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Discorso pronunciato da Stalin il 9 febbraio 1946

Stalin | associazionestalin.it

09/02/1946

Riunione elettorale della circoscrizione "Stalin" di Mosca, 9 febbraio 1946, Edizioni in Lingue Estere, Mosca 1946

Compagni! Otto anni sono passati dalle ultime elezioni al Soviet Supremo. È stato un periodo ricco di avvenimenti di carattere decisivo. I primi quattro anni trascorsero in un intenso lavoro dei cittadini sovietici per realizzare il terzo piano quinquennale. L'ultimo quadriennio abbraccia gli avvenimenti della guerra contro gli aggressori tedeschi e giapponesi, - gli avvenimenti della seconda guerra mondiale. Senza dubbio la guerra è il momento più saliente del periodo trascorso.

Sarebbe errato pensare che la seconda guerra mondiale sia scoppiata casualmente o in seguito a errori di tali o tal altri uomini di Stato, sebbene errori, senza dubbio, ve ne siano stati. In realtà la guerra è scoppiata come risultato inevitabile dello sviluppo delle forze economiche e politiche mondiali sulla base dell'odierno capitalismo monopolistico. I marxisti hanno dichiarato più di una volta che il sistema capitalistico dell'economia mondiale cela nel suo seno gli elementi della crisi generale e dei conflitti militari; che, quindi, lo sviluppo del capitalismo mondiale nel nostro periodo avviene, non come un movimento progressivo armonico e uniforme, ma attraverso crisi e catastrofi militari.

È un fatto che l'ineguale sviluppo dei paesi capitalisti porta abitualmente, col passar del tempo, a una brusca rottura dell'equilibrio nell'interno del sistema mondiale del capitalismo; e il gruppo di paesi capitalisti che ritiene essere meno ben fornito di materie prime e di mercati di sbocco, tenta ordinariamente di mutare la situazione e di procedere a una nuova ripartizione, a esso vantaggiosa, delle «sfere d'influenza», facendo ricorso alla forza armata. Si ha allora come risultato la divisione del mondo capitalista in due campi nemici e la guerra tra di essi.

Si potrebbero forse evitare le catastrofi militari se fosse possibile procedere a ripartizioni periodiche delle materie prime e dei mercati di sbocco tra i paesi, secondo il loro peso economico, adottando decisioni pacifiche e di comune accordo. Ma nelle attuali condizioni capitalistiche di sviluppo dell'economia mondiale ciò è irrealizzabile.

Così scoppiò la prima guerra mondiale, risultato di una prima crisi del sistema capitalista dell'economia mondiale. Risultato della seconda crisi fu lo scoppio della seconda guerra mondiale.

Ciò non vuol dire naturalmente che la seconda guerra mondiale sia stata una copia della prima. Al contrario, la seconda guerra mondiale per il suo carattere differisce sostanzialmente dalla prima. Si deve tener presente che, prima di attaccare i paesi alleati, i principali Stati fascisti - la Germania, il Giappone e l'Italia - avevano distrutto nei loro paesi gli ultimi resti delle libertà democratiche borghesi, avevano instaurato nei loro paesi un brutale regime terrorista, avevano calpestato il principio della sovranità e del libero sviluppo dei piccoli paesi, avevano proclamato che la politica di conquista delle terre altrui era la loro propria politica e avevano gridato ai quattro venti che essi volevano l'egemonia mondiale e l'estensione del regime fascista nel mondo intero.

Inoltre, con l'invasione della Cecoslovacchia e delle regioni centrali della Cina, gli Stati dell'asse avevano dimostrato di essere pronti a mettere in atto la loro minaccia di asservire tutti i popoli che amano la libertà. Per questo, la seconda guerra mondiale contro gli Stati dell'asse, a differenza della prima guerra mondiale, assunse fin dall'inizio il carattere di una guerra antifascista, liberatrice, uno degli obiettivi della quale era anche il ristabilimento delle libertà democratiche. L'entrata dell'Unione Sovietica nella guerra contro gli Stati dell'asse non poteva che rafforzare, e rafforzò realmente, il carattere antifascista e liberatore della seconda guerra mondiale.

Su questo terreno si formò la coalizione antifascista composta dall'Unione Sovietica, dagli Stati Uniti d'America, dalla Gran Bretagna e dagli altri Stati che amano la libertà, coalizione che ebbe in seguito una funzione decisiva nella disfatta delle forze armate degli Stati dell'asse.
Ecco come stanno le cose circa la questione delle origini e del carattere della seconda guerra mondiale.

Oggi, a quanto pare, tutti riconoscono che la guerra non fu realmente, nè poteva essere, un effetto del caso nella vita dei popoli; che essa si trasformò di fatto in una guerra di popoli per la loro esistenza, e che, per questa ragione appunto, essa non poteva essere rapida, fulminea.
Per ciò che concerne il nostro paese, questa guerra fu per esso la più crudele e dura di tutte le guerre che la storia della nostra Patria ricordi.

Ma la guerra non fu soltanto una maledizione. Essa fu al tempo stesso una grande scuola in cui tutte le forze del popolo furono messe alla prova e verificate. La guerra mise a nudo tutti i fatti e gli avvenimenti delle retrovie e del fronte, strappò implacabilmente tutti i veli e le maschere che dissimulavano il vero volto degli Stati, dei governi, dei partiti e li espose sulla scena senza maschera, senza orpelli, con tutti i loro difetti e le loro qualità. La guerra sottopose ad una specie di esame il nostro regime sovietico, il nostro Stato, il nostro governo, il nostro partito comunista, e stese il bilancio del loro lavoro, come dicendoci: eccoli, i vostri uomini e le vostre organizzazioni, le loro azioni e la loro vita di tutti i giorni, esaminateli attentamente, e sia dato a ciascuno secondo i suoi atti.
Questo è uno dei lati positivi della guerra.

Per noi, per gli elettori, questa circostanza ha una grande importanza, perchè essa ci aiuta a valutare rapidamente e obiettivamente l'attività del partito e dei suoi uomini, e a dedurre delle giuste conclusioni. In altri tempi, si sarebbero dovuti studiare i discorsi e i rapporti dei rappresentanti del partito, analizzarli, confrontare le loro parole con i loro atti, stabilire un bilancio, e così via. Ciò richiede un lavoro complicato e difficile, e inoltre non si ha nessuna garanzia di non commettere errori. Le cose stanno diversamente ora che la guerra è finita e la guerra stessa ha messo alla prova il lavoro delle nostre organizzazioni e dei nostri dirigenti e ne ha fatto il bilancio. Ora ci è molto più facile raccapezzarci e giungere a conclusioni giuste.

Quali sono dunque i risultati della guerra? Vi è un risultato principale dal quale derivano tutti gli altri. Questo risultato è che verso la fine della guerra i nemici furono sconfitti, mentre noi, insieme ai nostri alleati, fummo i vincitori. Noi terminammo la guerra con una vittoria completa sui nemici: questo è il principale bilancio della guerra. Ma è un bilancio troppo generico e noi non possiamo fermarci qui. Naturalmente, battere i nemici in una guerra come la seconda guerra mondiale, guerra quale la storia dell'umanità non ha mai conosciuto, significa riportare una vittoria di importanza storica mondiale. Tutto ciò è vero. Ma è tuttavia un bilancio generico e noi non possiamo accontentarcene. Per comprendere la grande portata storica della nostra vittoria, è necessario esaminare le cose in modo più concreto.

Come bisogna dunque comprendere la nostra vittoria sui nemici; che cosa può significare questa vittoria dal punto di vista dello stato e dello sviluppo delle forze interne del nostro paese? La nostra vittoria significa innanzi tutto che il nostro regime sociale sovietico ha trionfato, che il regime sociale sovietico ha superato con successo la prova del fuoco della guerra e ha dimostrato la sua piena vitalità.

Come è noto, nella stampa estera fu affermato più volte che il regime sociale sovietico era un «esperimento azzardato», condannato al fallimento, che il regime sovietico era un «castello di carte», senza radici nella vita e imposto al popolo dalla Ceka, e che sarebbe stata sufficiente una piccola spinta dal di fuori perchè questo «castello di carte» si sfasciasse.

Oggi noi possiamo dire che la guerra ha travolto tutte queste affermazioni della stampa estera, come affermazioni infondate. La guerra ha dimostrato che il regime sociale sovietico è un regime veramente popolare, uscito dalle viscere del popolo e che gode del suo potente appoggio; che il regime sociale sovietico è una forma di organizzazione della società pienamente vitale e stabile.

Più ancora. Non si tratta ormai più di sapere se il regime sociale sovietico è vitale o no, perchè, dopo gli insegnamenti tangibili della guerra, nessuno scettico osa più emettere dubbi sulla vitalità del regime sociale sovietico. Oggi si tratta di questo: il regime sociale sovietico si è rivelato più vitale e stabile del regime sociale non sovietico; il regime sociale sovietico è una forma di organizzazione sociale migliore di qualsiasi altro regime sociale non sovietico.

La nostra vittoria significa, in secondo luogo, che il nostro regime statale sovietico ha trionfato; che il nostro Stato sovietico plurinazionale ha resistito a tutte le prove della guerra e ha dimostrato la sua vitalità.

Come è noto, personalità rinomate della stampa estera affermarono più volte che lo Stato sovietico plurinazionale era «una costruzione artificiale e non vitale»; che nel caso di una qualsiasi complicazione, la disgregazione dell'Unione Sovietica sarebbe stata inevitabile; che l'Unione Sovietica avrebbe subito la sorte dell'Austria-Ungheria.

Oggi possiamo dire che la guerra ha smentito queste dichiarazioni della stampa estera, come dichiarazioni prive di qualsiasi fondamento. La guerra ha dimostrato che il regime dello Stato sovietico plurinazionale ha resistito con successo alla prova; che esso si è maggiormente rafforzato durante la guerra e si è dimostrato un regime statale del tutto vitale.

Questi signori non avevano compreso che l'analogia con l'Austria-Ungheria non poteva reggere, perchè il nostro Stato plurinazionale non sorse su una base borghese, che stimola i sentimenti di diffidenza e di odio nazionale, ma sulla base sovietica che, al contrario, coltiva i sentimenti di amicizia e di collaborazione fraterna fra i popoli del nostro Stato.

D'altronde, dopo gli insegnamenti della guerra, questi signori non osano più negare la vitalità del regime statale sovietico. Non è più della vitalità del regime sovietico che si tratta, perchè essa non lascia alcun dubbio. Ora si tratta del fatto che il regime statale sovietico si è rivelato un modello di Stato plurinazionale, che il regime statale sovietico è un sistema di organizzazione statale dove la questione nazionale e il problema della collaborazione delle nazioni sono stati risolti meglio che in qualsiasi altro Stato plurinazionale.

La nostra vittoria significa, in terzo luogo, che le forze armate sovietiche hanno vinto, che il nostro Esercito rosso ha vinto, che l'Esercito rosso ha resistito eroicamente a tutte le avversità della guerra, ha debellato gli eserciti dei nostri nemici ed è uscito vincitore dalla guerra. (Una voce: «Sotto la direzione del compagno Stalin!» Tutti si alzano; applausi fragorosi e prolungati che si trasformano in ovazione).

Oggi tutti riconoscono - sia gli amici che i nemici - che l'Esercito rosso è stato all'altezza dei suoi grandi compiti. Ma ben altra era la situazione sei anni or sono, nel periodo che precedette la guerra.

Come è noto, personalità rinomate della stampa estera e numerosi specialisti militari autorevoli all'estero dichiararono ripetutamente che lo stato dell'Esercito rosso lasciava grandi dubbi, che l'Esercito rosso era male armato e non aveva un vero comando, che il suo morale era al disotto di ogni critica, che forse esso avrebbe potuto servire per la difesa, ma per l'offensiva era inadatto, e che, nel caso di un attacco delle truppe tedesche, l'Esercito rosso sarebbe crollato come «un colosso dai piedi di argilla». Dichiarazioni simili si facevano non solo in Germania, ma anche in Francia, in Inghilterra e in America.

Oggi possiamo dire che la guerra ha smentito tutte queste dichiarazioni, come dichiarazioni infondate e ridicole. La guerra ha dimostrato che l'Esercito rosso non è «un colosso dai piedi di argilla», ma un esercito contemporaneo di prim'ordine, che possiede armamenti assolutamente moderni, ufficiali espertissimi e alte qualità morali e combattive. Non bisogna dimenticare che l'Esercito rosso è quello stesso esercito che sconfisse completamente l'esercito tedesco che ieri ancora incuteva terrore agli eserciti degli Stati europei.

Occorre rilevare che i «critici» dell'Esercito rosso diventano sempre meno numerosi. Più ancora. Nella stampa estera, appaiono sempre più spesso delle note che constatano le elevate qualità dell'Esercito rosso, la perizia dei suoi combattenti e comandanti, l'irreprensibilità della sua strategia e della sua tattica. E ciò si comprende.

Dopo le fulgide vittorie dell'Esercito rosso sotto a Mosca e a Stalingrado, sotto a Kursk e a Bielgorod, sotto a Kiev e a Kirovograd, sotto a Minsk e a Bobruisk, sotto a Leningrado e a Tallin, sotto a Iassi e a Leopoli, sulla Vistola e sul Niemen, sul Danubio e sull'Oder, sotto a Vienna e a Berlino, - dopo tutto ciò è impossibile non riconoscere che l'Esercito rosso è un esercito di prim'ordine, dal quale si potrebbero imparare molte cose.

(Applausi fragorosi).

Così noi comprendiamo concretamente la vittoria del nostro paese sui suoi nemici.
Tali sono nei loro tratti essenziali i risultati della guerra.

Sarebbe errato credere che una simile vittoria storica possa essere riportata senza la preparazione preliminare di tutto il paese alla difesa attiva. Non sarebbe meno errato supporre che una simile preparazione possa essere effettuata in un breve periodo di tempo: in tre o quattro anni.

Più errato ancora sarebbe affermare che noi abbiamo vinto unicamente grazie al coraggio delle nostre truppe. Senza coraggio, naturalmente, è impossibile vincere. Ma il coraggio da solo non basta per trionfare su un nemico che ha un esercito numeroso, un armamento di prim'ordine, dei quadri di ufficiali ben istruiti e un approvvigionamento discretamente organizzato. Per tener testa ai colpi di un simile nemico, per resistergli e infliggergli quindi una sconfitta completa, era necessario possedere, oltre all'impareggiabile coraggio delle nostre truppe, un armamento assolutamente moderno e in quantità sufficiente; inoltre un approvvigionamento bene organizzato, e anch'esso in quantità sufficiente.

Ma per avere ciò era necessario possedere - e in quantità sufficiente - delle cose elementari, come il metallo per produrre le armi e l'equipaggiamento, le attrezzature per le aziende; il combustibile per assicurare il funzionamento delle officine e dei trasporti; il cotone per produrre i corredi; il grano per approvvigionare l'esercito.

Possiamo noi affermare che alla vigilia della seconda guerra mondiale il nostro paese già possedeva il minimo indispensabile di risorse materiali occorrenti per soddisfare fondamentalmente questi bisogni? Credo si possa affermarlo. Per la preparazione di questa opera grandiosa era stato necessario realizzare tre piani quinquennali di sviluppo della nostra economia nazionale. E appunto questi tre piani quinquennali ci aiutarono a creare queste risorse materiali. In ogni caso, sotto questo rapporto, la situazione del nostro paese alla vigilia della seconda guerra mondiale, nel 1940, era di gran lunga migliore che nel 1913, alla vigilia della prima guerra mondiale.

Di quali risorse materiali disponeva il nostro paese alla vigilia della seconda guerra mondiale? Per aiutarvi a raccapezzarvi in questa questione, dovrò farvi un breve resoconto sull'attività svolta dal partito comunista per preparare il nostro paese alla difesa attiva.

Se confrontiamo le cifre del 1940 - vigilia della seconda guerra mondiale - con le cifre del 1913 - vigilia della prima guerra mondiale - avremo il quadro seguente.
Nel 1913 nel nostro paese erano state prodotte 4 milioni e 220 mila tonnellate di ghisa, 4 milioni e 230 mila tonnellate di acciaio, 29 milioni di tonnellate di carbone, 9 milioni di tonnellate di nafta, 21 milioni e 600 mila tonnellate di cereali mercantili, 740 mila tonnellate di cotone grezzo.
Tali furono le risorse materiali con le quali il nostro paese entrò nella prima guerra mondiale.
Tale era la base economica che la vecchia Russia poteva utilizzare per la guerra.

Per ciò che concerne il 1940, il nostro paese produsse nel corso dell'anno 15 milioni di tonnellate di ghisa, cioè quasi quattro volte più che nel 1913; 18 milioni e 300 mila tonnellate di acciaio, cioè quattro volte e mezzo più che nel 1913; 166 milioni di tonnellate di carbone 9 cioè cinque volte e mezzo più che nel 1913; 31 milioni di tonnellate di nafta, cioè 3 volte e mezzo più che nel 1913; 38 milioni e 300 mila tonnellate di cereali mercantili, cioè 17 milioni di tonnellate più che nel 1913; 2 milioni e 700 mila tonnellate di cotone grezzo, cioè 3 volte e mezzo più che nel 1913.
Tali furono le risorse materiali con le quali il nostro paese entrò nella seconda guerra mondiale.
Tale era la base economica che l'Unione Sovietica poteva utilizzare per la guerra.
Come vedete la differenza è colossale.

Questo aumento senza precedenti della produzione non può essere considerato come lo sviluppo semplice e ordinario di un paese che passa da uno stato di arretratezza al progresso. Fu un balzo mediante il quale la nostra Patria si è trasformata da paese arretrato in paese d'avanguardia, da paese agrario in paese industriale.

Questa trasformazione storica è stata compiuta nel corso di tre piani quinquennali, a partire dal 1928, primo anno del primo piano quinquennale. Fino ad allora noi avevamo dovuto dedicarci alla ricostruzione dell'industria distrutta e sanare le ferite della prima guerra mondiale e della guerra civile. E se, oltre a ciò, si considera che il primo piano quinquennale fu eseguito in quattro anni e la realizzazione del terzo piano quinquennale fu interrotta dalla guerra nel corso del suo quarto anno, ne risulta che per la trasformazione del nostro paese da agrario in industriale occorsero soltanto tredici anni all'incirca.

Non si può non riconoscere che tredici anni costituiscono un periodo estremamente breve per realizzare un'opera così grandiosa.
Ciò spiega, in sostanza, perchè la pubblicazione di queste cifre avesse provocato a suo tempo nella stampa estera una tempesta di voci discordi. I nostri amici decisero che era avvenuto «un miracolo», e i malevoli dichiararono da parte loro che i piani quinquennali erano «propaganda bolscevica» e «trucchi della Ceka». Ma siccome nel mondo non avvengono miracoli e la Ceka non è così potente da poter abolire le leggi dello sviluppo sociale, l'«opinione pubblica» straniera dovette rassegnarsi di fronte ai fatti.

Quale fu la politica mediante la quale il partito comunista riuscì ad assicurare queste risorse materiali al paese in un periodo di tempo così breve? Innanzi tutto mediante la politica sovietica di industrializzazione del paese.

Il metodo sovietico di industrializzazione del paese si differenzia radicalmente dal metodo d'industrializzazione capitalista. Nei paesi capitalisti l'industrializzazione incomincia abitualmente con l'industria leggera. Siccome questa esige investimenti minori e favorisce una più rapida circolazione del capitale, ed inoltre è più facile realizzarvi dei profitti che nell'industria pesante, l'industria leggera diventa in quei paesi il primo obiettivo dell'industrializzazione. Soltanto dopo un lungo periodo, durante il quale l'industria leggera accumula profitti e li concentra nelle banche, viene il turno dell'industria pesante, e incomincia il graduale trasferimento nell'industria pesante dei capitali accumulati, perchè siano create le condizioni necessarie al suo sviluppo. Ma questo è un processo lento, che richiede un lungo periodo di parecchi decenni, durante il quale si è costretti ad attendere che l'industria leggera si sviluppi e a vegetare senza industria pesante. È chiaro che il partito comunista non poteva mettersi su questa strada.

Il partito sapeva che la guerra incombeva, che era impossibile difendere il paese senza industria pesante, che bisognava al più presto occuparsi del suo sviluppo e che ritardare in questo campo significava perdere tutto. Il partito ricordava le parole di Lenin affermanti che senza industria pesante era impossibile difendere l'indipendenza del paese, che senza di essa il regime sovietico poteva perire. Perciò il partito comunista del nostro paese respinse la via «abituale» dell'industrializzazione, e incominciò a industrializzare il paese sviluppando l'industria pesante. La cosa fu molto difficile, ma non insormontabile. Un grande contributo a quest'opera fu dato dalla nazionalizzazione dell'industria e delle banche, che permise di raccogliere rapidamente i fondi e di trasferirli nell'industria pesante.

Non v'è dubbio che senza di ciò sarebbe stato impossibile conseguire in un periodo così breve la trasformazione del nostro paese in un paese industriale.

In secondo luogo, mediante la politica di collettivizzazione dell'agricoltura.
Per porre fine alla nostra arretratezza nel campo dell'agricoltura e per dare al nostro paese una maggiore quantità di cereali mercantili, di cotone, ecc., bisognava passare dalla piccola economia contadina alla grande economia, perchè soltanto la grande economia può impiegare i mezzi tecnici moderni, mettere a profitto tutti i successi raggiunti nel campo dell'agronomia e fornire una maggiore quantità di prodotti mercantili. Ma la grande economia può essere di due tipi, capitalista e collettiva. Il partito comunista non poteva mettersi sulla via dello sviluppo capitalista dell'agricoltura, non soltanto per considerazioni di principio, ma anche perchè ciò suppone una via di sviluppo troppo lunga ed esige la preventiva pauperizzazione dei contadini, la loro trasformazione in salariati agricoli.

Perciò il partito comunista si mise sulla via della collettivizzazione dell'agricoltura, sulla via dell'ingrandimento delle economie agricole mediante il raggruppamento delle economie contadine nei colcos. Il metodo della collettivizzazione si è rivelato un metodo al più alto grado progressivo, non soltanto perchè non richiese la rovina dei contadini, ma soprattutto perchè permise di coprire tutto il paese, nello spazio di qualche anno, di grandi economie collettive, aventi la possibilità di impiegare i mezzi tecnici moderni, di utilizzare tutti i progressi agronomici e di dare al paese una quantità maggiore di prodotti mercantili.

Non v'è dubbio che senza la politica di collettivizzazione noi non avremmo potuto porre fine in così breve tempo all'arretratezza secolare della nostra agricoltura.

Non si può dire che la politica del partito non abbia incontrato opposizione. Non soltanto gli uomini arretrati, che rifuggono sempre da tutto ciò che è nuovo, ma anche molti noti membri del partito tiravano sistematicamente indietro il partito e cercavano con tutti i mezzi di spingerlo sulla via «abituale», sulla via dello sviluppo capitalista. Tutti gli intrighi dei trotskisti e dei destri contro il partito, tutto il loro «lavoro» che mirava a sabotare i provvedimenti del nostro governo, perseguivano un solo scopo: far fallire la politica del partito e frenare l'opera di industrializzazione e di collettivizzazione. Ma il partito non si lasciò influenzare nè dalle minacce degli uni, nè dalle urla degli altri e marciò avanti sicuro, nonostante tutto. Il merito del partito consiste nel fatto che non si adattò agli elementi arretrati e non temette di andare contro corrente, mantenendo costantemente la sua posizione di forza dirigente.

Non v'è dubbio che senza una simile fermezza e tenacia il partito comunista non avrebbe potuto difendere la politica di industrializzazione del paese e di collettivizzazione dell'agricoltura.

Ha saputo il partito comunista utilizzare in modo giusto le risorse materiali così create, per sviluppare la produzione bellica e fornire all'Esercito rosso gli armamenti necessari? Io penso che ha saputo farlo, e farlo con il maggior successo.

Se non si tien conto del primo anno di guerra, durante il quale il trasferimento dell'industria in oriente frenò lo sviluppo della produzione bellica, nei tre anni successivi il partito seppe conseguire successi tali che gli permisero non soltanto di fornire al fronte una quantità sufficiente di pezzi di artiglieria, di mitragliatrici, di fucili, di aeroplani, di carri armati, di munizioni, ma di accumulare pure delle riserve. Inoltre è noto che i nostri armamenti per la loro qualità non solo non erano inferiori a quelli tedeschi, ma in generale li superavano.

È noto che la nostra industria dei carri armati negli ultimi tre anni di guerra produsse in media ogni anno più di 30 mila carri armati, cannoni semoventi e autoblinde. (Applausi fragorosi).
È pure noto che la nostra industria aeronautica produsse nello stesso periodo circa 40 mila aeroplani all'anno. (Applausi fragorosi).
È pure noto che la nostra industria d'artiglieria produsse annualmente, nello stesso periodo, circa 120 mila cannoni di tutti i calibri (applausi fragorosi), circa 450 mila mitragliatrici leggere e pesanti (applausi fragorosi), oltre 3 milioni di fucili (applausi) e circa 2 milioni di fucili automatici. (Applausi).
È noto infine che la nostra industria dei mortai produsse annualmente nel periodo 1942-1944 una media di circa 100 mila mortai.

(Applausi fragorosi).

Contemporaneamente, s'intende, fu prodotta una quantità corrispondente di proiettili di artiglieria, di mine di ogni genere, di bombe d'aviazione, di cartucce per fucili e mitragliatrici.
È noto, per esempio, che nel solo 1944 furono prodotti oltre 240 milioni di proiettili, di bombe e di mine (applausi) e 7 miliardi e 400 milioni di cartucce. (Applausi fragorosi).
Tale è, in generale, il quadro che offre il rifornimento dell'Esercito rosso in armamenti e munizioni.

Come vedete, esso non assomiglia al quadro che il rifornimento del nostro esercito offriva durante la prima guerra mondiale, quando il fronte soffriva di insufficienza cronica di mezzi di artiglieria e di proiettili, e l'esercito combatteva senza carri armati e senza aeroplani, quando si distribuiva un fucile per ogni tre soldati.

Per ciò che concerne il rifornimento dell'Esercito rosso in viveri e in vestiario, è a tutti noto che a questo riguardo il fronte non solo non soffriva di nessuna insufficienza, ma disponeva pure delle necessarie riserve.

Così stanno le cose per il lavoro svolto dal partito comunista del nostro paese nel periodo che precedette la guerra e durante la guerra stessa.

Poche parole ora sui piani di lavoro del partito comunista per l'avvenire immediato. Come è noto, questi piani sono esposti nel nuovo piano quinquennale che dovrà essere prossimamente ratificato. I compiti essenziali del nuovo piano quinquennale consistono nel ricostruire le regioni devastate del paese, nel ristabilire il livello prebellico dell'industria e dell'agricoltura e di superarlo quindi in misura più o meno considerevole. Senza parlare poi del fatto che prossimamente sarà abolito il sistema del tesseramento (applausi fragorosi e prolungali), un'attenzione particolare sarà accordata all'aumento della produzione degli articoli di largo consumo, all'elevamento del tenore di vita dei lavoratori mediante il ribasso sistematico dei prezzi di tutte le merci (applausi fragorosi e prolungati) e a una vasta creazione di ogni genere di istituti di ricerche scientifiche (applausi) che permettano alla scienza di sviluppare tutte le sue forze. (Applausi fragorosi).

Non metto in dubbio che se noi presteremo ai nostri scienziati l'aiuto necessario, essi sapranno non solo raggiungere, ma anche sorpassare nel prossimo avvenire i successi raggiunti dalla scienza oltre i confini del nostro paese. (Applausi prolungati).

Per ciò che concerne i piani per un periodo più lungo, il partito intende organizzare una nuova potente ascesa dell'economia nazionale, che ci permetta di elevare il livello della nostra industria, per esempio del triplo in confronto al livello dell'anteguerra. Noi dobbiamo fare in modo che la nostra industria possa produrre annualmente circa 50 milioni di tonnellate di ghisa (applausi prolungati), circa 60 milioni di tonnellate di acciaio (applausi prolungati), circa 500 milioni di tonnellate di carbone (applausi prolungati), circa 60 milioni di tonnellate di nafta.

(Applausi prolungati).

A questa sola condizione noi possiamo ritenere la nostra Patria garantita contro qualsiasi eventualità. (Applausi fragorosi). Ciò richiederà forse ancora tre piani quinquennali se non più.
Ma quest'opera può essere compiuta e noi dobbiamo compierla.

(Applausi fragorosi).

Tale è il mio breve resoconto sull'attività del partito comunista nel recente passato e sui piani del suo lavoro per l'avvenire. (Applausi fragorosi e prolungati).
Sta a voi giudicare in quale misura il nostro partito ha ben lavorato e lavora (applausi), e se non avrebbe potuto lavorare meglio. (Ilarità, applausi).

Si dice che i vincitori non si giudicano (ilarità, applausi), che non li si deve criticare nè controllare. Non è vero. I vincitori si possono e si devono giudicare. (Ilarità, applausi). Li si può e li si deve criticare e controllare. Ciò è utile non soltanto per la causa, ma per gli stessi vincitori (ilarità, applausi); vi sarà meno boria e più modestia.

(Ilarità, applausi).

Io penso che la campagna elettorale sia il giudizio che gli elettori danno sul partito comunista come partito dirigente. Il risultato delle elezioni sarà il verdetto pronunciato dagli elettori. (Ilarità, applausi). Il partito comunista del nostro paese non varrebbe gran che se temesse la critica e il controllo. Il partito comunista è pronto ad accettare il verdetto degli elettori. (Applausi fragorosi).

Il partito comunista non si presenta da solo nella lotta elettorale.
Esso va alle elezioni in blocco con i senza partito. Vi fu un tempo in cui i comunisti provavano un certo senso di diffidenza verso i senza partito e verso la non appartenenza al partito. Ciò va spiegato col fatto che differenti gruppi borghesi, per i quali non era conveniente presentarsi senza maschera davanti agli elettori, si nascondevano spesso sotto l'etichetta di «senza partito». Così fu nel passato, ma ora i tempi sono mutati. I senza partito sono oggi separati dalla borghesia dalla barriera che si chiama regime sociale sovietico. Questa stessa barriera unisce i senza partito con i comunisti in una sola collettività di uomini sovietici.

Vivendo in questa collettività essi lottarono insieme per consolidare la potenza del nostro paese; combatterono e versarono il loro sangue sui fronti, in nome della libertà e della grandezza della nostra Patria; forgiarono e conseguirono insieme la vittoria sui nemici del nostro paese.

La sola differenza esistente fra di loro è che gli uni sono membri del partito e gli altri no. Ma questa differenza è formale. Ciò che importa è che tanto gli uni che gli altri realizzano un'opera comune. Perciò il blocco dei comunisti e dei senza partito è un fatto naturale e di importanza vitale. (Applausi fragorosi e prolungati) .

Concludendo, permettetemi di esprimervi la mia riconoscenza per la fiducia che mi avete dimostrato (Applausi prolungati che durano a lungo. Una voce: «Per il grande capitano di tutte le vittorie, per il compagno Stalin urrà!») presentando la mia candidatura a deputato al Soviet Supremo. Potete essere certi che farò di tutto per giustificare la vostra fiducia.

(Tutti si alzano. Applausi fragorosi che durano a lungo e si trasformano in ovazione. Da tutte le parti si grida: «Viva il grande Stalin, urrà!», «Per il grande capo dei popoli, urrà!», «Gloria al grande Stalin!», «Viva il compagno Stalin, candidato di tutto il popolo!», «Gloria al compagno Stalin, artefice di tutte le nostre vittorie!»).


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