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Convegno - Napoli, 21-23 novembre 2003:I
problemi della transizione al socialismo in URSS
Sintesi convegno
A conclusione del Convegno, nella sessione conclusiva di domenica 23 novembre,
è stata discussa, come previsto, la proposta di costituzione del “Centro studi
sulla transizione”.
Vi hanno partecipato compagni provenienti da almeno dieci realtà regionali,
oltre a due compagni italiani ma residenti in Francia e in Germania.
Dopo aver valutato molto positivamente la partecipazione, l’andamento e l’esito
del Convegno a averne sottolineato i contenuti a gli aspetti più significativi,
tutti hanno convenuto sull’assoluta necessità di proseguire il percorso
intrapreso e di dar vita al Centro.
Non essendoci alcun motivo particolare di urgenza per prendere frettolosamente
le decisioni necessarie (programma, statuto, strutture, organigramma, etc.);
avendo tutti espresso la volontà di raccogliere contributi e suggerimenti dei
compagni impossibilitati ad essere presenti al Convegno; tenuto conto, però,
che tutti hanno espresso chiaramente la volontà e la necessità di dar subito
seguito al lavoro iniziato e arrivare in tempi brevi alla costituzione del
Centro, è stato deciso di:
1. Far conoscere a tutti gli
interessati – soprattutto a chi non ha potuto partecipare – l’andamento e i
risultati del Convegno di Napoli, attraverso un rapido ma puntuale resoconto e
la circolazione dei materiali presentati e discussi. A questo scopo è stato
deciso di redigere un breve resoconto e di fornire subito, a chi ne farà
richiesta, copia delle relazioni e delle comunicazioni scritte disponibili,
intanto che si possa, nei tempi più brevi possibile, raccogliere i contributi
mancanti e procedere alla stampa degli atti del Convegno.
2. Chiedere a tutti i compagni di
far pervenire critiche, suggerimenti, proposte etc. utili a meglio definire il
programma di lavoro e ad operare tutte le scelte necessarie per la costituzione
del Centro a cui si dovrebbe arrivare ragionevolmente nell’arco di due-tre
mesi.
3. Proporre una ipotesi di
programma di lavoro, tale da raccogliere i suggerimenti già avanzati e di
impegnare le risorse umane già disponibili, ma realistico e praticabile:
- a. una ricognizione puntuale sulle fonti indispensabili per il lavoro di
ricerca e di studio (biblioteche, archivi, pubblicazioni periodiche, etc.),
sulla possibilità di accesso ad esse, di fruizione, di utilizzo, etc.;
- b. un lavoro di “relazioni esterne” nei confronti di altri compagni,
intellettuali, enti culturali e universitari, istituzioni, organismi etc. volto
ad ottenere – direttamente o indirettamente – ulteriori apporti di idee e di
lavoro, patrocini scientifici, contributi qualificati (tesi di laurea o di
dottorato, etc.), risorse economiche, etc.;
- c. organizzare, ovunque sia possibile, laboratori, seminari o corsi di
lezioni finalizzati alla informazione, alla formazione o allo studio, anche con
l’uso di materiali documentari e di supporti audiovisivi e con l’ausilio di
compagni qualificati, interni o vicini al Centro;
- d. dar vita o cogliere tutte le opportunità possibili per fare opera di
informazione non solo sulle attività del Centro, ma sull’esperienza positiva
dei percorsi di transizione al socialismo, anche in collaborazioni con realtà
esterne al Centro (organismi, periodici, etc.);
- e. individuazione e stabilimento di rapporti di collaborazione con intellettuali,
enti e strutture non italiane, con particolare attenzione e priorità a quelli
esistenti oggi nei territori dell’ex URSS;
- f. formulazione di un piano di pubblicazioni che, dopo gli Atti del Convegno
di Napoli, consenta una regolare produzione editoriale comprensiva sia di
testi, sia di saggi, in ambiti molto diversi (classici, letteratura, etc) –
quando necessario con l’opportuno corredo critico –, in grado di supportare
l’attività del Centro e di dare adeguata circolazione agli esiti del suo lavoro;
- g. dar vita ad una pubblicazione periodica, semmai sotto forma di volumi
monografici;
- h. realizzare un sito web;
- i. preparare un nuovo convegno entro un anno.
I punti sub f. e g. si avvarranno dell’impegno di due compagni editori che –
insieme, e ricercando anche altre collaborazioni nel settore – proporranno
modalità e percorsi di un progetto concretamente praticabile.
4. Dar vita ad un organismo
provvisorio di coordinamento, sotto la direzione del compagno Andrea Catone,
formato da compagni con specifiche competenze e, ad un tempo, con diverse
provenienze territoriali.
S. M.
* * *
Si è svolto a Napoli, tra il 21 e il 23 novembre, il convegno promosso dal
Centro culturale “La Città del Sole” con il patrocinio dell’Istituto Italiano
per gli Studi Filosofici e dell’Istituto di Scienze Filosofiche e Pedagogiche
dell’Università degli Studi di Urbino, sui “problemi
della transizione al socialismo nell’URSS”.
No, non abbiamo sbagliato data! Il convegno si è svolto proprio nel 2003, a 12
anni dalla fine dell’URSS, a poco meno di novant’anni dalla rivoluzione
d’Ottobre. E non intendeva essere - e non è stato - un convegno di
“archeologi”, o di “nostalgici” che intendevano ricordare, commemorare, un
tempo che fu. Esso ha scrutato nell’esperienza quasi secolare dell’URSS
collocandosi dalla parte del “movimento reale che abolisce lo stato di cose
presente”. A questo proposito il convegno ha posto le basi per la realizzazione
di un obiettivo ambizioso: dar vita ad un Centro
studi sulla transizione, che eviti la dispersione di materiali e
libri preziosi, promuova iniziative di studio e analisi, nonché di diffusione
di conoscenza tra le giovani generazioni, attraverso pubblicazioni, conferenze,
seminari. “Quella della transizione dal capitalismo al socialismo - ha detto Sergio Manes nell’introduzione - è una
delle questioni centrali della storia recente, che ha attraversato gran parte
del ‘900, e ancora resta aperta nel nuovo millennio, sia per quei paesi che
ancora si pongono in una prospettiva socialista, sia per quelle forze che
intendono ricollocarsi e proseguire il proprio percorso in quella stessa
direzione. La sua mancata o parziale soluzione ha, per il momento, determinato
la sconfitta delle esperienze che convenzionalmente vengono definite di ‘socialismo
reale’, con il conseguente sconvolgimento negli assetti economici e politici
sull’intero pianeta negli ultimi anni del XX secolo. Essa è, tuttavia,
questione aperta che ancora divide studiosi e politici – quanto meno nel
giudizio che deve esser dato sulle esperienze ancora in atto e sulle loro
prospettive –, questione di immensa portata e complessità, decisiva per la
storia dell’intera umanità, sempre affrontata in modo episodico e ancora ben
lontana da una compiuta comprensione”. Una storia oggi rimossa, o
prevalentemente scritta da chi vede in essa una sequela imperdonabile di errori
ed orrori.
Abbiamo invece bisogno di studi scientifici e capacità critica - la verità è
rivoluzionaria! - per liberare la storia dell’URSS e delle rivoluzioni
socialiste dalla gabbia di menzogne, denigrazioni, demonizzazioni, categorie
interpretative parziali, riduttive, devianti (“burocrazia”, “statalismo”,
“totalitarismo”) che è stata costruita nel corso del ‘900 e si è consolidata in
questi ultimi anni, in cui lo stravolgimento dei fatti, frutto di una feroce
lotta ideologica condotta dal capitale (si vedano operazioni da “Libro nero del
comunismo”) è divenuto senso comune grazie anche alla cortina di silenzio
opprimente e liquidatorio che sull’esperienza dell’URSS e dei paesi socialisti
è calata a sinistra, sì che si possono contare sulle dita di una mano le
iniziative che negli ultimi 10-12 anni sono state dedicate a restituire ai
comunisti, e soprattutto alle giovani generazioni, una storia di uomini in
carne ed ossa che hanno tentato in condizioni difficilissime “l’assalto al
cielo”, il più grandioso progetto di emancipazione che l’umanità abbia
conosciuto. La prima cosa di cui abbiamo bisogno oggi è di riappropriarci - e
farne appropriare le giovani generazioni - di quella storia, senza
giustificazionismi apologetici e senza demonizzazioni. Oggi sono purtroppo
altri a raccontarla, in modo grottesco, deformato, riduttivo. Ma essa, invece,
è la nostra storia, e come tale va sentita e interpretata: Nessun serio progetto
di emancipazione dell’umanità può ritenere di eluderla o aggirarla, ritenendola
storia altra, o addirittura opposta rispetto al suo progetto.
Il convegno, completamente autofinanziato (i numerosi relatori e partecipanti
sono venuti a proprie spese, il che dimostra quanto sia sentita come viva e
attuale la questione) ha affrontato alcuni nodi teorici essenziali con la
lucida e articolata relazione di Alessandro
Mazzone, che ha fissato alcuni punti fermi sulle nozioni di
“transizione”, “modo di produzione”, “formazione economico-sociale”,
ricostruendo anche a grandi linee i momenti alti del dibattito teorico, cui
dettero un contributo rilevante (anche se pressoché ignorato dagli studiosi
occidentali) gli studi di Markow e della scuola degli storici di Lipsia nella
RDT; nonché di Gianfranco Pala,
che ha enucleato le categorie economiche marxiste della società di transizione,
in cui merce, mercato, denaro, prezzo non scompaiono. La lunga diatriba su
“socialismo e mercato” non ha senso: se la transizione socialista non può
ancora dissolvere le classi, i prodotti debbono essere necessariamente
scambiati in forma di merce – cioè in base a un prezzo e pertanto con denaro. E
dove c’è merce c’è mercato, per definizione. Ma merce e mercato hanno una
diversa natura: ciò che predomina nel mercato socialista è una sorta di “merce
semplice”. In questo senso, le riflessioni di Pala – in cui il “pessimismo
della conoscenza” sui tempi storici molto lunghi della transizione sembra non
lasciare spazio all’“ottimismo della volontà” – incrociano quelle di Fausto Sorini sul ruolo strategico che
rivestono le elaborazioni dell’ultimo Lenin sulla NEP – Lenin insiste su una
lunghissima transizione, in cui convivono elementi di capitalismo e di
socialismo - e di Evgenij Varga (che diresse per vent’anni, dal 1927 al 1947,
l’istituto di economia e politica mondiale dell’URSS), che pensava ad una
“democrazia di nuovo tipo” per la transizione nei paesi dell’Europa orientale.
Il grande errore della teoria sovietica, soprattutto nel periodo successivo
agli anni ’70, fu quello di ritenere che l’URSS fosse già arrivata allo stadio
del “socialismo maturo”, precludendo così un approccio scientifico alla
conoscenza della società, con le sue contraddizioni, e dunque anche la
possibilità di una sua corretta direzione politica da parte del PCUS. Del
resto, come osserva Andrea Catone,
sulla persistenza di categorie mercantil-monetarie nel socialismo, l’ultimo
scritto di Stalin, “Problemi economici del socialismo in URSS”, affronta le
questioni in termini problematici e nient’affatto trionfalistici, indicando
tutto un cammino ancora da percorrere. Quest’ultimo testo, insieme a quello sul
marxismo e la linguistica, di poco precedente, costituisce per Hans Heinz Holz il “testamento filosofico e
politico di Stalin”, che il filosofo berlinese interpreta, tra l’altro, come
un’indicazione di abbandonare, dopo le tensioni del periodo della guerra, le
forme imposte dal periodo eccezionale e di ricercare un terreno caratterizzato
da minore conflittualità sociale: “una tale interpretazione autorizza una
spiegazione differenziata del periodo, più di quanto non avvenga con l’usuale
pubblicistica, che tutto tratteggia in bianco o nero, dunque, con rigide
opposizioni”.
Ciò vale anche per lo studio dell’impostazione e organizzazione della scienza
sovietica, delineato nella relazione di Andrea
Martocchia, che, partendo da un’analisi non riduttiva e non
schematica del “caso Lysenko” (il conflitto tra due tendenze della scuola
genetica alla fine degli anni ‘30), ha tratteggiato un ricco quadro delle
conquiste e dei problemi della scienza in URSS, di cui si ha tuttora in
Occidente “un’immagine sostanzialmente caricaturale con finalità
propagandistiche. A quanto pare, una analisi seria, una storia credibile della
scienza sovietica la possiamo incominciare a scrivere solamente noi”. E della
ricchezza del dibattito ideologico, della complessità e pluristratificazione
della cultura sovietica ha parlato, da un particolare e interessantissimo
angolo visuale, che è quello del cinema, Guido
Oldrini, secondo cui “l’unica cosa che criticamente non si deve
fare, a proposito del cinema sovietico degli anni ’30, è proprio quella che,
nel più dei casi, oggi viene fatta: mettere tutto quanto insieme in unico
fascio, liquidandolo alla svelta sotto l’etichetta di ‘totalitarismo
staliniano’”. (Tra l’altro, uno degli obiettivi che si prefigge il Centro di
documentazione e studio sulla transizione è quello di recuperare e rendere di
nuovo fruibile il ricchissimo patrimonio della cinematografia sovietica).
L’articolazione della società sovietica, il dibattito appassionato sulle grandi
questioni della società emerge ancora con chiarezza nel dettagliato e
approfondito studio di Cristina Carpinelli
su donne e famiglia in URSS dagli anni venti agli anni quaranta: una vera e
propria rivoluzione culturale nel rapporto tra i sessi proposta dalla Kollontaj
e un’avanzatissima legislazione familiare devono fare i conti (e modificarsi)
con le esigenze di una società radicalmente trasformata dall’industrializzazione
e, nel secondo dopoguerra, con la realtà di una popolazione maschile falcidiata
dalla guerra. Del resto, anche nel campo dell’educazione, la società sovietica
discusse e sperimentò con una ricchezza che – come scrive Ferdinando Dubla nella sua comunicazione su
Makarenko e la didattica del collettivo – “costituiscono ancora oggi un
prezioso punto di riferimento per tutti i ricercatori e operatori
dell’educazione che vogliono operare contro i riferimenti scolastici e
culturali propri del capitalismo liberista e imperialista, senza per questo
cadere nei teoremi della descolarizzazione e della morte dell’intenzionalità
pedagogica”.
L’analisi storica si è spesso intrecciata con un approccio critico
alle categorie interpretative: prendendo le mosse dal celebre libro di Trockij
su “La rivoluzione tradita”, Domenico Losurdo
ha messo in discussione la categoria stessa di “tradimento” della
rivoluzione (essa è già presente nelle polemiche dei primi anni venti
nell’opposizione non a Stalin, ma a Lenin dopo la repressione della rivolta di
Kronstadt). Teoricamente e politicamente più adeguata è la categoria di
“processo di apprendimento” dall’esperienza storica. Stalin ha iniziato un
grande processo di apprendimento, ma non sa passare dallo stato d’eccezione
alla normalità. Ma questo “passaggio alla normalità”, secondo Aldo Bernardini, docente di diritto
internazionale, intervenuto con una relazione sul confronto tra la costituzione
sovietica del 1936 e quella del 1977, era, se si tiene conto del pesante
condizionamento internazionale, fortemente problematico: l’uscita
dall’emergenza non si può fare a comando, e finché c’è imperialismo, c’è
rischio di restaurazione capitalistica. A questo proposito, la relazione
inviata da Kurt Gossweiler,
prendendo le distanze da teorie complottistiche che non riescono a dar ragione
dei processi strutturali che conducono alla sconfitta del socialismo,
sottolinea però il ruolo della personalità nella storia, che, nella transizione
socialista, è ben più rilevante che nella società borghese. Il “revisionismo”,
nella teoria e nella pratica politica, di Chruscev, sarebbe stato un fattore
deleterio che avrebbe minato alla base la società sovietica preparando il suo
disfacimento. Per comprendere il quale, però, secondo Alessandro Hoebel, autore di un’ampia e
accurata ricerca sui fattori di crisi che portano all’implosione del 1991,
sarebbe errato un approccio unilaterale: va colta invece, in tutta la sua
portata, la dialettica tra fattori endogeni ed esogeni (le guerra fredda e la
corsa agli armamenti), tra fattori storici di lunga durata (tra i quali il
problema dell’arretratezza, la dialettica isolamento/integrazione rispetto al
sistema mondo capitalistico) e fattori contingenti (il ruolo di Gorbacev e
Eltsin negli ultimi anni di vita dell’URSS). Su quest’ultimo aspetto getta
nuova luce la relazione di Marcello Graziosi
sulla politica interna ed estera dell’URSS nel breve periodo della direzione
andropoviana, il cui corso si interrompe troppo prematuramente, mentre Mauro Gemma fornisce un utilissimo ed
esauriente quadro sullo spettro delle forze politiche in Russia oggi, dodici
anni dopo la dissoluzione dell’URSS e alla vigilia delle elezioni
presidenziali.
Ricostruzione storica e analisi politica e teorica si sono ancora intersecate
nei lavori dettagliati e densi di Gianni
Fresu che ha ripreso l’analisi leniniana della concreta formazione
economico-sociale russa in rapporto al problema delle alleanze operai-contadini
nel periodo della NEP, il cui superamento nell’economia pianificata staliniana
fu dettato dalla “necessità di compiere un balzo enorme nello sviluppo delle
proprie forze produttive”, per difendere il paese in previsione di una nuova
guerra imperialistica; e di Adriana Chiaia,
che ha ridisegnato il quadro politico ed economico della collettivizzazione
delle campagne, senza eludere la questione della repressione di massa, delle
deportazioni e della forte mortalità che il processo di collettivizzazione
comportò, ma collocandolo – sulla base di dati e documenti, che smentiscono le
cifre iperboliche di Conquest – nella sua dimensione storica che non consente
assolutamente l’equazione “bolscevismo = nazismo”. Sugli anni ’20-’30
interviene anche la comunicazione di Lorenzo
Pace sulle istituzioni e le organizzazioni della dittatura del
proletariato in URSS, mentre Ruggero
Giacomini affronta il rapporto Stalin/Trockij di fronte alla
politica dei fronti popolari e alla guerra, osservando che la tesi
dell’estraneità del principale oppositore di Stalin rispetto agli avvenimenti
russi degli anni trenta viene smentita dalle carte dello stesso archivio
Trockij presso la Houghton Library dell’Università di Harvard; “come Lenin
aveva intuito, la rottura e lo scontro tra Trockij e Stalin ebbe gravissime
conseguenze. Fu ‘guerra civile’ nella guerra mondiale, senza confini e senza
regole e avrebbe profondamente segnato la vicenda dei comunisti nel XX secolo”.
Alessandro Leoni ricostruisce il
quadro geopolitico complessivo in cui si giunge a stipulare il patto
Ribentropp-Molotov, col preciso intento di affrontare un argomento utilizzato
come una clava dai sostenitori dell’equiparazione nazismo/comunismo (che il
patto mostrerebbe in maniera esemplare e paradigmatica), ma che gli storici,
anche quelli più ufficiali, di parte comunista, hanno trattato sempre di
sfuggita e con un taglio iperdifensivistico che tradiva un qualche imbarazzo, a
causa della profonda influenza idealistica, moralistica, propria all’intero
movimento comunista del ‘900.
Il convegno è stato dunque molto denso e ricco di relazioni, interventi,
osservazioni, con una presenza sempre attenta dei partecipanti, tra cui un bel
gruppo di giovani compagni provenienti da diverse città italiane. Esso è
riuscito, oltre le aspettative degli stessi promotori, a suscitare interesse e
volontà di riprendere a studiare e approfondire le questioni della transizione
al socialismo, con passione e rigore critico. Esso ha dimostrato anche che è
possibile riunire in una discussione costruttiva, basata sullo studio
scientifico dei problemi, studiosi e militanti della “diaspora” marxista e
comunista, accomunati dalla consapevolezza che senza teoria e conoscenza delle
esperienze e dei progetti di transizione al socialismo... nessun altro mondo è
possibile.
A.C.
* * *
In attesa della pubblicazione degli “Atti” del Convegno, le relazioni, le
comunicazioni e i contributi scritti pervenuti possono essere richiesti
all’indirizzo e.mail:
centroculturale@lacittadelsole.net
oppure scrivendo al
Centro “Culturale La Città del Sole”
Centro studi sulla transizione
Via dei Tribunali, 362
80138 Napoli
ovvero telefonando al numero 081 4206374
o al 081 299215
Ricordiamo a tutti di far pervenire tempestivamente:
critiche, suggerimenti, proposte etc. utili a meglio definire il programma di
lavoro e ad operare tutte le scelte necessarie per la costituzione del Centro;
indirizzi (e.mail, postali, telefonici) di persone ed enti interessati al
lavoro del Centro;
eventuali adesioni o proposte di collaborazione.
Auguriamo a tutti buon lavoro.
S. M.
Centro Culturale La Città del Sole
Via dei Tribunali, 362 - 80138 Napoli – Tel.: 081/299215