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Argentina: 40 anni tra una dittatura e l'altra

Carlos Aznárez | resumenlatinoamericano.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

23/03/2016

Il golpe civile-militare-imprenditoriale-religioso-mediatico sviluppato dall'oligarchia, con un significativo sostegno degli Stati Uniti, è stato coronato nel marzo 1976, ma era già in gestazione da molto tempo, in funzione dei deliri e delle complicità del governo di Isabel Perón e José López Rega in prima istanza e successivamente della stretta relazione tra la vedova di Perón e dei suoi seguaci (Italo Luder per esempio) coi settori più reazionari dei vertici militari. In realtà, tutto andò storto da quando Perón decise di dare per terminata - brutalmente per settori più combattivi del peronismo - la cosiddetta "primavera camporista", che durò solo un paio di mesi e che risvegliò speranze in chi aveva subito 17 anni di prigionia, tortura e sparizione (ricordate l'operaio metallurgico Felipe Vallese) e che si iniziò a chiamare la "prima resistenza" e successivamente "la seconda" con inizio nella gesta del "Aramburazo"

Perón ruppe un patto non firmato coi suoi giovani più fedeli e rivoluzionari, che a quel tempo chiamava "gioventù meravigliosa" o che sul piano della resistenza armata alla dittatura del generale Lanusse, definiva "formazioni speciali". Il vecchio generale, abituato a oscillare come un pendolo, da destra a sinistra e viceversa, fra le passioni e i pensieri politici del suo Movimento, non poté sopportare che gli venisse contestato lo spazio del potere e ancor meno che in quella "avventura" si fossero imbarcati quei giovani militanti cresciuti col "Perón o Morte" sulle labbra, ma che ora sentivano che, per essere coerenti, bisognava continuare ad avanzare verso la concretizzazione di una Patria Socialista.

Ciò che avvenne dopo è più o meno conosciuto: il frustrato rincontro del leader col suo popolo a Ezeiza, dove le bande fasciste presenti nel peronismo assassinarono centinaia di combattenti, il successivo discorso di Perón che accusava le vittime della carneficina, la conformazione del governo, sotto il coordinamento di López Rega ma con l'approvazione indubbia del Generale, a quell'embrione criminale che fu la Tripla A [Alleanza Anticomunista Argentina]. Capitolo a parte la rottura tra i militanti della Tendenza Rivoluzionaria e Perón è sintetizzata in quel doloroso atto di Plaza de Mayo, nel quale il Generale insultò non solo coloro che avevano lottato per il suo ritorno, ma ruppe definitivamente la possibilità che il peronismo avanzasse per un sentiero rivoluzionario verso il socialismo. Perón scelse, come fece tante volte con i burocrati sindacali e politici, sapendo che molti di loro erano parte della squadra di sostegno e appoggio logistico (oltre a partecipare concretamente all'uccisione di militanti) dei mercenari della Tripla A. Dopo quel suicidio politico, Perón morì e con lui scomparve l'ultimo grande punto di riferimento di un momento che avrebbe potuto essere glorioso per le classi popolari, ma che non lo fu per i limiti ideologici che ciclicamente si ripetono in alcuni movimenti dalle caratteristiche progressiste. Al momento di rompere con il modello capitalista, per quanto avanzati siano i settori di base legati a quelle esperienze di potere, appare sempre un freno (ideologico) e comincia un rapida involuzione.

Il crollo del pendolo

Dopo la morte di Perón, si aprì nel Movimento il confronto tra peronisti di sinistra ed elementi fascistoidi da sempre presenti nelle sue fila, divenendo insopportabile per una società che giorno dopo giorno si svegliava contando morti su morti.

A partire da quel momento e con tutti questi precedenti a suo favore - auge, decadenza e caduta di un peronismo che abbandonava la possibilità di contendere il potere all'oligarchia e ai suoi disegni imperialisti - appare con maggiore chiarezza l'immagine di come nell'ombra era andata formandosi l'idea interventista fra i settori più duri delle Forze armate. Approfittando dello scardinamento del governo di Isabel e delle sue ricadute "caotiche ed anarcoidi", due parole futili che i militari e gruppi di destra normalmente usano ogni volta che desiderano dare una delle loro tradizionali unghiate, bastava solo mettere insieme un po' più di legna sul fuoco affinché la caduta precipitasse. Il proclama golpista del generale Videla alla fine del 1975 a Tucumán, dove i combattenti dell'ERP [Esercito Rivoluzionario del Popolo] mantenevano aperta con tremendi sacrificii un'esperienza di guerriglia contadina, lasciava intendere che a breve quel malgoverno "peronista" sarebbe stata cosa del passato.

A differenza di altre epoche in cui il potere militare interveniva nelle situazioni derivate dall'azione governativa, in tutti quegli ultimi mesi avevano preferito mantenersi come osservatori di fronte al potere politico e le sue derivazioni, oltre alla sua attiva e criminale partecipazione alla lotta di contro-guerriglia. Preparavano così il clima per quello che presto si sarebbe trasformata in una delle dittature militari più sinistre del continente. Questo potere militare aveva notato meglio di nessun altro che durante e successivamente al ritorno di Perón, le decine di migliaia di giovani con o senza armi, nei quartieri, fabbriche, come nelle scuole, università e ogni angolo del paese avevano occupato uno spazio di costruzione del potere popolare, contavano su una formazione politica di grande profondità, erano inflessibili e respingevano il consumo capitalista, immaginando per la loro generazione e per quelle future di vivere per sempre in una società nuova senza sfruttatori né sfruttati. Non accarezzavano solo la possibilità di impadronirsi del governo a medio termine ma erano convinti che avrebbero dato l'assalto al cielo. Questa percezione si radicò profondamente anche nel nemico più diretto, rappresentato da quelli in uniforme che, rinunciando ai principi degli eserciti sanmartiniani [nel solco tracciato dal generale José de San Martín, liberatore dell'Argentina dal giogo coloniale e fondatore del moderno Stato sudamericano, ndt], preferivano adorare un totem avvolto nella bandiera a stelle e strisce. E in funzione di ciò, dell'odio viscerale verso tutto quello che significava peronismo rivoluzionario o marxismo, hanno deciso di intraprendere una nuova Crociata.

Un "processo" a misura di Washington

Tra il marzo 1976 e l'aprile 1982, le tre forze armate applicarono tutti gli insegnamenti della Scuola delle Americhe e la strategia di annichilimento francese utilizzata in Algeria e in altri paesi dell'Africa. Tutto per imporre un piano economico ad uso del FMI, della Banca Mondiale e delle multinazionali più voraci. Risultato: maggiore indebitamento, distruzione dei benefici sociali acquisiti durante anni di lotta, divieto di entità corporative e partiti politici di sinistra. Per eseguire queste politiche affamatrici, era necessaria una repressione senza precedenti che a forza di sparizioni, (30 mila non è una cifra inventata ma un dato obiettivo di cosa fu quella barbarie) campi di concentramento, incarceramenti massicci e centomila esiliati involontari.

In questo quadro di morte, ci furono anche resistenze di ogni tipo. Dai conflitti dei lavoratori che sfidarono il potere militare con scioperi e boicottaggi sul lavoro fino ad azioni armate di organizzazioni che non smettevano di cercare di ricreare un clima di disturbo nei confronti del nemico nonostante venissero decimate dalla repressione.

Resistere è vincere

Di quelle rivolte organizzate e non, era difficile sapere qualcosa a causa della grande censura informativa, ma ci furono numerosi esempi di lotte che analizzate oggi acquistano un'importanza maggiore per essere state praticate in momenti di dura repressione. Decine di giovani militanti organici o non collegati alle strutture formali dei nuclei politico-militari o dei raggruppamenti di base che per ragioni di sicurezza o perché semplicemente perdevano i contatti, seguivano la lotta secondo i propri criteri di autodifesa.

Anche, e bisogna sottolinearlo ora che la destra cerca di imporre una nuova modalità del discorso unico, dal peronismo rivoluzionario e dalle organizzazioni marxiste si sono potute costruire strutture contro-informative, così utili in tempi di blackout totale. Per avere fatto parte di una di esse, sottolineo il lavoro in quel senso portato avanti da Rodolfo Walsh e da chi lo accompagnava nell'esperienza dell'Agenzia di Notizie Clandestine (ANCLA)

La questione dell'ANCLA è stata di grande importanza: bisognava trasformare uno spazio di clandestinità in una fonte contro-informativa e di denuncia degli eccessi, degli oltraggi, delle violazioni dei diritti umani (torture, omicidi, campi di concentramento) e di altre nefandezze che stavano commettendo i militari delle tre armi insieme al folto gruppo di civili che li accompagnavano nel genocidio. Inoltre, diventava fondamentale evitare la censura per fare conoscere le numerose azioni che la resistenza popolare (non solamente armata) stava compiendo giorno dopo giorno in ogni angolo del paese. L'esperienza durò poco più di un anno, ma come dicevamo è riuscita a dimostrare che "si può fare buon giornalismo in tempi molto difficili". Ed ottenere vittorie durevoli, come la Lettera alla Giunta militare che scrisse Walsh, poco prima di essere ucciso in combattimento.

Dopo la resa umiliante delle Malvine, la dittatura cominciò a preparare la sua ritirata nella misura in cui i settori popolari - alcuni dei quali avevano erroneamente appoggiato quell'avventura indetta da Galtieri - rinnovavano con maggior vigore il rifiuto di un modello autoritario imposto dalla forza delle armi. In realtà, non fu una caduta fragorosa bensì il passaggio da un modello che proteggeva il Terrorismo di Stato ad un altro rappresentato da una successione di governi che bevevano dalla fonte della democrazia borghese e rappresentativa. Democrazie rigorosamente controllate da Washington che inviò ciclicamente contingenti di multinazionali e specialisti minerari, agroalimentari e di devastazione territoriale.

A parte ciò la lotta delle organizzazioni dei diritti umani, soprattutto Madres eAbuelas [Madri e Nonne di Plaza de Mayo] che erano in prima linea nella lotta per i 30.000 detenuti-scomparsi in piena epoca dittatoriale e raddoppiarono gli sforzi nella battaglia contro le leggi dell'impunità (Legge dell'obbedienza dovuta, Legge del punto finale e il nefasto indulto menorista). Tutte queste istanze furono contestate nelle strade e quello sforzo fu l'ariete principale che, una volta arrivato il Kirchnerismo al governo, permise di avviare la revisione di tutto quanto compiuto precedentemente e dare via libera a processi per lesa umanità che riuscirono a mettere in prigione numerosi genocidi.

Questo oscuro presente

Ora, a 40 anni da quegli anni di piombo, è indubbio che il panorama locale e regionale sia cambiato molto. Per lo meno, nell'appena inaugurata esperienza macrista cominciano a vedersi atteggiamenti, gesti ed iniziative legate a frammenti del discorso autoritario della dittatura. Sia a livello economico, dove si avanza nuovamente verso l'imposizione di un piano neoliberale che, come quello imposto da José Martínez de Hoz nel 1976, richiede una repressione per facilitarne il compito, sia nell'aspetto lavorativo, compiendo un'ondata di licenziamenti che colpiscono il settore statale e privato.

Il paese vive un'altra dittatura, questa volta "democratica", legittimata dai voti, come lo fu dalle armi quella del '76 e dal beneplacito di frange reazionarie della popolazione. La società, quella parte che ha votato il macrismo, si sta rapidamente fascistizzando, tanto quanto il varo di decreti reazionari da parte del governo. Il revanscismo impera in tutti gli ordini della carica conservatrice e si stanno percorrendo strade che conducono a più attacchi ai diritti umani e alla volontà di un ampio settore del paese di difenderli ed approfondirli.

Si vive un clima di militarizzazione della società. Funzionari in divisa di varia provenienza, i quali già esistevano nel precedente governo, diventano forti per strade e tentano di interferire contro l'organizzazione popolare. A questo bisogna sommare l'apparizione di nuclei paramilitari che operano in quartieri poveri e aggiungendo in questa maniera più terrore ad un panorama di per sé già molto delicato.

Di fronte a queste situazioni, la resistenza è quasi un obbligo per coloro che si sentono militanti per la vita. Così come ai tempi della dittatura militare c'erano sempre uomini e donne che non tacevano di fronte all'ingiustizia o lavoratori che sfidavano il rincaro della vita, i licenziamenti e la presenza militare nelle fabbriche, oggi diventa necessario ricordare i motivi, la voglia ed il coraggio dei nostri 30 mila fratelli e sorelle che sfidarono tutte le difficoltà e diedero vita a una lotta per il socialismo fino alle ultime conseguenze. Se non lo facessimo, se sperassimo "di vedere cosa succede", se ci sbagliassimo sottovalutando il nemico che affrontiamo oggi, pensando che lo stesso passato non può tornare o guardassimo da altre parti per vigliaccheria, la destra imperialista vedrà spianata la strada per stare molti anni al governo. In memoria di Rodolfo Walsh e Haroldo Conti, di Santucho e Pujadas, di Carlón Pereyra Rossi e di Silvio Frondizi, di Padre Carlos Mujica e Rodolfo Ortega Peña, non possiamo permetterci altre frammentazioni e dobbiamo tentare di illuminare l'unità nell'azione, cercando di risolvere uno dei grandi temi pendenti nel campo della sinistra popolare e rivoluzionaria. Se ci riusciamo, il resto verrà da solo.


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