www.resistenze.org - pensiero resistente - movimento comunista internazionale - 24-07-14 - n. 509

ICS 2014 - 23° Seminario Comunista Internazionale

Bruxelles, 27-29/06/2014 icseminar.org

1914-2014: L'imperialismo è guerra

Contributo del Partito dei Lavoratori d'Irlanda:

Gerry Grainger * |  workersparty.ie
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

Cento anni fa, centinaia di migliaia di irlandesi hanno combattuto la grande guerra imperialista per l'impero britannico. Questi uomini sono andati in guerra con motivazioni contraddittorie. Ai nazionalisti irlandesi era stato detto dal loro leader, John Redmond, che, se avessero combattuto per l'impero britannico, si sarebbero garantiti il proprio parlamento all'interno dell'impero britannico, [attraverso un sistema federale, detto] Home Rule. Agli unionisti irlandesi invece il loro leader, Edward Carson, aveva detto che, se avessero combattuto per l'impero Britannico, avrebbero scongiurato l'Home Rule e avrebbero continuato a far parte dello stato britannico. La classe operaia irlandese tuttavia non era divisa solo dalla questione politica di indipendenza nazionale, ma anche dalla questione del settarismo religioso. Naturalmente, l'Irlanda era lungi dall'essere l'unico paese in cui l'imperialismo utilizzava con successo il nazionalismo per dividere la classe operaia.

La prima guerra mondiale ha diviso la classe operaia in tutta Europa; il tradimento di molti socialdemocratici, che avevano abbandonato il principio dell'internazionalismo proletario, ha aiutato l'imperialismo nello sfruttare con successo il nazionalismo per mobilitare i lavoratori a uccidersi a vicenda nell'interesse del capitalismo monopolistico.

Poco dopo lo scoppio della guerra, James Connolly, che come Lenin aveva rifiutato di appoggiare la corsa alla guerra imperialista, scriveva: "Che cosa ne è stato di tutte le nostre risoluzioni, di tutte le nostre pretese di fraternizzazione, di tutte le nostre minacce di scioperi generali, di tutti i nostri dispositivi accuratamente messi a punto di internazionalismo, di tutte le nostre speranze per il futuro? Era rumore e furore che non significava nulla? " (Forward, 15 ago 1914)

La Prima Guerra Mondiale non riguardava la libertà delle piccole nazioni, la difesa della civiltà europea o la tutela della democrazia. La Prima Guerra Mondiale fu il risultato inevitabile dello scontro delle forze politiche, sociali ed economiche prodotte dal capitalismo nei decenni precedenti: riguardava, prima e soprattutto, il tentativo delle potenze imperialiste di assumere il controllo dei mercati mondiali, delle risorse naturali e della capacità produttiva.

In La guerra e la socialdemocrazia russa pubblicato nel novembre 1914 Lenin affermava:
"La guerra europea, preparata durante decenni dai governi e dai partiti borghesi di tutti i paesi, è scoppiata. L'aumento degli armamenti, l'estremo inasprimento della lotta per i mercati nella nuova fase imperialistica di sviluppo del capitalismo nei paesi più avanzati, gli interessi dinastici delle monarchie più arretrate dell'Europa orientale dovevano inevitabilmente condurre, e hanno condotto, a questa guerra. Conquistare territori e asservire nazioni straniere, mandare in rovina le nazioni concorrenti e depredarne le ricchezze, deviare l'attenzione delle masse lavoratrici dalla crisi politica interna in Russia, in Germania, in Inghilterra e in altri paesi, scindere le masse lavoratrici, abbindolarle mediante l'inganno nazionalistico e distruggerne l'avanguardia allo scopo di indebolire il movimento rivoluzionario del proletariato, ecco l'unico effettivo contenuto, il significato e la portata della guerra attuale".
(Lenin, 1914, Opere Complete, Vol. 21, pag. 19, Editori Riuniti, Roma, 1966)

Questo rimane l'obiettivo principale dell'imperialismo oggi e la causa autentica delle tante guerre di aggressione ingaggiate dagli Stati Uniti e i loro alleati dalla controrivoluzione e dal rovesciamento degli stati socialisti.

Per molti aspetti il mondo di oggi assomiglia molto di più all'epoca che precedette la Prima Guerra Mondiale che non al periodo successivo alla Seconda Guerra Mondiale. Ciò è dovuto alla fiducia che il capitalismo ha acquisito con l'indebolimento degli stati socialisti nell'Europa dell'Est, i tentativi di diminuire la coscienza di classe e la creazione di un mondo unipolare. Nei paesi capitalisti più avanzati, in particolare nel Regno Unito e negli Stati Uniti, abbiamo visto a un effettivo ritorno all'ideologia economica che ha dominato il XIX secolo: il neo-liberismo è accomunato sotto molti aspetti al laissez-faire.

Sul fronte interno, lo Stato opera sempre più nell'interesse del capitale e contro il lavoro. La regolazione viene cancellata, il ruolo dello Stato nell'economia è ridotto, i diritti sindacali sono azzerati attraverso la legislazione e il sistema giudiziario, il divario tra ricchi e poveri cresce, la morsa dell'oligarchia al potere è serrata. A livello internazionale viene utilizzata la forza politica, economica e militare per dominare i paesi più piccoli e per garantire il controllo delle loro risorse. Vengono mantenuti al potere regimi fantoccio, a seconda delle circostanze vengono favoriti colpi di stato o rivolte nell'interesse dei monopoli. Il FMI, la Banca Mondiale, il WTO; le portaerei, i droni, i missili; le ONG, la scuola, l'università: tutte le forme di soft o hard power vengono utilizzate per affermare il controllo dell'imperialismo, non solo sui governi, ma sui popoli.

Molte delle caratteristiche dell'imperialismo di oggi sono, dunque, molto simili ma contemporaneamente molto diverse dall'imperialismo di un secolo fa. Sono andati i giorni dei vasti imperi dominati da Londra o Parigi, ma non sono neanche necessari quando le élite politiche ed economiche dei paesi in via di sviluppo condividono gli stessi interessi e lo stesso sistema di valori dell'élite globale, e servono gli interessi dei grandi centri imperialisti. Non sono necessari quando il dominio ideologico del neo-liberismo in un mondo unipolare implica considerare naturale che le risorse siano sfruttate da società private straniere per i loro profitti anziché essere utilizzate dal governo per gli interessi di tutto il popolo. Tuttavia il carattere fondamentale dell'imperialismo, come definito da Lenin, rimane lo stesso.

La rivalità interimperialista rimane una forza reale nel mondo di oggi, ma è molto diversa per natura rispetto a un secolo fa. Possiamo osservare il fenomeno, per esempio, nell'Unione Europea. Molte delle potenze imperialiste il cui conflitto provocò la Prima Guerra Mondiale, ora cooperano all'interno dello stesso blocco imperialista. Le tensioni restano tra queste potenze e tra i paesi membri dell'Unione europea, come la classe operaia in Irlanda sa fin troppo bene. Tuttavia, su scala globale agiscono insieme, soprattutto nel mantenimento dei rapporti commerciali con le ex colonie, rispecchiando i rapporti economici dell'imperialismo del secolo scorso. Nonostante i continui sforzi per accrescere la sua potenza militare, l'UE rimane relativamente debole militarmente, soprattutto di fronte a una potenza capitalista rivale come la Russia.

Naturalmente, la differenza principale nelle rivalità interimperialiste di oggi rispetto al periodo ante Prima Guerra Mondiale è l'egemonia degli Stati Uniti, il cui emergere come maggiore potenza imperialista è il risultato diretto di due guerre mondiali e la cui affermazione egemonica coincide con il crollo degli stati socialisti. Negli ultimi decenni, la politica degli Stati Uniti è stata estremamente aggressiva: con il lancio di guerre, ponendo l'intera popolazione mondiale sotto sorveglianza elettronica, sfruttando le istituzioni internazionali per rafforzare la forma neo-liberista del capitalismo nei piccoli Stati.

Gli Stati Uniti sono di gran lunga la potenza militare dominante del mondo, ma la capacità statunitense di usare la forza non è così grande come la sua potenza militare suggerirebbe. Basta guardare all'Iraq e all'Afghanistan per constatarlo. Quando si trova a rivaleggiare per il dominio regionale, le sue forze militari appaiono sempre più insufficienti per intimidire i poteri forti regionali. I suoi sforzi per rovesciare i governi antimperialisti in America Latina e Asia hanno fallito. Economicamente, la sua posizione è in pericolo. Detto questo, l'imperialismo degli Stati Uniti è forte, sia in termini di spesa e capacità militare che in interventi soft power. La cosiddetta "guerra al terrore" rimane al centro di questa strategia di rafforzamento ed espansione dell'influenza degli Stati Uniti. Gli Usa cercano di rendere complici nei loro sforzi qualsiasi paese che si trovi fuori dalle alleanze militari, come avviene quando si spostano le truppe attraverso l'aeroporto di Shannon in Irlanda occidentale con il sostegno del governo irlandese.

In breve, il dominio dell'imperialismo è più incisivo sulla vita dei lavoratori di tutto il mondo di quanto non fosse il secolo passato: un fatto reso possibile dall'intensificazione della globalizzazione del capitalismo, fenomeno individuato nel Manifesto comunista: la borghesia dei centri imperialisti tradizionali ha infatti ridisegnato il mondo a propria immagine, ma data la natura dialettica della realtà il suo declino politico ed economico è segnato nella misura in cui le ex colonie sviluppano le proprie economie capitaliste. L'imperialismo è più dominante, ma le vecchie potenze imperiali non lo sono. Dove condurrà questa rivalità imperialista? L'aperta belligeranza regionale con il coinvolgimento delle grandi potenze capitaliste non si può escludere. Sicuramente le maggiori potenze continueranno a confrontarsi tra loro per procura, attraverso altri Stati, attraverso organizzazioni politiche e paramilitari, siano essi partiti politici, multinazionali, mercenari o gruppi terroristici.

Il Medio Oriente e l'Asia sono da tempo sembrati i luoghi più probabili per la deflagrazione di un conflitto aperto su vasta scala tra i principali centri imperialisti. Tuttavia, i recenti eventi in Europa orientale suggeriscono che vi è un appetito che sollecita alcuni per un confronto con la Russia. Più probabile è una guerra guerreggiata con altri mezzi, in particolare attraverso le risorse energetiche e le organizzazioni politiche e paramilitari. Il movimento internazionale dei Partiti comunisti e operai e il movimento internazionale per la pace, devono continuare ad opporsi al bellicismo imperialista, offrendo la cooperazione e la solidarietà come alternativa alla competizione imperialista e alla guerra. Una responsabilità speciale spetta ai Partiti Comunisti e Operai nei vecchi centri imperialisti, dove l'opinione pubblica offre la possibilità di qualche controllo sull'avventurismo militare. Questo significa essere chiari nella nostra opposizione al bellicismo, sia che provenga dalla destra tradizionale che dai resti della socialdemocrazia. Significa anche una maggiore cooperazione tra di noi, soprattutto a livello regionale.

La socialdemocrazia ha, sin dalla Prima Guerra Mondiale, costantemente promosso guerre imperialiste e talvolta le ha condotte con uno zelo maggiore di quello dei tradizionali partiti conservatori, soprattutto durante il periodo trionfale del neo-liberismo dopo il rovesciamento di molti Stati socialisti. E' essenziale che i Partiti Comunisti e Operai oggi denuncino la realtà imperialista della socialdemocrazia con lo stesso ardore di Lenin durante la Prima Guerra Mondiale.

Allo stesso modo, la natura reazionaria del nazionalismo e dello sciovinismo deve essere un tema costante del nostro messaggio alla classe operaia. Il nazionalismo e lo sciovinismo vengono utilizzati per dividere i lavoratori all'interno dei singoli paesi e oltre i confini. L'internazionalismo proletario è più importante che mai. L'estrema destra in posti come la Francia ha approfittato del crollo del modello neo-liberista e dell'attuazione della cosiddetta austerity per fingersi dalla parte dei lavoratori, per fingersi avversaria del capitalismo. Sappiamo che questa è una menzogna, e sappiamo dove questa menzogna può portare. La presenza di fascisti in alcuni governi in Europa per la prima volta da decenni, la crescita di movimenti neo-nazisti in Grecia, Ungheria, Ucraina e altrove, gli attacchi omicidi contro immigrati e antifascisti, sono segnali di allarme. Particolarmente vile, e particolarmente deleterio per la coscienza di classe, è il gemellaggio del nazionalismo con l'identità religiosa. Il mantra imperialista del "divide et impera" è vivo e vegeto nel mondo di oggi: lo conferma un semplice sguardo al Medio Oriente, all'India, ad alcune regioni dell'Africa. Se ne avvantaggiano la borghesia nazionale così come le potenze imperialiste, indebolendo il movimento operaio.

Oggi, un secolo dopo la prima guerra mondiale, l'imperialismo continua a significare guerra. Mentre declinano i vecchi centri imperialisti e crescono quelli nuovi, le rivalità interimperialiste si acuiscono. La competizione per il controllo delle risorse, dal petrolio all'oro fino all'acqua, continuerà a causare attriti tra le potenze imperialiste, che useranno ogni mezzo a loro disposizione per assicurare che queste risorse siano impiegate per il loro profitto privato. E' probabile che la rivalità interimperialista continui a produrre guerre, in particolare con attacchi dei blocchi imperialisti contro paesi piccoli ma ricchi di risorse. Guerre regionali limitate, tra i maggiori centri imperialisti non si possono escludere nei prossimi anni e decenni. Come un secolo fa, gli imperialisti invocheranno il nazionalismo e lo sciovinismo, il razzismo e il settarismo religioso ed etnico, per dividere e indebolire il movimento dei lavoratori. Come un secolo fa, saranno aiutati dal tradimento della socialdemocrazia.

L'UE, il G8, servono gli interessi del grande capitale e dei monopoli. Collaborano con gli Stati Uniti e la NATO. Gli attacchi alle condizioni sociali ed economiche e l'impoverimento dei lavoratori, l'aumento del potere dei monopoli, sono la prova della linea politica antipopolare dell'UE e dei suoi Stati membri. Tutti gli Stati membri del G8, con l'eccezione di Russia e Giappone sono membri della NATO. Il Giappone collabora strettamente con gli Stati Uniti nei suoi piani per la regione Asia-Pacifico.

Anche nel bel mezzo della crisi del capitalismo, i profitti delle industrie belliche si espandono. Aumentano le spese militari. Di recente, i pericolosi sviluppi in Ucraina e in Siria, dove la mano dell'imperialismo è chiaramente visibile, sottolineano come l'imperialismo sia una minaccia per la pace. Finché esiste il capitalismo vivremo con la costante minaccia della guerra. Il capitalismo non può offrire soluzioni ai problemi della classe operaia. È la causa di questi problemi. Il socialismo è l'unica alternativa che offra una soluzione.

I Partiti Comunisti e Operai devono costantemente lottare per combattere l'influenza opportunista e sciovinista nel movimento operaio, per aumentare la coscienza di classe e promuovere la solidarietà di classe e l'internazionalismo proletario, per rafforzare la lotta contro l'imperialismo in ogni paese, per chiedere lo scioglimento della NATO, per sfidare l'oppressione e lo sfruttamento, rifiutare l'intervento imperialista e la guerra e lottare incessantemente per il rovesciamento del capitalismo e il trionfo del socialismo.

* Gerry Grainger, Commissione per gli affari internazionali del Partito dei Lavoratori d'Irlanda



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