www.resistenze.org - cultura e memoria resistenti - storia - 15-02-22 - n. 817

I crimini dimenticati dell'aggressione italiana alla Jugoslavia

Enzo Pellegrin

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Qui sotto un'immagine dei bianchi campanili della piccola isola di Rab (che molti conoscono col nome italianizzato di Arbe).


Rab, Foto Enzo Pellegrin

Il capoluogo sorge su una penisola prospiciente il mare. Forma con l'altra penisola che si intravede il canale portuale della marina. Al tramonto,i quattro campanili fanno sembrare la sagoma del paese un enorme quattro-alberi alla fonda. Molti avranno visitato l'isola come bellissima meta turistica, tra le tante della Dalmacjia e del Kwarner.

Pochi sanno che in questa isola era ubicato il peggiore tra i campi di concentramento costruiti dagli italiani per deportarvi la popolazione slovena e croata, durante l'occupazione italiana della Jugoslavia, dopo l'invasione del 1941 e l'annessione di grandi porzioni di territorio della Slovenia e dell'attuale Croazia.

A Rab sorgeva l'Auschwitz italiana. Era il campo più duro, più spietato, in cui la popolazione deportata era formata da molte donne e minori.

Contro l'occupazione italiana cominciò una fiera guerra di resistenti partigiani. Gli italiani reagirono rastrellando grandi masse di popolazione ed inviandole a vari campi, tra cui Gonars in Friuli, Monigo, Renicci ed altri. Molte terre e case, soprattutto in Istria, vennero requisite a sloveni e croati e regalate a famiglie italiane. I loro occupanti o proprietari vennero inviati in veri campi della morte. Molti spirarono per le condizioni durissime in cui si trovarono detenuti, per la fame e le malattie.


Un internato del campo di concentramento di Arbe 1942-1943; Interniranec koncentracijskega taborišča Rab; Logoraš na Rabu- dall'articolo "Il campo di concentramento di Arbe: una storia italiana" sul sito "Produzioni dal Basso"  (Produzionidalbasso.com)

A Rab spetta il primato di spietatezza. Il campo non era gestito da milizie fasciste ma dall' XI Corpo d'Armata del Regio Esercito Italiano, agli ordini del Generale Gastone Gambara, il quale così scriveva nelle proprie annotazioni circa la gestione del campo: "campo di concentramento non equivale a campo di ingrassamento". Il comandante del campo era il Tenente Colonnello dei Carabinieri Vincenzo Cuiuli, condannato a morte dai partigiani per i crimini contro l'umanità commessi nella spietata e sadica conduzione del campo. Si toglierà la vita tagliandosi le vene la sera prima dell'esecuzione. Il giorno della liberazione gli internati racconteranno anche della crudeltà del cappellano: don Enzo Mondini, mentre parleranno della pietà dei soli ufficiali medici che cercavano di alleviare le sofferenze.

Ad Arbe si moriva di denutrizione. Venivano somministrati soli 80 grammi di pane al giorno oltre a qualche cucchiaio di una brodaglia cucinata nei bidoni della benzina.

Ad Arbe si moriva di malattia. Il generale Gambara così ancora annotava: «internato ammalato uguale internato tranquillo», e faceva distribuire paglia infestata da pidocchi. La sezione femminile era divisa da quella maschile da un ruscello talmente infestato da pidocchi che era impossibile usare l'acqua, non solo per bere ma nemmeno per lavarsi.

Ad Arbe, alla fine di agosto del 1942, verranno deportati mille minori di sedici anni. Racconteranno che ogni giorno erano costretti, già malati e debilitati, a lavarsi nelle acque del mare, che alla fine di agosto sono già fredde. Racconteranno che un semplice mal di gola ne ha portati molti alla morte. Con l'inverno a Rab batte furiosa la Bora: miete decine di vittime debilitate.

Il campo di Arbe fu costruito in una piana dell'isola soggetta a naturale inondazione, soprattutto in occasione di temporali. La notte tra il 29 ed il 30 settembre del 1942 una tempesta provocò un'inondazione alta un metro che invase il settore femminile e trascinò in mare decine di tende con donne e bambini. Il mattino dopo la baia era costellata da migliaia di piccoli corpi galleggianti.

Il Generale Gambara non rispose di alcuna azione criminale commessa a Rab. Anzi, nel 1952 venne reintegrato nell'esercito. Lo Stato italiano non ha mai inviato alla popolazione jugoslava uccisa a Rab una corona di fiori, non ha mai presentato formali scuse, né tramite il consolato di Rijeka o l'ambasciata a Belgrado, poi a Zagreb e Lublijana.

Torino, 31 agosto 2016.

Fonti:

"Il campo di concentramento di Arbe: una storia italiana" sul sito "Produzioni dal Basso"  (Produzionidalbasso.com)

Alcuni dati dal libro di Franc Potocnik, Il campo di sterminio dell'isola di Rab, Anpi Torino, 1979

- 25mila gli sloveni deportati e 7mila morti nei diversi campi

Nel periodo aprile 1942-gennaio 1943 l'uccisione di ostaggi superò di quasi tre volte le esecuzioni capitali decise dai tribunali militari.

25.000 sloveni residenti nella "nuova" provincia di Lubjana furono deportati nei campi di internamento situati in territorio italiano, soprattutto a Kampor.

Bilancio delle vittime slovene in 29 mesi di terrore fascista nei 4.550 km² della Provincia italiana di Lubjana:

Ostaggi civili fucilati 1.500
Fucilati sul posto 2.500
Deceduti per sevizie 84
Torturati e arsi vivi nell'incendio dei villaggi 103
Uomini, donne e bambini morti nei campi di concentramento    7.000
Case saccheggiate, bruciate e distrutte 12.773
Case gravemente danneggiate 8.850

Sull'argomento può essere guardato  un video presente sulla piattaforma Raiplay:
"L'orrore di Arbe" (https://www.raiplay.it/video/2019/12/Shoah-storie-italiane---Lorrore-di-Arbe-d3ff8352-4913-4e3b-be87-e16af5dc26e3.html).


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