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Alcune considerazioni sulle posizioni revisioniste (opportuniste) del marxismo nel Brasile di oggi

Anita Leocadia Prestes* | odiario.info
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

26/06/2014

Dato l'agire opportunista (revisionista del marxismo) diretto a riformare il capitalismo, piuttosto che liquidarlo, con la falsificazione della storia delle lotte e della memoria dei leader rivoluzionari del passato al fine di giustificare tale politica riformista, l'eredità di Luiz Carlos Prestes acquisisce indiscutibile attualità.

V.I. Lenin, a suo tempo, dimostrò che le tendenze revisioniste del marxismo, anche riconoscendo formalmente la teoria del socialismo scientifico, nella realtà costituivano una forma di lotta dell'ideologia borghese contro le idee rivoluzionarie. Secondo il grande artefice della Rivoluzione russa del 1917, ciò rilevava la forza del marxismo. "La dialettica della storia è tale - scrive Lenin - che il trionfo teorico del marxismo obbliga i suoi nemici a travestirsi da marxisti. Il liberalismo interiormente putrefatto, tenta di rivivere nella veste dell'opportunismo socialista"(1).

Le parole di Lenin si rivelano di un'attualità sorprendente, quando si osserva il panorama politico della società brasiliana di oggi. Una società le cui classi dominanti rappresentate dalle élite politiche - cioè gli "intellettuali organici", secondo A. Gramsci (2), - agiscono sempre in modo da conciliare gli interessi dei diversi gruppi dei settori privilegiati. Le masse popolari, i lavoratori, gli oppressi e gli sfruttati rimangono alienati da queste soluzioni. Riferendosi all' "uomo cordiale", Sergio Buarque de Holanda (3) registrò questo tratto manifesto delle élite brasiliane, patrimonio della nostra formazione storica caratterizzata dalla permanenza di quattro secoli di schiavitù e della grande proprietà fondiaria.

Tali tradizioni della vita politica brasiliana, in cui le soluzioni di compromesso tra i gruppi e / o partiti rappresentativi delle diverse fazioni delle classi dominanti erano una forma di sopravvivenza a fronte dell'acuirsi della lotta di classe, ha determinato un costante allontanamento delle masse popolari da qualsiasi ruolo significativo nella risoluzione dei problemi nazionali. Si creò una permanente impossibilità che protagonisti di profilo popolare potessero esercitare un'influenza significativa sulle decisioni politiche prese dagli intellettuali organici dei settori dominanti. In questo senso, è divenuta emblematica la frase pronunciata nel 1930 da Antônio Carlos Ribeiro de Andrada, uno dei maggiori oligarchi del Minas Gerais: "Facciamo la rivoluzione prima che la faccia il popolo" (4)

Tali precedenti, presenti nell'universo politico nazionale, formarono il brodo della cultura favorevole all'avvento al centro della scena dei settori di sinistra e dei movimenti popolari e dei lavoratori di tendenze opportuniste, revisionisti del marxismo - che è una teoria rivoluzionaria nella sua essenza, secondo la quale i suoi aderenti non devono solo interpretare il mondo, ma trasformarlo. (5)

Nella misura in cui le forze rivoluzionarie, in Brasile, erano costantemente perseguite e sconfitte dal potere dello Stato al servizio degli interessi delle classi dominanti, nella misura in cui la debolezza organica ed ideologica dei settori della sinistra e dei comunisti era una costante - in gran parte derivante da questa persecuzione implacabile - si rese possibile il predominio dell'ideologia borghese su larga scala nei movimenti popolari e dei lavoratori. Era aperto il cammino per l'avanzata dell'opportunismo all'interno della sinistra brasiliana, con la difficoltà di fronteggiarlo con successo.

Se gettiamo uno sguardo retrospettivo sulla storia del Brasile dall'indipendenza dal Portogallo, possiamo verificare che le situazioni di crisi vissute dal Paese sono state sempre risolte da compromessi tra fazioni delle classi dominanti. I settori popolari sono stati lasciati fuori, repressi con violenza quando hanno cercato di conquistare posizioni che fossero propizie all'interno dei nuovi schemi del potere.

L'indipendenza brasiliana fu il risultato di un accordo tra i signori schiavisti e delle terre e la Corona portoghese, mentre i radicali dell'epoca furono espulsi e sconfitti. Differentemente dal processo di liberazione delle colonie spagnole guidato da rivoluzionari come Simon Bolívar e San Martin che all'inizio del XIX secolo decretarono l'abolizione della schiavitù dei neri e della servitù indigena, insieme alla creazione di regimi repubblicani, in Brasile, con l'indipendenza, si costituì una monarchia, che garantì il mantenimento della schiavitù nera fino alla fine del secolo, cui seguì la proclamazione della Repubblica solo nel 1889. Processi questi condotti in modo da impedire qualsiasi modifica di carattere rivoluzionario. In Brasile, non abbiamo lotte rivoluzionarie vittoriose; al contrario, quando si sono verificate, sono state sconfitte con violenza dalle classi dominanti del paese. La tanto celebrata scelta delle transizioni incruente, proclamata con insistenza dagli intellettuali organici al servizio degli interessi dominanti, riflette la debolezza dei movimenti popolari in Brasile - frutto delle condizioni storiche a cui sono stati condannati - non in grado di imporre le loro aspirazioni ai detentori del potere.

Se rivolgiamo il nostro sguardo alle vicissitudini del processo di transizione dal regime dittatoriale messo in atto in Brasile nel 1964, alla democrazia oggi esistente nel paese, troviamo che, ancora una volta nella nostra storia, abbiamo un compromesso tra le fazioni delle classi dominanti, tra i generali poi di fronte al potere esecutivo e i rappresentanti della borghesia liberale (Ulysses Guimarães, Tancredo Neves, ecc.). Nel 1979, ancora una volta nella nostra storia, i settori popolari non hanno avuto la forza politica per imporre una "amnistia ampia, generale e senza restrizioni ", come nel 1984 non hanno potuto conquistare le "diretas já" [movimento della società civile brasiliana che rivendicava le elezioni presidenziali dirette, ndt]. Dal patto stabilito tra le élite borghesi risultarono un'amnistia ristretta, estesa ai torturatori, e le elezioni indirette per la presidenza della Repubblica. Solo nel 1989, garantiti gli interessi del grande capitale nazionale e internazionale con la realizzazione di una transizione "sicura", le elezioni dirette per il presidente della Repubblica furono permesse.

Anche il processo costituente che seguì fu segnato dalla conciliazione tra "potere militare" e rappresentanti borghesi con un accento sull'Assemblea costituente del 1988 che portò alla tutela militare sui tre poteri dello Stato ai sensi dell'articolo 142 della Costituzione poi promulgata, come denunciato a suo tempo da Luiz Carlos Prestes: in nome della tutela della legge e dell'ordine pubblico o della sua "garanzia", le Forze armate saranno collocate al di sopra dei tre poteri dello Stato. Con la nuova Costituzione, proseguirà, quindi il predominio delle Forze armate nella direzione politica della nazione, potendo, costituzionalmente sia deporre il presidente della Repubblica come i tre poteri dello Stato, sia intervenire nel movimento sindacale, destituendo i suoi leader o intervenendo direttamente in qualsiasi movimento di sciopero (...) (6).

La fondazione del PT [Partito dei Lavoratori, ndt] nei primi anni '80, ha alimentato la speranza che finalmente si fosse creata un'organizzazione politica capace di condurre i lavoratori sul cammino della loro emancipazione sociale e politica. Senza fiducia nelle dirigenze operaie emerse dai grandi scioperi del 1978/79 nell'ABCD Paulista [acronimo che indica le principali quattro città che cingono São Paulo: Santo André, São Bernardo do Campo, São Caetano e Diadema, ndt], la borghesia mobilitò poderose risorse per sconfiggere Luis Inacio da Silva Lula, in tre elezioni presidenziali consecutive (1989, 1994 e 1998).

Nel corso degli anni, divenne evidente che non esistevano in Brasile forze sociali e politiche - il "blocco storico" gramsciano (7) -, in grado di sostenere l'elezione di un candidato presidenziale veramente compromesso con i desideri popolari e disposto a condurre un processo di profonde trasformazioni nella società brasiliana.

Allo stesso tempo, sia Lula che la direzione del PT intrapresero il cammino della conciliazione con i settori della borghesia. Senza mai adottare la teoria marxista come orientamento e considerando la realizzazione delle riforme sociali come la strada per la rivoluzione, i leader del PT optarono per il riformismo. Data la tradizionale dicotomia - riforma o rivoluzione - la scelta fu chiara. Si trattò di portare avanti la riforma del capitalismo, per ottenere un capitalismo "serio" e distributore di benessere per i meno abbienti, abbandonando definitivamente ogni proposta di cambiamento di carattere rivoluzionario e anticapitalista.

Contrariamente a quanto avevano immaginato e proposto i pensatori marxisti come Florestan Fernandes, il PT divenne la versione brasiliana della socialdemocrazia europea, con la differenza che i conflitti sociali in Brasile, risultato di disuguaglianze estreme, non hanno soluzione nemmeno temporanea nel quadro del capitalismo, come accaduto con lo "Stato sociale", creazione dei partiti socialdemocratici in Europa. Esperienza oggi fallita, com'è generalmente noto.

Nel 2002, candidandosi per la quarta volta alla presidenza della Repubblica, Lula e le tendenze che l'hanno sostenuto all'interno del PT, compresero che per assicurare la sua elezione sarebbe stato necessario fare delle concessioni al grande capitale internazionalizzato, vale a dire ai settori della borghesia monopolista brasiliana e internazionale. La "Lettera ai brasiliani" sigillò quest'accordo. Lula e il PT sono diventati affidabili per la continuazione del sistema capitalista in Brasile, contribuendo a tale scopo alla nomina di Henrique Meirelles alla Banca centrale, l'unico manager non statunitense dell'allora Banca di Boston, uomo di fiducia delle multinazionali (8). Mai i grandi imprenditori e banchieri nel paese sarebbero potuti esser così contenti di un governo come quello dei due quadrienni di Lula e subito dopo, con l'elezione della sua "creazione", la presidente Dilma.

Una volta al governo, i dirigenti del PT hanno incluso nella loro base alleata partiti e raggruppamenti politici impegnati nella continuità delle politiche neoliberiste e che avevano costituito l'essenza degli impegni della "Lettera ai brasiliani". Non era fra i pensieri dei nuovi governanti il concentrare le forze per sviluppare l'organizzazione e la mobilitazione popolare al fine di attuare politiche favorevoli agli interessi dei lavoratori e delle grandi masse vittime dell'esclusione sociale.

D'accordo con la dottrina neoliberista formulata dalle agenzie legate ai gruppi monopolistici internazionali, ai settori popolari sarebbero stati assegnati una parte delle risorse provenienti dai profitti spettacolari di questi gruppi, attraverso politiche assistenzialiste promosse dallo Stato brasiliano, il cui obiettivo principale non ha mai cessato di essere quello di garantire la pace sociale. Pertanto, ha cercato di evitare i disordini sociali e di garantire un sostegno popolare ai governi del PT e dei suoi alleati assicurando la successione pacifica di questi governanti ad ogni elezione. Al popolo vengono distribuite le briciole, mentre le multinazionali ottengono enormi profitti e i dirigenti del PT ed i loro alleati si garantiscono la rielezione alle principali posizioni dei governi della Repubblica. Finora questo schema ha funzionato anche se, a partire da giugno 2013, è iniziato ad essere messo in discussione dalle manifestazioni popolari che si sono diffuse in tutto il Brasile.

Anche se l'assistenzialismo è abbastanza efficace nel garantire la continuità delle politiche neoliberiste ed il mantenimento del sistema capitalista, l'orientamento riformista di Lula e Dilma non può prescindere dal discorso ideologico per giustificare le proprie azioni. Non basta appellarsi alla simbologia di un operaio metallurgico e di una donna alla presidenza della Repubblica per la prima volta nella storia del Brasile.

Si rende necessario giustificare il presente facendo appello al passato e falsificando la storia. Si cerca nel passato la giustificazione per il presente. Si tenta di presentare i governanti attuali come prosecutori delle grandiose lotte del passato, come eredi dei capi rivoluzionari del passato, come paladini delle idee avanzate e progressiste. E' conveniente travestirsi da marxisti per coprire meglio l'orientamento anti-popolare della politica degli attuali governanti.

E' così che intellettuali e dirigenti sia del PT che del PCdoB, mascherati da marxisti, "inventano" una storia delle lotte del popolo brasiliano conforme ai loro scopi vergognosi. Secondo la propaganda ampiamente diffusa dal PCdoB, ci troviamo di fronte al "partito del socialismo", che però realizza politiche che favoriscono la grande impresa agricola e la consegna del petrolio brasiliano alle multinazionali. Un partito che falsifica la propria storia, negando la sua istituzione nel 1962 come risultato di una scissione dal PCB, assumendo come data quella del 1922, quando fu fondato il Partito Comunista (Sezione Brasiliana della Internazionale Comunista). Nel 2012, il PCdoB ha festeggiato i 90 anni di un partito che non è suo.

Allo stesso modo, deputati, senatori, sindaci e governatori, così come dirigenti dei partiti di governo, si appropriano della memoria dei leader rivoluzionari come Luiz Carlos Prestes, Olga Prestes Benario, Gregorio Bezerra, ecc, per cercare di migliorare la loro immagine appannata e il loro prestigio davanti alle nuove generazioni. Per farlo con un certo successo, necessitano di falsificare la storia della lotta di questi uomini e donne ammirati per il loro eroismo, distorcendo il loro agire e svuotandolo da ogni contenuto rivoluzionario. Provano a trasformare quei combattenti ammirevoli in figure accettabili anche dalle classi dominanti, che essi combatterono sempre.

Recentemente abbiamo potuto assistere alla demagogica restituzione del titolo di senatore a Luiz Carlos Prestes, promossa dai parlamentari degli attuali partiti di governo, così come quelli dei deputati comunisti deposti nel 1948. Se Prestes fosse vivo non avrebbe mai accettato gli omaggi ipocriti di questi signori la cui azione politica fu da lui duramente combattuta fino alla sua morte nel 1990. Altri esempi potrebbero essere citati.

Quest'anno, in cui si compiono i 90 anni dall'inizio della Colonna Prestes, i dirigenti dei partiti governisti hanno "scoperto" questo glorioso episodio delle lotte del nostro popolo come un filone prezioso da sfruttare al meglio per camuffarsi da partiti avanzati, da progressisti o addirittura da marxisti, come è il caso dei politici del PCdoB. Organizzano atti di omoggio al Congresso nazionale, nelle assemblee statali e nei consigli comunali, così come carovane in tutto il paese con l'obiettivo di manipolare la storia di questa epoca brasiliana i cui fatti mal si conoscono, diffondendone false versioni e rimuovendo dal movimento i contenuti di lotta rivoluzionaria contro il potere oligarchico allora esistente.

La Colonna Invicta, com'era nota all'epoca, è presentata come un episodio che merita all'unanimità l'approvazione nazionale. Si parla anche della sua "istituzionalizzazione", il che significa renderla nient'altro che una data da inserire nel calendario delle feste nazionali. Un episodio trasformato in celebrazione, privato di qualsiasi carattere di lotta e applaudito da tutti i brasiliani senza distinzione di posizione di classe. Siamo di fronte ad un nuovo tentativo di trasformare Luiz Carlos Prestes, il Cavaliere della Speranza, in un dirigente di tutti i brasiliani, falsificando la sua memoria di leader dei lavoratori, degli sfruttati e degli oppressi; mai degli sfruttatori e proprietari di capitali.

Dato l'agire opportunista (revisionista del marxismo) diretto a riformare il capitalismo, piuttosto che liquidarlo, con la falsificazione della storia delle lotte e della memoria dei leader rivoluzionari del passato al fine di giustificare tale politica riformista, l'eredità di Luiz Carlos Prestes acquisisce indiscutibile attualità.

Per Prestes, l'emancipazione economica, sociale e politica dei lavoratori brasiliani dovrebbe essere opera degli stessi. Affinché questo potesse diventare possibile riteneva che il vero rivoluzionario dovesse contribuire alla mobilitazione, organizzazione ella presa di coscienza dei diversi settori popolari, così come a far emergere nuovi dirigenti e nuove organizzazioni di partito effettivamente impegnati nella soluzione radicale dei gravi problemi nazionali.

L'eredità di Luiz Carlos Prestes, che indica la necessità di considerare diverse forme di avvicinamento alla conquista del potere rivoluzionario (9) che aprirà il cammino alla rivoluzione socialista, costituisce un prezioso contributo alle forze di sinistra che sono oggi impegnate nella lotta per la profonda trasformazione della società brasiliana, nella lotta per i cambiamenti che non servono ai disegni dei politici delle classi dominanti e dei loro alleati opportunisti interessati a "cambiare tutto affinché tutto resti così com'è".

La critica delle posizioni revisioniste del marxismo e delle falsificazioni della storia dei rivoluzionari brasiliani costituisce un aspetto fondamentale della lotta generale contro il sistema capitalista e in favore della rivoluzione socialista.

Giugno 2014

* Anita Leocadia Prestes è dottore di ricerca in Storia Sociale dell'Universidade Federal Fluminense, docente del corso di laurea in Storia Comparata del UFRJ e presidente dell'Istituto Luiz Carlos Prestes www.ilcp.org.br.

Note:

1 LENIN, V.I. "I destini storichi della dottrina di Karl Marx" (pubblicato con la firma di V.I. l'1 Marzo 1913 nel n.50 della Pravda), in Lenin, V.I. Contro il revisionismo. Mosca, Ed. in Lingue Straniere, 1959, p.158; salienti dell'autore. (Traduzione dallo spagnolo in portoghese di PRESTES, A.L.).

2 GRAMSCI Antonio. Quaderni del carcere. Seconda ed. Rio de Janeiro, Civilização Brasileira, Vol. 2, 2001 p.15-25.

3 Holanda, Sérgio Buarque de. Radici del Brasile. 14 ° ed. Rio de Janeiro, J. Olympio, 1981.

4 ABREU, Alzira Alves de e BELOCH, Israel et al. (Coord). Dizionario Storico-biografico brasiliano post-1930. Seconda ed. V.I. Rio de Janeiro, Ed. FGV, 2001, p. 1115

5 MARX, C. "Tesi su Feuerbach", in C. Marx & F.Engels. Opere Scelte in tre volumi. T.I, Mosca, Ed. Progresso, 1976, p. 7-10.

6 PRESTES, Luiz Carlos, "Um 'poter' acima dos outros" Tribuna da Imprensa, RJ, 28/09/1988.

7 Cfr. GRAMSCI, Antonio. Quaderni del carcere. Seconda ed. V. 1. Rio de Janeiro, Civ. Brasileira, 2001, p. 238.

8 Henrique Meirelles è rimasto a capo della Banca Centrale durante i due quadrienni dei governi di Lula.

9 Cfr. PRESTES, Anita Leocadia, "O legado de Luiz Carlos Prestes e e os caminhos da revolução socialista no Brasil", in www.ilcp.org.br.


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