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- pensiero resistente - movimento comunista internazionale - 20-02-16 - n. 577
ECM 2015 - Incontro Comunista Europeo 2015
"Rafforziamo la lotta operaia e popolare contro la barbarie capitalista che crea guerre, povertà, rifugiati e immigrati. Per l'Europa del socialismo, della pace, della giustizia sociale".
Bruxelles, 07/12/2015
Intervento del Partito Comunista, Turchia
Partito Comunista (KP), Turchia | kke.gr
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
Saluto i compagni del Partito Comunista di Grecia, organizzatori di questo incontro e i rappresentanti dei partiti comunisti fratelli provenienti dai diversi paesi d'Europa riuniti oggi a Bruxelles. A voi rivolgo un saluto rivoluzionario.
Quali conclusioni dobbiamo trarre se le libertà vengono sospese, il diritto di riunione e di manifestazione messo sotto sequestro, gli scioperi e le resistenze vietate non solo qui oggi a Bruxelles, ma in ogni angolo d'Europa?
Senza dilungarmi troppo, vorrei citare la principale di queste conclusioni: il capitalismo ha portato l'umanità sull'orlo dell'estinzione per non estinguere sé stesso.
Che cosa è la guerra? Se ci ponessimo la stessa domanda in modo più concreto dovremmo dire: che origine hanno le guerre in corso in Ucraina, Siria e Iraq?
Anche non essendo marxisti si comprende che queste guerre derivano dalla volontà dei monopoli internazionali di accedere a nuovi mercati, di ottenere energia e materie prime, aree di investimento e forza lavoro a basso costo. Le occupazioni e gli interventi militari, il militarismo in termini generali, i conflitti etnici e confessionali, il fanatismo religioso e gli attentati "terroristici" sono le conseguenze, non le cause.
Tuttavia, è necessario guardare oltre questo rapporto causa-effetto. Il concetto di guerra è stato generalmente e giustamente considerato in relazione all'approfondirsi della crisi del capitalismo. Ciò significa che le guerre appartengono alla dinamica interna del capitalismo più che rappresentare decisioni della classe capitalista.
Da questo punto di vista, tutti i concetti accennati sopra, le occupazioni, gli interventi militari, il militarismo, i conflitti etnici e confessionali, il fanatismo religioso e gli "attacchi terroristici" non fanno che mettere a nudo l'incurabilità del capitalismo.
Questo punto di vista da solo è insufficiente e ci porta fuori strada. Tali concetti presi complessivamente sono sia una soluzione alla cronicità del capitalismo, sia una soluzione per renderlo un sistema sostenibile.
A partire dagli attacchi dell'11 Settembre, tralasciando quanto avvenuto in precedenza, le persone hanno dovuto confrontarsi con un nemico senza un'origine definita e senza la certezza di quando e di come esso potesse manifestarsi. Non solo si sono iniziati a limitare i diritti fondamentali, ma è stata anche fornita al capitale una libertà d'azione politica ed economica senza limiti.
Guardando il problema oggi, si vede subito che la questione non riguarda solo l'imperialismo degli Stati Uniti. Un numero sempre maggiore di paesi viene trascinato nell'oscurità. L'atmosfera di guerra e di terrore costringe all'immobilità la classe operaia e gli strati popolari.
Questo è un modo di governare ed è sia una conseguenza del capitalismo, che una sua scelta.
E' diventato evidente una volta di più che i comunisti non possono pensare a guerre, azioni terroristiche, conflitti etnici e confessionali come concetti esterni allo sfruttamento capitalistico.
Parliamone in modo più concreto.
E' un fatto indubbio che gli Stati Uniti ed i loro alleati hanno avuto un ruolo nella creazione e nel rafforzamento dell'ISIS e di organizzazioni simili. Quantomeno abbiamo la prova certa del ruolo della Turchia.
Queste organizzazioni non appartengono ad un'epoca pre-capitalistica. Al contrario, esse sono, in particolare l'ISIS, fra i più moderni attori del mercato nella regione. E' assurdo riferirsi a un movimento che si connette in modo così veloce al mercato mondiale e nel bel mezzo di una guerra, come medioevale ed oscuro.
Il capitalismo è barbarie. L'ISIS dovrebbe essere considerato come uno degli esempi estremi di questa barbarie. Va tenuto presente che l'ISIS approfitta della rabbia dei poveri riempiendo quegli spazi vuoti derivanti dall'inadeguatezza dell'imperialismo a combattere quelle disuguaglianze cui il capitalismo dà luogo.
La regione è stata gettata in un caos nel quale non è ben chiaro chi fa guerra a chi e nel quale ognuno può passare da amico a nemico in qualsiasi momento.
Il concetto di coalizione contro l'ISIS è un fattore ingannevole per i popoli della regione, come per i lavoratori dei paesi capitalistici avanzati, che da ciò sono stati profondamente disorientati.
Sappiamo che una grande maggioranza delle forze che hanno come scopo la lotta contro l'ISIS ha un rapporto diretto o indiretto con l'ISIS stesso. A consentire questa situazione sono le regole del mercato e del capitalismo, piuttosto che dei rapporti ambigui
Che l'ISIS rubi e commerci il petrolio dei popoli di Siria e Iraq è noto. Anche la Turchia è del giro. Ne fanno parte inoltre il governo curdo a guida Barzani, le forze egemoni in Ucraina e Georgia e i monopoli giapponesi. Per non parlare degli Stati Uniti!
Non stiamo parlando di un meccanismo che sta oltre il capitalismo. Ci riferiamo direttamente allo sfruttamento della classe operaia e al bottino di risorse energetiche agguantato dai monopoli. Una certa quantità di questo bottino finanzia l'ISIS.
Cari compagni,
dobbiamo prendere una decisione: o noi accettiamo il ricatto del capitale, che usa la guerra, il fondamentalismo e il terrorismo come strumenti di potere e diamo battaglia a questi fenomeni in modo autonomo, collaborando quindi con alcune frange della borghesia come alcuni già fanno; oppure consideriamo la lotta contro il fanatismo religioso e il terrore come una sotto-categoria della lotta di classe.
Il nostro partito, Partito Comunista (KP), Turchia, che si oppone direttamente e tenacemente alla guerra sporca in Siria, al terrore religioso e al ruolo giocato dal capitale turco, è l'unico tra i soggetti della sinistra in Turchia. Appena l'AKP ed Erdogan salirono al potere, dichiarammo che islamismo e capitale avrebbero beneficiato l'uno dell'altro. A quel tempo vi erano, non solo in Turchia, ma anche in tutto il mondo, alcune forze progressiste che consideravano Erdogan come un politico democratico e amante della libertà
La prospettiva di classe ci tiene lontano da trappole di questo tipo.
E' bene non dimenticare che il governo Putin, che oggi decide di lavare i panni sporchi di Erdogan in pubblico, fino a ieri era solito metterlo in guardia sugli Stati Uniti, proteggendolo e lodandolo, come avvenuto ad esempio nel 2014.
Non sbaglieremo quindi se prenderemo posizione a vantaggio dei proletari, invece di sceglierne una a seconda della concorrenza e della lotta tra forze capitalistiche.
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