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Ribellione studentesca e rottura del consenso

Sandra Trafilaf Yáñez | resumenlatinoamericano.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

20/10/2019

Dopo più di 7 giorni, la protesta in Cile è diventata - senza la guida di alcun partito politico tradizionale
e contro ogni previsione degli analisti più esperti -  un'inarrestabile esplosione sociale in tutta la nazione e con richieste che vanno oltre gli aumenti nel trasporto pubblico. Si stanno ora riproponendo i già conosciuti "tavoli unitari" per negoziare soluzioni alla crisi delle istituzioni e della cultura repubblicana che ripudia la violenza del popolo ma a cui contrappone la sua violenza istituzionale quotidiana.

Questa ribellione, va detto onestamente, è stato provocato da un gruppo di adolescenti, studenti delle scuole superiori tra i 12 e i 19 anni, che hanno manifestato per evitare gli aumenti del biglietto della metropolitana nella città di Santiago
imposti dal sistema economico neoliberista che incidono negativamente sulla già insostenibile qualità della vita delle masse lavoratrici. Prima erano soli, ma in meno di quattro giorni, non solo Santiago era in fiamme, ma l'intero paese era per le strade per protestare, per distruggere i simboli del consumo e della proprietà privata di pochi uomini d'affari.

Già nel 2006, gli studenti delle scuole superiori sfidavano il sistema educativo, mettendo in discussione la legge organica costituzionale di insegnamento imposta dalla dittatura, che vige ancora oggi. In questi giorni sono riusciti di nuovo a rompere il modo di fare politica attraverso il "consenso", così magistralmente amministrato da tutti i governi post-dittatoriali, a cominciare da Patricio Aylwin fino a Sebastián Piñera. In quattro giorni, 71 stazioni della metropolitana sono state distrutte, la grande capitale è stata attaccata con saccheggi a supermercati e farmacie, che traggono i loro profitti dalla salute - il caos ha illuminato le notti, anche durante il "coprifuoco".

La risposta di un governo che gestisce gli interessi del grande capitale è la stessa di sempre e porta tutto il peso della repressione nelle strade. Questa volta sono andati oltre, sabato mattina è stato decretato lo "Stato di Emergenza" lasciando la pubblica sicurezza nelle mani delle Forze Armate. Le manifestazioni e il diritto a riunirsi sono vietati. Un soldato dei Berretti Neri, Javier Iturriaga del Campo, è apparso alle telecamere insieme al Presidente Piñera e ai suoi ministri, annunciando le nuove misure. I militari hanno preso il controllo del paese in collaborazione con le forze di polizia.

Dopo più di 30 anni, il coprifuoco è stato nuovamente imposto in quattro regioni del paese. Allo stesso tempo i mass media, proteggendo la proprietà privata, fanno senza successo il loro lavoro di terrorizzare il popolo. Ci sono appelli alla pace, alla protezione della proprietà privata, all'organizzazione contro il saccheggio. Informano minuto per minuto sullo stato di guerra e chiedono l'intervento delle forze armate e invitano la gente a fermare il saccheggio, come se non ci fossero i militari nelle strade a guardia della ribellione.

Questi adolescenti rompono con la politica del consenso, la stessa che coordina il modo migliore per rubare tutto al popolo e alla natura e che poi sigilla con leggi deformi che vengono approvate in un parlamento cooptato dagli uomini d'affari. Nonostante l'invocazione alla Legge sulla sicurezza Interna dello Stato, nonostante il coprifuoco, la gente ha continuato a rimanere nelle strade. Questi giovani, studenti delle scuole superiori di età compresa tra i 12 e i 19 anni, sono nati con la mente sgombra dal trauma del terrore del colpo di Stato del 1973. Sono le nostre figlie, i nostri figli senza quella memoria emotiva nei loro corpi, senza il peso di vivere impunemente in un paese dove i leader dei partiti politici hanno negoziato il genocidio per fette di potere. Non hanno paura del potere, non ascoltano i suoi decreti e i coprifuoco, un berretto nero davanti alla telecamera, è solo un'altro militare.

Ci sarà un prima e un dopo di queste lotte intraprese dalle e dagli studenti delle secondarie. Hanno dato fuoco al mito che dice che rispondere con violenza alla loro violenza omicida, avrebbe portato le pene dell'inferno. Ha portato invece solo quello che sappiamo, quello che abbiamo già sperimentato, i costi che abbiamo sempre dovuto pagare per avanzare nella giusta lotta per cambiare i sistemi che ci opprimono. Hanno spezzato la paura di tre generazioni che oggi sfidano i militari e i loro carri armati per le strade, facendo suonare le campane. Ma allo stesso tempo, hanno lasciato tutti i leader dei partiti politici e coloro che, per anni, hanno trasgredito i principi e le richieste, in un silenzio assordante.

Ora, l'opportunismo che li caratterizza li spinge a salire sul palco e vogliono allestire i loro tavoli a quattro zampe per negoziare. Lo stanno già facendo dietro le quinte e lo stanno preparando con le loro migliori tovaglie e stoviglie, per invitare i soliti e fare la grande festa con l'esplosione sociale che ancora non si ferma, che non vuole fermarsi, che avanza e cresce in ogni angolo.

Vogliono stabilire la pace come un mantra.

Non si tratta dei 30 pesos della corsa in metropolitana. È per i 46 anni di dittatura, è per l'appropriazione delle nostre energie nel lavoro schiavista, è la negazione della cura della salute, è per la mercificazione dell'istruzione, è per il diritto alla casa, ad una vita dignitosa, per una vecchiaia senza scossoni economici, per la tutela delle risorse naturali, è contro la repressione del popolo mapuche, è per il diritto di avere diritti, è per la vita.


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