L'atteggiamento dei maoisti nei confronti dello stato indiano è chiaro. Impegnati in una lotta armata per rovesciarlo, i maoisti vedono questo stato come il loro nemico. Che dire di quel segmento della sinistra, tuttavia, che non è impegnato nella lotta armata, ma partecipa alle elezioni parlamentari, forma di tanto in tanto i governi a livello statale, e opera in conformità della costituzione? Trova accettabile l'attuale stato indiano? E dal momento che secondo la sua analisi, tale stato è uno stato borghese (o uno "stato borghese possidente") votato a difendere la proprietà capitalistica, può affermarsi che la "sinistra parlamentare" si sia rassegnata al mantenimento del sistema capitalista in India?
Mentre molti risponderebbero a questa domanda in modo affermativo, la sinistra negherebbe con veemenza questa accusa. Direbbe invece di essere come sempre votata al rovesciamento del capitalismo e dello stato borghese, ma solo quando le condizioni saranno mature. Il suo vivere all'interno della costituzione e la sua accettazione dello stato borghese indiano (e occasionalmente diventando anche parte di esso, dal momento che i governi territoriali non sono al di fuori dell'ambito statale), sarebbe solo un modo per lavorare dall'interno dell'ordine costituito, guadagnare il necessario sostegno popolare per rovesciare l'ordine stesso. E per raccogliere questo sostegno, la sinistra lavora non solo nell'arena parlamentare, ma anche in altre sfere in cui si cerca di costruire movimenti popolari.
Questo è stato l'argomento che il Partito comunista non ancora diviso avanzò nel momento in cui cassò la lotta armata di Telangana [rivolta contadina contro i signori feudali della regione di Telangana in India centrale, 1945-1951, ndt] concorrendo alle prime elezioni generali del paese nel 1952, sotto la vigenza della nuova costituzione. Questo ragionamento tuttavia richiama un'immagine strana, quella di un partito pazientemente "in attesa" o impegnato a lavorare diligentemente per il raggiungimento di un epilogo dove sarà premiato con un adeguato sostegno popolare, un po 'come i "virtuosi" che saranno compensati nel "giorno del giudizio". Tale immaginario è ovviamente inaccettabile per la sinistra, il che significa che questa argomentazione non può rimanere così spoglia; deve essere impreziosita da un ragionamento più articolato. Questo ragionamento più articolato, a mio avviso, può essere descritto come segue.
Lo stato borghese, non è un'entità fissa. Esso può assumere diverse forme e sembianze. Una dittatura fascista è uno stato borghese (dove le imprese monopolistiche sono direttamente coinvolte nell'esercizio del potere statale) tanto quanto un democratico "welfare state", dal momento che entrambi sono impegnati nella difesa e promozione della proprietà capitalistica. La forma e il contenuto dello stato borghese in altre parole cambia nel corso del tempo e questo cambiamento è guidato da due fattori: uno è dato dai cambiamenti "spontanei" che si verificano nella natura del capitalismo, che la sinistra crede derivino dalle tendenze immanenti del capitale, dalla logica interna del suo funzionamento, a partire dal capitalismo di "libera concorrenza" del tempo di Adam Smith per arrivare al capitalismo monopolistico; l'altro è il grado di resistenza e pressione popolare che viene utilizzata nei confronti dello stato.
Il capitalismo vuole in genere che l'intervento dello stato sia diretto a promuovere e favorire la logica interna del suo funzionamento anziché contrastarla. E' sempre nel tentativo di assicurare che la pressione popolare sullo stato sia mantenuta sotto controllo, che il bisogno dello stato di adottare misure rispondenti ai desideri del popolo e contro le esigenze del capitale viene inibito. In breve, esso tenta sempre e costantemente di diminuire la democrazia.
Questo fatto è talvolta dichiarato apertamente. Nel 2006, per esempio, quando il governo Vajpayee perse le elezioni in India, il Wall Street Journal, deplorando tale sviluppo, aveva candidamente osservato che all'elettorato "da solo" non dovrebbe essere consentito di scegliere il governo; piuttosto, tutti i gruppi di interesse economico, tra cui gli investitori, dovrebbero avere una voce in capitolo! Più di recente in Europa, sulla scia del referendum in Grecia, l'elettorato è stato descritto come un "fastidio" dai portavoce della finanza.
Naturalmente, i cambiamenti, come quello del 2006, non necessariamente incidono negativamente sugli "investitori". Il prossimo governo, dal momento che non tirerà fuori paese fuori dal vortice dei flussi finanziari globali (che la globalizzazione, quale risultato della logica di funzionamento del capitale, comporta necessariamente), sarà costretto a perseguire le stesse politiche di quello precedentemente sfiduciato, per paura che ogni allontanamento da queste politiche possa offendere capitale finanziario e causare quindi fughe di capitali e crisi finanziarie. Ma tutto ciò sottolinea solo il fatto che i capricci del capitale finanziario sostituiscono le richieste del popolo in un'economia esposta ai flussi finanziari globali, vale a dire che tale esposizione riduce la democrazia. Non importa chi il popolo elegge, non importano le promesse fatte al popolo prima delle elezioni, il nuovo governo eletto tradirà necessariamente questi impegni fintanto che manterrà gli stessi collegamenti esterni del governo precedente (come Syriza in Grecia ha appena dimostrato).
Che abbia o meno successo, la resistenza del popolo agisce come un contrappeso contro questa tendenza "spontanea" del capitale ad attenuare la democrazia e in certe specifiche congiunture può risultare discretamente potente. Il periodo post-bellico in Europa, quando la resistenza della classe operaia nazionale (Winston Churchill, lo ricordiamo, perse le elezioni in Gran Bretagna subito dopo la guerra a causa dell'avversione della classe operaia verso le sue politiche socio-economiche) e la paura del comunismo costrinsero il capitale a fare delle concessioni, è un esempio evidente di tale congiuntura. La "gestione della domanda" e lo "stato sociale" delle politiche keynesiane ne sono stati i risultati.
In quel periodo, in altre parole, lo stato borghese, pur senza cessare di esserlo, è stato spinto in una direzione assistenzialista sotto la pressione popolare e contro la volontà della borghesia stessa. In un secondo momento, allorché il capitale si è globalizzato in conseguenza delle proprie tendenze immanenti, né lo stato-nazione, né il movimento della classe operaia (che continua ad essere organizzata su base nazionale) sono stati abbastanza potenti per scoraggiare l'imposizione dell'agenda borghese. La "spontaneità" del sistema si è riaffermata tramite l'esclusione l'ingerenza dello stato contro la sua logica interna, la quale opera per l'indebolimento della resistenza e dei diritti dei lavoratori, per la creazione di un esercito industriale di riserva, per ricacciare indietro le garanzie del welfare statale e per l'attenuazione della democrazia.
Dal momento che le tendenze spontanee del capitale spingono sempre lo stato borghese nella direzione dell'autoritarismo, la difesa e la promozione del suo contenuto democratico esistente, attraverso la mobilitazione della resistenza popolare, diventa un obiettivo della sinistra. La sinistra, ne consegue, non si occupa solo di raccogliere tranquillamente le sue forze all'interno di una qualche entità fissa chiamata stato borghese, fino a quando queste forze siano abbastanza forti per rovesciare questo stato. Essa si occupa di difendere in ogni momento il contenuto democratico dello stato borghese, contro il tentativo della borghesia stessa di erodere quel contenuto.
In altre parole, all'interno dell'obiettivo strategico della sostituzione dello stato borghese esistente, difendere il contenuto democratico del sistema costituzionale e politico contro il tentativo della borghesia di spingerlo in una direzione più autoritaria, diventa una tattica essenziale nella lotta per il superamento dello stato borghese. Questo perché una tale lotta in difesa del contenuto democratico dello stato borghese, diventa anche una lotta contro i gruppi dominanti della borghesia che stanno dietro a tale spinta autoritaria.
Anzi, paradossalmente, il difendere qualunque contenuto democratico esistente nello stato borghese diviene un potente ed efficace intervento nella lotta globale contro lo stato borghese. Ciò perché questo modo di superare lo stato borghese agisce come un contrappeso contro l'imposizione in un secondo momento di qualsiasi nuovo tipo di autoritarismo, di ogni dittatura del partito unico. E ciò funziona in ogni fase, mobilitando grandi masse popolari, insieme ad altre formazioni politiche che parimenti si oppongono all'autoritarismo, cosa che conferisce una potenza di gran lunga maggiore.
Tutto ciò illustra chiaramente la situazione indiana. Per portare avanti "riforme" neoliberiste, come l'esproprio della terra dei contadini senza il loro consenso (un esempio di ciò che Marx aveva chiamato "accumulazione primitiva del capitale") e l'introduzione della "flessibilità del mercato del lavoro" (allo scopo di ridurre i diritti dei lavoratori e inibire la loro resistenza), obiettivi che sono in linea con le tendenze immanenti del capitale, i monopoli di impresa dell'India hanno supportato nelle ultime elezioni una formazione politica sostenuta da un'organizzazione comunitario-fascista il cui obiettivo dichiarato rimane la creazione di un "Hindu Rashtra" [sistema di governo fondato sull'ideologia nazionalista Hindu, ndt]. Questa alleanza aziendal-comunitaria che ha acquisito il potere ha già spinto in modo piuttosto palpabile il paese verso una direzione autoritaria. Diventa importante a questo punto che, invece di screditare come "farsa" qualsiasi contenuto democratico esistente all'interno dello stato, la sinistra difenda questo contenuto democratico dello stato borghese. Il contenuto democratico dello stato borghese, in altre parole, diventa un luogo per la lotta di classe. Solo nella difesa della democrazia la sinistra può sperare di trascendere il sistema.
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