www.resistenze.org - pensiero resistente - imperialismo - 18-02-19 - n. 702

Solidarietà con il popolo del Venezuela!

Greg Godels |
mltoday.com
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

06/02/2019

Il prossimo settembre segnerà 45 anni da quando gli Stati Uniti aiutarono a organizzare un sanguinoso colpo di stato contro il governo cileno, un governo che cercava di rompere le catene del dominio imperiale e della schiavitù capitalista. Oggi il governo degli Stati Uniti si trova nuovamente impegnato a distruggere con il suo enorme potere un progetto di liberazione del popolo venezuelano. Nel frattempo, gli Stati Uniti si sono sporcati le mani per contrastare l'autodeterminazione dei popoli in tutto il mondo, in alcuni casi più volte. Afghanistan, El Salvador, Nicaragua, la piccola Grenada, Panama, la lista dei paesi violati è lunga, estendendosi più recentemente a Libia, Siria, Ucraina, Honduras e, al momento, Venezuela.

A prescindere da chi siano governati gli Stati Uniti, repubblicani o democratici, quando i suoi cani da guardia globali avvertono i primi sentori di indipendenza nazionale, scatta l'allarme e i "leader" politici si allineano.

Indubbiamente, solo chi non vuole vedere non riesce a riconoscere un modello. Non devi essere un marxista per capire che gli Stati Uniti pongono sistematicamente e unilateralmente fuori legge quei paesi considerati importanti per gli interessi delle sue corporation. Né devi aver studiato Lenin per vedere che questo è il comportamento storicamente associabile agli imperi. Quindi, la parola "imperialismo" dovrebbe sovvenire facilmente anche a chi ha poca o nessuna conoscenza della precisione scientifica del termine.

Ed è l'imperialismo USA che ora stringe il Venezuela in una presa mortale.

A differenza del Cile, i fatti sono immediatamente davanti a noi. Nel bel mezzo della Guerra fredda, gli Stati Uniti fecero di tutto per mascherare il loro intervento dietro il mantello dei servizi segreti. Nell'aspra competizione con i paesi socialisti, gli Stati Uniti hanno lottato duramente per apparire sul palcoscenico mondiale come i paladini della democrazia. L'aggressione americana si è nascosta dietro la dottrina della "negazione plausibile".

Ma oggi, nel tentato sovvertimento dell'autodeterminazione venezuelana, non ci sono maschere, né mantelli, né discorsi ambigui. Il piano è alla luce del sole. Possiamo trovare registrazione pubblica dei milioni di dollari stanziati a gruppi per i diritti umani fasulli, a ONG sovversive, a partiti di opposizione e persino a gruppi che praticano la violenza. Possiamo tracciare l'escalation delle sanzioni lungo tre amministrazioni, sanzioni mirate a distruggere, paralizzare e smantellare l'economia e le finanze del Venezuela. Ironia della sorte, attraverso la CITGO [compagnia petrolifera statunitense detenuta da PDVSA, ndt] il popolo venezuelano aveva offerto gratuitamente petrolio per il riscaldamento domestico agli statunitensi bisognosi. Oggi, il governo degli Stati Uniti sta tentando di rubare la CITGO al popolo venezuelano.

Tattiche elettorali di opposizione, tentativi di assassinio e violenze di strada non sono riusciti a indurre nel popolo venezuelano il rifiuto del processo bolivariano. I fallimenti, la corruzione, le lotte intestine e la dipendenza estera dell'opposizione hanno invece portato alla vittoria elettorale travolgente del presidente Maduro nelle elezioni del 2018.

In risposta all'opposizione divisa e demoralizzata, il governo USA ha riunito i nemici di Maduro dietro un piano essenziale - un piano tanto disperato quanto estremamente audace - per deporre il governo legittimo a favore di un effettivo sconosciuto, noto per la sua inclinazione all'estremismo e la sua malleabilità verso i suoi padroni americani. Sollecitato dai famigerati gusanos - il senatore repubblicano Marco Rubio e il senatore democratico Robert Menendez - gli operativi USA hanno incontrato l'opposizione a fine dicembre/inizio gennaio, secondo il Wall Street Journal, e iniziato a sviluppare concretamente i piani per un colpo di stato basato su un governo parallelo. Un funzionario dell'amministrazione ha riferito al WSJ che "l'opposizione a quel punto ha creduto e detto ai funzionari statunitensi di aver bisogno del sostegno della comunità internazionale per influenzare le dinamiche politiche all'interno del Venezuela".

Il piano è andato avanti e alcune settimane dopo il vicepresidente Pence chiamò il diligente fantoccio ordinandogli di procedere. Il giorno successivo, il giovane laureato della George Washington University, Juan Guaidó, davanti a un capannello di suoi sostenitori annunciava di essere, di fatto, il presidente del Venezuela. Questa deve essere stata una sorpresa per la maggior parte dei venezuelani che non ricordava il suo nome nel precedente ballottaggio per la presidenza di maggio. Eppure, come dei volgari lacchè, i capi di governo di America Latina, Canada e UE hanno immediatamente sollevato un polverone anti-Maduro, chiesto nuove elezioni o persino minacciato di riconoscere il presidente non eletto. Questa è la realtà dell'imperialismo fast-food.

I media statunitensi, volenterosi collaboratori dei golpisti, per anni hanno considerato Maduro un dittatore, un tiranno, un assassino e peggio ancora. Sono tornati con entusiasmo a quei temi con storie dell'orrore e racconti di privazioni e difficoltà economiche senza menzionare le sanzioni draconiane che dissanguano l'economia venezuelana. Dopo la chiamata alle manifestazioni del 30 gennaio, la NPR, una belva giornalistica particolarmente feroce ("Fermate il genocidio di Maduro"), riferiva che "mercoledì i manifestanti hanno riempito le strade di tutto il Venezuela in uno spettacolo di forza per Juan Guaidó..." Ad accompagnare l'articolo c'era l'immagine di una manciata di manifestanti, a ricordo del famigerato rovesciamento della statua di Saddam a Baghdad.

Anche il Wall Street Journal ha registrato le dimostrazioni del mercoledì (vedi sotto) con la didascalia apologetica: "I venezuelani che si oppongono a Nicolas Maduro hanno protestato mercoledì a Caracas. Più grandi proteste antigovernative sono previste sabato".

Una vera "dimostrazione di forza"!

Allo stesso modo, domenica mattina il sito web della CBS News apriva sulla dimostrazione del giorno prima dell'opposizione riportando l'impressionante immagine di una imponente marcia. Ma curiosamente, i manifestanti costituivano un mare rosso, i colori indossati dai chavisti. Domenica sera, l'immagine era sparita.

I video dei manifestanti benestanti e degli ubriaconi tiratardi ricordano a molti di noi le orchestrate e stridenti mummie che ben servirono l'imperialismo con drammatica esasperazione prima del colpo di stato del 1973.

Mostrando la loro consueta mancanza di spina dorsale, i democratici hanno ignorato, equivocato o acclamato il tentativo di colpo di stato. Il senatore dell'Illinois Durbin era assolutamente estatico. Leggermente meglio la cosiddetta ala progressista. Solo Tulsi Gabbard ha parlato con coraggio ed enfasi contro il colpo di stato, nonostante il fatto che la sua campagna presidenziale sia stata oggetto di un attacco brutale e senza principi da parte dei media. Per un campionario delle vergognose volgarità della maggior parte dei politici, guarda le interviste di Max Blumenthal ai legislatori che commentano il tentativo di colpo di stato.

Questo momento richiede una solidarietà incrollabile e incondizionata con il popolo venezuelano e il suo governo eletto. Se i diritti umani significano qualcosa, devono essere universali; devono estendersi a tutti, indipendentemente dal fatto che condividiamo o meno le loro convinzioni o le loro politiche. E in cima alla gerarchia dei diritti, come concordano i suoi esponenti, c'è il diritto all'autodeterminazione, il diritto di trovare la propria strada, persino di commettere i propri errori. Se tutti i chiassosi, insistenti movimenti per i diritti umani occidentali aspirano a essere più che una copertura per l'imperialismo occidentale, se vogliono essere più del randello utilizzato per sconfiggere le società che lottano per superare i retaggi di arretratezza, divisione e instabilità imposte dal dominio coloniale e imperiale, devono opporsi all'intervento americano negli affari venezuelani. Devono chiedere agli Stati Uniti di revocare tutte le sanzioni, di cessare di finanziare le fazioni e riconoscere il governo Maduro.

Non è strano che un'intellighenzia liberale in grado di comprendere e condannare vigorosamente il bullismo giovanile non riesca a capire che il paese di gran lunga più potente del mondo sta bullizzando un piccolo paese di 32 milioni di persone prevalentemente povere?

Non è accettabile che i democratici auto-definitisi "progressisti" lascino correre sull'intervento americano per danneggiare il governo Maduro (o qualsiasi altro governo in disaccordo con la classe dirigente statunitense). Esprimere la propria opinione sulla politica venezuelana da parte di chi non sa nominare tre città venezuelane può costituire un divertente gioco di società, ma non ha alcuna influenza sulla questione dell'intervento americano. L'intervento degli Stati Uniti è immorale, illegale e sconsiderato, sia in Venezuela, in Siria, che altrove.

Né è utile ai "sinistri" usare questo momento per dare lezioni ad amici e nemici sul vero percorso rivoluzionario, prestando allo stesso tempo poca attenzione alla solidarietà.

Un critico di questo tipo ha recentemente ammesso che: "L'opinione di sinistra sulla crisi venezuelana tende correttamente a incolpare l'ingerenza americana e la borghesia locale per far 'chieder aiuto' alla gente, come Reagan odiosamente descriveva il suo intervento in Nicaragua". Ma poi ha continuato a dedicare migliaia di parole alla sua personale teoria del cambiamento rivoluzionario. Il suo riluttante attestato di solidarietà si è perso nel suo tronfio esercizio di auto-indulgenza.

La nostra sinistra dovrebbe fare di meglio.

È abbastanza semplice: giù le mani dal Venezuela.


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