www.resistenze.org - cultura e memoria resistenti - urss e rivoluzione di ottobre - 27-03-14 - n. 492

Stralci tratti dall'introduzione di Adriana Chiaia e dalle pagine del libro
A. V. TiŠkov, Dzeržinskij il «giacobino proletario» di Lenin. Una vita per il comunismo,
Zambon Editore. 2012.
 
Dalla delinquenza minorile all'educazione socialista
 
"La gioventù è sempre bella se viene educata giustamente". (A.S. Makarenko)
"Quando uno guarda i bambini, pensa, involontariamente, che tutto sia per loro! I frutti della rivoluzione non saranno per noi ma per loro. Ma intanto, molti di essi sono stati rovinati dalla guerra e dalla miseria. Ora bisogna muoversi in loro aiuto, come se si trattasse di salvare bambini che affogano".
 
Con queste accorate parole Dzeržinskij si era rivolto al commissario del popolo all'Educazione, Lunacarskij, per affrontare urgentemente una situazione drammatica.
 
In conseguenza delle invasioni straniere e della guerra civile, nel paese gli orfani ammontavano a cinque milioni e mezzo. La carestia che si era abbattuta nel 1921 sulla regione del Volga aveva aumentato il numero dei bambini orfani. Più di 150.000 bambini erano stati evacuati e sfollati in altri governatorati salvandoli così da una morte sicura.
 
Dzeržinskij non era abituato a lanciare soltanto degli appelli, ma alle parole faceva seguire invariabilmente i fatti. La VCK venne immediatamente coinvolta, e, il 27 gennaio 1921, fu istituita la Commissione per migliorare la vita dei bambini, aggiunta al Comitato Esecutivo Centrale di tutta la Russia. La costituivano i rappresentanti dei sindacati, gli organi educativi, quelli preposti alla salute pubblica, all'alimentazione, e gli ispettorati operaio-contadini.
 
Dzeržinskij, che ne era il presidente, non aveva dubbi sull'appoggio del governo all'iniziativa. Infatti il Consiglio dei commissari del popolo non fece mancare gli aiuti concreti alla commissione. Lenin, ordinò che si trasformassero in istituzioni per l'infanzia le migliori dacie suburbane e i migliori edifici nei sovchozy, e che i treni con le derrate destinate alle case per l'infanzia venissero inviati senza ritardi, come i convogli militari.
 
Nonostante gli enormi compiti che gravavano sulle sue spalle, Dzeržinskij trovava il tempo di visitare le case per l'infanzia e nel suo taccuino si moltiplicavano le richieste che dovevano essere soddisfatte urgentemente. Il suo segretario, al quale venivano consegnati i frettolosi appunti, leggeva: "120.000 brocche, bisogna confezionare 33.000 soprabiti di cotone, si richiede stoffa per 40.000 abiti da donna e da bambino, manca il cuoio per le suole di 10.000 paia di scarpe". Oppure: "Asilo, regione Basm(annyj). Rifugio a Pokrovskij. Non bastano i letti. Fa freddo. Ci sono venticinque lattanti e un'addetta che se ne prende cura". Subito piovevano istruzioni, orientamenti, chiamate telefoniche, lettere. E arrivava il calore fin dove prima della visita di Feliks c'era stato il freddo, e comparivano i lettini e i vestiti.
 
Tuttavia Dzeržinskij non era soddisfatto. Si rendeva conto che aiutare fisicamente i bambini, nutrirli, dare loro un tetto, curare le loro malattie nei migliori ospedali fosse un obiettivo non così difficile da raggiungere. Lo preoccupava un problema molto più complesso: bande di bambini e di adolescenti senza famiglia e senza casa vagavano nei villaggi e ai margini delle città vivendo di furti e dormendo in rifugi di fortuna.
 
"Lei non ci crederà, ma queste facce sporche sono i miei migliori amici - diceva Dzeržinskij rivolgendosi al commissario del popolo alla Giustizia, D.I. Kurskij, - tra di loro trovo sollievo. Bisogna insegnargli tutto: a lavarsi la faccia, a non portar via cose dalle tasche altrui, ad amare i libri. Ma per quanto riguarda l'organizzazione sociale, il coraggio e la pazienza, essi possono dare lezione a noi. Che resistenza, che solidarietà, non si denunciano mai gli uni con gli altri!"
 
"Il carcere semplicemente li rovina". E Feliks propose un'altra soluzione, il lavoro: "il lavoro è il miglior educatore di un bambino o di un adolescente che abbia commesso reati".
 
Dzeržinskij precisò la sua idea. Era necessario creare, per ospitare i giovani delinquenti, delle comuni di lavoro: colonie di tipo speciale, semiaperte, la cui amministrazione si fondasse sul principio della partecipazione degli stessi ragazzi, diretti da operatori esperti in pedagogia, e in cui la base della rieducazione fosse il lavoro, un lavoro serio, utile, non un passatempo o un fiore all'occhiello di cui vantarsi. Che le officine di produzione e le aziende agricole create dai giovani trasgressori delle leggi si trasformassero in mezzi per migliorare la condizione materiale delle comuni.
 
Feliks dovette vincere la resistenza dei contadini del villaggio di Bolševo, sede della prima colonia. Essi mandarono una delegazione a protestare:
 
"Com'è questa cosa, compagno, Dzeržinskij, ladri, delinquenti, e senza custodia? Ci ruberanno tutto nella regione, rovineranno la nostra gioventù …". E quando Feliks ebbe spiegato ai "piccoli padri" la situazione tragica dei ragazzi vagabondi che la guerra aveva privato di una casa e di una famiglia, i contadini si impietosirono ma proposero che la comune sorgesse da un'altra parte…
 
(È automatico il paragone con l'atteggiamento, così comune da noi, della "gente per bene" verso i campi rom. La differenza sta nel fatto che i mezzi di comunicazione borghesi e gli interessi economici ed elettorali che ne sono alla base fomentano questi pregiudizi, mentre nella società socialista la vecchia mentalità viene combattuta con la fermezza e con il convincimento e soprattutto attraverso l'esperienza - in questo caso il successo del lavoro dei ragazzi della colonia - che educa ed eleva la coscienza degli strati più arretrati della popolazione).
 
In un primo momento ci furono obiezioni anche nello stesso Consiglio di direzione della VCK: "Le commissioni straordinarie sono sovraccariche di lavoro nell'espletamento delle loro mansioni principali di lotta alla controrivoluzione. Non hanno tempo di occuparsi dei bambini…"
 
Ma la forza di persuasione di Feliks superò ogni ostacolo: nel 1927 in Ucraina fu fondata, per iniziativa dei cekisti e con il loro sostegno economico, la Comune per ragazzi intitolata a Dzeržinskij. Chi aveva gettato il seme era morto di fatica, ma la pianta aveva attecchito rigogliosa persino in una delle regioni dell'URSS più provata dalle guerre, dalla controrivoluzione delle guardie bianche, dal banditismo endemico e dalla carestia.
 
Occorre qui ricordare che, sempre nel quadro della campagna nazionale per la rieducazione della gioventù, e sempre in Ucraina, la Comune Dzeržinskij aveva avuto un celebre precursore. Nel 1920, quando ancora tuonavano i cannoni dell'invasione polacca, nei pressi di Poltava era sorta la colonia Gor'kij, fondata e diretta da Anton Semënovic Makarenko.
 
Questo maestro di avanguardia, pioniere della riabilitazione della devianza giovanile, riassunse questa esperienza nel suo Poema pedagogico (1), che descrive la vita quotidiana della colonia, gli entusiasmanti successi, ma anche le enormi difficoltà materiali dei difficili anni della nuova vita, ricca da un lato di lotte e contrasti e, dall'altro, di tentativi ed audaci esperimenti (anche nel campo della scienza pedagogica), come era inevitabile che accadesse in una società diretta da una classe già sottomessa e sfruttata che per la prima volta nel mondo veniva alla ribalta della storia come classe dirigente.
 
Dal 1927 al 1935 Makarenko si trasferì nella Colonia di Nuova Char'kov, la Comune dedicata a Feliks Džerzinskij. Qui egli visse una nuova, stimolante esperienza nel fecondo rapporto con i giovani "comunardi" e con i cekisti, fondatori e sostenitori dell'opera.
 
Ecco come ne parla Lucio Lombardo Radice, eminente matematico e pedagogista, membro del Partito comunista italiano che, nella sua introduzione al Poema pedagogico, confronta i metodi "rieducativi" dei giovani delinquenti nelle società capitaliste, ed in particolare in Italia, con quelli praticati in Unione Sovietica:
 
"Mentre nel nostro mondo, rendendo vani gli sforzi di tanti generosi o limitandone l'efficacia - le classi possidenti al potere non sanno offrire che il carcere (la camerata spoglia di tutto, la cella, le inferriate, la rapatura a zero e il vestito grigio) al minore delinquente, anche se al carcere danno ipocritamente altro nome, ecco che il potere sovietico, sin dai primi, difficilissimi suoi giorni, ha dato alle torme di ragazzi che erano diventati ladri e banditi, non solo un tetto e un pane, ma i campi e le fabbriche per lavorare. E gli uomini capaci di farli diventare bravi lavoratori e cittadini: i maestri d'avanguardia. Mentre ancora oggi accade da noi che le autorità preposte all'istruzione affidino al poliziotto o al secondino il ragazzo che ha commesso un reato o una semplice mancanza, nell'Unione Sovietica già nell'anno 1927, la polizia politica, la famosa Ceka che fa vaneggiare di paura tanti "ignorantissimi" benpensanti, affida la piena e completa responsabilità della casa di rieducazione per ragazzi abbandonati (costruita con risparmi dei suoi membri) a un maestro, ad Anton Semënovic Makarenko" (2).
 
Note:
1) A.S. Makarenko, Poema pedagogico, Edizioni Rinascita, Roma, 1952.
2) Ibidem, Introduzione di Lucio Lombardo Radice, p.XXII.
 

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