www.resistenze.org - popoli resistenti - algeria - 07-04-19 - n. 708

Lavoratori, piccoli contadini, giovani popolari, intellettuali progressisti fate ascoltare le vostre aspirazioni politiche e sociali!

Zoheir Bessa * | solidarite-internationale-pcf.fr
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

04/04/2019

Una "scintilla ha incendiato la pianura", perché l'atmosfera era carica di una bruciante collera alimentata dal controllo da parte degli oligarchi dello Stato e della ricchezza del paese, da un enorme malcontento rimbombato per mesi. Senza risalire alle innumerevoli manifestazioni locali a partire dal 2001, a fare da detonatore al movimento contro il 5° mandato di Bouteflika, c'è stata la prima manifestazione di Kherrata: un 5° mandato è troppo per un uomo che da oltre cinque anni non è in grado di intendere e che raramente si è visto in TV. L'appello a scendere in strada del 22 febbraio, sulla cui origine possiamo porci delle domande, ha trovato terreno fertile.

Il diverbio che ha opposto almeno dal 2003 due sezioni di potere si è intensificato nel corso degli anni al punto da indebolire seriamente la coesione interna del regime, quando è stato firmato nel settembre 2015 l'allontanamento del generale Médiène il "Rab Dzaïr "(Dio d'Algeria), capo della DRS, la polizia politica che ha un potere di controllo indiscusso. Così le liberalizzazioni dichiarate dal 1990 e poi intraprese, svendendo la ricchezza della nazione, l'accaparramento delle entrate petrolifere da parte di una minoranza di individui che ha fatto man bassa sul commercio estero, hanno partorito una classe di oligarchi, di borghesi mafiosi.

Queste rapine hanno alimentato l'odio del popolo per i nuovi ricchi, corrotti, corruttori, prevaricatori, predatori, gonfiatori di fatture sui prodotti importati, distruttori della produzione nazionale. Ovviamente, questa classe non aveva aspettato il ritorno di Bouteflika per prosperare. Bouteflika ha solo aggiunto decine di oligarchi alle decine che già aveva trovato nel 1999 e moltiplicato le loro fortune grazie al prezzo del barile di petrolio sopra i 100 dollari.

I lavoratori, i giovani figli del popolo che questa minoranza ha disprezzato dall'alto dei suoi castelli, delle sue dimore lussuose di Neuilly-sur-Seine, o altrove, dall'alto della sua fortuna oltraggiosa, si sono ribellati. Sono determinati a spazzare via tutta questa puzzolente fauna. L'indignazione ha raggiunto il suo apice nel divario tra la stragrande maggioranza della popolazione e questa borghesia oligarchica. Lo spirito di rassegnazione, la sensazione di essere soli a covare la rabbia hanno improvvisamente ceduto davanti alla scoperta che le masse popolari unite e determinate a prendere il controllo del proprio futuro nascondevano una forza formidabile.

Ma la forza dell'indignazione e della mobilitazione dei lavoratori e degli strati sociali più svantaggiati non deve lasciarsi legare le mani dagli appelli a limitarsi alla sola uscita del "sistema". Questo termine ciascuno lo intende a modo suo. Ad ascoltare i più influenti portavoce degli interessi politici ed ideologici dei settori borghesi o piccolo-borghesi scontenti della politica economica del regime di oligarchi, questo termine designa qualche decina di persone direttamente collegate a gruppi che fanno il bello e cattivo tempo da anni. Ci ingiungono di concentrarci solo su questi gruppi e su nessun'altro.

I lavoratori che non sopportano più le privazioni e la disuguaglianza, le donne che rivendicano l'uguaglianza sono quindi invitati a grandi gesti da coloro che sono distintamente responsabili di controllare gli slogan, di "non dividere" il movimento unitario contro Bouteflika con rivendicazioni sociali "settoriali inopportune". Soprattutto niente scioperi nei settori produttivi, dicono i Bouchachi! E' comprensibile, perché così si toccherebbe la cassa dei borghesi "liberali" le cui figure conosciute si pavoneggiano nel mezzo della zawalia. Aspettate la dipartita di questo regime, lo svolgimento di elezioni democratiche, l'istituzione di una seconda Repubblica - il cui contenuto è deliberatamente tenuto nell'oscurità - l'insediamento di un potere "legittimo". Successivamente discuteremo la "repubblica democratica e sociale". Dopo, quando avrete già votato per il giovane Benbitour, ci spiegheranno che bisognerà lavorare per la "nostra cara patria" 12 ore al giorno pagate 8! Nel frattempo, questi politici si impegnano in trattative clandestine per conciliare i vari clan mafiosi borghesi al fine di controllare il movimento popolare e impedire che si trasformi in movimento di distruzione delle basi economiche della borghesia.

La loro più grande paura è che un tale riorientamento delle lotte porterà, oltre alla fine dell'attuale regime che nessuno vuole, alla rivendicazione di un regime che rimetta all'ordine del giorno la prospettiva di una società socialista. Una prospettiva spaventosa per gli sfruttatori, gli arrivisti e i nuovi candidati all'arricchimento.

Rifiutando questi "consigli", la classe operaia, i lavoratori, i contadini laboriosi, gli strati sociali che vivono del loro lavoro, gli intellettuali progressisti e patriottici devono far sentire forte le loro aspirazioni di classe. Il movimento del 22 febbraio sarà deviato dalle profonde aspettative popolari se non sbarreremo la strada ai politici delle classi affariste e speculatrici. Queste "nuove guide" cercano di ingannarci per preservare i loro egoistici interessi di classe sostituendo gli uomini odiati con quelli nuovi.

È il momento che gli sfruttati, la gioventù popolare impongano con forza le loro richieste. Sono quelli che soffrono di più da questo regime mafioso-borghese. Sono quelli che hanno più interesse a liberarsene estirpandone le radici.

E' il momento di organizzare sindacati di classe unitari e coordinati, di scuotere le catene della schiavitù capitalista, di battersi per un governo rivoluzionario veramente democratico e popolare, di partecipare alla creazione di un partito rivoluzionario di classe capace di guidare il movimento popolare, lavorando per il socialismo nella solidarietà internazionalista con i proletari di tutto il pianeta.

È a queste condizioni che le vittorie democratiche delle masse popolari, che ancora non sono state strappate, non verranno confiscate dalla cosiddetta borghesia "liberale". Soprattutto, si teme che la democrazia vada fino in fondo, fino al controllo dei mezzi di produzione e di scambio da parte dei lavoratori. È anche a queste condizioni che gli intrighi e le febbrili manovre imperialiste, di cui uno degli obiettivi principali è la conquista della ricchezza petrolifera del paese, saranno sconfitti. Sarebbe dannoso negare o sottovalutare la realtà di questo pericolo.

Zoheir Bessa
03/04/19

*) www.alger-republicain.com/Soulevement-populaire-contre-le.html


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