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- pensiero resistente - dibattito teorico - 14-04-16 - n. 585
Tesi III del X Congresso: Rafforzare il partito, organizzare la rivoluzione
Partito Comunista dei Popoli di Spagna (PCPE) | pcpe.es
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
02/04/2016
Un Partito con capacità politiche e organizzative superiori
L'asse centrale del X Congresso del PCPE è quello di sviluppare in modo significativo il rafforzamento del Partito come strumento per l'organizzazione della rivoluzione socialista in Spagna e per portare la classe operaia al potere.
Nel convocare questo Congresso, il Comitato Centrale ha inteso affermare che lo sviluppo del Partito, dal precedente IX Congresso, é progredito significativamente e in modo positivo, ma che le sue capacità umane e materiali sono state del tutto insufficienti per le esigenze necessarie al raggiungimento del nostro obiettivo, quello di diventare la forza politica determinante nella lotta rivoluzionaria.
Il IX Congresso aveva concordato il termine di un anno dalla sua celebrazione, per dotarsi di un apparato centrale cioè una struttura di risorse che ampliano le capacità di lavoro e di direzione politica del Partito. Questo obiettivo, considerato importante, non è stato raggiunto.
Si possono rilevare in questi anni tutta una serie di progressi organizzativi e politici importanti: un miglioramento generale del nostro orientamento nel lavoro di massa, una presenza territoriale dell'organizzazione in pressoché tutto lo Stato e anche il successo di alcune attività centrali che abbiamo realizzato in questi ultimi anni. Ci siamo inoltre dotati di risorse migliorative in materia di agitazione e propaganda e abbiamo perfezionato le nostre elaborazioni e forme di intervento in determinati fronti di massa.
Tutto questo è stato realizzato con una Direzione centrale che ha dovuto lavorare con risorse ridotte e che ha fatto del volontarismo una componente sovradimensionata della sua attività. Anche se è certo che qualsiasi impegno rivoluzionario avrà sempre una forte componente volontaria, posto che nuotiamo controcorrente e affrontiamo sempre difficoltà di ogni tipo nella lotta di classe quotidiana, è autenticamente irresponsabile che tutti i compiti si basino su un volontarismo illimitato. Quando si agisce così, si sommano i rischi che mettono a repentaglio il progetto e inoltre, viene fortemente limitata la possibilità che la realtà ci offre di raggiungere obiettivi superiori nella lotta rivoluzionaria.
Dietro a tutto questo non c'è, essenzialmente, un problema economico. C'è un problema politico. Se risolviamo il problema politico le risorse economiche appariranno.
Questo problema politico ha a che vedere con una mancanza di convinzione rivoluzionaria che è, in ultima istanza, una mancanza di fiducia nella classe operaia e nella nostra lotta per la vittoria della rivoluzione socialista.
Così ci si adagia su una certa posizione a un determinato livello di sviluppo politico: potremmo definirlo un appagamento raggiunto con mezzi "artigianali", nel senso posto da Lenin e si considera irraggiungibile il progresso verso l'impiego di metodi "professionali", la cui necessità è urgente per collocare il PCPE a un livello superiore del suo sviluppo.
E d'altra parte, nemmeno si può ricadere in un'approccio semplicistico dei metodi professionali. Non stiamo parlando di un ufficio a Madrid con un certo numero di militanti che si dedicano completamente alle attività del Partito, non stiamo parlando di quadri del Partito che si alienano nella loro attività militante quotidiana.
Quando parliamo di metodi professionali bisogna pensare a una concezione rigorosa del centralismo democratico e a una coerenza tra il discorso e la pratica. Questo è il punto di partenza per giungere a implementare i metodi professionali.
Esempio: quante cellule del Partito scendono in strada tutti i mesi per vendere la stampa in modo costante e continuato? La risposta non può essere soddisfacente. Se le cellule eseguissero questo compito, assolutamente basilare, oggi venderemmo svariate migliaia di copie e questo non avviene.
Se non riusciamo a trasformare una questione tanto elementare come questa in pratica naturale e quotidiana, non potremo raggiungere obiettivi superiori che sono assolutamente inderogabili. E se, per questioni casuali, improvvisamente, avremo a disposizione risorse economiche sufficienti per montare questo apparato centrale professionalizzato, avremo creato un autentico mostro che finirà per divorarci.
Il progredire delle capacità centrali del Partito o si supporta con una quotidianità della sua base militante nella pratica bolscevica che reclamiamo o correrà sempre il rischio di generare deviazioni politiche e/o ideologiche con conseguenze fatali per qualsiasi organizzazione rivoluzionaria.
Oggi il PCPE si trova ad affrontare questa congiuntura e il X Congresso deve svolgere un ruolo determinante per risolverla positivamente. Dibattiamo a fondo questa questione.
Che il dibattito nelle cellule affronti queste questioni, che si analizzi quello che si fa e quello che non si fa nella pratica quotidiana concreta, senza autocompiacimenti, né mistificazioni, che si giudichi come si applicano e compiono le direttive del Comitato Centrale, come funziona il rendere conto in ogni cellula e in ogni Comitato, come si applica la politica dei quadri del Partito: sono questioni imprescindibili nel processo del Congresso.
Bisogna portare questi dibattiti nelle proposte per migliorare la Tesi III, per conseguire che questa tesi si inserisca in una forma più diretta con la realtà organizzativa e con la pratica del Partito. E che come risultato del dibattito si creino condizioni superiori per l'intervento politico del PCPE.
Se questo viene fatto bene, con autentico senso rivoluzionario, avanzeremo in termini reali verso la creazione dell'apparato centrale di cui necessitiamo. Non un apparato retorico, né artificiale, ma l'apparato che il Partito, nel suo attuale livello di sviluppo, necessita.
Il nuovo comitato centrale
Militanti di base con responsabilità superiori
Un altro degli obiettivi del X Congresso è quello di dotare il Partito di un nuovo Comitato Centrale, capace di sviluppare le decisioni del Congresso e dirigere il Partito verso il successo degli obiettivi superiori che ci poniamo. E' una sfida di enorme complessità.
La storia del comunismo nel nostro paese illustra quanto difficile è azzeccare la decisione corretta e come le decisioni sbagliate suppongono, prima o dopo, conflitti interni che lacerano l'organizzazione e distruggono il lavoro paziente e gli sforzi di molti anni, di una militanza fortemente compromessa con il suo impegno rivoluzionario.
E' importante precisare un principio fondamentale su come intendiamo la nostra militanza rivoluzionaria: al PCPE si arriva per essere militante di base. Detto in altro modo, nel PCPE non si viene per far carriera politica. E sono precisamente coloro che hanno la qualifica di quadri di Partito quelli che più di tutti devono assumere questa concezione di militanti di base.
Nel PCPE parliamo di costruire una nuova cultura rivoluzionaria che rompa con la vecchia cultura del comunismo occidentale e spagnolo, della cospirazione interna, del doppio discorso, della paura del centralismo e delle priorità personali prima del Partito.
Senza questa nuova cultura rivoluzionaria non andremo avanti nel nostro progetto. L'opportunismo ha distrutto in Spagna le posizioni più coerenti nella lotta rivoluzionaria, che si materializzarono al calore della III Internazionale. Il PCPE è emerso come forza nella lotta contro questa nefasta deriva e per questo abbiamo avuto la capacità di resistere e svilupparci come il progetto di cui ha bisogno la classe operaia per la sua emancipazione. Questo è avvenuto perché, nonostante le nostre difficoltà ed errori, hanno sempre dominato le caratteristiche proprie del progetto che con enorme entusiasmo abbiamo iniziato a costruire nel gennaio del 1984.
E' molto importante che i quadri scelti per il nuovo Comitato Centrale siano militanti della lotta di massa, attivisti quotidiani della loro cellula, con una storia di impegno con il Partito e con le masse, senza titubanze, né debolezze. Essi sono uomini e donne che, in un determinato periodo, hanno dimostrato nella pratica il loro impegno come militanti della rivoluzione.
Bisogna esigere molto dal percorso militante di ogni membro che si propone al Comitato Centrale. Non devono esistere falsi pudori al momento di discutere se qualche quadro possiede o no le caratteristiche necessarie per far parte dello Stato maggiore della rivoluzione. La critica e l'autocritica sono strumenti di conoscenza, quando si sanno utilizzare con rigore: in questa occasione questo è, se possibile, ancora più necessario.
Necessitiamo di un Comitato Centrale con quadri che ricoprano tutti i compiti che esige la lotta politica di classe. Chi avrà responsabilità più interne nelle finanze, organizzazione, ecc. e chi si assumerà una responsabilità fondamentale nei fronti di massa: movimento operaio, liberazione della donna, movimento locale, lotta antimperialista, ecc. Sarà necessario contare, inoltre, su membri che hanno disponibilità di tempo e priorità per i compiti centrali, ma assolvendo allo stesso tempo le altre caratteristiche precedentemente esposte.
I membri del nuovo Comitato Centrale devono sapere che la loro nuova responsabilità esigerà in particolar modo che continuino a essere militanti di base, con una rigorosa vita nella cellula e con una attività prioritaria nelle lotte di massa.
Una pratica militante che possa rendere reale l'obiettivo della fusione del Partito con le masse
Ogni militante deve intervenire in un fronte di massa
Il PCPE ha come obiettivo che il principio leninista della "fusione del Partito con le masse" si converta in un elemento determinante della sua pratica politica e che questo principio guidi l'intervento della sua militanza nel quotidiano della sua partecipazione nella lotta di classe.
Cosa significa questo e come si ottiene? Rispondere a ciò, in termini concreti, è uno degli obiettivi evidenziati del X Congresso. La Tesi III affronta questa questione e propone linee di lavoro.
Per spiegare questa idea, la nostra militanza si può domandare, nel quotidiano, in quali ambiti sociali vicini alla sua organizzazione territoriale (alla sua cellula, in modo più concreto) il Partito interviene in modo naturale e se è riconosciuto come organizzazione operaia rivoluzionaria che fa parte di questi determinati ambiti sociali prossimi. Se la risposta è SI andiamo bene, se la risposta è NO andiamo male.
Il Partito Comunista, nello svolgersi della sua azione rivoluzionaria, deve conseguire un ampia influenza sulle masse operaie e su altri settori del popolo. Influenza che abbia come conseguenza che queste masse e settori assumano la necessità oggettiva di metter fine al capitalismo come sistema sociopolitico, se vogliono liberarsi dalla loro situazione di oppressione e sfruttamento.
La rivoluzione deve esser compresa come un ampissimo processo sociale nel quale l'ideologia oggi dominante viene progressivamente accerchiata e indebolita, fino a metterla in crisi nella sua attuale capacità di alienare le ampie masse. Questo processo avverrà, con maggiore o minore rapidità, a seconda della capacità del Partito Comunista di guadagnare influenza, prestigio e leadership in queste masse operaie e popolari. Indebolendo, con il suo intervento dirigente, l'attuale egemonia dell'ideologia della borghesia (nella sua versione liberale o socialdemocratica) e dotando la classe operaia di un pensiero proprio - indipendente - che gli permetta di avanzare nel processo di convertirsi in protagonista della propria storia.
Come avviene questo? Come il Partito può esser riconosciuto dalla classe operaia come la sua organizzazione naturale nel contesto delle attuali condizioni sfavorevoli della lotta ideologica? Con la pratica di tutti i giorni. Senza pratica il Partito Comunista rimane impiantato nella retorica, anche se i suoi brillanti proclami sono altisonanti in nome delle masse. Così la retorica la possiamo definire fraseologia senza pratica (ciarlataneria), niente più di un gioco che nulla ha a che fare con l'azione rivoluzionaria pratica e cosciente (prassi) che trasformerà tutta la società. Il gioco non trasforma nulla, il gioco è fumo.
Questa pratica potrà realizzarsi se esiste una relazione - pluralità di relazioni - della militanza del Partito in quanto organizzazione, con le distinte istanze organizzative e sociali della classe operaia e dei settori popolari.
In primo luogo nel sindacato e nelle organizzazioni del movimento operaio in generale e allo stesso tempo anche in ogni tipo di fronte di massa, dove la classe operaia e i settori popolari esprimono le loro inquietudini e interessi.
Intendere e assumere l'enorme potenzialità di questi fronti è un requisito imprescindibile per qualsiasi militante della rivoluzione. I movimenti delle donne per la loro emancipazione; l'ampio movimento per la pace, per la smilitarizzazione e per la riduzione della spesa militare; il movimento per l'ambiente e contro il cambiamento climatico; il movimento studentesco; le lotte contro le privatizzazioni, ecc.
La presenza, impegnata e militante, senza uno schematico carattere strumentale, del Partito Comunista in tutti questi processi aiuta a creare le condizioni per il suo riconoscimento come organizzazione naturale della classe, come organizzazione di fiducia che ci differenzia dal resto delle organizzazioni politiche che, di una o altra forma, sono al servizio della borghesia. Se il Partito non c'è, non otterrà mai questo riconoscimento.
Il Partito partecipa in tutte le lotte che sorgono all'interno del popolo, della classe, rischia, lavora, unifica. In questa lotta guadagna riconoscimento e capacità di direzione politica. Il popolo riconosce il Partito nel suo ruolo dirigente se partecipa e si impegna, se è presente in forma continuata. Se la sua militanza dimostra, nella pratica, che agisce coerentemente con il suo ideale politico. Se la sua militanza non si nasconde, non teme di esser identificata per la sua condizione rivoluzionaria.
Non è possibile militare nel Partito Comunista e non avere una fiducia assoluta nella capacità delle masse di sfondare tutti i limiti repressivi collocati dal sistema. La rivoluzione è possibile, il nostro compito è organizzarla, con le masse. Con la fusione del Partito con le masse.
Le masse come categoria del marxismo
Brevemente. Uno stadio con centinaia di migliaia di persone che assistono a una partita di calcio, non sono masse. Se centinaia di migliaia di persone, con l'intervento del Partito, gridano slogan contro la NATO o contro Miguel Ángel Ramírez (1), si trasformano in masse.
La differenza? Sta nel momento in cui queste persone acquisiscono coscienza di aver interessi comuni e li esprimono in modo coordinato, producendo una unità interna tra queste centinaia di migliaia di persone che materializzano i loro interessi nella smilitarizzazione delle Canarie o nel farla finita con uno sfruttatore che stabilisce condizioni particolarmente inique su oltre settemila persone che sfrutta nel suo gruppi di imprese. Quelli che non gridano gli slogan non fanno parte delle masse.
Questo è un esempio elementare della nostra concezione del termine massa, come categoria del marxismo.
Note:
1) Dispotico imprenditore canario, Presidente dell'Unione Sportiva
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