da www.altrenotizie.org - 09 Febbraio 2006
Le idi di marzo di Lukascenko
di Carlo
Benedetti
Dopo il crollo dell'Urss e la dichiarazione d'indipendenza dell'agosto del
1991, la Bielorussia si è trovata al centro di una "guerra politica"
concentrata sui problemi della transizione e della formazione dei nuovi gruppi
dirigenti. Ed ora un appuntamento, sicuramente decisivo, è quello delle
prossime elezioni presidenziali fissate (con provvedimento "urgente")
per il 19 marzo. Una data che l'opposizione contesta perché avrebbe voluto una
convocazione più lontana - la fine di luglio - tale da permettere una
preparazione più meditata e un tempo più lungo per la propaganda elettorale. La
decisione in ogni modo è stata presa e dalle urne di marzo dovrà uscire il
nuovo Presidente. Che è, attualmente, Aleksandr Lukascenko il quale, in carica
dal 1994, trova ampi consensi a livello popolare (viaggia in continuazione per
il paese, incontra la gente, ascolta le loro lamentele, punisce chi approfitta
delle proprie mansioni) e appoggi "politici" ed "economici"
dalla madre-Russia, grazie anche ai buoni uffici di Putin e di molti esponenti
della vecchia nomenklatura sovietica che apprezzano il suo rifiuto delle
ricette riformiste ed il suo populismo, che lo rende leader nello scontro con
l'Occidente.
L'opposizione contro la sua leadership, comunque esiste e pur se non trova (per
ora) vasti consensi, opera comunque sviluppando feroci attacchi alla
presidenza. E’ un’opposizione forte soprattutto (lo ha rivelato senza mezzi
termini il The Christian Science Monitor (riferendosi al Belarus
Democracy Act, la legge con cui gli Usa hanno tagliato l'assistenza
economica al Paese) di finanziamenti di milioni e milioni di dollari che
vengono d'oltreoceano; tutti elargiti alle organizzazioni che si battono contro
Lukascenko "per costruire la democrazia in Bielorussia". E tra i
beneficiari di questa valanga di dollari c'è quel movimento (il più attivo) che
guida la rivolta anti-Lukascenko: si chiama "Comitato
nazional-democratico" ed è guidato da Anatolij Lebel'ko. Costui è un
personaggio che naviga nell'anticamera della grande politica e che trova
appoggi in ambienti economici occidentali. Si caratterizza per i suoi toni
grotteschi e per un lessico colorito.
Altra figura del complesso mosaico del "no" è Aleksandr Milinkevic il
quale, appoggiato da alcuni schieramenti che si autodefiniscono
"democratici", si considera già vincitore della prossima
consultazione prevedendo per Minsk una sorta di fase "arancione"; una
sorta di riedizione locale delle proteste ucraine che portarono alla vittoria,
a Kiev, dell'anti-russo Juscenko. Segue, nella galassia dell'opposizione,
Sergej Gajdukevic, leader del "Partito liberal-democratico": un
populista che sta impegnandosi in una battaglia accanita, presentandosi
all'opinione pubblica come "ideologo" della lotta alla gestione di
Lukascenko.
C'è poi, in questo variegato cartello, anche Aleksandr Kozulin, che è il
segretario del "Partito socialdemocratico" e che annuncia di voler
cambiare "il caos in ordine". Infine, un alto funzionario del
ministero degli Esteri come Petr Kranceko, che ha alle spalle una permanenza in
Giappone in qualità di rappresentante del suo Paese. Ma si tratta di un
diplomatico apertamente poco diplomatico, che all'arma del colloquio e del
dibattito preferisce la piazza urlante.
Questo, quindi, lo scenario dei "no". Sul quale pesa l'atteggiamento
negativo della vicina Polonia e dei suoi circoli reazionari. Varsavia, infatti,
con la sua "politica orientale", mantiene una linea fredda nei
confronti di Minsk. E i partiti polacchi, nati da Solidarnosc, appoggiano
l'opposizione a Lukascenko.
Dall’altra parte il fronte che sostiene il Presidente, che si compone
ovviamente delle diverse forze (comunisti compresi) che si sentono
rappresentate da Lukascenko, vera e propria figura centrale della vita politica
bielorussa. Uomo d'azione, personaggio difficile, tormentato e complesso che
però cerca sempre di caratterizzarsi con il decisionismo, recuperando in ogni
momento i temi della tradizione popolare. E, soprattutto, facendo uno sforzo
per aggiornare sempre le sue posizioni sull'ora di Mosca.
Ecco perché è giusto porsi alcuni interrogativi sulla figura del presidente
contro il quale certi ambienti occidentali (Usa e Germania in testa) scatenano
polemiche, avanzano accuse d'ogni tipo, minacciano sanzioni. Cominciamo da
George W.Bush che considera Lukascenko "l'ultimo dittatore d'Europa".
Questo perché il leader bielorusso non ha mai rotto i ponti con la tradizione
sovietica e con la stessa costruzione dell'Urss: anzi, rivendica in ogni
occasione l'unità con Mosca. Non solo, ma a differenza della Russia, dimostra
un approccio diverso e ragionato alla riforma della propria economia: senza una
privatizzazione di rapina, con un ruolo attivo dello Stato, mantenendo il
settore agrario. Ma gli americani insistono e accusano Minsk (che, tra l'altro,
è anche la capitale dei paesi della Csi) di violazioni dei diritti umani e di
attacchi alla libertà di stampa presentando il Paese, di fatto, come un
"potere autoritario". Per Condoleeza Rice, Minsk fa parte degli
"Stati canaglia" con i già noti Iran, Iraq e Corea del Nord. Di
Lukascenko dice che governa con il "pugno di ferro" e che è il regista
di una serie di "rapimenti" di dissidenti.
In pratica i propagandisti americani (Cia in testa, ma con forti appoggi
dell'israeliano Mossad) mettono in atto la stessa campagna che utilizzarono
nell'Urss prima dell'avvento di Gorbaciov e della conseguente fase della
perestrojka. C'è, quindi, un preciso disegno che punta alla disgregazione della
leadership di Lukascenko pur sapendo che il personaggio gode di grandi appoggi
popolari soprattutto nel mondo delle campagne, dove gli agricoltori gli sono
grati per non aver sospeso le loro pensioni che risalgono all'epoca
sovietica.... Ma il "difetto" del presidente - notano molti
commentatori ispirati dalla Casa Bianca - consiste anche nel fatto che non ama
l'occidente, non si sente anticomunista né antisovietico. E che non vuole
eliminare le strutture dell'economia socialista e, di conseguenza, non è
disposto a seguire le leggi del mercato occidentale. Lukascenko viene anche
accusato - sempre dall'occidente - di voler distruggere l'identità bielorussa
attraverso una sorta di unione con la Russia e di puntare ad essere il paladino
dell'opposizione all'estensione della Nato ad Est. E ancora: un altro motivo
dell'isterìa antibielorussa trova le sue basi nella stizza per la mancata
riuscita di quel "brillante progetto" degli strateghi americani
destinato a creare il cosiddetto cordone sanitario - Mar Nero-Mar Baltico - che
isoli la Russia dall'Europa.
Non sorprende così che gli Stati Uniti - in relazione a questa questione
geopolitica - siano avidamente interessati all'ulteriore degrado della Bielorussia
sulla scena internazionale. E' in questo contesto, quindi, che Minsk va alle
elezioni di marzo che sono già, per il pragmatico Lukascenko, le vere "idi
di marzo". Ma a lui arrivano anche forti manifestazioni di solidarietà ed
aiuto politico da una Mosca che gli è sostanzialmente amica (non va mai
dimenticato, in proposito, che per l'industria bielorussa, la Russia è anche il
maggior fornitore del paese di petrolio e di gas ed il maggior consumatore dei
prodotti dell'industria bielorussa) con personaggi della portata del sindaco di
Mosca Luzkov e del governatore di Primorje, Nazdratenko. Il quale tempo fa
dichiarò apertamente che sarebbe "contento di vedere Lukasenko a capo di
una nuova comunità di slavi orientali che veda unite la Russia, l'Ucraina e la
Bielorussia" affermando poi che si tratta di un leader che "fa molte
cose buone per il popolo e conduce una giusta politica economica".
Non va poi dimenticato che a fornire un sostegno all'attuale Presidente di
Minsk è Evghenij Primakov, figura di spicco della politica russa, ex premier ed
ex ministro degli Esteri della Russia il quale - con tutta la forza della sua
immagine sia a livello interno che internazionale - fa rilevare all'opinione
pubblica (con un'intervista alla moscovita Argumenty i fakty) che
Lukasenko è appoggiato dalla maggioranza della popolazione e gode di grande
popolarità. “Non solo - aggiunge Primakov - ma anche l'economia di quel Paese
non va male. Si sviluppano buoni rapporti con le regioni della Russia. Per
quanto concerne poi il ruolo internazionale della Bielorussia Primakov precisa
che Minsk è nell'Onu sin dal momento della sua formazione e che, quindi, è un
paese che va rispettato anche per questo”. Insomma il Presidente bielorusso ha
certamente avversari potenti, ma i suoi estimatori internazionali hanno peso e
potere. Come del resto gode di popolarità notevole anche all’interno.
Una sorta di consenso popolare che si è andato trasformando in questi anni in
un vero "plebiscito permanente", perché Lukasenko è riuscito a trasformare
quella base popolare generalmente amorfa, in parte attiva contro le ambizioni
di determinati gruppi oligarchici legati alle mafie russe e internazionali.
Notevoli anche i suoi sforzi per adeguare il linguaggio alla realtà del Paese.
Perché a differenza dell'opposizione che parla di inflazione, di stagnazione,
di deficit finanziario, di budget, di emissione di moneta (cose incomprensibili
per la gente semplice), Lukasenko lotta contro la disoccupazione, paga stipendi
e pensioni rispettando le scadenze.
Restano ancora nell'ombra le forze religiose del Paese. Ma non ci dovrebbero
essere grandi sorprese dal momento che gli ortodossi (dell'Est) sono l'80%. Una
"opposizione" al potere attuale (filorusso ed ortodosso) potrebbe
venire da Cattolici, Protestanti, Ebrei e Musulmani che arrivano, in
percentuale, al 20%. Per Lukascenko, quindi, le "idi di marzo" (pur
se con un po' di ritardo) non si presentano come un fatto negativo. Potrebbe
uscire nuovamente vittorioso dalla consultazione - conservando la propria
riconoscibile identità - e far così perdonare, a chi crede ancora nei valori
della costruzione "sovietica", quel gesto che fu compiuto dal
bielorusso Suskevic, il quale nel dicembre 1991 - insieme al russo Eltsin e
all'ucraino Kravciuk - decise la fine dell'Unione Sovietica.
Lukascenko, in sostanza, torna a presentarsi sulla scena mondiale non come
personaggio di facciata ma come vero e proprio esponente di un establishment
sociale, politico e finanziario di un ex paese sovietico che vive, come tutti gli
altri, la difficile, complessa, intricata fase di transizione. Ma si tratta,
comunque, dell'unico paese, all'interno della Csi e dell'Europa orientale, che
si è sempre schierato contro ogni tipo di aiuto ispirato a princìpi e idee
occidentali. Battendosi per una sua originale via di sviluppo autonoma, capace
di rispettare le tradizioni nazionali. Pur se tra tutti i paesi slavi orientali
è proprio la Bielorussia il più povero economicamente. Si può dire, comunque,
che è sulla sua testa che si giocano gli interessi degli Usa e della Russia.
Per ora agli attacchi di Bush il capo del Cremlino ha solo risposto con accenni
di amicizia e, soprattutto, di "comprensione". Non va, infatti,
dimenticato che per Mosca è sempre aperta la questione di quell'area russa schiacciata
tra la Polonia e la Lituania: l'enclave strategica di Kaliningrad (Konigsberg)
affacciata sul mar Baltico. In questa regione vivono molti bielorussi che
sentono forte il legame alle tradizioni sovietiche. E a questi bielorussi che
vivono in terra di Russia che si rivolge sempre Lukascenko - che quanto a
nazionalismo non ha niente da invidiare ai grandi russi - sottolineando la
forza dell'unità slava. Che tra un mese si misurerà nelle urne.