dall'estate del 1938 il lavoro di massa del Partito Comunista scemò. E lo fece, secondo il dirigente del Komintern, per le seguenti ragioni:

«Il Partito Comunista si rivolse direttamente alle masse sempre di meno e più raramente pose ad esse le questioni quotidiane politiche e militari. Così si vide obbligato ad agire il Partito Comunista, principalmente, per timore di irritare gli altri settori del Fronte Popolare, per il timore di irritare il suo alleato più vicino, il Partito Socialista, per il timore di creare difficoltà al Governo e, in generale, per il timore di rimanere isolato.»[108]

In nessun caso affermiamo che il trionfo rivoluzionario era sicuro. Come segnalò Lenin, «ogni lotta comporta possibilità astratte di sconfitta, e non c'è altro mezzo di diminuire questa possibilità che preparare organizzativamente la lotta».[109]Concludiamo, pertanto, che esisteva una condizione rivoluzionaria nella quale il Partito Comunista poteva e doveva avanzare alla presa del potere.

Dall'altra parte, il Partito Comunista commise tutta una serie di errori parziali durante la guerra, cui analisi dettagliata trascende di molto le possibilità del presente lavoro. A titolo meramente enumerativo, possiamo segnalare i seguenti:

Mancanza di lavoro del PCE nella retroguardia nemica. Esistono solo alcuni casi isolati di un lavoro clandestino nella zona franchista, in cui rimasero migliaia e migliaia di comunisti con cui si doveva organizzare la resistenza. Molti di essi fuggirono dalle città e, praticamente senza appoggio, organizzarono gruppi di guerriglia, come accadrà dopo la sconfitta in tutta la Spagna.

Insufficenza del lavoro militare. Sebbene si creò una Commissione Militare, il Partito trascurò il lavoro con i suoi militari e commissari politici. Si incorse in un eccesso di fiducia nello Stato Maggiore e nell'apparato militare, indotto, senza ombra di dubbio, dalla strategia adottata di appoggio e fiducia nei Governi repubblicani. Questo eccesso di fiducia portò la grande maggioranza della militanza comunista nei fronti di combattimento e, inoltre, in prima linea. Decine di migliaia di comunisti morirono nei fronti mentre altre forze politiche cospiravano e si rafforzavano nelle retroguardie.

Insufficente lavoro per quanto riguarda l'industria bellica, nell'attenzione ai problemi economici in generale e, particolarmente, ai problemi immediati della classe operaia. Il Partito si orientò eccessivamente verso i fronti e trascurò il lavoro di retroguardia, lasciando nelle mani di altri settori, specialmente di anarchici e caballeristi, il campo del lavoro sindacale.

L'Ufficio Politico trasferì la sua sede contemporaneamente a quella del Governo, prima a Valencia e dopo a Barcellona. In quest'ultimo caso si perse la prospettiva di ciò che accadeva nella Zona Centro-Sud, in particolare a Madrid, dove si covava il golpe di Casado.

In particolare durante il Governo di Negrín, il Partito perse un certo grado della sua indipendenza vincolando la sua politica al mantenimento ad ogni costo del Governo, arrivando perfino a consultare con Negrín alcune sue dichiarazioni pubbliche, dandogli eccessiva libertà di manovra quando Negrín dipendeva assolutamente dal PCE, soprattutto nell'ultimo periodo della guerra.

Infine, l'Ufficio Politico seguì il Governo fino alla piccola località di Elda, dove non aveva alcun tipo di appoggio. In queste condizioni non ha potuto dirigere la risposta comunista contro il golpe di Casado. Molti dei quadri del Partito furono incarcerati, molti militanti furono assassinati o consegnati ai franchisti nelle prigioni.

La notte del 6 marzo 1939, si riunì nell'aerodromo di Monovar l'Ufficio Politico e decise che i dirigenti lasciassero il paese. Si nominò una direzione politica ristretta con l'intento di dare istruzioni per il lavoro illegale del Partito. Nella pratica, l'apparato del PCE si decompone. Non si previde con anticipo nessuna misura per preservare la struttura di partito e continuare il lavoro in condizioni di clandestinità. Non si assicurò l'armamento, né fondi per finanziare l'attività, né si possedevano locali o appartamenti clandestini - quelli legali erano stati chiusi e assaltati dalle forze golpiste -, non c'era un apparato di stampa clandestino, nemmeno un apparato di falsificazioni; non era pronta alcun tipo di struttura di direzione clandestina né forme di collegamento con le organizzazioni del Partito.

La partenza della direzione non fu nemmeno spiegata alla militanza. Di fatto, i membri dell'Ufficio Politico erano isolati, senza forme di comunicazione con Madrid e protetti solo da 85 guerriglieri comunisti. Servano da esempio le condizioni in cui si celebrò l'ultima riunione dell'Ufficio Politico in Spagna che, prima di terminare la riunione, l'aerodromo fu circondato dalle forze nemiche. I membri dell'Ufficio avevano a loro disposizione due aerei che potevano esser resi facilmente inutilizzabili dal nemico, che credeva sbagliando che l'Ufficio Politico contasse su una maggiore protezione militare.

La militanza comunista fece fronte al golpe che avrebbe messo fine alla guerra senza orientamento politico e senza piani né infrastruttura per passare alla clandestinità. Nemmeno era previsto un piano di evacuazione. Migliaia e migliaia di comunisti furono assassinati, prima dai golpisti, con l'appoggio di settori anarchici e socialisti; dopo dai franchisti. In queste condizioni, i comunisti spagnoli, dalle carceri, dalla clandestinità e dalle guerriglie create in piena ritirata, cominciavano il duro compito di ricostruire il Partito per affrontare in solitario quasi quattro decenni di dittatura fascista.

11. In conclusione

L'XI Congresso Straordinario del PCPE ha dato un'enorme importanza allo studio della storia del movimento comunista in Spagna. II lavoro della Commissione di Storia del nostro Comitato Centrale, ci permettono di condividere con i partiti fratelli della Iniziativa Comunista Europea alcune prime conclusioni sulla strategia che il Partito Comunista realizzò durante la nostra guerra nazional-rivoluzionaria.

1. Il Partito Comunista di Spagna, nato in un processo che si sviluppa tra aprile del 1920 e novembre 1921, si è bolscevizzato in ritardo, operazione che si completò solo dopo un intervento dell'Internazionale Comunista che ebbe luogo tra maggio del 1931 e ottobre 1932.

La tardiva bolscevizzazione del PCE fu dovuta all'influenza esercitata dall'anarcosindacalismo nel movimento operaio spagnolo, alle tendenze di sinistra sorte nel PSOE e nella Gioventù Socialista, da dove provenivano i fondatori del partito, e a tutto un periodo in cui i comunisti spagnoli vissero lontani dai dibattiti e dalla vita dell'Internazionale Comunista a causa delle condizioni di repressione e clandestinità imposte dalla Dittatura di Primo de Rivera.

2. Alla proclamazione della Repubblica, il 14 aprile 1931, predominano all'interno del PCE posizioni che, sotto l'apparenza di sinistra, nascondono in realtà una deviazione di destra tipicamente menscevica, intendendo che la direzione della rivoluzione democratica sarebbe della borghesia. Così, davanti al rovesciamento della monarchia, il PCE risponde con lo slogan Abbasso la Repubblica Borghese!, senza comprendere che la monarchia rappresentava il potere dei grandi proprietari terrieri e della grande borghesia, in cui i latifondisti avevano l'egemonia, mentre il governo provvisorio repubblicano rappresentava il potere della grande borghesia e dei proprietari terrieri, ma sotto la direzione della borghesia, che aveva dietro di sé la piccola borghesia e strati importanti della classe operaia e dei contadini.

Per queste ragioni, il PCE applica in forma tardiva e incompleta gli accordi del VI Congresso della IC, in particolare tutto ciò che riguardava la creazione dei soviet operai, contadini e dei soldati e dei comitati di fabbrica, così come proponeva l'Internazionale, limitando la sua attività ad un'azione di propaganda generale del comunismo, con deboli legami con le masse e una scarsa influenza sindacale.

3. A partire dal IV Congresso (marzo 1932), il PCE corregge progressivamente queste deficienze. Comincia un periodo di crescita e aumento dell'influenza tra la classe operaia applicando la politica del fronte unico dalla base, nelle condizioni di una forte intensificazione della lotta di classe. In Spagna si vive il periodo noto come Biennio Nero, in cui le forze fasciste cercano di prendere il potere per via legale, seguendo l'esempio nazista.

La strategia del Partito Comunista si modifica in base ai dibattiti di preparazione dei materiali del VII Congresso della IC, durante l'estate del 1934. Su indicazione dell'Internazionale, il PCE decide di integrarsi nelle Alleanze Operaie create dal PSOE come risposta alla proposta del Fronte Unico sostenuta dai comunisti.

Sotto la direzione socialista, e di fronte all'annuncio dell'ingresso nel Governo della CEDA, si convoca in Spagna lo sciopero generale rivoluzionario, che acquisisce un carattere armato in vari luoghi e insurrezionale nelle Asturie, dove il proletariato, organizzato nelle Alleanze Operaie, prende il potere per quasi due settimane. Il movimento rivoluzionario d'ottobre 1934 è sconfitto e si scatena un'enorme repressione. Il Partito Comunista si assume la responsabilità della lotta rivoluzionaria e comincia a disputare l'egemonia che fino ad all'ora possedeva il PSOE.

4. Il PCE trae conclusioni unilaterali dal movimento rivoluzionario di ottobre 1934. Qualifica come positivi i risultati ottenuti nelle Asturie, attribuendoli esclusivamente all'unità operaia ottenuta all'interno delle Alleanze Operaie, ma non trae conclusioni per quanto riguarda il carattere della rivoluzione spagnola. Nonostante la presa del potere nelle Asturie puntava in senso contrario, si continua a caratterizzare la rivoluzione spagnola come una rivoluzione democratico-borghese, nonostante i fatti non lo confermassero.

La valutazione dell'esperienza dell'ottobre e l'esempio del Fronte Popolare in Francia[110], così come i dibattiti nel Comitato Esecutivo della IC, fanno sì che in Spagna si porti avanti l'applicazione di quello che sarà la base degli accordi del VII Congresso dell'Internazionale: la strategia del Fronte Popolare Antifascista e del Partito Unico del Proletariato.

Dopo il VII Congresso della IC, il PCE applica con intensità la strategia frontista. I sindacati della CGTU si integrano nella UGT nel novembre 1935. Nell'aprile 1936 si fondono la UJCE e la FNJS, dando luogo alla Gioventù Socialista Unificata (JSU). In Catalogna si forma la prima esperienza del Partito Unico del Proletariato, con la creazione del PSUC a pochi giorni dall'inizio della guerra.

Nel gennaio 1936 si forma il Fronte Popolare, sulla base di un programma minimo che non comprende gran parte delle proposte del PCE. Il Fronte Popolare trionfa nelle elezioni del 16 febbraio, dando luogo a un Governo borghese esclusivamente repubblicano sul piano politico, senza presenza delle forze operaie ma appoggiato in parlamento dai partiti del Fronte Popolare. Il PCE allerta del pericolo di un colpo di stato militare e chiede che si applichi il programma del Fronte Popolare con l'obiettivo di eliminare la base materiale su cui poggia la minaccia fascista.

5. Il 18 luglio 1936, la classe operaia inizia la lotta armata contro il golpe militare e inizialmente lo sconfigge. Il Governo repubblicano si rifiuta di armare il popolo e cerca di pacificare i golpisti offrendogli la loro integrazione nel Governo.

Nonostante esistesse una situazione rivoluzionaria e che lo Stato repubblicano si decomponesse, il PCE persiste nella strategia del Fronte Popolare. Davanti all'intervento diretto e massiccio del fascismo italiano e del nazismo tedesco, il Partito Comunista caratterizza la guerra come nazional-rivoluzionaria e, dato il decadimento dello Stato borghese e l'effervescenza rivoluzionaria delle masse, caratterizza la Repubblica come di nuovo tipo in cui il potere risiede nelle organizzazioni del Fronte Popolare, senza tener conto della classe sociale che rappresenta ognuna delle forze che lo compongono.

Di fronte alla posizione di anarcosindacalisti, trotskisti e del denominato settore di sinistra del PSOE, il PCE è l'unica forza capace di definire una politica militare adeguata alle condizioni della guerra moderna che si sviluppa in Spagna. Le Milizie Antifasciste Operaie e Contadine, organizzate dal PCE, sono l'organizzazione che inquadra e canalizza in un primo momento la resistenza armata della classe operaia. La formazione del Quinto Reggimento da parte del Partito Comunista si trasforma nel modello sul quale si costituirà il futuro Esercito Popolare.

La giusta politica di guerra del PCE e l'esempio di decine di migliaia di militanti comunisti che guidano in ogni parte del paese la lotta armata contro il fascismo, uniti all'enorme prestigio dell'Unione Sovietica, alla sua politica di aiuto alla Repubblica e il ruolo dell'Internazionale Comunista in appoggio alla lotta che si sviluppa in Spagna, così come l'arrivo delle Brigate Internazionali, fanno sì che il Partito Comunista cresca esponenzialmente e si converta all'inizio della guerra nel partito più forte del Fronte Popolare.

6. Il Fronte non svolse in alcun momento il ruolo di centro organizzatore e dirigente delle forze operaie e popolari. Al di là delle dichiarazioni e, sicuramente di alcune eccezioni, si limitò a prestare il suo appoggio formale ai vari governi e a cercare di dirimere i duri scontri esistenti tra i suoi partecipanti. Non ebbero nemmeno possibilità di successo i continui tentativi del PCE di formare, insieme al PSOE, il Partito Unico del Proletariato. Queste strategie determinarono il ruolo del PCE. Nella guerra nazional-rivoluzionaria spagnola, lontano da quanto affermato per lungo tempo dal movimento comunista, la pratica non ha confermato le analisi del VII Congresso dell'IC.

7. La guerra spagnola si confermò come una guerra rivoluzionaria, in cui tutte le potenze capitaliste in base agli interessi dei loro monopoli, con piena coscienza che in Spagna si svolgeva la prima battaglia della guerra imperialista generalizzata che era sul punto di scoppiare. Così, la Germania, l'Italia e il Portogallo prestarono il loro appoggio dal primo momento ai golpisti fascisti. Da parte loro, Inghilterra e Francia promossero la criminale politica del "Non Intervento", che in realtà suppose un appoggio indiretto ai fascisti, la cui rappresentanza riconobbero prima della fine della guerra, davanti la completa inibizione della Società delle Nazioni. Ad eccezione del Messico, solo l'Unione Sovietica si schierò al fianco della classe operaia e del popolo spagnolo.

8. Il PCE ebbe la possibilità di applicare un'altra strategia durante la guerra. In particolare durante la metà del 1937, quando si convertì nel partito più forte e con un'enorme influenza nell'Esercito Popolare e nel suo Commissariato. Ma invece di risolvere la questione del potere, come unica forma per applicare la giusta politica di guerra che propugnava, intensificò la politica del Fronte Popolare e gli appelli a costruire il Partito Unico del Proletariato, in modo che le sue proposte o non si applicarono o si applicarono in ritardo.

9. La strategia del PCE non corrispose agli insegnamenti leninisti e all'esempio della Rivoluzione d'Ottobre 1917. Si separò la lotta antifascista dalla lotta per il potere, ricorrendo alla teorizzazione della Repubblica di nuovo tipo o democrazia popolare, posta tra la dittatura borghese e la dittatura del proletariato, che non era nemmeno una forma di transizione tra uno e l'altro potere nelle condizioni create dalla guerra.

Uno degli errori fondamentali del Partito fu di non prevedere le possibilità di subire una sconfitta militare. Il PCE non adottò alcuna misura diretta a garantire la sua attività in condizioni di clandestinità fino agli ultimi giorni della guerra, nemmeno l'evacuazione in caso di sconfitta. La militanza comunista pagherà un alto prezzo per questo.

Restano da analizzare le conseguenze che gli errori strategici commessi durante la guerra ebbero nello sviluppo degli avvenimenti successivi all'interno del PCE. Nonostante i dibattiti che ebbero luogo tra l'Ufficio Politico e il Comitato Esecutivo della IC durante i mesi successivi alla sconfitta, il movimento comunista non realizzò un'analisi collettiva di ciò che successe. Si canonizzò una versione dei fatti motivata fondamentalmente dalle dure condizioni di clandestinità e esilio in cui si condusse la lotta comunista durente i quattro decenni seguenti alla sconfitta nella guerra.

10. L'analisi della strategia durante la guerra spagnola è direttamente connessa con quella della politica approvata dal VII Congresso dell'Internazionale. Il nostro Partito continua ad approfondire lo studio della storia del movimento comunista in Spagna per trarre conclusioni che arricchiscono la nostra strategia rivoluzionaria nel presente. Crediamo che si tratta di un dovere di tutto il movimento comunista internazionale, di una necessità per preparare le grandi lotte che arriveranno.

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Glossario di sigle di organizzazioni politiche e sindacali

CEDA. Confederazione Spagnola delle Destre Autonome
CGTU. Confederazione Generale del Lavoro Unitaria
ERC. Sinistra Repubblicana di Catalogna
FAI. Federazione Anarchica Iberica
FE - JONS. Falange Spagnola - Giunte di Offensiva Nazional-Sindacalista
FNJC. Federazione Nazionale delle Gioventù Socialiste
FP. Fronte Popolare
IC. Internazionale Comunista
JSU. Gioventù Socialista Unificata
PCE. Partito Comunista di Spagna
PCOE. Partito Comunista Operaio Spagnolo
POUM. Partito Operaio di Unificazione Marxista
PSUC. Partito Socialista Unificato di Catalogna
PSOE. Partito Socialista Operaio Spagnolo
UGT. Unione Generale dei Lavoratori
UJCE. Unione delle Gioventù Comuniste di Spagna

Note:

[1] Manuel Tuñón de Lara. La Spagna del XX secolo, Vol. I pagina 74: «Il governo comunicò di 80 morti e 150 feriti in tutta la Spagna, quantità evidentemente tagliata. Per quanto riguarda i detenuti, questi superavano i 2000 il 20 agosto».

[2] Durante la I Guerra Mondiale, la Federazione delle Gioventù Socialiste aveva appoggiato le posizioni internazionaliste proletarie sostenute da Lenin e i bolscevichi, mentre il PSOE tradì i principi internazionalisti mostrando il suo appoggio agli alleati.

[3] Tra i fondatori del Partito Comunista Spagnolo si trova Dolores Ibárruri (La Passionaria), che si integrò nelle sue fila insieme al Raggruppamento Socialista di Somorrostro.

[4] Il risultato della votazione varia secondo le fonti. Nella Grande Enciclopedia Sovietica (volume XXIX, pagine 515-519) si segnala che si rifiutarono le 21 condizioni con una maggioranza di 8.808 voti contro 6.023. Tuttavia, nella Historia del Partido Comunista de España (versiónabreviada)si segnala che la votazione ebbe un risultato di 8.858 contro 6.094 voti. In ogni caso, questo risultato metteva in evidenza la profonda divisione all'interno del primo partito operaio spagnolo e le forti simpatie che al suo interno suscitava la Grande Rivoluzione Socialista d'Ottobre.

[5] Historia del Partido Comunista de España (versión abreviada), pag.29

[6] La bibliografia ufficiale del PCE ha trascurato la figura di Pérez Solís. Da Segretario Generale del PCE, dopo un'azione violenta, fu incarcerato nell'agosto del 1923. Durante la sua prigionia si convertì al cattolicesimo, abbandona il comunismo e si affilia alla Falange Spagnola durante la II Repubblica, partecipando al colpo di stato del luglio 1936, combattendo dal lato franchista durante la guerra spagnola. A riguardo si possono consultare le memorie di Vicente Uribe e le Tesi Dottorali "El PCE en la Guerra Civil" dello storico Fernando HernándezSánchez (página 62).

[7] Historia del Partido Comunista de España (versión abreviada), pagina 38

[8] Documento del VI Congresso della III Internazionale, 1929.

[9] Historia del Partido Comunista de España (versión abreviada), pagine 39 e 40.

[10] La lucha por la bolchevización del Partido. Cómo el grupo sectario ha preparado su lucha contra la I.C.eel P.C. de España. Editorial Bolaños y Aguilar, S.L., Madrid 1932.

[11] Citas de la Carta abierta de la I.C. al Comité Central del Partido Comunista de España, datata21 maggio1931.

[12] Citas en cursiva de laCarta abierta de la Internacional Comunista (Aimembri del P.C.E., 12 gennaio1932)

[13] Dopo l'espulsione, José Bullejos si affiliaalleGioventùSocialiste. Dopo la fusione delle Gioventù Socialiste e le Gioventù Comuniste, con la creazione della JSU, sarà di nuovo espulso, ma manterrà la sua militanza nel PSOE appoggiando il settore guidato da Largo Caballero. Altri dirigenti espulsi il 21 ottobre 1936, come León Trilla e Etelvino Vega, saranno riammessi nel PCE e svolgeranno un notevole ruolo durante la guerra. Etelvino Vega morirà come un eroe, fucilato dai fascisti al muro del cimitero di Alicante il 15 novembre del 1939.

[14] La Delegazione dell'IC riconosce 7.000 militanti, tuttavia, nello stesso periodo, la direzione del PCE fissa la militanza in 7.800 compagni. I dati figurano nel Discorso di Manuilsky di novembre 1931.

[15] È importante tenere presente che il IV Congresso del PCE fu il primo che si organizzò in condizioni di normalità e legalità.

[16] Il 10 agosto 1932 si produsse una sollevazione militare monarchica contro la Repubblica guidata dal Generale Sanjurio. L'Internazionale Comunista criticherà con durezza la passività del PCE in questi giorni.

[17]Guerra y Revolución en España 1936-1939. EditorialProgreso, Mosca 1967. Vol. I, pag. 43.

[18] Falange Spagnola si fonderà nel marzo 1934 con altri gruppi fascisti creati da Onésimo Redondo e Ledesma Ramos, a partire da allora il partito si denominerà Falange Spagnola delle Giunte di Offensiva Nazional-Sindacalista (FE delle JONS). Guerra y Revolución en España 1936-1939. Editorial Progreso, Mosca 1967. Vol. I, pag. 39.

[19] Il Biennio Nero finirà con il trionfo elettorale del Fronte Popolare il 16 febbraio del 1936.

[20] Nelle elezioni di luglio del 1931 il PCE aveva ottenuto solo 60.000 voti.

[21] Così lo chiama Juan Modesto, nel suo libro Soy del Quinto Regimiento, Colección Ebro, Parigi 1969, pag. 14 e seguenti.

[22]JesúsHernández fu Ministro dell'Istruzione Pubblica e Sanità durante la guerra. Fu espulso del PCE nel 1944. A partire da allora assume posizioni anticomuniste.

[23] Dolores Ibárruri. El único camino. Editorial Castalia, S.A., Madrid, 1992, pag. 258, nota a pie di pagina n.36.

[24] Nella Tesi di Dottorato"El PCE en la Guerra Civil", pagina 86, lo storico Fernando HernándezSánchez segnala che i servizi di intelligence britannici riuscirono a decifrare i messaggi trasmessi via cavo tra Mosca e Madrid dal Kominter, almeno fino a settembre 1936. Si trovano nei fondi HW 17/26 e HW 17/27.

[25] La Internacional Comunista. Varios autores. Editorial Progreso, Mosca. Pag. 154.

[26] Guerra y Revolución en España 1936-1939, Vol.I, Pag. 59.

[27] Un discorso, pieno de dottrina rivoluzionaria e di affermazione comunista nella lotta per il fronte unico, pronunciato dal compagnoJesúsHernández". Mundo Obrero, 15 settembre 1934.

[28] Amaro del Rosal. Historia de la U.G.T. de España 1901-1931, Ediciones Grijalbo, S.A., 1977. Tomo 1, 28página 401.

[29] Tuñón de Lara. La España del siglo XX, Vol. II, pág. 458. Ediciones AKAL, S.A., 2000.

[30] TNA, HW 17/26, 175/Sp, 8/9/1934.

[31] TNA, HW 17/26, 1759 e 1760/Sp, 22/9 e 2/10/1934.

[32] TNA, HW 17/26, 1763/Sp, 7/10/1934.

[33] TNA, HW 17/26, 1773/Sp, 9/11/1934.

[34] Vol. I, pagina 67.

[35] José Díaz. Tres años de lucha. Colección Ebro, Parigi, 1969. Pagina 13.

[36] José Díaz si riferisce al PartidoSindicalista, di tendenza anarchica, guidato da ÁngelPestaña.

[37] Ibidem. Pagina 25.

[38] Ibidem. Pagine 26 e 27.

[39] Tra gli altri si parla di Blocco Popolare Antifascista.

[40] Per motivi di clandestinità il c. José Diaz intervenne al VII Congresso della IC con lo pseudonimo di "compagno Garcia", e così compare negli atti del Congresso.

[41] Mentre il PSOE sostiene le Alleanze Operaie, il PCE propone di ampliarle a Alleanze Operaie e Contadine, come strumento organizzativo per forgiare l'alleanza tra il proletariato e i contadini.

[42] E. Comín Colomer. Historia del Partido Comunista de España, Primera Etapa, Vol.II, EditorialNacional de Madrid, 1965, pag. 569.

[43] Partito Operaio di Unificazione Marxista (trotskista)

[44] Le diverse proposte di programma possono consultarsi in Guerra e Rivoluzione in Spagna, Vol. I, pag.66 e seguenti.

[45] Noto al Plenum del CC riunito nel marzo 1936. Tesi di Dottorato "El PCE en la Guerra Civil", pag. 107.

[46] Guerra e Rivoluzione in Spagna, Vol. I, pag. 87.

[47] I dati di affiliazione sindacale sono citati nella Tesi di Dottorato "Il PCE nella Guerra Civile", pag. 122

[48] I dati di affiliazione sindacale sono citati nella Tesi di Dottorato "Il PCE nella Guerra Civile", pag. 123

[49] Il PSUC fu creato il 23 luglio 1936, durante i primi giorni della guerra.

[50] "Sin el movimiento revolucionario de Octubre no habría en febrero Frente Popular". Discorso di José Diaz a Oviedo 5 giugno 1936. Tre anni di lotta. Collezione Ebro, Parigi, 1969, pag. 218.

[51] "¡Alerta ante el complot de la reacción!" José Díaz. Tres años de lucha. Colección Ebro, París, 1969. Página 219 a 224.

[52] Guerra e Rivoluzione in Spagna, Vol. I, pag. 119.

[53] Il 19 luglio 1936 si costituisce il Governo di José Giral, un governo repubblicano senza la partecipazione delle organizzazioni operaie. Il 4 settembre 1936 si costituisce il primo Governo del Fronte Popolare, presieduto dal socialista Largo Caballero, leader dell'ala sinistra socialista. In questo governo partecipano, per la prima volta nella storia, due ministri comunisti: Vicente Uribe (Ministro dell'Agricoltura) e JesúsHernández (Ministro dell'Istruzione Pubblica). Questo Governo si amplierà il 4 novembre 1936, con la partecipazione del PSOE, PCE, CNT, FAI, UGT, Sinistra Repubblicana, Unione Repubblicana, Sinistra Repubblicana di Catalogna e il Partito Nazionalista Basco. Due terzi dei ministri rappresentano le forze operaie.

[54] Estratti della Relazione presentata da Dolores Ibárrurial Plenum del CC. Guerra e Rivoluzione in Spagna. Vol. III, pag. 207 e 208.

[55] In queste stesse date si produsse uno scambio epistolare tra il c. Dimitrov e De Brouckère sulle possibilità di collaborazione in solidarietà con la Repubblica Spagnola e, il 21 giugno 1937, si celebra la riunione tra una delegazione di entrambe le Internazionali che si conoscerà come la Conferenza di Annemasse.

[56] Guerra e Rivoluzione in Spagna. Vol. III, pag. 216.

[57] Las causas de la derrota de la República Española, Miraguano S.A. Ediciones, Madrid 2003, pag. 154. Sul Rapporto del c. Stepánov, dato il suo interesse, si tornerà più in avanti.

[58] I dati di affiliazione sono menzionati nella già citata Tesi di Dottorato "Il PCE nella Guerra Civile", pagine 348 e seguenti. La c. Dolores Ibárruri, in L'Unico cammino (Ed. Castalia, 1992), dirà sulla crescita del PCE: «Da 30.000 affiliati che il Partito Comunista aveva a gennaio del 1936 - cui numero il Partito Socialista era arrivato solo dopo 40 anni di attività - passa a centinaia di migliaia nel luglio dello stesso anno».

[59] Sebbene ci furono militari professionali leali, che si mantennero fedeli alla Repubblica fino all'ultimo momento, non è meno sicuro che molti di essi combatterono nelle file repubblicane per l'unica ragione di trovarsi in luoghi che caddero in mano alla Repubblica nei primi momenti. Molti di questi militari praticarono un aperto sabotaggio, agirono come spie dei franchisti e seminarono una costante demoralizzazione nelle truppe. Molti tradirono quando poterono e passarono al lato fascista, altri si sollevarono contro la Repubblica in diversi momenti della guerra.

[60] A riguardo sono interessanti queste parole di Vidarte, membro della Commissione Esecutiva del PSOE: «Da tempo conosciamo le ultime aspettative di Prieto sulla possibilità di una pace negoziata con l'intervento dell'Inghilterra, così come l'offerta di base che Prieto, senza contare su Negrín, aveva fatto agli inglesi».Citato in Guerra e Rivoluzione in Spagna. Vol. IV, pag. 73.

[61] Nella riunione del Comitato Esecutivo del 15 novembre 1938, Besteiro espone la sua posizione riguardo al PCE: «Io non sono sostenitore della tendenza unitaria con il Partito Comunista»…«La guerra è stata ispirata, diretta e fomentata dai comunisti. Se smettono di intervenire, probabilmente le possibilità di continuare la guerra saranno poche. L'avversario, avendo altri aiuti internazionali, si troverà in una situazione superiore (…) Io vedo la situazione in questo modo: se la guerra si vince, la Spagna sarà comunista. Tutto il resto della democrazia sarebbe avversa e potremmo contare solo sulla Russia». Ibidem, pag. 166. Archivio del PCE.

[62] Casado, in una intervista al Pueblo, 8 novembre 1967, dirà a riguardo di Besteiro: «Ispirandomi un'assoluta fiducia, non ebbi dubbi a rivelargli, dopo una minuziosa esposizione del panorama bellico, che i comandi militari erano disposti a eliminare il Governo Negrín, formare un Consiglio Nazionale di Difesa e negoziare la pace con i nazionalisti - si riferisce ai franchisti -, implorandolo di accettare di partecipare nello stesso, visto che il suo grande prestigio tra la popolazione sarebbe stato di grande utilità per il piano». La risposta di Besteiro, secondo Casado, fu la seguente: «Mi unirò volentieri a questo organismo, ma con la condizione di non assumere la presidenza, che per forza dovrà assumere un militare. Quindi siamo d'accordo, e sappia che mi avrete ai suoi ordini». Citato in Guerra e Rivoluzione in Spagna, Vol. IV, pag. 235 e 236.

[63] Wenceslao Carrillo. Il Raggruppamento Socialista Madrileno, diretto dai caballeristi, appoggiò il golpe di Casado. La Comissione Esecutiva del PSOE adottò una posizione di complice neutralità.

[64] Le cause della sconfitta della Repubblica Spagnola, Miraguano S.A. Ediciones, Madrid 2003, pag.123

[65] Si riferisce alla crisi sofferta dal Governo repubblicano il 16 agosto 1937, provocata dal Partito Nazionalista Basco e Sinistra Repubblicana di Catalogna, cui ministri si dimisero per far pressione sul Governo Negrín in pieno sviluppo della Battaglia di Ebro.

[66] Joan Comorera, Segretario Generale del PSUC. Nel 1949 fu espulso sotto l'accusa di "titoista" e riabilitato dopo il XX Congresso del Partito Comunista dell'Unione Sovietica.

[67] Ibidem, pagina 128

[68] Ibidem, pagina 145. Stepánov analizza la situazione nel periodo dal 23 dicembre 1938 all'11 febbraio 1939, in cui si produce l'offensiva fascista sulla Catalogna.

[69] Ibidem, pagina 145. Stepánov analizza la politica sbagliata sulla questione nazionale e le conseguenze delle posizioni separatiste in Euskadi e Catalogna.

[70] Scritti sulla guerra di Spagna. Editorial Critica, Badalona, 1980. Pag. 224 a 305

[71] Ibidem, pagina 247.

[72] Ibidem, pagina 248.

[73] Ibidem, pagina 259. Togliatti analizza qui l'atteggiamento del PSUC di fronte alla mancanza di organizzazione della difesa di Barcellona. L'offensiva fascista contro la Catalogna cominciò il 23 dicembre 1938. Barcellona cade nelle mani del nemico il 26 gennaio senza resistenza alcuna. Togliatti, nel suo rapporto all'Internazionale del 21 maggio 1939, descrive la situazione del modo seguente: «Il Municipio di Barcellona si rifiutò di riunirsi fino alla vigilia dell'ingresso delle truppe italiane. Quando si riunì, il 25 gennaio, erano presenti unicamente i membri del PSUC (8) e altri 4 consiglieri catalanisti. Tutti gli altri avevano già mollato gli ormeggi. I sindacati anarchici fecero appelli alla stampa, ma non realizzarono un lavoro efficace. La sua direzione fu una delle prime a scomparire. Nel settore catalanista nient'altro che demoralizzazione, panico e intrighi». Opera citata, pagine 258-259.

[74] Togliatti riferì anche la distribuzione di una rivista teorica trotskista, da parte di un tale Tous, con l'approvazione di Comorera, che doveva metter invece fuori circolazione. Opera citata, pag. 260.

[75] L'ingresso nelle Alleanze Operaie viene decisa nel Plenum del CC del 11 e 12 settembre 1934.

[76] José Díaz. Tres años de lucha. Editorial Ebro, Parigi 1969. Pagina 20.

[77] Principale dirigente del partito Unione Repubblicana.

[78] Rapporto Stepánov. Opera citata, pagina 72.

[79] Giorni prima, con l'appoggio del PCE, il Governo decretò lo stato di guerra. Nella zona del centro il potere restò nelle mani dei militari che preparavano il golpe contro la Repubblica, che utilizzarono lo stato di guerra per reprimere con durezza i comunisti. Il PCE appoggiò la dichiarazione dello stato di guerra considerando che poteva aiutare a centralizzare il comando e rafforzare la resistenza. Si trattò di un grave errore della direzione del Partito Comunista che ebbe disastrose conseguenze nella fase finale della guerra.

[80] Partito Socialista.

[81] Opera citata, pag. 274-275. Togliatti fu il principale sostenitore dell'unità con il Partito Socialista e della politica di Partito Unico del Proletariato e Fronte Popolare. Questa critica alla direzione del PCE in nessun caso è giustificata. Il Manifesto di Figueras rispondeva ai costanti tentativi di capitolazione di fronte al nemico del resto delle forze del Fronte Popolare, il PCE si limitò a criticare questa politica arrendevole e a chiamare alla resistenza. Il Manifesto di Figueras fu utilizzato come scusa dalle forze che preparavano il golpe per attaccare il PCE e cercare di evitare che, nelle ultime battute della guerra, i comunisti chiamassero le masse alla resistenza.

[82] José Diaz, ribadì questi appelli nei mesi precedenti l'inizio della guerra. Nel discorso pronunciato il 23 febbraio 1936, nel Teatro di Madrid, diceva: «Bene, il nostro appoggio al Governo è subordinato alla sincerità e rapidità con cui si realizza ciò che si concordato. Non diffidiamo, ma nemmeno riponiamo una fiducia cieca nel Governo». Tre anni di lotta. Editorial Ebro, Paris, 1969. Pag. 146.

[83] In Guerra y RevoluciónenEspaña(TomoI,pagina94), il PCE riconosce il carattere borghese del Governo:«Nel Governo non erano rappresentati né il Partito Comunista né il Partito Socialista; non c'è alcun ministro dei partiti né delle organizzazioni operaie. Era un governo nettamente repubblicano e borghese».

[84] Ibidem, pagina 177.

[85] Secondo Alvarez del Vayo, che fu Ministro della Stato, di 15.000 capi e ufficiali che contava l'esercito spagnolo, 500 parteciparono alla lotta contro la sollevazione fascista. Il generale Vicente Rojo, afferma che i militari leali alla Repubblica furono 2.000. Guerra y Revolución en España, Tomo 1, pie de página 182.

[86] Lo storico Pierre Vilar dirà a riguardo: "… il colpo di stato trionfò, nel senso che privò la Repubblica di quasi tutti i suoi quadri militari; nessun governo ha mai resistito nel XIX secolo ad un caso simile". Historia de España, EditorialCrítica, 1978, pag. 146.

[87] K.L. Maidanik. Il proletario spagnolo nella guerra nazional-rivoluzionaria (in russo). Ed. Accademia delle Scienze, Mosca 1960, pag. 64 e 65. Traduzione in castigliano in Le cause della sconfitta della Repubblica Spagnola. Miraguano Edizioni,  S.A., 2005, pag. 21 e 22.

[88] Ibídem, página 66.

[89] Guerra y Revolución en España. Tomo I, página 260.

[90] Togliatti. Particularidades de la revolución española.

[91] Dolores Ibárruri. El único camino. Pagina 597.

[92] In una lettera pubblicata in Mundo Obrero nell'aprile 1938, José Diaz disse: «Il Partito Comunista, che è insieme al Socialista, il Partito della classe operaia di Spagna, non ha né può avere interessi o obiettivi differenti da quelli del popolo intero. Il nostro Partito non ha mai pensato che la soluzione di questa guerra possa esser l'instaurazione di un regime comunista. Se le masse operaie, i contadini e la piccola borghesia urbana ci seguono e ci amano, è perché sanno che noi siamo i difensori più fermi dell'indipendenza nazionale, della libertà e della Costituzione repubblicana.»Citato in Guerra y Revolución en España, Tomo IV, pagina 91.

[93] Durante la Difesa di Madrid, il Generale Mola annunciò in una emissione radiofonica che la città sarebbe caduta con l'offensiva delle quattro colonne che aveva al suo comando, ma che il colpo definitivo l'avrebbe dato la Quinta Colonna, riferendosi ai fascisti che vivevano nascosti nella città.

[94] Guerra y Revolución en España. Tomo I, pagina 202.

[95] Nel caso degli aerei, ad esempio, basti segnalare che tra gli aviatori fatti prigionieri dalla Repubblica durante i primi 12 mesi di guerra, 98 (60%) erano italiani, 49 (30%) erano tedeschi e solo 16 (10%) erano spagnoli. Guerra y Revolución en España, Tomo I, pagina 206.

[96] Diversi storici concordano nel calcolare la cifra di stranieri che combatterono con i fascisti in circa 300.000

[97] Citato in Guerra y Revolución en España. Tomo I, pagina 233

[98] Rapporto Stepánov, opera citata pagina 219.

[99] V. I. Lenin. O.C. EditorialProgreso, Moscú 1984. Tomo 26, pagine 228 y 229.

[100] Citato a pie di pagina in Guerra y Revolución en España, Tomo I, pagina 253.

[101] Polizia militare.

[102] Opera citata, pagina 596

[103] Nuestra Bandera, aprile 1960, pagina 15.

[104] Nota piè di pagina 207.

[105] Guerra y Revolución en España, Tomo III, pagine  206-207.  Rapporto politico presentato da Dolores Ibárruri, a causa dell'assenza per malattia di José Díaz

[106] Dolores Ibárruri. En la lucha (1936-1939). Moscú, 1968. Tomo I, pagina 136.

[107] È necessario approfondire l'analisi della politica internazionale dell'URSS in questo periodo e in che misura la sua politica internazionale influì nella strategia dell'Internazionale Comunista nella guerra di Spagna.

[108] Opera citata, pagina 269.

[109] Lenin, Che fare. Opere scelte in tre volumi, Istituto del Marxismo-Leninismo del CC del PCUS, Mosca 1960, pag. 242

[110] In Francia si crea il Fronte Popolare il 7 giugno 1935


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