www.resistenze.org - pensiero resistente - unità dei comunisti - 30-03-09 - n. 267

da la Rinascita della sinistra n.12 del 26/03/09 – www.larinascita.org
 
Le sfide che ci attendono
 
di Andrea Catone
 
Ilcapitalismo sta attraversando una crisi mondiale piu profonda forse di quella degli anni 1930. Sappiamo con Marx (e anche con W. Benjamin) che essa può portare al socialismo, ma anche, diversamente da quel che credeva il determinismo positivistico della II Internazionale, fiducioso nel necessario e inevitabile avvento del sol dell'avvenire, alla "comune rovina delle classi in lotta", ad un regresso generale della civilth: socialismo o barbarie rimane l'alternativa di fondo della nostra epoca.
 
Alle origini del comunismo contemporaneo - quello che si sviluppa nella teoria a nella pratica di Lenin e Gramsci, per citare solo due tra le figure piu luminose - vi è la consapevolezza del ruolo ineludibile del soggetto rivoluzionario comunista. Senza comunisti organizzati, senza partito comunista, le contraddizioni - oggi così manifestamente esplosive - del sistema capitalistico, non si risolvono automaticamente nel socialismo. I comunisti - è ancora il Manifesto del 1848 a dircelo - non sono certo l’unica forza anticapitalista (e vi e anche un anticapitalismo regressivo), non sono gli unici che si battono contro l'ineguaglianza e le ingiustizie sociali, ma sono la forza che opera consapevolmente nella prospettiva strategica di superare (nel senso hegeliano di Aufhebung)il capitalismo nel modo di produzione fondato sulla proprietà sociale a sulla pianificazione socialista - la sola capace di superare 1'anarchia della produzione capitalistica. I comunisti sono l’antagonista storico, non contingente e non casuale, del capitalismo. Di cio le classi dominanti borghesi sono ben consapevoli: l'anticomunismo è un dato permanente della società capitalistica (percio non ci si deve meravigliare se Berlusconi lo evoca, anche se la forza comunista in Italia non è mai stata, dopo il 1945, così ridotta). Esso e stato ed è praticato in modi diversi, dall'attacco frontale e diretto alla strategia più sottile - così ben analizzata da Gramsci nei Quaderni a proposito del trasformismo e della rivoluzione passiva - di decapitare ideologicamente e politicamente i comunisti, di "morfinizzarli", trasformandoli da antagonista storico del capitale in appendici subalterne ai partit borghesi. Per questo, la capacità di agire sul fronte della "battaglia delle idee" non è meno importante e necessaria della capacità di promuovere, organizzare, dirigere le lotte sociali.
 
La storia degli ultimi 30 anni - dopo che il movimento comunista in Italia a nel mondo aveva marcato fino alla metà degli anni 70 importanti successi, suggellati dalla vittoria dei viet-cong contro to zio Sam - e segnata da un virulento attacco anticomunista sul piano politico a su quello ideologico-culturale, al quale i comunisti non hanno saputo contrapporre strategie adequate, si che, dopo il lavorio di erosione degli anni 80, si è abbattuta la valanga del 1989-91, con la controrivoluzione capitalistica in Urss e nell'Est europeo e la Bolognina di Occhetto. Ma la valanga dell'89 non travolge tutto, i comunisti provano, nel mondo e in Italia, a resistere, riorganizzarsi, ricostruirsi. Con comprensibili difficoltà, incertezze, passi falsi, cadute. Il Prc sorto in Italia 18 anni fa, se ebbe il grande merito di contrapporsi alla derive e di raccogliere forze anticapitaliste e comuniste, non volle però fare seriamente i conti con la storia del movimento comunista italiano e internazionale, preferendo "pragmaticamente" (ma a un pragmatismo che si paga a caro prezzo) semplificazioni, mitizzazioni e facili slogan, fino alla deriva bertinottiana, che rompe con la tradizione comunista e col marxismo e apre le porte all'ultimo - in ordine di tempo - tentativo trasformistico di diluire il partito comunista in una sinistra arcobaleno.
 
Una delle ragioni non secondarie delle diverse scissioni del Prc, di cui la piu consistente a significativa, ma non certo l’unica, dette origine nel 1998 al Pdci, e della notevole "diaspora' comunista è in questo deficit di elaborazione e formazione teorica, che ha reso la direzione politica cieca e oscillante tra la Scilla dell’opportunismo riformistico e la Cariddi del massimalismo estremistico, lì dove la migliore tradizione comunista del 900 sapeva individuare, grazie alla cassette degli attrezzi di Marx e alla leniniana "analisi concreta della situazione concreta", la giusta rotta the faceva effettivamente avanzare il movimento operaio. Ora che, con fatica e difficoltà, ma con la determinazione imposta dalla consapevolezza della gravità della situazione e della necessità storica di un forte partito comunista capace di tenere bene la rotta nelle tempeste capitalistiche, siamo impegnati ad unificare i comunisti in Italia, dobbiamo saper recuperare quella grande tradizione comunista a sviluppare i suoi insegnamenti per le sfide che ci attendono.