www.resistenze.org - pensiero resistente - dibattito teorico - 13-06-20 - n. 754

Verso l'Ottobre e dopo l'Ottobre: Lenin sulla pace

Murat Akad | sol.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

2020

L'articolo redatto da Murat Akad per il Comitato per la Pace della Turchia analizza l'atteggiamento di Lenin verso la pace, e il ruolo del concetto di pace nel pensiero di Lenin. Secondo Akad, l'approccio di Lenin può essere suddiviso in quattro fasi, caratterizzate da elementi sia di continuità sia di rottura; e nell'insieme esse formano un sistema coerente.

«Fino a che sussistono il capitalismo e il socialismo, essi non possono vivere in pace: o l'uno o l'altro avrà alla fine la sua vittoria, il requiem sarà cantato alla fine per la repubblica sovietica o invece per il capitalismo mondiale» [1]

Sono trascorsi 75 anni dalla fine della seconda guerra mondiale nel teatro europeo. A partire da quel momento l'Unione Sovietica - che era stata il bersaglio del fascismo tedesco, che aveva perduto oltre 26 milioni di cittadini e la cui industria, agricoltura e infrastruttura nei territori occupati erano distrutte - iniziò a curare le ferite della guerra. Entro pochi anni sarebbe stato creato un "sistema socialista".

Tra le conseguenze della guerra mondiale vi fu l'espansione del socialismo, che si diffuse in altri Paesi oltre all'Unione Sovietica. La stessa Unione Sovietica era stata una delle conseguenze del primo conflitto mondiale, che aveva avuto dimensioni analoghe.

In questo articolo ci concentreremo sul periodo segnato dalla prima guerra mondiale. Analizzeremo l'approccio di Lenin alla pace e il ruolo che il concetto di pace occupa nel pensiero di Lenin. È possibile suddividerlo in quattro fasi. Tra queste fasi vi sono elementi sia di continuità sia di rottura; e nell'insieme esse formano un sistema coerente.

La prima fase si può far coincidere con il periodo conclusosi con lo scoppio del primo conflitto mondiale. Il documento più importante che analizza questa fase è il manifesto adottato nel 1912 dal congresso straordinario  di Basilea della Seconda Internazionale. La fase successiva va dall'inizio della guerra nel 1914 alla Rivoluzione d'Ottobre del 1917. La terza fase coincide con il breve periodo successivo alla rivoluzione, caratterizzato da aspettative di una rivoluzione mondiale. Nell'ultima fase, con il venir meno di queste aspettative, fu adottata la linea del «socialismo in un solo Paese».

Verso la guerra

I segnali dell'avvicinarsi di una guerra generale erano già percettibili molto tempo prima del 1914, l'anno in cui il conflitto ebbe effettivamente inizio. Mentre il militarismo guadagnava terreno e le minacce di guerra subivano un'escalation, le classi operaie organizzate di vari Paesi europei iniziarono a levare la propria voce contro questi sviluppi. Lenin prese atto di questo in un articolo redatto nel 1908. Nell'articolo, intitolato «Una pacifica manifestazione degli operai inglesi e tedeschi», Lenin cita una manifestazione tenuta il 20 aprile 1908 a Berlino, a cui presenziarono anche rappresentanti operai britannici insieme agli operi tedeschi. Sottolinea come gli operai siano contro le tensioni tra i Paesi capitalisti. I discorsi tenuti in occasione della manifestazione, e citati da Lenin, rispecchiano chiaramente il suo atteggiamento verso la guerra. Lenin afferma che la decisione sulla guerra o sulla pace è nelle mani degli operai, e che le guerre servono gli interessi delle classi possidenti.

«L'assemblea si è conclusa con l'unanime approvazione di una risoluzione in cui si condanna "la politica egoistica e miope delle classi dominanti e sfruttatrici" e si esprime la decisione di operare secondo la deliberazione del congresso internazionale di Stoccarda, di lottare cioè con tutti i mezzi e con tutte le forze contro la guerra». [2]

Il congresso di Stoccarda qui citato è quello della Seconda Internazionale tenuto nel 1907. In un altro articolo da lui redatto riguardo al congresso di Stoccarda, Lenin aveva illustrato i compiti dei socialisti di fronte al militarismo montante e alle minacce di guerra.

«[Hervé] non capiva che la possibilità di «rispondere» alla guerra dipende dal carattere della crisi che la guerra stessa provoca. Da queste condizioni dipende la scelta dei mezzi di lotta, e inoltre queta scelta deve consistere (è questo il terzo punto delle incomprensioni o della stoltezza dell'herveismo) non in una mera sostituzione della pace alla guerra, ma nella sostituzione del socialismo al capitalismo. L'importante non è soltanto impedire lo scoppio della guerra, ma utilizzare la crisi da questa generata per affrettare l'abbattimento della borghesia». [3]

Il documento che illustra nel modo migliore l'approccio di Lenin alla pace in questo periodo è il Manifesto di Basilea, adottato dal congresso straordinario della Seconda Internazionale tenutosi il 24-25 novembre 1912 a Basilea. Lenin utilizzò questo documento come riferimento essenziale nella sua polemica contro i socialdemocratici che formavano l'ala destra della Seconda Internazionale - coloro i quali non presero posizione contro la guerra e sostennero le classi borghesi dei rispettivi Paesi. Inserì inoltre il documento come supplemento nelle successive edizioni dell'opuscolo intitolato L'imperialismo, da lui composto nel 1916. Lenin - così come Rosa Luxemburg e Martov - fu tra coloro che collaborarono a emendare il Manifesto. Così come viene enunciata dal documento, la risoluzione segue le orme di quelle del Congresso di Stoccarda del 1907 e del Congresso di Copenhagen del 1910.

Durante il Congresso di Basilea, l'enfasi sulla prevenzione della guerra con ogni mezzo - l'enfasi sulla pace - è ancor più esplicita. Il Manifesto di Basilea chiama gli operai e i loro rappresentanti a fare tutto ciò che è in loro potere per prevenire lo scoppio del conflitto. La cooperazione internazionale operaia aveva dato un contributo fondamentale alla difesa della pace mondiale, che era ora minacciata. Era stato dimostrato che il timore della borghesia riguardo a una rivoluzione proletaria conseguenza di un conflitto mondiale aveva costituito una garanzia vitale per la pace. [4]

Nella risoluzione si citano specificamente i fermenti politici e le crescenti tensioni nei Balcani, e si pone l'enfasi sulla fraternità tra i popoli. Si afferma che i socialdemocratici dei Paesi balcanici e quelli dell'Austria-Ungheria e dell'Italia - Paesi che perseguono obiettivi imperialistici nei Balcani - devono opporsi a queste tendenze. I socialdemocratici italiani e austro-ungheresi devono opporti ai progetti imperialistici dei loro Paesi e, nel contempo, «proseguire i loro sforzi per il rafforzamento delle relazioni pacifiche tra Austria-Ungheria e Italia» [5].

D'altro canto, la maggiore minaccia alla pace è l'ostilità tra Gran Bretagna e Germania. «Il superamento di tutte le divergenze esistenti tra Germania da un lato e Gran Bretagna dall'altro rimuoverebbe il maggiore rischio per la pace internazionale».[6]

«Per prevenire la distruzione del fior fiore di tutti i popoli, minacciato dagli orrori della strage, della fame e della pestilenza, il proletariato metterà in campo tutta la sua energia... Contrapponendo così al mondo capitalista dello sfruttamento e del massacro indiscriminato il mondo proletario della pace e della fratellanza tra i popoli!». [7]

La guerra va prevenuta con ogni mezzo, perché le devastazioni che essa provocherebbe colpirebbero in primo luogo la classe operaia e i poveri. Nel documento è presente anche la chiave per la linea da adottare in caso di guerra: «Qualora dovesse comunque scoppiare la guerra, essi dovranno operare affinché essa si concluda rapidamente, e dedicare ogni sforzo all'utilizzo della crisi economica e politica creata dalla guerra allo scopo di sollevare le masse popolari e affrettare il crollo del dominio della classe capitalista».

«L'unica garanzia di pace sta nel movimento organizzato e cosciente della classe operaia». [8]

Le risoluzioni di Stoccarda e di Basilea non si limitarono a definire la posizione contro la guerra, ma consentirono a Lenin e ai bolscevichi di proseguire la lotta su una linea coerente. Questa stessa linea fu seguita dagli altri elementi di sinistra del movimento socialista internazionale. La destra aveva abbandonato la nave. In tal modo, il futuro della tradizione rivoluzionaria passò nelle mani della sinistra - e un'importante conseguenza sarebbe stata la Terza Internazionale.

Nel momento in cui scoppiò la guerra, nel 1914, Lenin viveva nel villaggio di Poronino, presso Cracovia. Pochi giorni dopo fu arrestato con l'accusa di spionaggio. Fu rilasciato per interessamento di diversi amici, ma fu obbligato a lasciare l'Austria-Ungheria. La sua successiva destinazione fu la Svizzera. Redasse le sue tesi contro la guerra appena giunto a Berna, il 5 settembre. Queste tesi furono adottate dai bolscevichi nel corso di una riunione tenutasi il 6-7 settembre. Le tesi definiscono «borghese, imperialista e dinastico» il carattere del conflitto.

Il significato e lo scopo della guerra era il saccheggio dei Paesi e il desiderio di ingannare, dividere e neutralizzare i proletari di tutti i Paesi, aizzando gli schiavi salariati di una nazione contro gli schiavi salariati dell'altra, a beneficio della borghesia. Era necessario battersi contro lo sciovinismo, che preparava il terreno ideologico per la guerra, e contro l'opportunismo nell'ambito della socialdemocrazia. [9]

Lenin e i bolscevichi proseguirono la loro lotta contro la guerra su questa linea tra l'inizio del conflitto e il momento in cui giunsero al potere con la Rivoluzione d'Ottobre.
Durante questo periodo, Lenin si batté contro il pacifismo, l'appello astratto a favore della pace. A suo avviso, ciò equivaleva semplicemente a ingannare la classe operaia.

Questa la sua dichiarazione alla Conferenza delle sezioni estere del POSDR, riunitasi tra il 27 febbraio e il 4 marzo 1915 a Berna: «Oggi la propaganda della pace, se non è accompagnata dall'appello all'azione rivoluzionaria delle masse, può soltanto seminare illusioni, corrompere il proletariato inculcandogli la fiducia nell'umanitarismo della borghesia e facendo di esso un trastullo nelle mani della diplomazia segreta delle nazioni belligeranti». [10]

Lenin definì il tipo di pace che i socialisti dovevano esigere, citando i socialdemocratici che avevano preso posizione a favore della guerra appoggiando le borghesie dei rispettivi Paesi. Si pronunciò contro gli appelli per una pace generale provenienti dai vari schieramenti in guerra - tutti questi appelli, infatti, erano funzionali agli interessi delle parti in causa. Al contrario, nell'essenza gli appelli per la pace dovevano chiarire agli occhi delle masse la differenza tra capitalismo e socialismo, e non tentare di riconciliare due classi ostili e due linee politiche contrapposte. Ogni politica basata su invasioni e annessioni doveva essere abbandonata. Si doveva riconoscere il diritto all'autodeterminazione delle nazioni. Tutti i popoli e le colonie dovevano essere liberi. E tutto ciò sarebbe stato reso possibile soltanto da una serie di rivoluzioni, dal successo della rivoluzione socialista.

«Questo vuol forse dire che i socialisti possono restare indifferenti di fronte all'esigenza di pace, presente fra masse sempre più larghe? Niente affatto. Una cosa sono le parole d'ordine dell'avanguardia cosciente degli operai, un'altra cosa le rivendicazioni spontanee delle masse. L'aspirazione alla pace è uno dei sintomi più importanti della delusione che incomincia a farsi strada nei confronti delle menzogne borghesi sugli scopi "di liberazione" della guerra, sulla "difesa della patria", e sugli altri inganni della classe dei capitalisti ai danni della plebe. I socialisti debbono considerare con la massima attenzione questo sintomo. Bisogna compiere ogni sforzo per utilizzare lo stato d'animo delle masse favorevole alla pace». [11]

Nelle parole di Lenin, il «Programma di Pace» dei socialisti si poteva riassumere come segue:
«Il "programma di pace" della socialdemocrazia deve consistere anzitutto nello smascheramento dell'ipocrisia delle frasi borghesi, socialscioviniste e kautskiane sulla pace. Questo è il primo e fondamentale punto. Altrimenti diveniamo i favoreggiatori involontari o volontari dell'inganno delle masse. Il nostro "programma di pace" esige che il punto principale della socialdemocrazia in questa questione - la negazione delle annessioni - venga applicato effettivamente, e non a parole, serva alla propaganda internazionalista, e non all'ipocrisia nazionale. Bisogna quindi spiegare alle masse che la negazione delle annessioni, cioè il riconoscimento dell'autodecisione, è sincero soltanto allorquando il socialista di ogni nazione rivendica la libertà di separazione delle nazioni oppresse dalla sua nazione. Come parola d'ordine positiva, che trascina le masse alla lotta rivoluzionaria e spiega la necessità di provvedimenti rivoluzionari in favore della pace "democratica", deve essere lanciata la parola d'ordine: rifiuto di pagare i debiti di Stato».

«Il nostro "programma di pace", infine, deve spiegare che le potenze imperialiste e la borghesia imperialista non possono dare una pace democratica. Bisogna cercare di ottenerla, non guardandoci alle spalle, guardando all'utopia reazionaria del capitalismo non imperialistico oppure all'unione di nazioni uguali in diritti in regime capitalista, ma avanti, alla rivoluzione socialista del proletariato. Nessuna rivendicazione democratica fondamentale può essere realizzata più o meno ampiamente e saldamente negli Stati imperialistici più progrediti se non attraverso le battaglie rivoluzionarie sotto la bandiera del socialismo».

«E chi promette ai popoli una pace "democratica", senza propagandare nello stesso tempo la rivoluzione socialista e rinnegando la lotta - già in tempo di guerra - per attuarla, inganna il proletariato». [12]

Le devastazioni causate dalla guerra colpivano duramente la popolazione russa, così come le altre. E il desiderio di pace si era fortemente intensificato. I bolscevichi collocarono questo desiderio, così come molti altri, al vertice delle loro politiche.

Dopo l'Ottobre

La lotta, proseguita su questa linea, giunse a una svolta decisiva con la Rivoluzione d'Ottobre. Il Secondo Congresso Panrusso dei Soviet dei Rappresentanti degli Operai e dei Soldati si riunì il giorno stesso in cui i bolscevichi proclamarono il loro potere. Nella seconda giornata del congresso, Lenin presentò la sua «Relazione sulla pace». La relazione conteneva il «Decreto sulla pace», che fu adottato dal congresso.

«Il governo ritiene che continuare questa guerra per decidere come le nazioni potenti e ricche devono spartirsi le nazioni deboli da esse conquistate sia il più grande delitto contro l'umanità e proclama solennemente la sua decisione di firmare subito le condizioni di una pace che metta fine a questa guerra in conformità delle condizioni sopraindicate, parimenti giuste per tutti i popoli senza eccezione».

«Nello stesso tempo il governo dichiara di non dare affatto il carattere di un ultimatum alle condizioni di pace sopra indicate, di consentire cioè ad esaminare tutte le altre condizioni di pace, insistendo soltanto perché esse siano presentate il più rapidamentepossibile da un qualsiasi paese belligerante, con la più completa chiarezza e con l'assoluta esclusione di ogni ambiguità e di ogni segretezza». [13]

Il primo risultato di questo approccio fu il trattato di Brest-Litovsk, sottoscritto con la Germania il 3 marzo 1918. Il trattato prevedeva condizioni pesanti per la Russia, ma mise fine alla guerra con il nemico giurato. Era un passo necessario per dare inizio alla costruzione del socialismo. Ora vi era la possibilità di concentrarsi su tale processo.

Nel Decreto sulla pace, Lenin esortava le classi operaie delle altre nazioni, in particolare quelle di Gran Bretagna, Francia e Germania, a intervenire sulla questione della guerra e della pace. Sosteneva inoltre che fosse necessario aiutarle a tale riguardo. Questa enfasi rispecchiava la speranza - o meglio la previsione - che la rivoluzione russa si diffondesse in altri Paesi.

Otto giorni dopo la firma del trattato di Brest-Litovsk, Lenin dichiarò: «Se la Russia va ora - e indiscutibilmente va - da una pace "di Tilsit" [14] a una ascesa nazionale, a una grande guerra in difesa della patria, lo sbocco di questa ascesa non è lo Stato borghese, ma la rivoluzione socialista internazionale. […] Resta fedele all'alleanza fraterna con gli operai tedeschi. Essi non hanno fatto in tempo a venirci in aiuto. Noi guadagneremo tempo e aspetteremo finché essi ci verranno in aiuto». [15]

La rivoluzione mondiale, tuttavia, non si verificò. Per di più, la Russia divenne il bersaglio delle sue stesse forze reazionarie e delle potenze imperialiste che le sostenevano. Il popolo avrebbe avuto la pace soltanto diversi anni dopo, al termine della guerra civile e degli interventi stranieri.

Da un lato vi era l'aspettativa della rivoluzione mondiale; dall'altro vi era la necessità di costruire il socialismo nell'Unione Sovietica e di mantenere in piedi il Paese. Era impossibile che questi due processi si svolgessero in parallelo senza tensioni. E queste tensioni lasciarono inevitabilmente un segno sull'approccio sovietico alla pace e sulla politica estera sovietica.

Ebbe così inizio il periodo della politica del «socialismo in un solo Paese». «La questione era la seguente: quale sarebbe stata la strategia di base del potere sovietico? Sostenere una possibile rivoluzione mondiale, o difendere lo Stato socialista, che stava rafforzando la propria autorità su un vasto territorio? Era chiaro che non sarebbe stato possibile perseguire entrambi gli obiettivi, attribuendo a entrambi lo stesso peso; uno dei due doveva prendere il sopravvento.

Sotto questo aspetto, la politica estera sovietica mutò nettamente il proprio orientamento poco dopo il suo esordio. La priorità fu attribuita al fatto che in un mondo ostile l'Unione Sovietica doveva essere mantenuta in vita a ogni costo. Ciò sarebbe stato fatto senza voltare le spalle alla dinamica rivoluzionaria mondiale. Questo, almeno, era l'intenzione. Ma non fu sempre facile mantenere un equilibrio armonico tra la difesa del socialismo in un solo Paese e la cura degli interessi della rivoluzione mondiale».[16] In particolare dopo il 1920, il concetto di socialismo in un solo Paese assunse la priorità.

Per costruire il socialismo nell'Unione Sovietica era necessario stabilire relazioni commerciali e politiche con i Paesi capitalisti-imperialisti e occupare un posto sulla scena della diplomazia internazionale. La politica estera fu sviluppata di conseguenza. Fu in questo periodo che venne elaborata la linea della «coesistenza pacifica».

Il 23 settembre 1919 Lenin dichiarò:
«Una pace stabile allevierebbe talmente la situazione delle masse lavoratrici in Russia che queste masse accetterebbero senza dubbio di accordare certe concessioni. Le concessioni, offerte a condizioni ragionevoli, sono desiderabili anche per noi come uno dei mezzi per far avere alla Russia l'aiuto tecnico dei paesi più avanzati sotto questo aspetto, nel periodo in cui coesisteranno Stati socialisti e Stati capitalistici». [17]

D'altro canto, Lenin sottolineò la realtà che l'Unione Sovietica non avrebbe potuto rimanere in pace per sempre con il mondo capitalista, con l'imperialismo: «Dobbiamo quindi approfittare dell'occasione propizia e concentrare tutte le energie per ottenere, persino al prezzo di un massimo di concessioni, la ripresa delle relazioni commerciali; noi non crediamo neanche per un attimo alla possibilità di avere solidi rapporti commerciali con le potenze imperialistiche: si tratterà di una tregua provvisoria. L'esperienza della storia delle rivoluzioni, dei grandi conflitti, ci insegna che la guerra, una serie di guerre è inevitabile. L'esistenza della repubblica sovietica accanto ai paesi capitalistici, una repubblica sovietica attorniata da paesi capitalistici, è una cosa talmente inammissibile per i capitalisti che essi sfrutteranno la minima occasione per ricominciare la guerra». [18]

La coesistenza pacifica era possibile con i lavoratori, non con i capitalisti: «convivenza pacifica con i popoli, con gli operai e i cittadini di tutte le nazioni che si destano a nuova vita, a nuova vita senza sfruttamento, senza grandi proprietari fondiari, senza capitalisti, senza mercanti». [19]

Pur affermando che per costruire il socialismo nell'Unione Sovietica era necessario fare la pace con i governi capitalisti, Lenin continuò a sottolineare che per i popoli sarebbe stato impossibile stabilire una pace duratura fino a quando l'ordine capitalista e imperialista non fosse stato abolito e il socialismo non avesse prevalso. Coesistenza pacifica non significava per i sovietici accettare di coesistere in eterno con il capitalismo.

Purtroppo, negli ultimi anni dell'Unione Sovietica questa linea si evolvette in una direzione che fece perdere ai sovietici l'iniziativa contro il capitalismo.
Peraltro, la lotta a favore della pace fu continua. La natura stessa del socialismo mantenne vivo il legame tra la lotta per il socialismo e la lotta per la pace. Per esempio, a cominciare dalla Conferenza Internazionale di Ginevra del 1922, i sovietici elaborarono proposte concrete per il disarmo mondiale.

Il disarmo era fondamentale per conseguire una pace duratura tra i popoli. I sovietici furono sempre in prima linea nella lotta per la pace e forzarono la mano al capitalismo in direzione della pace.

Note:

[1] V. I. Lenin, «Discorso all'assemblea dei militanti dell'organizzazione moscovita del Partito Comunista di Russia» (6 dicembre 1920), in Opere Complete, Editori Riuniti 1967, vol. 31, pagg. 421-440
[2] V. I. Lenin, «Una pacifica manifestazione degli operai inglesi e tedeschi», in Opere Complete, Editori Riuniti 1967, vol. 15, pagg. 196-198
[3] V. I. Lenin, «Il congresso internazionale socialista di Stoccarda», in Opere Complete, Editori Riuniti 1967, vol. 13, pagg. 68-74
[4] Manifesto of the International Congress at Basel, Marxist Internet Archive, (accessed 16.05.2020) (https://www.marxists.org/history/international/social-democracy/social-d...)
[5] ibid
[6] ibid
[7] ibid
[8] V. I. Lenin, «La borghesia e la pace», in Opere Complete, Editori Riuniti 1967, vol. 19, pagg. 66-67.
[9] O. H. Gankin, H. H. Fisher, The Bolsheviks and the World War, 1976, Stanford University Press, Stanford, pagg. 140-143
[10] V. I. Lenin, «La conferenza delle sezioni estere del Partito Operaio Socialdemocratico Russo», in Opere Complete, Editori Riuniti 1967, vol. 21, pagg. 141-147
[11] V. I. Lenin, «La questione della pace», in Opere Complete, Editori Riuniti 1967, vol. 21, pagg. 264-268
[12] V. I. Lenin, «A proposito del "programma di pace"», in Opere Complete, Editori Riuniti 1967, vol. 22, pagg. 165-171
[13] V. I. Lenin, «II Congresso dei Soviet dei Deputati Operai e Soldati di tutta la Russia», in Opere Complete, Editori Riuniti 1967, vol. 26, pagg. 228-245
[14] Il Trattato di Tilsit fu sottoscritto nel 1807 tra la Francia vittoriosa e la Germania sconfitta, e impose dure condizioni a quest'ultima.
[15] V. I. Lenin, «Il compito principale dei nostri giorni», in Opere Complete, Editori Riuniti 1967, vol. 27, pagg. 139-143
[16] K. Okuyan, "Soviet Foreign Policy between 1917 and 1945: period of socialism in one country", in The Great October Revolution in its 100th Year, a cura di E. Zeynep Suda, Nevzat Evrim Onal, Yazılama Publishers, 2017, Istanbul, pagg. 241-242 (in turco)
[17] V. I. Lenin, «Lettera agli operai americani», https://www.marxists.org/italiano/lenin/1919/americani/americani.htm
[18] V. I. Lenin, «Rapporto sulle concessioni presentato alla frazione comunista», in Opere Complete, Editori Riuniti 1967, vol. 31, pagg. 445-467
[19] V. I. Lenin, «Risposta alle domande del corrispondente da Berlino dell'agenzia di informazioni americana "Universal Service" Karl Wigand», https://www.marxists.org/italiano/lenin/1919/americani/americani.htm#p5


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