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20° IMCWP: Contributo del Partito Comunista dell'India (Marxista)

"La classe operaia contemporanea e la sua alleanza. I compiti dell'avanguardia politica - i partiti comunisti e operai - nella lotta contro lo sfruttamento e le guerre imperialiste, per i diritti dei lavoratori e dei popoli, per la pace, per il socialismo."

20° Incontro Internazionale dei Partiti Comunisti e Operai

Partito Comunista dell'India (M) | solidnet.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

Atene, 23-25 novembre 2018

Cari compagni,

Questa è la ventesima occasione in cui ci riuniamo secondo la formula dell'Incontro Internazionale dei Partiti Comunisti e Operai. A nome del Partito Comunista d'India (Marxista), ringraziamo il Partito Comunista di Grecia (KKE) per aver preso l'iniziativa di organizzare questi incontri senza interruzioni nel corso di tutti questi anni. Cogliamo inoltre l'occasione per congratularci con il KKE per il centenario della sua nascita - cento anni segnati dall'eroica lotta contro il fascismo, la dittatura e ogni sorta di attacchi reazionari. La splendida organizzazione di questo 20° Incontro da parte del KKE è una testimonianza della forza e dell'esperienza da esso accumulate nel corso di tutte le peripezie della sua storia. Ci congratuliamo con il KKE per l'eccellente organizzazione che ci permette di discutere un tema così serio in questo 20° Incontro - immense sono le sfide che la classe operaia e la sua avanguardia politica, i partiti comunisti e operai, devono fronteggiare.

Come abbiamo osservato sin dal 2008, la crisi economica globale, giunta ormai al suo undicesimo anno, ha messo in luce i limiti del sistema capitalista. Malgrado tutti i loro sforzi, le classi dominanti sono incapaci di districarsi dal marasma in cui si trovano sprofondate. Perfino un'istituzione finanziaria imperialista come il Fondo Monetario Internazionale, nel suo World Economic Report dell'ottobre 2018, riconosce questa realtà. Il rapporto, che analizza le economie di 180 Paesi, afferma che la maggior parte di essi non è ancora riuscita a recuperare i livelli di produzione pre-crisi del 2008. Evidenzia inoltre l'allarmante aumento delle diseguaglianze di reddito, che dimostrano come la massimizzazione dei profitti si sta perseguendo attraverso un'intensificazione dello sfruttamento. A conferma della nostra valutazione, sono soprattutto i sistemi bancario e finanziario a trovarsi nel pieno di una persistente crisi. Il rapporto del FMI dichiara che «il rapporto debito-PIL è al 52%, rispetto al 36% del periodo precedente la crisi; i bilanci delle banche centrali, in particolare nelle economie avanzate, superano di diverse volte i livelli precedenti la crisi».

Il rapporto evidenzia come l'occupazione sia calata, mentre i livelli degli investimenti nella maggior parte dei Paesi sono inferiori del 25% ai livelli pre-crisi. Ma i profitti aumentano malgrado la crescente disoccupazione, grazie a un aumento dei livelli di produttività. Sebbene il capitalismo impedisca la piena realizzazione del potenziale umano a causa dei suoi rapporti di produzione che bloccano la crescita delle forze produttive, quest'ultima viene temporaneamente conseguita mediante la sostituzione della manodopera umana con la tecnologia, e in particolare attraverso l'introduzione dell'intelligenza artificiale nel processo di produzione. Questa è una tendenza destinata probabilmente ad aumentare ulteriormente nel futuro, ma non è sostenibile.

Karl Marx mise in luce la tendenza del capitalismo a schierare la tecnologia contro i lavoratori già centocinquant'anni fa, nella sua opera fondamentale, Il Capitale. «La macchina, tuttavia, non si limita ad agire come strapotente concorrente sempre sul punto di rendere "superfluo" l'operaio salariato; ma viene apertamente e consapevolmente proclamata e maneggiata dal capitale come potenza a lui ostile; diviene l'arma più potente per reprimere le periodiche insurrezioni operaie, scioperi ecc., contro l'autocrazia del capitale. ...Si potrebbe scrivere tutta una storia delle invenzioni dal 1830 in poi, che hanno visto la luce come puri e semplici mezzi di guerra del capitale contro le sommosse operaie». Pur parlando degli scioperi ed evidenziando come il miglioramento delle macchine venga utilizzato per combattere gli scioperi e spezzare l'unità della classe operaia, Marx  osserva anche come la classe capitalista sostituisca i lavoratori con la tecnologia allo scopo di aumentare i propri profitti. «Il primo risultato dell'introduzione del macchinario è di accrescere il plusvalore e, nello stesso tempo, la massa di prodotti in cui esso si rappresenta».

Il rapporto del McKinsey Global Institute, Jobs Lost, Jobs Gained: Workforce Transitions In A Time Of Automation, calcola che nel 60% circa delle occupazioni sarebbe possibile automatizzare almeno un terzo delle attività, processo che implica trasformazioni fondamentali dei luoghi di lavoro e cambiamenti per tutti i lavoratori. Fra le attività maggiormente suscettibili di automazione figurano l'utilizzo dei macchinari, la preparazione dei pasti nei fast-food, la raccolta e l'elaborazione di dati eccetera. Questo processo potrebbe eliminare un numero di posti di lavoro senza precedenti nei Paesi sviluppati dall'epoca della transizione della forza lavoro dall'agricoltura nel primo Novecento. Secondo le stime dell'istituto, entro il 2030 tra 400 e 800 milioni di individui in tutto il mondo potrebbero perdere il lavoro a causa dell'automazione e trovarsi costretti a trovare un nuovo impiego.

Ciò è quanto Marx aveva affermato: «Come macchina, il mezzo di lavoro diviene subito il concorrente dell'operaio stesso. L'autovalorizzazione del capitale per mezzo della macchina è direttamente proporzionale al numero di operai le cui condizioni di esistenza distrugge. L'intero sistema di produzione capitalistico poggia sul fatto che l'operaio vende la sua forza lavoro come merce. ...La macchina, dove si assoggetta a poco a poco un campo di produzione, produce negli strati operai in concorrenza con essa una miseria cronica. Dove il trapasso è rapido, agisce in forma acuta e massiccia».

Il capitale, allo scopo di assicurarsi i suoi tassi di profitto, sta sconvolgendo le vite dei lavoratori in tutto il mondo. La stessa Banca Mondiale lo ammette nel suo World Development Report 2019, affermando che «le economie avanzate si sono disfatte dei posti di lavoro nell'industria», esattamente come osservava Marx: «dei due fattori del plusvalore che un capitale di data grandezza fornisce, esso ne ingrandisce l'uno, cioè il saggio di plusvalore, solo rimpicciolendo l'altro, cioè il numero degli operai». Questa perdita di posti di lavoro sta accrescendo il numero dei disoccupati causando alti livelli di disoccupazione. La tecnologia viene sfruttata anche allo scopo di aumentare i rapporti di lavoro precari. A livello globale si calcola che due miliardi di persone siano impiegate nell'economia informale, in cui numerosissimi addetti sono privi di qualsiasi protezione. In India, oltre il 90% dei lavoratori sono impiegati nell'economia informale. Le assicurazioni sociali sono praticamente inesistenti nei Paesi a basso reddito, e anche nei Paesi caratterizzati da livelli di reddito medi raggiungono soltanto il 28% degli abitanti più poveri.

I governi di molti Paesi, agenti dello Stato capitalista, operano per conto del capitale indebolendo numerose tutele conquistate dalla classe operaia con le sue lunghe lotte. Le riforme del lavoro sono la loro priorità, e mirano ad accrescere ulteriormente la precarietà del lavoro e a privare i lavoratori del diritto di organizzarsi e protestare. La Banca Mondiale, nel suo rapporto Doing Business 2018, rileva entusiasticamente che «tra il 2 giugno 2017 e il 1° maggio di quest'anno, 128 governi hanno introdotto un numero record di riforme - 314»; e le riforme del lavoro hanno una posizione importante nell'ambito di tali provvedimenti. Costoro vogliono che i governi rimuovano ogni barriera legale all'imposizione ai lavoratori di turni di lavoro notturni, straordinari e lavoro nei giorni festivi, senza alcun beneficio aggiuntivo. In nome della «gig economy», vogliono eliminare perfino le garanzie minime esistenti nel mondo del lavoro. Il capitale, con l'automazione, è impaziente di «piegare alla resistenza minima i limiti naturali dell'uomo, riluttanti ma elastici come sono». Di qui l'attacco ai sindacati.

La situazione indiana

Nella fase attuale dello sviluppo capitalista in India si assiste a un'espansione più che a una contrazione della classe operaia. Sebbene il grosso di tale aumento non si verifichi nel settore industriale, il lavoro salariato nella produzione, in particolare nei settori non agricoli (compresi l'edilizia e i servizi) è aumentato negli ultimi due decenni. Vi è stato un aumento dell'occupazione nel settore privato organizzato non manifatturiero, sebbene solo una piccola parte di esso riguardi i «colletti bianchi», dipendenti salariati ad alto reddito. Anche nel settore non organizzato, a eccezione dell'edilizia, vi sono oltre 38 milioni di lavoratori impiegati in «imprese» non agricole, di cui 27 milioni a tempo determinato. Vi è poi la categoria dei lavoratori «domestici», che non sono realmente autonomi ma lavorano per un datore di lavoro.

L'espansione più rilevante del lavoro salariato (sia nei settori organizzati sia in quelli non organizzati) si è tuttavia registrata nell'edilizia e nelle attività a essa correlate, che impiegano oggi quasi l'11% della forza lavoro indiana (50 milioni di persone). L'esercito della classe operaia in India è dunque numeroso - più numeroso delle popolazioni lavoratrici della maggior parte dei Paesi del mondo. Le condizioni e le caratteristiche di questa classe operaia rispecchiano sia il carattere storicamente limitato dello sviluppo capitalista in India, sia gli effetti della globalizzazione.

A partire dall'avvento del regime neoliberale nel 1991, l'impiego regolare nel settore pubblico ha subito una contrazione di oltre 2 milioni di unità, soprattutto nelle attività industriali. Per contro, l'aumento del lavoro regolare nel settore privato è stato di soli 4 milioni di unità circa, concentrate principalmente nelle attività non manifatturiere. Il rapporto recentemente pubblicato dal Ministero del Lavoro mostra che dal 2014 il tasso di generazione di posti di lavoro, al netto delle perdite dovute alle chiusure, è divenuto negativo. Nell'ultimo anno l'economia indiana ha perduto oltre 9 milioni di posti di lavoro. Il vasto esercito di riserva ha reso possibile una riduzione dei salari reali e un'intensificazione dello sfruttamento della classe operaia nelle attività produttive.

L'introduzione di tecnologie avanzate ha favorito questo processo rendendo possibili netti aumenti della produttività anche in presenza di una stagnazione dei salari. Ciò, a sua volta, ha reso possibile una drastica redistribuzione del reddito a favore dei profitti e di altre entrate da plusvalore. La contrazione della quota rappresentata dai salari ha favorito questo processo, malgrado vi sia stata una tendenza al rialzo dei salari dei colletti bianchi con livelli di istruzione più elevati nell'ambito del settore aziendale privato.

Le modifiche alla legislazione sul lavoro miranti a rendere «flessibile» il lavoro e ad assicurare ai datori di lavoro la libertà di assumere e licenziare hanno rappresentato una componente importante delle politiche neoliberali, sebbene nella pratica solo un settore ridottissimo di lavoratori sia toccato da questi provvedimenti. I tentativi di emendare importanti normative sul lavoro come l'Industrial Disputes Act, il Trade Unions Act e il Contract Labour (Regulation and Abolition) Act hanno registrato recentemente un'intensificazione.

Malgrado l'esistenza di normative sul lavoro che garantivano ai lavoratori la sicurezza dell'impiego, i lavoratori fissi assunti direttamente vengono progressivamente sostituiti da lavoratori legati a rapporti di lavoro informali e precari. Tra il 2003-4 e il 2009-10 il numero dei lavoratori assunti direttamente è aumentato soltanto del 5,1%, mentre quello dei lavoratori interinali è aumentato del 12,4%. La proporzione dei lavoratori interinali nell'insieme dei settori organizzati è aumentata dal 10,5% del 1995-6 al 25,7% del 2009-10, mentre quella dei lavoratori assunti direttamente è scesa nello stesso periodo dal 68,3% al 52,4%. È significativo notare che la pratica dell'utilizzo crescente di lavoratori interinali è aumentata nelle imprese più grandi, che impiegano più di 50 addetti, negli ultimi anni dello scorso decennio rispetto al periodo precedente. Nel 2009-10 quasi metà dei lavoratori impiegati nelle imprese con oltre 500 addetti erano lavoratori interinali.

Attualmente si stanno elaborando nuovi metodi di assunzione, quale la nomina di «apprendisti» in luogo dei lavoratori, allo scopo di evitare l'applicazione delle normative sul lavoro e di facilitare la libertà di assunzione e licenziamento. Tutte queste misure mirano ad accrescere ulteriormente la precarietà del lavoro e vanno a scapito degli interessi della classe operaia.

Il profilo dei rapporti di lavoro è mutato enormemente per effetto delle politiche neoliberali. Non esiste una relazione dipendente-datore di lavoro chiaramente definita e identificabile per vasti settori di lavoratori, non soltanto nel settore privato ma anche in quello pubblico e statale. La proporzione dei lavoratori appartenenti al segmento non organizzato del settore organizzato, cioè dei lavoratori in condizioni di lavoro precarie, privi di sicurezza riguardo al posto e al salario, di assicurazione sociale e di protezione legale, è aumentata sotto il regime neoliberale. Secondo uno studio, nel 2011-12 il 77,5% del totale della forza lavoro nel settore manifatturiero organizzato era priva di contratto scritto; un altro 2,43% aveva un contratto scritto valido per meno di un anno. Solo il 17,41% del totale dei lavoratori aveva un contratto scritto valido per più di tre anni. Oltre il 70% di tutti i lavoratori regolari salariati del settore organizzato era privo di contratto scritto.

Ancor peggiore era la situazione delle donne. Il 91% non aveva un contratto scritto nel 2011-12; solo il 6,3% aveva un contratto scritto valido per più di tre anni. Il 60% di tutti i lavoratori era escluso da benefici sociali quali fondi di previdenza, pensioni, cure mediche eccetera, e le lavoratrici erano in condizioni peggiori dei lavoratori. I lavoratori del settore non organizzato godevano di scarsissime tutele legali relativamente ai loro salari e alle loro condizioni di lavoro, e le normative, quali che siano, non vengono applicate in modo efficace. È stato rilevato che nel 2011-12 il 93% dei lavoratori occasionali erano esclusi da qualsiasi beneficio sociale - e la loro condizione ha subito un peggioramento.

Organizzare i lavoratori, specie nel settore privato, è divenuto assai difficile per i sindacati sotto il regime neoliberale. La registrazione dei sindacati è divenuta difficoltosa. I datori di lavoro cercano di impedire ai lavoratori di iscriversi ai sindacati perlopiù intimidendoli e occasionalmente allettandoli. L'applicazione delle normative sul lavoro è resa deliberatamente inefficiente dallo Stato. È stato rilevato che solo un terzo dei lavoratori del settore organizzato hanno modo di entrare in contatto con il sindacato sul posto di lavoro. Nel 2004-5, il 36,5% del totale dei lavoratori era al corrente dell'esistenza di un sindacato sul loro posto di lavoro; questa percentuale si era ridotta al 31,4% nel 2011-12. Perfino tra i lavoratori regolari, solo il 34,5% era al corrente della presenza di un sindacato sul posto di lavoro; nel 2004-5 solo il 76% era iscritto a un sindacato, e questa percentuale si era ulteriormente ridotta al 66,3% nel 2011-12.

La contrazione dei salari, l'instabilità dell'impiego, la frequente necessità di trasferirsi altrove per trovarne uno e i tagli e le limitazioni del welfare fornito dallo Stato hanno reso difficile la sopravvivenza delle famiglie operaie. Gli aumenti delle spese dovute ad alcuni di questi fattori, insieme ai bassi salari, hanno reso necessario per i membri delle famiglie operaie procurarsi entrate aggiuntive con vari mezzi, tra cui il lavoro non pagato svolto dalle donne. In tal modo, con ogni sorta di lavori non pagati, anche la sopravvivenza e il welfare sono divenute preoccupazioni della classe operaia. A tutte queste difficoltà devono fare fronte i sindacati, impegnati nel contempo a organizzare i diversi settori della classe operaia, alcuni dei quali possono trovarsi in ambiti diversi dalle imprese produttive in cui i loro membri potrebbero lavorare come salariati.

Il movimento operaio indiano deve fare fronte a un'ulteriore difficoltà. La condizione della classe operaia crea un terreno fertile per lo sviluppo di numerose tendenze ideologiche e culturali reazionarie nell'ambito della classe stessa, e per il rafforzamento di elementi analoghi che sono già parte della sua consapevolezza. I media televisivi sotto controllo privato hanno promosso queste ideologie e pratiche culturali reazionarie, riuscendo a influenzare ampi settori della classe operaia. Nell'ambito dei media è in atto un tentativo deliberato di glorificare casi isolati di successo personale e di ridicolizzare gli sforzi collettivi, seminando illusioni in settori della classe operaia. Anche l'influenza delle caste, della religione e di analoghe strutture identitarie è aumentata nell'ambito della classe operaia, con conseguenze negative sull'unità di classe. Con l'entrata in carica del partito di destra BJP a livello centrale, si assiste a un aumento della polarizzazione delle persone su linee religiose, che mira a spezzare l'unità di classe tra i lavoratori, in particolare nell'ambito della classe operaia.

In questo contesto, l'organizzazione dei sindacati rappresenta un compito più difficoltoso che mai. Benché siano in atto numerosi cambiamenti nel processo produttivo, la produzione in sé non ha cessato di esistere. Sino a quando si produrranno beni e merci, per quanto intenso possa essere il livello di automazione, non sarà possibile eliminare del tutto il ruolo dell'essere umano nel processo produttivo. A cambiare sono soltanto gli strumenti con cui gli esseri umani lavorano; ma essi continuano pur sempre a lavorare. La natura del capitale, come ha esplicitamente chiarito Marx, è l'estrazione del plusvalore, anche qualora a lavorare nel processo produttivo fosse un'unica persona. Per questo il sistema capitalista non può liberarsi dello sfruttamento - e sino a quando esiste lo sfruttamento, rimane anche la contraddizione tra capitale e lavoro. Per risolvere questa contraddizione, organizzazioni e sindacati divengono una necessità.

Spiegando come lo sfruttamento vissuto dai lavoratori li obbliga a dare vita ad associazioni, Marx scrive: «La concorrenza li divide, nei loro interessi. Ma il mantenimento del salario, questo interesse comune che essi hanno contro il loro padrone, li unisce in uno stesso proposito di resistenza: coalizione. ...Le coalizioni, dapprima isolate, si costituiscono in gruppi e, di fronte al capitale sempre unito, il mantenimento dell'associazione diviene per gli operai più necessario ancora di quello del salario... In questa lotta - vera guerra civile - si riuniscono e si sviluppano tutti gli elementi necessari a una battaglia imminente. Una volta giunta a questo punto, l'associazione acquista un carattere politico» (Karl Marx, La miseria della filosofia).

Il consiglio e la guida di Marx per il movimento sindacale sono ancora oggi attuali: «A parte i loro propositi originari, i sindacati debbono ora imparare ad agire coscientemente per essere centri organizzati della classe lavoratrice nel generale interesse della sua completa emancipazione. Devono aiutare ogni movimento politico e sociale tendente verso questa direzione. Considerandosi ed agendo come i campioni e i rappresentanti dell'intera classe lavoratrice, essi non possono non inserire nei loro ranghi coloro che ancora non sono associati. Devono fare molta attenzione agli interessi delle categorie di lavoro peggio pagate, come quella dei lavoratori agricoli, rese impotenti e private di ogni resistenza organizzata da circostanze eccezionali. Devono convincere il mondo intero che i loro sforzi, lungi dall'essere ristretti ed egoisti, tendono all'emancipazione di milioni di oppressi» (Karl Marx, Istruzioni per i delegati del Consiglio Centrale Provvisorio dell'A.I.L.).

Lenin ci ha insegnato che la coscienza socialista, la coscienza di realizzare la rivoluzione socialista, non può provenire direttamente dall'esperienza dei sindacati. È il Partito, come forma più alta di organizzazione di classe, che deve crearla unendo le esperienze della classe, e svolgendo il lavoro di agitazione, propaganda e formazione teorica nell'ambito della classe. Pronunciandosi a favore di rapporti più stretti tra il Partito e i sindacati e contro la «neutralità», Lenin afferma: «Oggi l'attività dei sindacati acquista, senza dubbio, un'enorme importanza. In contrapposizione al neutralismo dei menscevichi, noi dobbiamo svolgere quest'attività ponendoci lo scopo di avvicinare i sindacati al partito, di sviluppare la coscienza socialista, e di comprendere i compiti rivoluzionari del proletariato» (V. I. Lenin, Prefazione all'opuscolo di Voinov (A. V. Lunaciarski) sull'atteggiamento del partito verso i sindacati, in Opere Complete, vol. 13).

Il CPI(M) comprende la necessità di «politicizzare» la classe operaia. A causa del carattere peculiare dello sviluppo capitalista nel Paese, il Partito deve porre la priorità sulla lotta intesa a istillare la coscienza democratica nei lavoratori, contrastando il prevalere di ogni sorta di ideologie reazionarie, tra cui quelle legate alle caste e alla religione. Nel suo opuscolo I compiti dei socialdemocratici russi (1898), Lenin afferma: «Nella loro attività pratica i socialdemocratici si propongono (…) di dirigere la lotta di classe del proletariato e di organizzarla nelle sue due manifestazioni: quella socialista (…) e quella democratica (...). Queste due forme di agitazione sono inscindibilmente connesse tra loro nell'attività dei socialdemocratici, come le due facce di una stessa medaglia».

Il Partito è deciso altresì a lottare contro l'economicismo, che è una tendenza dominante nell'ambito del movimento sindacale indiano, mantenendo una relazione corretta tra il Partito e i sindacati, senza mai dimenticare né il carattere di massa dei sindacati, né il ruolo guida del Partito. Il Partito riconosce altresì la sua responsabilità nell'elevare la coscienza della classe operaia a un livello superiore - il livello della coscienza socialista. Assegna la priorità a questo compito ed esorta a svolgere un maggior lavoro di propaganda tra i lavoratori, senza accontentarsi di ulteriori agitazioni. Senza calpestare la coscienza esistente della massa dei lavoratori e di altre organizzazioni, i sindacati sotto la guida del Partito agiscono allo scopo di elevare tale coscienza. In particolare, operano in direzione di un intervento e di una partecipazione maggiori ai movimenti e alle lotte democratiche,  per la difesa degli interessi dei contadini e del popolo.

Il CPI(M) e i sindacati

Il Partito ha discusso e approvato un documento sui Compiti nei sindacati (1983) in cui si affermava: «Per il Partito Marxista-Leninista i compiti sul fronte sindacale non comprendono soltanto la linea tattica della conduzione dei sindacati come organi di lotta quotidiana per la difesa efficace degli interessi economici della classe operaia in determinate condizioni; pur difendendo gli interessi quotidiani, il Partito ha l'obiettivo di organizzare una classe operaia disciplinata dotata di una coscienza rivoluzionaria, di attirarla verso il Partito, facendo sì che gli elementi migliori si uniscano a centinaia al Partito consentendo alla classe nel suo insieme di svolgere il suo ruolo storico nella lotta rivoluzionaria».

Il ruolo rivoluzionario della classe operaia, l'identificazione dei suoi alleati e il ruolo del Partito nel contesto attuale sono chiaramente enunciati nel Programma del CPI(M). Secondo il nostro Partito, in India il capitalismo è stato imposto come sovrastruttura su una società pre-capitalista. Per questo la società indiana è una «peculiare combinazione di dominio capitalista monopolistico e istituzioni di casta, comunitarie e tribali». In un simile contesto, il compito della classe operaia indiana e del suo Partito d'avanguardia diviene quello di unire tutte le forze progressiste interessate a distruggere la società pre-capitalista.

La classe operaia e il Partito hanno inoltre il compito di consolidare le forze rivoluzionarie, di completare la rivoluzione democratica e di preparare il terreno per la transizione al socialismo. Perciò, la natura della nostra rivoluzione nella fase attuale è essenzialmente anti-feudale, anti-imperialista, anti-monopolistica e democratica, e di conseguenza si caratterizza per la lotta contro i proprietari terrieri, il capitale monopolistico straniero e la grande borghesia, che dirige lo Stato e persegue politiche di compromesso e collaborazione con il capitale finanziario, in alleanza con i proprietari terrieri.

Il marxismo ci insegna che è la fase della nostra rivoluzione a determinare il ruolo delle varie classi nella lotta mirante a realizzare la trasformazione della società. In questa fase, il compito del proletariato è guidare la rivoluzione democratica, come passaggio indispensabile nella marcia verso la creazione di una società socialista. Noi crediamo che per la realizzazione di questi obiettivi, un Fronte Democratico Popolare, costituito da tutti gli alleati di classe del proletariato, sotto la guida della classe operaia, costituisca una necessità.

Il nucleo e la base del Fronte Democratico Popolare è la stretta alleanza tra la classe operaia e i contadini. È dalla forza e dalla stabilità dell'alleanza tra operai e contadini che dipende, in modo cruciale, il ruolo delle altre classi nella realizzazione della rivoluzione. I braccianti agricoli, i contadini poveri e i contadini medi sono gli alleati affidabili del proletariato in questa fase, e anche le classi medie urbane e rurali si uniranno a questa alleanza. Il ruolo dei contadini ricchi, piccoli e medi borghesi non monopolisti, dipende da un certo numero di condizioni concrete - dai mutamenti nei rapporti di forza tra classi, dall'acutezza della contraddizione tra imperialismo, proprietari terrieri e popolo, dalla profondità delle contraddizioni tra lo Stato diretto dalla grande borghesia e i restanti settori della borghesia.

Il CPI(M) è consapevole che la lotta per il raggiungimento degli obiettivi della rivoluzione democratica popolare è lunga e complessa e deve essere condotta in condizioni mutevoli e in fasi diversificate. Le diverse classi e i diversi settori nell'ambito della stessa classe assumeranno posizioni diverse in queste fasi distinte di sviluppo del movimento rivoluzionario. Soltanto un Partito Comunista forte che sviluppi i movimenti di massa e impieghi tattiche frontiste unitarie adeguate per conseguire i suoi obiettivi strategici può trarre vantaggio da questi mutamenti e attirare tali settori nelle sue file.

È questa, riteniamo, la corretta applicazione della teoria marxista-leninista. Lenin afferma: «Egli [l'operaio cosciente] sa che l'unica strada che porta al socialismo passa attraverso la democrazia, attraverso la libertà politica. Egli aspira quindi alla realizzazione completa e conseguente della democrazia per poter raggiungere l'obiettivo finale, il socialismo. (...) Perché le condizioni della lotta per la democrazia differiscono da quelle della lotta per il socialismo? Perché gli operai avranno immancabilmente nell'una e nell'altra alleati differenti. Essi lotteranno per la democrazia insieme con una parte della borghesia, e soprattutto della piccola borghesia. Lotteranno per il socialismo contro tutta la borghesia» (V. I. Lenin, Socialismo piccolo-borghese e socialismo proletario, in Opere Complete, vol. 9).

In tutti i nostri sforzi atti ad applicare le nostre conclusioni, ci impegniamo a costruire l'alleanza tra operai e contadini, il nucleo del Fronte Democratico Popolare, attraverso lotte unitarie condotte dalle rispettive organizzazioni su questioni che riguardano queste classi. Un importante sviluppo di questo periodo è stato costituito dalle iniziative unitarie della classe operaia e dei contadini.

Oltre 500.000 operai e contadini hanno partecipato ai picchettaggi e alle mobilitazioni in tutto il Paese il 9 agosto. Questa iniziativa di lotta è stata condotta in modo unitario dall'All India Kisan Sabha (AIKS) e dal Centre for Indian Trade Unions (CITU). A essa ha fatto seguito il 5 settembre la mobilitazione Mazdoor-Kisan Sangharsh Rally convocata unitariamente dal CITU, dall'AIKS e dall'All India Agricultural Workers Union (AIAWU). La manifestazione ha dato voce a tutte le principali rivendicazioni delle tre classi. Questa grande mobilitazione, a cui ha preso parte oltre un milione e mezzo di persone, ha costituito un progresso significativo nello sforzo di forgiare l'unità tra operai e contadini.

Il «Worker-Peasant Struggle Rally» (mobilitazione di lotta operaia e contadina) del 5 settembre ha suscitato grande entusiasmo non soltanto tra i partecipanti, ma anche in tutti i settori dei lavoratori, della sinistra e dei progressisti. Ha creato fiducia tra i lavoratori in lotta contro le conseguenze della politica del governo del BJP, rafforzando la loro determinazione a sconfiggere tale politica. Questa mobilitazione ha avuto un impatto anche su altri sindacati del Paese, che hanno messo da parte le loro precedenti esitazioni e hanno accolto la nostra proposta di intensificare in modo unitario la lotta in difesa dei diritti della classe operaia.

Tutte le organizzazioni sindacali centrali, a eccezione di quella legata al partito di governo, hanno unito le loro forze proclamando due giornate di sciopero generale per il gennaio 2019.

Analogamente, oltre cento organizzazioni contadine si sono unite nella lotta per la terra, i prezzi minimi, la rinuncia al rimborso dei prestiti e altre rivendicazioni analoghe. La Lunga Marcia Contadina organizzata dalla nostra organizzazione contadina nel Maharashtra, una delle province del Paese, ha dato ispirazione a tutti i lavoratori del Paese.

Dinanzi alla risposta riscossa da queste iniziative, le prospettive di lotta contro le politiche anti-operaie, anti-popolari e anti-nazionali del governo centrale sono entrate in una nuova fase, in una dimensione del tutto nuova. Per la prima volta nella storia del movimento democratico di questo Paese, è stato possibile organizzare iniziative unitarie di operai e contadini a livello distrettuale e perfino locale in diversi Stati, culminate nell'enorme mobilitazione nazionale.

Nell'ambito del nostro sforzo inteso ad allargare ulteriormente questa unità, è stata costituita una piattaforma composta da varie organizzazioni di classe e di massa, allo scopo di porre al centro le rivendicazioni di classe e di massa e guidare le masse nella lotta. Questa piattaforma ha elaborato numerosi programmi, e molti altri sono in preparazione per il futuro. Il Partito ritiene che attraverso le nostre lotte per le rivendicazioni di classe e di massa saremo in grado di costruire l'unità delle classi lavoratrici nell'ambito del Fronte Democratico Popolare e di utilizzare le condizioni oggettive per garantire la trasformazione della società.

Conclusioni

Lo sviluppo di un movimento progressista della classe operaia dovrà senza dubbio fronteggiare le difficoltà rappresentate dalla pervasività delle tendenze reazionarie. Tuttavia, va tenuto presente anche che l'unico modo per combattere efficacemente tali tendenze è proprio lo sviluppo di un forte movimento della classe operaia. Le basi di tale movimento risiedono anch'esse nelle medesime condizioni. Quali che siano le forme che essa assume nella coscienza della classe operaia, la realtà oggettiva esistente è una realtà fatta di intensificazione dell'oppressione e dello sfruttamento della classe operaia e di lotta incessante per la sopravvivenza.

Anche se le condizioni sono favorevoli a una crescita delle aspirazioni della classe operaia, esse al tempo stesso le impediscono di raggiungere tali aspirazioni. Queste contraddizioni determineranno tra i membri di questa classe una crescente ostilità verso le condizioni create dalla tirannia del capitale. La tirannia del capitale riuscirà forse, per qualche tempo, a impedire che questa ostilità trovi un'espressione esplicita, o a deviare tale espressione verso falsi obiettivi. Tuttavia, nell'ambito di tale processo, anche l'oppressione di classe e le basi per la creazione dell'unità di classe sono destinate a intensificarsi. Questa è la sfida che il CPI(M) raccoglie nella sua lotta per la costruzione di un mondo liberato dallo sfruttamento, dall'oppressione, dalla discriminazione - un mondo di pace duratura, il mondo del socialismo. Siamo convinti che ci riusciremo, e che abbiamo dinanzi a noi «un mondo da vincere».


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