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Tattiche fallimentari dell'imperialismo statunitense

Zoltan Zigedy | zzs-blg.blogspot.it
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

17/10/2015

L'imperialismo USA e i suoi alleati hanno imparato una dura lezione dall'esperienza negativa in Vietnam. Il crescente coinvolgimento di truppe statunitensi, arrivate a quasi mezzo milione nella fase acuta del conflitto con l'arruolamento forzato (coscrizione obbligatoria) e la chiamata alle armi di quasi tre milioni di soldati nel corso di tutta la guerra e con oltre 200.000 vittime, ha dimostrato di essere una politica destabilizzante, una sfida impegnativa al mantenimento del consenso.

Gli strateghi militari hanno riconosciuto che quando non si è in grado di generare un ampio consenso alla guerra o a garantirne una breve e decisiva durata, l'avventura bellica rischia di generare una reazione di instabilità politica. Di conseguenza, si è optato per lo sviluppo di un esercito di volontari e di una cultura di guerra per legittimarne l'utilizzo.

Ma l'imperialismo ha tratto una conclusione ancora più importante. Quando l'imperialismo ha combattuto un nemico che difende la sua terra d'origine, i costi sono abitualmente troppo grandi per essere tollerati dal pubblico statunitense. Certamente l'impegno nella guerra mondiale antifascista del 1939-1945 ha goduto di un sostegno popolare incrollabile. Ma le forze Usa non hanno combattuto sul suolo giapponese e solo per breve periodo in una Germania al collasso.

Quando l'esercito americano si è impegnato a tenere in sella il regime in Corea, ha raggiunto, nella migliore delle ipotesi, una situazione di stallo. Lo stesso approccio di intervento diretto sul terreno in Vietnam è stato sconfitto da un popolo profondamente avverso agli occupanti statunitensi.

Dopo il Vietnam, gli strateghi della guerra imperialista hanno ideato una tattica che facesse sempre maggior affidamento su sostituti. Comprendendo che le popolazioni locali si oppongono strenuamente agli occupanti stranieri, gli Stati Uniti hanno cercato di imporre i propri obiettivi creando e sostenendo forze mercenarie che potevano vantare, almeno debolmente, uno status indigeno. Dal sostegno a UNITA o a FNLA in Angola, alla creazione, all'armamento e al sostegno dei Contras in Nicaragua, gli Stati Uniti hanno preferito scatenare l'aggressione per procura. Parallelamente un efficace, massiccio sforzo propagandistico "accredita" gli eserciti clientelari come "combattenti per la libertà."

Probabilmente la sperimentazione di maggior successo della tattica ideata nel post-Vietnam è avvenuta in Afghanistan, dove i servizi segreti statunitensi hanno armato un'opposizione tribale reazionaria per destabilizzare un governo moderno laico, dando di conseguenza un decisivo e forte impulso a una guerra fondamentalista islamica. Il movimento jihadista ha acquisito gambe e fiducia in veste di surrogato Usa contro il governo afgano sostenuto dall'Unione Sovietica, quindi un baluardo contro l'imperialismo statunitense.

Dopo la scomparsa dello stato sovietico, gli Usa hanno cautamente impiegato i volontari militari di "professione" in Iraq, in Afghanistan e di nuovo in Iraq. Gli strateghi militari speravano anche di formare rapidamente una forza surrogata sul posto e altrettanto rapidamente di evacuare le forze di terra statunitensi, lasciando gli Stati clientelari con un esercito locale sufficientemente armato e motivato per schiacciare ogni resistenza interna a favore di un regime compiacente agli Usa.

Se questa tattica ha mantenuto la promessa di ridurre al minimo l'opposizione dell'opinione pubblica statunitense avvalendosi della compiacenza dei media nel costruire la narrazione fasulla del cambiamento democratico e dell'intervento umanitario e se ha sperato di generare un numero di vittime e una quantità di costi tollerabili per gli Usa, i movimenti di resistenza locali hanno dimostrato ancora una volta di essere molto più determinati e di gran lunga più sfuggenti di quanto le migliori menti o servizi segreti militari immaginassero.

Quattordici anni in Afghanistan, dodici anni di sostegno a uno stato clientelare in Iraq, la creazione di uno stato fallito in Libia e lo scatenamento di una guerra civile devastante in Siria, sono la testimonianza di una politica fallimentare.

Cosa ancora più importante: il fallimento è parte di un continuo, irreversibile declino nella capacità dell'imperialismo degli Stati Uniti di imporre la propria volontà in un mondo in cui la resistenza antimperialista prende vigore e crescono le rivalità interimperialiste.

Niente evidenzia meglio questa nuova realtà quanto gli ultimi sviluppi in Afghanistan e Siria.

Nonostante la concentrazione massiccia di armi, la retribuzione superiore e la migliore formazione statunitense, l'esercito surrogato afgano ha subito la peggiore sconfitta di sempre per mano dei talebani durante l'assedio e l'occupazione di Kunduz. Tutti i rapporti indicano che le forze talebane erano inferiori di numero e di armi e che le forze governative addestrate dagli Stati Uniti avevano poca determinazione nella lotta.

Gli ufficiali degli Stati Uniti sono stati costretti ad annunciare un ritardo nell'uscita delle truppe dall'Afghanistan di fronte a questa sconfitta. Il presidente Obama ha deciso di lasciare in eredità il pantano afgano al prossimo presidente, così come il presidente Bush fece con lui.

L'impegno russo in Siria ha involontariamente evidenziato le menzogne e gli insuccessi delle azioni Usa in quel paese. Dal momento che l'amministrazione Obama ha iniziato incoraggiando e sostenendo il rovesciamento del presidente siriano Assad, il governo e i media asserviti hanno rivendicato l'esistenza di una opposizione democratica e moderata. Dalla fine del 2011, i leader militari statunitensi e britannici hanno iniziato a progettare l'azione armata contro Assad. Un esercito surrogato (l'Esercito Libero Siriano) è stato progettato come alternativa dei fondamentalisti jihadisti che ambiscono a uno stato teologico-feudale (Qatar e altri stati del Golfo sono intervenuti, sorvolando su tali distinzioni). Le armi sono state dirottate dalla Libia ed è stato avviato un piano di addestramento da parte della CIA per una forza militare di decine di migliaia di persone.

Emersa la minaccia dell'ISIS, gli Stati Uniti e gli altri interventisti hanno continuato a sostenere che le forze combattenti [dell'Esercito Libero Siriano] fossero ugualmente impegnate contro l'ISIS e contro molti altri gruppi che combattevano Assad designati come "terroristi" dall'Occidente.

In realtà, i "combattenti per la libertà" degli Stati Uniti erano praticamente inesistenti o collaboravano con entusiasmo con gli jihadisti. Il loro unico obiettivo era Assad.

Il governo Obama ha ammesso che delle migliaia [di miliziani] controllati dal programma della CIA, solo poche centinaia rimangono sul fronte di guerra. La maggior parte ha condiviso le loro armi o aderito al movimento jihadista o ha lasciato la Siria insieme alle migliaia di immigrati. Il programma di mezzo miliardo di dollari è un disastro, con l'amministrazione Usa impegnata a passare le restanti armi e risorse ai gruppi di combattimento esistenti in Siria.

I media occidentali riportano che, soprattutto dopo l'intervento russo, vi è un'ampia cooperazione, coordinamento e azione congiunta tra tutti gli elementi delle forze siriane anti-Assad: troppe per mascherare una forza indipendente in opposizione al fondamentalismo.

Come riporta il Wall Street Journal: "... La Legione di Homs dell'Esercito Libero Siriano sostenuto dall'Occidente... insieme con il gruppo islamico Ahrar al-Sham e il Fronte al-Nusra [affiliati di Al-Qaeda in Siria] hanno formato un comando congiunto nel nord di Homs". The Washington Post ha identificato un'alleanza scellerata simile tra jihadisti e "moderati" realizzata nell'Esercito della Conquista guidato da al-Nusra. Solo i più ingenui continuano a credere che ci sia una differenza significativa tra i "combattenti per la libertà" sostenuti dagli occidentali rispetto ai loro alleati jihadisti.

I liberali occidentali possono far credere che il coinvolgimento degli Stati Uniti in Siria sia in larga parte un bene, ma i fatti parlano chiaro. Come con l'Afghanistan, l'Iraq e la Libia, sono morti in decine di migliaia, le infrastrutture sono devastate e il tessuto sociale è irrimediabilmente lacerato, semplicemente perché le potenze imperialiste ambiscono ad avere più stati servili e compiacenti. I fatti denunciano che la ricerca dei valori di democrazia e libertà - convincente pretesto per giustificare l'interesse occidentale a un cambiamento di regime - è una menzogna usata da Stati Uniti e NATO.

Gli antimperialisti possono trarre una piccola consolazione da queste tragiche e moralmente rivoltanti aggressioni: le tattiche degli Stati Uniti non sono riuscite a raggiungere il loro obiettivo di creare fedeltà globale agli interessi degli Stati Uniti.


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