www.resistenze.org - cultura e memoria resistenti - storia - 30-01-22 - n. 815

Tetro risveglio per il massacro di Derry

Des O'Hagan, Lettere da Long Kesh | workersparty.ie
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

30/01/2022

Il 30 gennaio 1972 migliaia di persone si riunirono a Derry per protestare pacificamente per i diritti civili e la fine dell'internamento [senza processo per i cittadini irlandesi presuntamente entrati in contatto con l'IRA, ndt]. Le truppe britanniche aprirono il fuoco provocando un massacro e la morte di 14 persone innocenti.

Des O'Hagan, tra i fondatori dell'associazione per i diritti civili e membro di spicco del Republican Clubs, più tardi del Workers' Party, era internato a Long Kesh in quel periodo. In una serie di lettere contrabbandate fuori dal carcere da sua moglie Marie e pubblicate nell'Irish Times, Des scrisse "Bleak Wake for the Derry slaughtered" descrivendo la sua reazione e quella degli altri prigionieri alle notizie da Derry.


Tetro risveglio per i massacri di Derry

Fa un freddo pungente qui stasera. Domenica. Abbiamo camminato in tondo lungo la recinzione. Il nostro respiro evapora e rimane temporaneamente sospeso nell'aria tagliente e penetrante, l'asfalto luccica scuro attraverso un leggero strato di neve, si possono sentire le creste dure di fango rompersi sotto i piedi e tra i recinti le pozze ghiacciate riflettono debolmente le luci del perimetro. Questa notte è così netta, così pura che il rumore lontano delle auto sull'autostrada sembra il rombo del mare che cade dolcemente sulla sabbia. I cani da guardia abbaiano a tratti, poi silenzio; si potrebbe passeggiare su per Gleann Finn godendosi la luce brillante della luna, bere e parlare con buoni compagni.

La domenica ci sono i giornali: una sovrabbondanza di storie, colonne di banalità, resoconti epocali di problemi mondiali, pollastrelle con costumi da bagno sempre più corti e pubblicità mutevoli per gente altalenante. Tutta la volgarità della civiltà occidentale è raccolta per il nostro divertimento. Non sono consumato dall'etica puritana ma stasera questo è il mio stato d'animo e sono sicuro che è l'emozione prevalente a Long Kesh.

Incidentalmente oggi abbiamo parlato di Derry, in effetti c'è stata solo una domanda di circostanza sulla marcia, sono state lanciate le previsioni di partecipazione, qualcuno avrà ipotizzato le possibili tattiche dell'esercito. Questo accadeva solo poche ore fa, ora l'ho dimenticato. Non è che fossimo disinteressati, sapevamo, ci rallegravamo quietamente che il popolo si sarebbe radunato a migliaia sulle alture del Creggan, le donne che stringono le mani dei bambini, gli uomini infagottati contro i venti che soffiano dal fiume Foyle, con lo sguardo severo mentre battono i piedi, in guardia. Molti qui hanno marciato nelle orgogliose manifestazioni di Coalisland, Enniskillen, Newry, Derry e Armagh. Ma ora marciamo in questa situazione strana e inquieta. Dovremmo essere lì a sentire la forza della folla che canta, incita slogan, sospingendoci l'un l'altro verso toni più alti e invece ne siamo i destinatari. In questa relazione simbiotica, la separazione è il desiderio che ci consuma.

La prima notizia delle azioni abominevoli giunge come un qualche problema a Derry. C'era solo da aspettarselo, ci siamo detti, Faulkner [Brian, primo ministro del governo unionista dell'Irlanda del Nord, ndt] è intenzionato a dimostrare che è duro come il vecchio Brookeborough [Basil Stanlake Brooke, 1° Visconte di Brookeborough, uomo politico del Partito unionista dell'Ulster, ndt] o uno qualsiasi degli integralisti che sbraitano in Glengall Street e ne escono sostenendo soluzioni incendiarie. Il nostro interesse è leggermente smorzato, fermarsi a parlare significa sentirsi gelare i piedi.

Poi i primi omicidi, due uomini erano stati uccisi - la mia mente salta a Cusack e Beattie e all'estate scorsa, ormai tanti morti fa. Derry è il Bogside [quartiere dove avvenne la strage, ndt] e il Creggan: la piazza bloccata dallo slogan Free Derry chiama a raccolta la città vecchia annunciando il vigore di un popolo indurito. Non sono mai stato a Parigi, ma immagino che troverei un arrondissement con la stessa durezza dove i comunardi eressero furiosamente delle barricate, follemente ignari del diluvio che li avrebbe travolti. C'è una qualità, tratta dal Foyle e dal riparo del Donegal, un aspetto della gente che deve essere quello che gli inglesi intendono quando si vantano a Londra del tempo di guerra. Si sente romanticamente che potrebbe accadere qui: libertà, uguaglianza, fraternità potrebbero non essere divinità, ma opere dell'arte umana.

La cupa sfumatura nella voce del giornalista placa le grida di rabbia; tendiamo l'orecchio con attenzione, ascoltando increduli il numero crescente di morti e feriti. Ora lo smarrimento invade la mente, così che anche le condanne più feroci cadono a terra, senza vita, sul pavimento della baracca. Tetra, triste è la notte mentre ci sediamo rannicchiati vomitando sciocchezze per riempire il vuoto: pare di risvegliare gli uomini massacrati, torniamo immediatamente a toni sommessi come consapevoli di mogli in lutto e bare nella stanza accanto. La mente è morta ma i sensi si acuiscono, gli occhi degli uomini si accigliano, si stringono, inondati delle lacrime di dolore, di pena e fissano duramente la propria anima.

La ripresa della telecamera mostra le vie affollate, la bandiera dei diritti civili solleva un debole applauso che si placa rapidamente quando il cannone ad acqua attraversa lo schermo. Spesso il suono dei proiettili di gomma, il gas che si diffonde, lo sbattere degli stivali dell'esercito ci ha fatto battere forte il cuore. Ora trasaliamo allo stridere dei freni, ci contorciamo con i giovani che scappano: poi il malessere - un malessere che rimarrà per giorni nutrendosi degli orrori, delle parole amare e feroci, delle immagini di corpi accartocciati e di uno stendardo intriso di sangue. I giuramenti suonano vuoti, deboli, inutili; gli uomini sono storditi, cercano di capire mentre i corpi contorti scompaiono dalla vista. Il volto amaro e il braccio ribelle di un uomo riassume tutta la nostra emozione.

Stasera non stiamo seduti fino a tardi a discutere i demeriti dell'E.E.C. o a ricordare le buffonate dei vecchi amici. Osservo l'immobilità. In questo campo affollato l'isolamento, la frescura della solitudine, è irraggiungibile, il letto è un santuario, il sonno è agognato.

Domani, o martedì: il nostro rituale. È nostra abitudine onorare pubblicamente i morti, stiamo in piedi rivolti verso l'interno, file di uomini silenziosi, i capelli che catturano la brezza, i volti congelati, giovani e vecchi. Il rullo di un tamburo accompagna il flauto in un lamentoso "Memory of the Dead", poi due minuti di silenzio. Ci disperdiamo correndo verso le baracche, maledicendo la pioggia, il freddo, il tempo, il campo, qualsiasi cosa. Parlare sembra sempre necessario, come se le parole qui e ora possano cancellare gli ultimi minuti. Gli irlandesi sono, mi fa piacere pensarlo, imbarazzati da esibizioni di sfarzo militare, le nostre parate sono più entusiastiche che disciplinate, non facciamo il passo dell'oca o ci vantiamo con toni duri e soddisfatti di reggimenti d'assalto e truppe di prima linea che colpiscono duro. I nostri rivoluzionari sono stati part-time immersi più nella vita che nella guerra. E questo è giusto.

In queste occasioni inalberiamo un Tricolore a mezz'asta. È fatto al campo, inchiodato ad un manico di scopa. Alcuni non lo vedranno nemmeno perché le recinzioni sono ad angolo e si nascondono l'una dall'altra. Vicino ad ogni spalla ci sono i fantasmi del Bogside, ma per i nostri compagni di Derry c'è un dolore speciale, un dolore che non possiamo condividere. Sulla tomba di Ross si desidera l'eloquente [poeta] Pearse o meglio ancora l'operaio arrabbiato e appassionato Connolly, una voce del Nord, dura, diretta, esigente. Dalle celle del carcere di Crumlin Road, si poteva vedere l'ingombrante Cave Hill, luogo di nascita della Repubblica; abbiamo viaggiato per una decina di miglia e il verde e l'arancione ricorderanno ad alcuni di noi che non importa a quale distanza altri possano essere fuggiti dal nome comune di Irishman: è di questo che si tratta, il motivo per cui siamo qui è perché un giorno, in qualche modo crediamo che uomini senza ricchezza erediteranno questa piccola parte della terra.


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