www.resistenze.org
- pensiero resistente - movimento comunista internazionale - 02-11-15 - n. 563
17° IMCWP - 17° Incontro Internazionale dei Partiti Comunisti e Operai
"I compiti dei Partiti comunisti e operai per rafforzare la lotta della classe operaia contro lo sfruttamento capitalista, le guerre imperialiste e il fascismo, per l'emancipazione dei lavoratori e dei popoli, per il socialismo".
Istanbul, Turchia, 30 ottobre-1 novembre 2015
Discorso di apertura al 17° IMCWP: "Insieme, ci sbarazzeremo di questo barbaro ordine chiamato capitalismo"
Partito Comunista (KP), Turchia | sol.org.tr
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
Il Segretario del Comitato Centrale del Partito Comunista (KP), Turchia, Kemal Okuyan ha tenuto il discorso di apertura al 17° IMCWP salutando le lotte rivoluzionarie dei Partiti partecipanti.
Si è aperto il 30 ottobre a Istanbul il 17° Incontro Internazionale dei Partiti Comunisti e Operai (IMCWP). Il Segretario del CC del Partito Comunista (KP), Turchia, Kemal Okuyan, ha pronunciato il discorso di apertura dell'incontro.
Okuyan ha esordito sottolineando la difficile agenda internazionale del movimento operaio. Il Segretario del CC del KP ha ricordato che per il capitalismo l'attuale situazione non dovrebbe essere considerata inattesa: "Non deve sorprendere l'attuale attacco della classe capitalista al movimento operaio e il suo tentativo di abolire tutte le conquiste che la classe lavoratrice ha raggiunto nel corso dei secoli. Lo ha fatto ogni volta che il capitalismo è passato attraverso le successive crisi economiche e politiche che gli sono proprie. Non sorprende che si accentuino le contraddizioni tra potenze imperialiste, che cresca la minaccia della guerra e aumenti il fascismo". Okuyan ha ricordato inoltre che "questa minaccia comporta ulteriori difficoltà per i comunisti".
Sono stati quindi rilevati i punti importanti dell'aspra lotta del KP in Turchia, sottolineando i tre "elementi inseparabili e fondamentali", quali la lotta contro l'imperialismo, la lotta per l'illuminismo e la lotta anticapitalista.
Okuyan ha concluso salutando la lotta del movimento comunista internazionale ed esprimendo fiducia nel trionfo del marxismo-leninismo.
Di seguito, il testo integrale dell'intervento d'apertura di Kemal Okuyan al 17° IMCWP.
***
Cari compagni,
Vi do il benvenuto al 17° Incontro Internazionale dei Partiti Comunisti e Operai. Come Partito Comunista in Turchia, siamo molto felici di vedere qui, a Istanbul, i nostri compagni provenienti da tutto il mondo. Vi assicuro che faremo del nostro meglio perché sia un incontro produttivo, sicuro e fraterno, sebbene si svolga nel mezzo di circostanze in continua evoluzione e alquanto gravose. Tutto ciò che possiamo fare è porgere in anticipo le nostre scuse per ogni tipo di possibili inconvenienti.
Preferisco non iniziare con frasi fatte del tipo "in questi tempi difficili che stiamo attraversando...". Non c'è mai stato un momento facile per il movimento operaio. Non deve sorprendere l'attuale attacco della classe capitalista al movimento operaio e il suo tentativo di abolire tutte le conquiste che la classe lavoratrice ha raggiunto nel corso dei secoli. Lo ha fatto ogni volta che il capitalismo è passato attraverso le successive crisi economiche e politiche che gli sono proprie. Come non sorprende che si accentuino le contraddizioni tra potenze imperialiste, che cresca la minaccia della guerra e aumenti il fascismo.
E' vero, questa minaccia comporta ulteriori difficoltà per i comunisti. Restrizioni, divieti, arresti, persecuzioni, omicidi... Abbiamo innumerevoli esempi di simili aggressioni da parte della borghesia nella storia del movimento comunista. Proprio qui, nel nostro paese, i comunisti sono stati costretti a impegnarsi nella lotta clandestina per decenni. Quanto accade oggi non fa eccezione. C'è un unico significato da dare alle ingiustizie consumate in Kazakistan, Ucraina, Ungheria, Paesi Baltici e così via: non si può parlare di vera libertà o democrazia sotto il capitalismo!
Compagni,
Non ci sono ragioni per dire che certi periodi offrono condizioni "più morbide" ai comunisti. E mi riferisco ai periodi in cui il capitalismo consegue una relativa stabilità e per un motivo o per l'altro estende il campo di applicazione della democrazia borghese. Naturalmente, ciò può essere affermato solo a patto di essere ancora impegnati nell'unica ragione della nostra esistenza: la pretesa di stabilire una società senza classi, libera dallo sfruttamento. Un capitalismo stabilizzato non risolverebbe le questioni dello sfruttamento, della disoccupazione, delle disuguaglianze, della povertà e la possibilità di crisi. La stabilità del capitalismo fornisce alla classe dominante ulteriori opportunità per ingannare le masse lavoratrici, aumentando in un certo senso le difficoltà per i comunisti.
Cari compagni,
Dobbiamo liberarci del capitalismo. L'umanità non può più tollerare questa barbarie. Mi permetto di affermarlo in un paese dove abbiamo dovuto affrontare uno dei peggiori esiti elettorali che un partito comunista possa ottenere, appena quattro mesi fa.
Oso dirlo non perché siamo sognatori, utopisti, avventurieri o pazzi, ma perché siamo comunisti!
E' chiaro che la lotta per il socialismo richiede pazienza e perseveranza. Non faremmo una rivoluzione, ma creeremmo delle caricature lasciandoci guidare da un volontarismo che non tiene conto delle condizioni oggettive, né ci si può arrivare pensando di evitare le sofferenze. Quella delle caricatura è un'arte grandiosa, creativa e allegra, ma coloro che in politica diventano macchiette di se stessi non allietano nessuno, tranne il nostro nemico.
E questo non è tutto! La cosa che più farebbe piacere al nostro nemico, la classe dei capitalisti, è vedere il socialismo scivolare nell'oblio.
Compagni,
la storia del movimento comunista è piena di grandi vittorie e successi. Spingendomi oltre, posso dire che se i comunisti fossero stati esclusi dalla storia degli ultimi 160 anni, il mondo non solo si sarebbe trasformato in un inferno, ma sarebbe diventato sterile nel senso pieno del termine. I comunisti hanno segnato le loro epoche nei campi della scienza, dell'arte e della cultura.
Perché dunque oggi siamo meno influenti?
Dobbiamo coraggiosamente porci questa domanda. Dobbiamo farlo, in modo che il nostro nemico non possa più rallegrarsene.
Oggi siamo meno influenti dal momento che l'idea stessa, la stessa speranza che un altro mondo sia possibile è entrata in declino. E' un colpo mortale per il movimento comunista quando l'obiettivo della rivoluzione socialista perde di concretezza. Sebbene i comunisti si schierino per la pace e la libertà, la loro legittimità storica non nasce dal nulla, ma dalla loro aspirazione di giungere ad una società senza classi.
L'obiettivo della rivoluzione socialista era al primo posto nel 1919, quando fu istituito il Comintern, non perché i partiti membri erano potenti. Sappiamo tutti che molti dei partiti che allora presero il nome di "comunista" non erano tanto più forti di quelli che noi oggi chiamiamo "piccoli". L'avanzamento della Rivoluzione d'Ottobre ha dimostrato il carattere impetuoso e a salti della lotta per il socialismo. I rivoluzionari russi hanno conquistato una vittoria in cui nessuno avrebbe creduto solo un paio di anni prima del 1917. Oggi, il socialismo non è affatto più lontano di quanto lo era nel 1914 e non può che essere così! Lo sappiamo in base alle nostre esperienze nel nostro paese.
Cari compagni,
cosa vi viene in mente come politici rivoluzionari quando sentite parlare di Turchia... E' un paese bellissimo e vivace, con le sue ricchezze storiche e naturali. E' la patria del grande poeta Nazim Hikmet, ed è la patria di generosi rivoluzionari. Ma questo non è tutto. Si potrebbe sicuramente pensare ai colpi di stato militari, ai fascisti, al militarismo e al fanatismo religioso. Oggi, in molti ci dicono che non ha senso parlare di socialismo in un paese così. Sostengono che le nostre priorità devono cambiare dinanzi ad un annullamento delle libertà di tale portata.
Eppure sappiamo che i colpi di stato militari nel nostro paese sono avvenuti proprio per questa ragione, vale a dire garantire l'ordine capitalista nel suo complesso. Quando i generali filo-Nato misero in scena il colpo di stato nel 1980, uno dei capitalisti di spicco in Turchia dichiarò: "Adesso ridiamo noi".
Lo stesso vale per il fanatismo religioso. Sì, la religione in sé è molto più vecchia del capitalismo, ma ha invaso la sfera politica della Turchia attraverso i dollari Usa e i marchi tedeschi. La logica sottesa era di scongiurare la rinascita sociale della Turchia. A tale proposito, è un grave errore giudicare il movimento islamista solo come un fenomeno anacronistico, giacché questo termine si applica correttamente anche per il capitalismo. Dobbiamo capire che oggi, i monopoli più importanti al mondo stanno conducendo una guerra contro la modernità.
Cari rappresentanti dei partiti fratelli,
la lotta del nostro partito si basa su tre elementi inseparabili e fondamentali.
Il primo è quello dell'imperialismo. Cosa intendiamo con ciò? Prima di tutto, noi non consideriamo l'imperialismo come una questione di politica estera della Turchia. Né imperialismo significa semplicemente un problema di dipendenza per il paese. Non abbiamo alcun dubbio che la Turchia sia aperta e fragile all'influenza e agli interventi dei potenti centri imperialisti, in particolare di Stati Uniti e Germania, in termini economici, politici, militari e culturali. Contro di questo lottiamo e difendiamo una Turchia indipendente e sovrana. Lo facciamo non per ragioni tattiche, ma perché siamo comunisti e siamo patrioti. In relazione a questo, noi combattiamo per l'annientamento delle istituzioni imperialiste come Nato e Ue, che affliggono non solo la Turchia, ma tutti gli oppressi del mondo.
Ma come si può distinguere questa lotta da quella contro i monopoli nazionali ed esteri, e contro l'ordine necessario a tali monopoli, il capitalismo? Come possiamo continuare a lottare contro l'imperialismo, senza contrastare le pretese regionali della borghesia turca e il suo tentativo di diventare anch'essa una potenza imperialista? Un paese capitalista ma indipendente, un paese capitalista ma sovrano, un paese capitalista ma dignitoso è un sogno irrealizzabile.
Ci sono abbastanza esempi nella storia del movimento comunista che mostrano quello che bisogna affrontare quando nella lotta antimperialista si assume una prospettiva di classe e l'obiettivo del socialismo. La storia ci insegna che dopo l'abbandono del socialismo come fine, è venuto il ritiro dalla lotta contro la Nato e, infine, dello scopo di rompere i legami con essa!
Definiamo il patriottismo così: il patriottismo è la volontà di liberare il proprio paese dagli sfruttatori! Non di mostrare stupidamente una empatia per la borghesia del paese.
E' la stessa ragione, la stessa necessità per cui i comunisti non possono e non devono preferire una potenza imperialista piuttosto che un'altra. Il nemico più potente di oggi possono essere gli Stati Uniti o un altro centro imperialista. Inoltre, lo scontro di interessi tra imperialisti può fornire alcune opportunità al movimento comunista. Ma tutto ciò può raggiungere un significato storico solo e soltanto se prendiamo una posizione ferma nella nostra posizione di classe indipendente, astenendoci dallo spingere la classe operaia a far pace con questa o quella fazione della classe capitalista.
Il secondo elemento della nostra lotta è l'illuminismo. Abbiamo qui molti compagni provenienti dai paesi islamici. L'esperienza stessa che noi tutti condividiamo mostra che i comunisti non saranno mai in grado di rinforzarsi concretamente senza adottare un atteggiamento laico e secolare. Non c'è dubbio che parlando di illuminismo intendo riferirmi a qualcosa che va oltre i limiti del significato borghese del termine. L'eredità storica delle rivoluzioni borghesi dal 1789 è passata con un contenuto modificato alla classe operaia, la sola oggi a raccogliere la bandiera del progresso. Dobbiamo lottare senza esitazioni contro le forze reazionarie e la religionizzazione della società e della politica, non solo nei paesi islamici, ma in tutto il mondo. Non dimentichiamoci che il terrore religioso di oggi è il prodotto della religionizzazione della sfera politica, sia che essa avvenga in maniera moderata o radicale.
Questa invasione del campo politico non è semplicemente una questione di interesse geopolitico degli imperialisti. La religionizzazione nel suo complesso contribuisce al persistere del dominio capitalista. Quindi, è inaccettabile per i comunisti, che hanno sempre difeso la libertà di credo e di culto, abbandonare il principio di mantenere la religione fuori dalla vita politica.
Siamo contrari alla riduzione della lotta contro il fanatismo religioso ad una lotta esclusivamente contro l'Isis. Ci opponiamo anche ai tentativi di incontro su questo stesso terreno con i paesi imperialisti per lottare contro questa organizzazione sanguinaria. Non solo rifiutiamo la tendenza ad accettare la logica del minore dei mali, ma ribadiamo la volontà di conoscere chi ha creato tutto ciò.
Cari compagni,
il terzo elemento essenziale della nostra lotta contro il capitalismo è senza dubbio la caratteristica determinante di un partito comunista. Tuttavia, non lo prendiamo come un cliché ripetuto di continuo, in attesa del momento giusto per entrare in gioco. Né vediamo le lotte per la pace, la libertà e l'illuminismo come passi preliminari per agevolare una futura lotta per il socialismo. Per noi, la prospettiva della rivoluzione socialista deve essere il principio fondamentale dei partiti comunisti in ogni situazione e in ogni momento.
Compagni, lasciate che mi spieghi più chiaramente in base alla situazione concreta della Turchia.
Quando l'AKP (Partito per la Giustizia e lo Sviluppo) giunse al potere quasi 15 anni fa sotto la guida di Erdogan, la maggioranza della sinistra turca diede il proprio sostegno diretto o indiretto all'AKP giustificandolo con la necessità di democratizzare, smilitarizzare e sviluppare la società civile in Turchia. Anche alcuni partiti della sinistra europea sono stati coinvolti in questo processo. Siamo in grado di documentare il fatto che hanno definito Erdogan un rivoluzionario, un riformista e un progressista. Noi invece, che abbiamo analizzato tali sviluppi da un punto di vista di classe, abbiamo ripetutamente denunciato come ingannatori del popolo turco chi illudeva che la democrazia potesse arrivare dalla classe capitalista e chi allo stesso modo sperava nella libertà dai fondamentalisti islamici.
Più tardi, quando il governo AKP ha attaccato la classe operaia, donne e giovani, indignazione e reazione hanno iniziato ad accumularsi nella società. E' cresciuta l'influenza dei comunisti che quasi da soli prima avevano sventolato la bandiera della lotta contro l'AKP. Siccome Erdogan polarizzava la società sempre di più, fazioni significative della borghesia gli divennero ostili. In quel momento, nel 2013, scoppiò una grande rivolta sociale conosciuta come "le proteste di Gezi Park". In milioni scesero in piazza contro il governo. La classe capitalista tentò più volte di influenzarla attraverso diversi canali, per trasformarla in una rivoluzione colorata. Tuttavia, la presenza delle forze rivoluzionarie, in particolare del nostro partito e le tendenze ideologiche delle masse partecipanti non ha consentito di dare il via ad un qualsiasi intervento liberale, filo-Usa o filo-Ue. Il movimento curdo, d'altra parte, si astenne dal partecipare alla rivolta, accusando il movimento di tentare un colpo di stato contro l'AKP.
Cari compagni,
alla domanda su come sono i nostri rapporti con il movimento nazionalista curdo, la nostra risposta sarebbe questa: i curdi sono oppressi. Non possiamo voltare le spalle alle loro richieste di uguaglianza e libertà. Lottiamo per un paese in cui i curdi, i turchi e tutti gli altri popoli possano vivere insieme in pace e fraternità. Ci sono molti curdi del nostro gruppo che lottano per questo scopo. Detto questo, cari compagni, non possiamo approvare le scelte pragmatiche di un movimento nazionalista basato sulla collaborazione di classe, o i suoi rapporti con i centri imperialisti. Né possiamo dimenticare il modo in cui hanno sostenuto il governo AKP per anni. Il socialismo è necessario anche ai curdi, a meno che non pensino alla liberazione come al predominio di Barzani [presidente del Kurdistan iracheno, ndt] e simili.
Compagni,
il movimento nazionalista curdo ha salvato Erdogan dal rovesciamento nel 2013. Questo non lo diciamo noi, ma i leader del movimento che lo hanno espresso esplicitamente e ripetutamente. E poi?
E poi, la borghesia e i principali stati imperialisti, che diffidavano dei milioni di persone che erano scese nelle strade, hanno dato il via a un intervento globale che da allora abbiamo chiamato "un tentativo di restaurazione". L'obiettivo era una vasta coalizione con una versione dell'AKP senza Erdogan, un rinnovato e riformato CHP (Partito Popolare Repubblicano) e l'HDP (Partito Democratico del Popolo) come partito curdo integrato nel sistema. Oggi, Erdogan resiste a questa alternativa che significa la sua esclusione. Il tentativo non è riuscito alle elezioni di giugno e ora potenti fazioni della classe capitalista ci proveranno ancora una volta alle prossime elezioni.
Quasi tutte le fazioni della sinistra turca stanno dietro a questo progetto, con una giustificazione che suona così: "Prima se ne deve andare Erdogan, in modo che si possa tirare un sospiro di sollievo".
Cari compagni,
non sorprenderà che alle passate elezioni il nostro partito abbia preso voti solo dalla sua base. Non siamo stati influenzati negativamente dai risultati perché consapevoli del terrorismo intellettuale esistente. Oggi, nella sinistra non c'è una organizzazione che parli di classe operaia o della contraddizione lavoro-capitale! L'HDP, che si è trasformato in un partito socialdemocratico, continua a ricevere il sostegno di alcuni monopoli dei media. Certi politici dell'HDP che si definiscono "marxisti" fanno visita alle organizzazioni dei capitalisti, posando di buon grado nelle stesse foto.
Infatti, anche alla classe capitalista serve la sinistra. Il sistema in Turchia ha urgenza di persuadere la sinistra a stare dalla sua parte, poiché altrimenti si trasformerà in un grande rischio. Senza Syriza, anche il sistema in Grecia sarebbe minacciato. Lo stesso vale per gli altri paesi. Podemos in Spagna, gli ultimi sviluppi del Partito laburista in Gran Bretagna... Può tutto questo essere in relazione con la necessità di gestire la crisi e sostenere il capitalismo?
Oggi, una tendenza analoga è presente in Turchia. Coloro che hanno mantenuto Erdogan al sicuro dal popolo fino ad ora, mettono pressione su di noi per partecipare alla coalizione anti-Erdogan. Ma perché essi attribuiscono tanta importanza a un partito, che ha meno dell'1% dei voti?
Perché, hanno paura! Non sto esagerando. Hanno paura del nostro essere ben organizzati, della nostra saggezza politica, della nostra influenza, dei nostri quadri, dei nostri militanti che agitavano la bandiera rossa della classe operaia in Piazza Taksim il Primo maggio, quando fu occupata da decine di migliaia di poliziotti. Il giorno dopo le elezioni, nelle quali abbiamo ricevuto una percentuale ridicola e trascurabile di voti, 780 mila persone hanno visitato le pubblicazioni on-line del nostro partito. Nei 4 mesi successivi alle elezioni, il numero dei nostri iscritti è aumentato del 35%.
Perché accade? Come mai un fallimento elettorale non genera angoscia?
Perché, siamo sicuri di noi stessi! Il nostro partito si è protetto e si è conquistato una buona reputazione spesso correndo rischi da solo. Abbiamo sempre preso delle posizioni, che poi hanno trovato giustificazione, sulla Ue, la Nato e il governo AKP. Quando il processo chiamato "primavera araba" ha scosso il Medio Oriente, abbiamo subito denunciato che stavano dirottando la rabbia delle masse arabe povere. I dirottatori erano i monopoli internazionali. Quelli che dicevano "che prima si sviluppi la democrazia" e coloro che hanno sostenuto i partiti islamici, indicandone come ragione che "è l'unica rivoluzione che può esserci nei paesi arabi" sono stati delusi. Mursi, Sisi, Erdogan, o Tsipras... Questi sono i rappresentanti delle diverse fazioni borghesi e chi fa affidamento su di loro in nome della democrazia, della libertà e del progresso sarà sempre deluso.
Sì, cari compagni, il nostro partito, che lo scorso anno era in crisi, spinto alla deriva dai venti liberal-riformisti ora procede sulla sua strada. Non è mia intenzione vantarmi. Qui siamo tutti membri della stessa famiglia. Abbiamo intenzione di mostrare ai nostri compagni che non devono preoccuparsi di come i comunisti possano avere successo in questo paese difficile.
Cari compagni,
è possibile che si riceva nuovamente un numero insignificante di voti nelle prossime elezioni. Naturalmente dobbiamo sempre trarre qualche lezione da tali risultati. Ma non abbiamo mai basato i nostri piani sulla crescita del numero di voti. Ci organizziamo, rafforzando le nostre unità nelle fabbriche e nei luoghi di lavoro. Come partito della classe operaia, combattiamo un'aspra battaglia ideologica contro coloro che cercano di assediarci.
Non abbiamo alcun dubbio che alla fine la nostra lotta vincerà in questo paese problematico e sorprendente. Come non abbiamo dubbi che anche voi trionferete nelle vostre lotte. Insieme, ci sbarazzeremo di questo ordine barbaro chiamato capitalismo. Tutto ciò di cui abbiamo bisogno è il marxismo-leninismo, non come un logoro slogan ma come una guida vivente che illumina il nostro cammino.
Ancora una volta, vi diamo il benvenuto compagni...
Sostieni Resistenze.org.
Fai una donazione al Centro di Cultura e Documentazione Popolare.
Support Resistenze.org.
Make a donation to Centro di Cultura e Documentazione Popolare.