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Incontro internazionale dei Partiti Comunisti a Roma del 6 aprile 2013
 
Contributo dell'Unione dei Rivoluzionari Comunisti di Francia (URCF)

Maurice Cukierman * | urcf.fr
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
 
06/04/2013
 
Cari compagni, cari amici,
 
A nome dell'Unione dei Rivoluzionari Comunisti di Francia (URCF) vorrei ringraziare la direzione di CSP-Partito Comunista per averci dato l'opportunità di partecipare a questo importante Incontro internazionalista, come quello organizzato a Madrid dai compagni del PCPE nel dicembre scorso. Importante anche perché nelle condizioni attuali, mantenere iniziative di questo tipo ha un valore di principio. Vent'anni dopo che l'assalto controrivoluzionario ha restaurato il capitalismo imperialista in Russia e nei paesi socialisti europei e rivelato il grado di decadenza politico-ideologica nel movimento comunista internazionale, ribadiamo con questo Incontro che:
 
- La storia continua. Il capitalismo è sempre il modo di produzione basato sullo sfruttamento del lavoro da parte del capitale. E' nel suo stadio finale di sviluppo, l'imperialismo, in cui domina il monopolio e l'oligarchia finanziaria la cui sete inestinguibile di profitto ha portato ad ampliare lo sfruttamento, l'oppressione, e può in qualsiasi momento degenerare nella guerra. La lotta di classe si svolge conseguentemente in un contesto di crisi sistemica cronica, una crisi le cui radici sono connaturate al sistema capitalista stesso: la sovraccumulazione di capitale che non trova più un saggio di profitto soddisfacente aggrava la contraddizione tra il carattere sociale della produzione e il carattere privato dei mezzi di produzione e di scambio. Quindi la lotta di classe non può che mettere in discussione il capitalismo ed il suo rovesciamento, nonché la sua sostituzione con una società socialista, transizione al comunismo. Il nostro ruolo in quanto comunisti, è quello di aiutare la classe operaia e le masse popolari a comprendere tutto ciò e a combattere per la nuova società.
 
- Il capitalismo è un sistema mondiale, nello stesso tempo organizzato a livello locale nei cosiddetti "Stati nazione", ieri come oggi, e quindi la lotta rivoluzionaria è condotta contro lo Stato capitalista in ogni nazione e contemporaneamente è lotta globale. Di conseguenza la parola d'ordine pronunciata 165 anni fa da Marx ed Engels: "Proletari di tutti i paesi, unitevi!" è più che mai attuale.
 
- Per condurre le masse, per consentire alla classe operaia di svolgere il suo ruolo storico e di aiutare l'umanità a raggiungere un più alto livello di civiltà, c'è bisogno di partiti comunisti, partiti rivoluzionari, che poggiando sul marxismo-leninismo e l'internazionalismo proletario, portino i lavoratori all'assalto vittorioso contro il vecchio mondo. Questi partiti devono unirsi e agire insieme, soprattutto per combattere le tendenze revisioniste e opportuniste che si sono sviluppate negli ultimi 60 anni nel movimento comunista internazionale, fino a mettere in discussione la sua stessa esistenza! In diversi paesi, tra cui la Francia, i vecchi partiti sono stati liquidati e noi dobbiamo ricostruire non solo il partito ma anche la coscienza di classe rivoluzionaria!
 
Il nostro Incontro si svolge in un contesto di crisi acuta del capitalismo. Una crisi, come ho detto, che è cronica. Questo significa che ci possono essere momenti di calma e di remissione, ma il sistema capitalista porta con sé lo stigma della sua morte, anche se non si annienterà da solo senza rivoluzione. Perché? Perché il saggio di profitto è crollato sotto il peso del capitale accumulato e cerca di valorizzarsi. Peggio ancora, le politiche che vengono attuate per distruggere l'eccesso di capitale - le politiche di austerità - se da un lato riducono alla miseria milioni di lavoratori e estendono la disoccupazione a tassi inediti dagli anni '30 del secolo scorso, dall'altro non fanno che aggravare la crisi del capitalismo. Oggi più che mai è necessario che la coscienza di massa sia pregna dell'idea che non vi è quindi alcuna situazione intermedia alla crisi: o attacchiamo il capitalismo, instauriamo uno Stato della classe operaia sostenuto dai suoi alleati, in cui siano socializzati i mezzi di produzione e di scambio e si esca così dalla crisi, o nella ricerca di soluzioni intermedie che siano "di buon senso", che costituiscano tappe verso soluzioni intermedie... ecc. ecc. ecc., entro 50 anni ripiomberemo in una crisi ancora più acuta, con lavoratori ancora più sfruttati, sotto il dominio di un capitale monopolistico che continuerà a spremere i profitti ottenuti dal supersfruttamento! In breve: sempre la stessa musica! Con l'aggravante dello sviluppo delle guerre, locali, regionali e globali per la ripartizione dei mercati, per distruggere più drasticamente l'eccesso di capitale, con l'affacciarsi di regimi ultra-reazionari, stati di polizia militarizzati per mantenere l'ordine sociale, scoraggiando e alimentando il pessimismo tra le masse!
 
La lezione del passato è che i comunisti, se vogliono svolgere il loro ruolo, subordinino, nella loro elaborazione strategica e tattica, tutte le battaglie politiche alla questione della lotta per la rivoluzione socialista, per il potere della classe operaia. Qualsiasi deviazione da questa priorità, qualsiasi battaglia che, anche con le migliori intenzioni, induca l'idea che ci possa essere una tappa necessaria, inevitabile, tra la situazione di crisi dell'imperialismo e la rivoluzione socialista, non può che portare all'opportunismo e a un accompagnamento riformista della crisi del capitalismo, consentendo alla borghesia monopolistica di manovrare per i suoi propri interessi immediati. Questo non significa, come vorrebbero far credere gli opportunisti a riguardo del KKE, che la rivoluzione sarà un fenomeno lineare, senza intoppi, senza arretramenti e avanzate, un pranzo di gala come nel pensiero anarchico di inizio Novecento, né che si debba abbandonare la lotta per le rivendicazioni immediate. Ci saranno momenti storici che costituiranno delle fasi ma non in termini di obiettivi politici, quanto dal punto di vista della realizzazione della nostra strategia e della nostra tattica per unire la classe operaia e aggregare le classi popolari alla rivoluzione socialista. Allora, sarà la strategia che detta la tattica, e non il contrario. Costantemente ci porremo la domanda "Che cosa possiamo imparare da questa esperienza per andare avanti?" In caso contrario, nella migliore delle ipotesi, si tratterà di un progetto strategico a lungo termine, il socialismo, che con la mano sul cuore si vorrebbe assicurare essere il futuro dell'umanità, mentre nei fatti si segue il movimento spontaneo delle masse. Si può qualificare questo percorso come di transizione (la famosa tappa "democratica", di "sinistra", ...), ma in realtà avremmo messo la classe operaia a rimorchio dell'ideologia borghese: perché la spontaneità non è altro che l'ideologia borghese. E il "meglio" finisce sempre per raccordarsi al "peggio", perché in ultima analisi, per l'immancabile "senso di responsabilità", per "buon senso" in vista del futuro, ci si aggancia al riformismo, allineandosi su un "buon compromesso". In realtà in questo modo si abbandona la lotta per il socialismo per gestire gli affari della borghesia. L'esempio della Francia, del Brasile ne è testimone. E lungi dal portare alla rivoluzione socialista, la si rinvia a tempo indeterminato, quando non la si abbandona del tutto! Tale è la politica del Partito della Sinistra Europea e dei suoi componenti.
 
E' chiaro che quanto esposto sembra contrario a quanto noi, il movimento comunista internazionale, abbiamo potuto dire e fare durante un periodo complesso, che va dal VII Congresso del Comintern agli anni 1950. Ma è la situazione che è cambiata! Non siamo più di fronte al fatto che il compito principale dei comunisti, nel quadro della rivoluzione mondiale, era la difesa della maggiore conquista del proletariato, la giovane Unione Sovietica, che gli imperialisti volevano uccidere! Non siamo più di fronte al nazifascismo che aveva come programma il definitivo sradicamento puro e semplice del movimento operaio, rivoluzionario come riformista, per fare la guerra contro l'Unione Sovietica e i suoi concorrenti! Non siamo più nella situazione di colonizzazione da parte dell'imperialismo tedesco e italiano del continente europeo e dell'eliminazione fisica o della riduzione in schiavitù dei popoli occupati! Neanche dobbiamo affrontare la contraddizione della situazione della Liberazione: da un lato i comunisti, coronati dalla vittoria dell'Unione Sovietica sotto la guida di Stalin e per il loro ruolo nella Resistenza, alla guida delle masse popolari anelanti al socialismo contro i capitalisti che avevano sostenuto o si erano compromessi con il fascismo; dall'altra gli imperialismi USA e britannico, i soggetti imperialisti che avevano giocato la carta degli Alleati (come De Gaulle in Francia e la Democrazia Cristiana nel continente), a garantire i finanziamenti perché il movimento rivoluzionario non prevalesse! Per noi è chiaro che con l'intervento imperialista in Grecia, la ripresa delle correnti riformiste socialdemocratiche al servizio dell'imperialismo, il ricorso alla corruzione nel movimento operaio, la Guerra Fredda... il Movimento Comunista Internazionale avrebbe dovuto riflettere sulla nuova situazione e sulle implicazioni strategiche e tattiche conseguenti per la lotta per il socialismo e il comunismo. Invece c'è stato il XX Congresso, l'attuazione di una politica opportunista sfociante nel revisionismo, che preparava il terreno alla controrivoluzione! Ammetterlo, non significa fare del nichilismo storico: è necessario interrogarsi sulle nostre debolezze per non ripeterle!
 
La ripresa della crisi generale del sistema, le sue attuali manifestazioni, la debolezza di tutte le forme di regolamentazione pongono l'immanenza della rivoluzione socialista come unica alternativa. Il capitalismo oggi non concederà nulla, perché ha le spalle al muro: la caduta del saggio di profitto e la decolonizzazione si sono già abbattute! La guerra è un modo per prendere tempo, non è un'alternativa. Hanno avuto luogo due guerre mondiali e nulla si può prevedere per il futuro. La paura dell'imperialismo americano nel 1945 - la crisi andava riacutizzandosi? - riaffiorava nel momento in cui si pensava di averne avuto ragione! Non dobbiamo sottovalutare il pericolo di una guerra; le guerre locali o regionali lo dimostrano, come le minacce contro la Corea del Nord e Cuba, ma anche in Medio Oriente e in Africa. Allo stesso tempo, l'emergere di potenze imperialiste rivali nel contesto dello sviluppo ineguale non lascia indifferente il vecchio imperialismo. La Russia di Putin, la Cina, l'India, non sono il Mali, la Libia o la Siria. Sono pesantemente armate e rivali che vogliono difendere o conquistare la loro parte della torta.
 
La lotta contro la guerra imperialista, resta parte integrante della nostra lotta rivoluzionaria per cambiare il mondo! Lotta immediata contro le aggressioni imperialiste, in cui l'imperialismo francese è particolarmente impegnato, sia nella sua "versione socialdemocratica" che in quella "dei partiti borghesi", ma lotta che dobbiamo inscrivere nella lotta per il socialismo perché solo questa vittoria ci pone al riparo dalle aggressioni. La lotta contro la NATO con il ritiro di ogni paese e il suo scioglimento è elemento strategico della nostra politica essendo fin dall'inizio scopo dell'Alleanza atlantica quello di contrastare il movimento rivoluzionario: ieri preparando un'aggressione contro il campo socialista e prevenendo rivoluzioni in Europa occidentale, oggi essendo la forza del vecchio imperialismo contro i popoli nonché il gendarme dell'Unione europea contro eventuali eventi rivoluzionari in Europa. E' significativo che, ad eccezione di tre stati, tutti i paesi che hanno aderito all'UE sono prima entrati nella NATO, se non ne erano già parte integrante! D'altronde è anche nel programma! La lotta contro la NATO è dunque una lotta di classe contro il capitale. E non fatevi ingannare, anche se costituisce un modo per Washington di assicurarsi il dominio sugli alleati: la politica della NATO è una politica in cui ogni borghesia monopolistica è parte integrante e dunque ne condivide gli obiettivi!
 
Ci confrontiamo con lo sviluppo capitalistico nella sua fase imperialista e con la necessità, in considerazione di ciò, di integrare la nostra strategia rivoluzionaria, in particolare per l'Unione europea e la zona euro. Eravamo abituati a stati imperialisti che stringevano alleanze siglando trattati su punti individuali e parziali. Qui abbiamo un organismo interstatale, fortemente integrato (come nella NATO), con una direzione talmente "indipendente" da sembrare che non debba rendere conto a nessuno e che in modo inedito si è data una moneta comune (10 di 27 membri hanno mantenuto la loro moneta, tra cui il Regno Unito)! Alcuni sostengono l'idea che stia nascendo un nuovo imperialismo, rinviando agli Stati-Nazione del passato. Pensano che alla fine sarebbe storicamente progressista poiché ciò riavvicinerà le Nazioni, accelerando i progressi verso la loro fusione sotto il comunismo! Noi crediamo che questa analisi sia errata, di tipo neokautskiana. In effetti nega le contraddizioni interimperialiste, non prende in considerazione lo sviluppo ineguale. Per l'URCF, l'UE è tipica dell'imperialismo: un cartello monopolistico, segnato peraltro alla nascita come Comunità europea del carbone e dell'acciaio. Ma i cartelli monopolistici non sono stabili, si sciolgono a seconda della situazione, si ricompongono... Il mercato comune del 1958, il progetto era nei piani degli Stati Uniti dal 1945, Piano Marshall compreso, serviva non solo a stabilizzare ma anche a passare a uno stadio superiore permanente. Questo faceva parte delle esigenze di regolamentazione dei monopoli, di mantenere il saggio di profitto, della necessità di un arbitrato tra le rivalità imperialiste franco-tedesche, nel quadro di un aumento del plusvalore relativo (il che spiega in parte il posto tenuto dalla politica agricola, mentre i contadini piccoli e medi sono stati liquidati) e, non lo dimentichiamo in un contesto di mobilitazione dei paesi firmatari del Trattato di Roma, di contrastare il socialismo esistente e il movimento operaio. Nel corso del tempo, la struttura è stata consolidata e ampliata per diventare l'Unione europea, luogo delle contraddizioni tra gli imperialisti tedeschi e francesi, che la co-gestiscono: gli uni poggiando sull'industria ricostruita in particolare grazie all'imperialismo USA e gli altri sulla loro dominazione militare, grazie all'arma atomica, l'impero neo-coloniale e le forze militari sul terreno, ma anche sulla loro maestria nei settori ad alta tecnologia e nell'agricoltura. Quando il fascismo fu rovesciato in Grecia, Spagna, Portogallo, la borghesia di questi paesi, con il supporto di quelli già esistenti, si è affrettata a partecipare, non al fine di rafforzare la cosiddetta democrazia, ma per evitare ogni possibilità di rivoluzione sociale! Ancora una volta la socialdemocrazia si è distinta nel suo ruolo di servile lacchè dell'oligarchia finanziaria. Ma non solo lei: la direzione del PCI ha dato il suo sostegno, il PCE di Santiago Carillo anche, come i revisionisti greci oggi riuniti in SYRIZA. Quanto al PCF, se si opponeva, la sua risposta rifletteva la sua tendenza altrettanto opportunista e revisionista: infatti tutto il suo ragionamento e la sua campagna politica basata sul nazionalismo, opponendo gli interessi dei lavoratori e delle classi popolari di Francia a quelli di questi tre paesi e avendo cura di non contestare l'appartenenza della Francia a quella che sarebbe diventata l'UE. Non si tratta solo di essere "contro" ma di avere una visione strategica comunista.
 
Abbiamo avuto qualcosa di simile nei paesi ex-socialisti. Per i monopoli e l'oligarchia finanziaria si trattava di riservare certamente nuovi mercati, ma è stato anche un modo per evitare il rischio di un possibile ritorno della classe operaia al potere (da qui l'appartenenza comune alla NATO). Con Maastricht la struttura dell'alleanza si è rafforzata organizzativamente in un momento in cui il capitale fronteggiava la ripresa della crisi, facendola transitare da una regolazione di tipo keynesiana a quella denominata "neoliberista". In realtà si tratta di rimettere in discussione l'insieme dei diritti sociali e politici (tra cui il diritto di voto) della classe operaia in ogni paese, delle donne lavoratrici, della ripresa diretta da parte del capitale monopolista dei settori dell'economia che erano stati più o meno nazionalizzati o che costituivano servizi pubblici e che lo sviluppo delle forze produttive rendeva remunerativo, come la telefonia mobile che è stata il banco di prova. Per i monopoli, come per noi, l'unione fa la forza! L'UE permette loro di muoversi nell'ombra e di far pesare su ciascun popolo il peso di tutta l'oligarchia finanziaria del continente per raggiungere il suo scopo: aumentare il tempo di lavoro non pagato, ridurre il costo della manodopera, catalizzare tutto ciò che prossimo o remoto si presta ad essere convertito in capitale e valorizzarlo! E passando sopra tutti i vincoli nazionali connessi ai rapporti di forza. In previsione di una reazione, di una ripresa della lotta di classe, o solo per prevenire vittorie parziali, si è stabilito un apparato repressivo e straordinario di controllo sociale. E tutto questo in un contesto in cui la sconfitta del socialismo reale ma anche le esitazioni, il tradimento di alcuni dei dirigenti del movimento operaio, hanno seminato il dubbio, l'amarezza, il pessimismo, il disfattismo, il fatalismo in ampi settori della classe operaia e dei popoli. Sono state condotte campagne ideologiche su larga scala per imporre una visione del mondo maltusiana, reazionaria a tutti i livelli, a cui i Verdi contribuirono in modo significativo. L'anticomunismo è divenuta l'ideologia ufficiale, la menzogna storica è stata elevata a culto! In nome della falsa equazione tra comunismo e fascismo, si sono riabilitati i fascisti, e vanno cercando ovunque l'immondizia con cui infangare i comunisti: le campagne contro Stalin, Lenin, Engels e Marx sono emblematiche in questo senso. A partire dalla caricatura fascistizzante della Rivoluzione d'Ottobre e dell'edificazione del socialismo in URSS, tutto mira a screditare ogni idea di rivoluzione, di progresso sociale, di uguaglianza sociale e della possibilità per ogni essere umano che siano assicurate le condizioni della sua felicità. In questo dominio si torna al Medioevo!
 
Non ci troviamo quindi rispetto all'UE in una battaglia per una liberazione di tipo nazionale, ma nella lotta di classe contro il Capitale, l'UE è uno degli elementi della sua dominazione, rafforzando lo stato borghese tradizionale in ogni paese dandogli mezzi nuovi per garantire il dominio dell'oligarchia finanziaria. E ogni borghesia, ogni governo ne ricava beneficio, anche se devono scendere a compromessi. Non vi sono affatto dominanti e dominati, ci sono solo sfruttatori! D'altronde quelli che danno il "la", quelli che scrivono le raccomandazioni importanti, che redigono le stesse direttive europee, che si fanno rendere conto e oggi convocano apertamente i capi di governo e di Stato a capo della UE, sono i membri della Tavola rotonda degli Industriali europei, a cui siedono i rappresentanti dei cinquanta più potenti monopoli europei, ora rafforzati grazie all'euro dai dirigenti della Banca Centrale Europea - l'euro ha avuto questa virtù, tra le altre cose, di restituire la gestione monetaria alla situazione precedente il 1945, soggetta alla discrezionalità del solo capitale finanziario, senza alcun controllo politico, come negli Stati Uniti. Il problema non è quindi un ritorno ad una presunta indipendenza nazionale, per essere in grado di fare dopo la rivoluzione socialista! La sfida è quella di preparare le masse alla lotta di classe per abbattere il capitalismo e quindi sbarazzarsi della UE, di attuare misure antimonopoliste, di sbriciolare lo Stato borghese per instaurare lo Stato proletario che costruirà la società socialista-comunista. Ed è in questo contesto, come ha dichiarato la compagna Aleka Paparika a Beirut in occasione dell'Incontro dei Partiti comunisti, che noi diamo prova di patriottismo. Per contro ripetere parole d'ordine del passato, confondere le situazioni, sviluppare l'idea che un imperialismo possa essere leso a scapito di un altro, immaginando in sovrappiù che avrebbe la vocazione masochistica di sacrificare i suoi interessi all'estero, impegnarsi in coalizioni con forze disparate che rivendicano una delle figure emblematiche della reazione francese, De Gaulle, significa voltare le spalle alla preparazione delle masse per la rivoluzione, dando solo obiettivi intermedi, reintroducendo l'idea di fase alla maniera menscevica! E c'è anche il rischio di favorire un rimescolamento delle carte, tutte altrettanto borghesi. La crisi è tale che in realtà non vi è alcun motivo di pensare che il cartello tra stati non si sciolga per ricostruirsi altrimenti, secondo alcuni con l'imperialismo russo o cinese, o con l'Unione del Mediterraneo... Anche la battaglia contro l'euro non può essere dissociata dalla battaglia più ampia contro l'UE nella prospettiva rivoluzionaria. Non possiamo dare alla classe operaia, alle forze popolari, l'illusione che il semplice ritorno alle monete nazionali nel quadro del capitalismo risolverà i problemi! Non si può ignorare che la Gran Bretagna con la sterlina sta vivendo una politica antipopolare, non dissimile da quella dei paesi dell'euro, o che, anche se la crisi non è arrivata alla stessa intensità, gli svedesi non siano colpiti dalla recessione, indipendentemente dal fatto che abbiano preservato la moneta nazionale.
 
E' alla luce di queste analisi che URCF ha lanciato una campagna politica in direzione delle imprese per richiedere la nazionalizzazione senza indennizzo delle società monopolistiche come Peugeot SA, Arcelor Mittal, ecc. L'obiettivo è quello di rendere esplicito il legame tra la questione della proprietà dei mezzi di produzione, la crisi del capitalismo, il ruolo dell'UE e dello Stato borghese e la necessità di soddisfare le esigenze dei lavoratori, della rivoluzione socialista. Il 20 aprile riuniremo i militanti di un certo numero di aziende con la prospettiva di creare un comitato, facendo convergere la richiesta di nazionalizzazione del Capitale ad altri settori, mostrando il ruolo dell'UE nella difesa della proprietà capitalista. Crediamo che in questo contesto ci possano essere opportunità di azione congiunta e di organizzazione dei nostri partiti comunisti.
 
E' giunto il momento che il movimento comunista internazionale alzi la testa, si manifesti, si apra alla discussione sulle differenze quando esistono e allo stesso tempo tragga le logiche conclusioni che il movimento comunista debba essere... comunista, e che di conseguenza non può che rafforzarsi sulla base del marxismo-leninismo e dell'internazionalismo proletario e dell'azione comune!
 
L'incontro organizzato da CSP in Italia dopo quello di Madrid, è un contributo a questo compito. Ci saranno degli sviluppi.
 
Sì, il comunismo è la gioventù del mondo!
Viva il Partito Comunista d'Italia!
Viva il marxismo-leninismo e l'internazionalismo proletario!
Avanti nel rinnovamento del movimento comunista internazionale, per la rivoluzione, per la società socialista-comunista!
 
* Maurice Cukierman, responsabile delle Relazioni internazionali dell'Unione dei Rivoluzionari Comunisti di Francia (URCF)

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