www.resistenze.org - cultura e memoria resistenti - urss e rivoluzione di ottobre - 18-07-13 - n. 463

Sport e socialismo: lo sport come diritto

Bruno Cossío | tintaroja.es
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

08/07/2013

Forse uno degli aspetti più appassionanti del marxismo non è semplicemente, come la socializzazione dei mezzi di produzione suppone, il cambiamento materiale radicale di una società, ma cambiamenti ancor più radicali, che si realizzano quale risultato di queste nuove condizioni materiali e delle nuove relazioni sociali di produzione. Il socialismo non solo genera, ma richiede per la sua perpetuazione e progresso, una nuova concezione dell'essere umano, della sua cultura, della sua istruzione, delle sue relazioni interpersonali ... E' per questo che l'istruzione e la cultura nei paesi socialisti, non solo è stata una priorità per investimenti e universalizzazione, ma è qualitativamente molto diversa dall'istruzione nei paesi capitalistici. Se in questi ultimi prevale la concorrenza, l'individualismo, l'elitarismo e l'educazione iper-specialistica orientata a essere un pezzo in più del mercato del lavoro, la società senza classi che suppone il socialismo richiede per il suo funzionamento di una istruzione e valori proiettati verso il collettivo e verso la formazione integrale di ogni persona, in ogni ambito possibile.

Sebbene sia noto che i paesi socialisti sono stati grandi potenze sportive, non è così tanto conosciuto che i grandi successi sono il risultato, non di una iper-specializzazione nello sport, ma della priorità che si diede a ciò che i sovietici coniarono come "cultura fisica", una parte fondamentale della formazione integrale diretta a tutti e a ciascuno dei cittadini, fondamentale come le scienze o la poesia.

Per avere una migliore prospettiva dello sport nel socialismo, ci rifacciamo al primo stato di operai e contadini della storia, l'Unione Sovietica, a cui si sono ispirate le rivoluzioni seguenti. Lo sport e l'educazione fisica diventarono una preoccupazione fondamentale dello Stato sovietico dalla stessa Rivoluzione d'Ottobre. Già da allora l'educazione fisica viene posta sotto il controllo del Servizio Generale di Istruzione Militare dal quale nascerà, nel 1920, il Consiglio Superiore della Cultura Fisica, in seguito denominato Comitato per le Questioni della Cultura Fisica e dello Sport dell'Unione.

Così, dalla presa del potere da parte dei bolscevichi si colloca lo sport al centro dello stesso sistema educativo: gli insegnamenti sportivi divennero obbligatori sia nell'istruzione primaria, che nell'istruzione tecnico-professionale e nelle istruzioni superiori, tra cui l'università. Oltre ai programmi sportivi per le forze di sicurezza e le forze armate, le aziende, cooperative agricole e statali e istituzioni sovietiche organizzavano corsi di ginnastica nelle loro ore libere. Allo stesso modo, chiunque volesse praticare qualunque tipo di attività fisica nel tempo libero aveva a disposizione corsi formativi in molti poli sportivi. Tutto questo lavoro era coordinato dalle Società Sportive Volontarie dell'URSS, collegate direttamente ai sindacati e ministeri. All'interno di queste società si formavano diversi club sportivi legati a diversi settori dell'attività lavorativa e che sono ancora oggi largamente conosciuti nel mondo dello sport, nonostante questo sia stato mercificato dopo la controrivoluzione degli anni '90. Un esempio è il CSKA (iniziali del Club Sportivo Centrale dell'Esercito) di Mosca, che eccelle soprattutto nel calcio, nel basket (ha vinto quattro Coppe dei Campioni durante l'esistenza dell'URSS) e hockey su ghiaccio. Il CSKA, come suggerisce il nome, erano i club sportivi formati da membri dell'esercito, così come i club sportivi Dinamo erano legati alle forze di sicurezza (così come nella DDR la Dinamo Dresda e la Dinamo Berlino) e altri forse non così conosciuti, formati da lavoratori di settori quali il trasporto marittimo o minerario. Il successo di queste società sportive fu schiacciante: nel 1975 l'Unione Sovietica aveva già più di 50 milioni sportivi ripartiti su circa 219.000 collettivi sportivi.

Come si vede, lo sport non era una professione, ma una costante nella vita dei lavoratori. Abituati come siamo nel capitalismo alle cifre scandalose che coprono diverse stelle dello sport, ci viene difficile immaginare che i giocatori di calcio o di basket nei paesi socialisti fossero pagati come i lavoratori del settore a cui appartenevano. Complessivamente, negli anni 70 e 80 i salari usuali erano di 200-300 rubli al mese, circa il doppio del salario medio e con poca differenza tra il primo e il secondo campionato. A ciò vanno aggiunti i premi per le vittorie sportive, come i 500 rubli che si consegnavano ad ogni giocatore che vinceva la Coppa dell'URSS.

Dall'altro lato, meritano una speciale menzione le Scuole di Sport per l'Infanzia e la Gioventù, famose per aver avviato molti che in seguito divennero campioni olimpici. In questo tipo di scuole entravano bambini e giovani sia su suggerimento del loro centro di studio, sia di propria iniziativa dopo aver superato alcune prove o, come spesso è accaduto, erano le stesse Scuole di Sport che andavano nei centri di studio a selezionare i giovani talenti. Il ciclista Jan Guaricha, cittadino della ex DDR, dichiarava nel 2004:

"Si, devo tutto alla DDR. Nel sistema sportivo attuale non sarei esistito come ciclista. Il mio primo allenatore andava di scuola in scuola in cerca di giovani talenti. Inoltre, mia madre non aveva i soldi per comprarmi una bici da corsa. Magari sarei diventato un atleta, perché per le scarpe da ginnastica avrei potuto avere i soldi".

In queste scuole, pur privilegiando la formazione sportiva, non si dimenticava la formazione accademica e si facilitava e preparava l'accesso all'istruzione superiore. Lo ricorda l'ex cestista Chechu Biriukov:

"La struttura dell'Unione Sovietica era magnifica per lo sport. Per qualsiasi sport. Ci si allenava quasi tutti i giorni due volte. Una al mattino e una al pomeriggio e nel mezzo, si studiava con un programma speciale. Era pensato per far si che potessimo studiare e fare sport".

Ricorda anche alcuni aneddoti curiosi, facendo riferimento a quanto detto prima circa l'istruzione integrale che non trascurava né il fisico e né l'intelletto, come ad esempio quando il suo allenatore li obbligava a leggere libri da Dostoevskij fino a Cervantes o a visitare un museo di ciascuna città nella quale viaggiavano per giocare una partita.

Lo sport non solo era un diritto fondamentale della classe operaia nei paesi socialisti, ma anche coerentemente internazionalista. E' universalmente noto che Cuba esporta medici ai paesi bisognosi, così come accoglie e forma gli studenti di questi paesi. Ciò che non è tanto conosciuto, è che la Scuola Internazionale di Educazione Fisica e Sport di Cuba fa lo stesso con la cultura fisica: forma atleti e allenatori di paesi con poche opportunità per poter esercitare sport e promuovere lì l'attività sportiva. Dalla sua fondazione nel 2001, la scuola ha fornito collaborazione e aiuto tecnico-professionale a 102 paesi di quattro continenti. Allo stesso modo, è stato inestimabile l'aiuto fornito dai 6200 collaboratori della Missione Sportiva Cubana alla Repubblica Bolivariana del Venezuela, attraverso i programmi Dentro il Quartiere Sportivo, Alta Competenza e Formazione delle Risorse Umane, che mirano a migliorare la qualità della vita, promuovere la salute attraverso lo sport e l'esercizio fisico e migliorare i risultati sportivi nazionali ed internazionali.

Molto ancora si potrebbe dire dello sport negli stati socialisti, dato che l'importanza che gli è stata data è irraggiungibile. Dovremmo fare un giro dell'ampio medagliere olimpico dei paesi del Blocco dell'Est, Cuba e Corea; potremmo concentrarci sugli sport che hanno caratterizzato e messo in evidenza i diversi paesi: la ginnastica Sovietica o rumena, il sollevamento pesi bulgaro o forse bisognerebbe parlare delle arti marziali nell'URSS, il Sambo ... Tuttavia, tutti questi successi hanno una base molto più importante ed è quella di considerare lo sport e l'attività fisica come parte fondamentale della cultura e dell'istruzione, garantendo che ogni individuo possa sviluppare il suo potenziale senza alcun ostacolo. Purtroppo per i paesi che hanno subito la controrivoluzione e il regresso al capitalismo, lo sport è tornato in secondo piano ed è diventato di nuovo una professione a cui pochi possono accedere e che molti non possono permettersi di praticare per la mancanza di promozione, impedimenti economici e lunghe giornate lavorative. Sebbene paesi come la Russia abbiano cercato di mantenere il più possibile la struttura sportiva socialista, ci sono persone che soffrono dei loro destini come quello di Florica Leonida, ex campionessa di ginnastica rumena, oggi prostituta in un bordello della Germania. Conoscendo adesso il sistema di cultura fisica socialista, risulta inevitabile chiedersi quante prostitute, quanti immigrati lavorino dall'alba al tramonto, quanti sfrattati dalle banche potrebbero essere campioni del mondo in qualsiasi sport, se questo non fosse un business come è nel capitalismo, ma un diritto vero e proprio come nel socialismo.

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