www.resistenze.org - popoli resistenti - cina - 21-09-04

La Cina tra sviluppo economico e “crescita pacifica”


L’articolo che segue è apparso sul Quotidiano del Popolo (Renmin Ribao), organo ufficiale del Partito Comunista Cinese, il 17 aprile 2004 ed ha come argomento il concetto di “crescita pacifica”, elaborato dal governo cinese di Wen Jabao a partire dal novembre 2003, che tanto continua a far discutere in Cina ed all’estero (non in Italia).

Al di là di un tono forse eccessivamente enfatico in alcuni passaggi, l’articolo di Gu Ping coglie senza dubbio gli elementi di fondo, sul piano teorico come pratico, di questo concetto, potenzialmente in grado di condizionare in positivo le relazioni internazionali dal momento che esso segna una differenza netta tanto rispetto al “multilateralismo aggressivo” di Clinton (Usa, Europa, Nato), oggi riproposto da Kerry, quanto, e soprattutto, dalla “guerra preventiva” di Bush. Quanto questo concetto sarà in grado di aggregare forze, soprattutto tra alcuni, grandi paesi in via di sviluppo e nel sud del mondo, ponendo un ulteriore argine alle mire espansionistiche ed egemoniche degli Stati Uniti e delle altre potenze imperialiste, solo il corso della storia potrà svelarlo.

Sul concetto di “crescita pacifica”, confermato recentemente dal Presidente Hu Jintao nel suo intervento al Forum per l’Asia di Boao (23 e 24 aprile 2004, “Lo sviluppo della Cina costituisce un’opportunità per l’Asia”) e probabilmente oggetto di ulteriori approfondimenti nel corso dell’ormai prossima Quarta Sessione Plenaria del 16° Comitato Centrale, varrebbe certamente la pena aprire una discussione seria, approfondita e senza pregiudizi.

Marcello Graziosi


La “crescita pacifica” della Cina, ponendo in primo piano la possibilità di raggiungere la modernizzazione con la fiducia nelle proprie forze, costituirà un beneficio per il genere umano

Di Gu Ping

La crescita pacifica della Cina costituisce un argomento di grande attualità e discussone dentro e fuori il nostro paese.
Intervenendo ad un seminario organizzato in occasione del 110° anniversario della nascita del compagno Mao Zedong, il Segretario Generale (del Partito Comunista Cinese, nota del traduttore) Hu Jintao ha sostenuto che la Cina deve “insistere sulla via della crescita pacifica, della costruzione di accordi con tutti gli altri paesi sulla base dei cinque principi della coesistenza pacifica[1], sviluppando attivamente gli scambi e la cooperazione con tutti sulla base dei principi di uguaglianza e reciproco beneficio e contribuendo alla nobile causa della pace e dello sviluppo dell’umanità”.

In un discorso tenuto negli Stati Uniti,  all’Università di Harvard, il Primo Ministro Wen Jabao ha detto che la Cina costituisce un ampio paese in via di sviluppo che non dovrebbe e non può fare affidamento su paesi stranieri nel suo processo di sviluppo, ma che deve basare le proprie azioni solamente su ciò che è in grado di fare. In altri termini, anche se la Cina si aprisse maggiormente al mondo esterno, essa dovrebbe comunque fare totale e cosciente affidamento sul proprio processo di innovazione delle istituzioni, sul mercato interno che cresce giorno dopo giorno, sul processo di trasformazione dell’enorme quantità di risparmi interni in investimenti, sul miglioramento della levatura della propria gente e dei progressi sul piano scientifico e tecnologico per risolvere i problemi legati all’ambiente ed alle risorse. In questo si manifesta l’essenza della via cinese alla crescita pacifica.

I discorsi dei dirigenti cinesi sintetizzano le caratteristiche fondamentali della via cinese alla crescita pacifica, che conduce alla coesistenza pacifica con tutti, alla costruzione di accordi in un contesto di reciproca amicizia, allo sviluppo simultaneo di tutti i paesi del mondo. Una via che spinge la Cina a fare affidamento sulle proprie forze, a sfruttare il proprio intrinseco potenziale, a porre in primo piano uno sviluppo coordinato globale, a realizzare un auto-miglioramento sociale attraverso l’innovazione istituzionale ed una maggiore levatura della gente. E’ una via che consente di rivitalizzare la nazione cinese sulla base di interessi condivisi da tutta l’umanità.

In seguito all’apparizione degli stati-nazione, nel lungo corso della storia umana, la lotta per le risorse è stata la ragione fondamentale alla base delle guerre. La guerra è divenuta un importante strumento in grado di determinare la prosperità od il declino di una nazione, la sopravvivenza o la decadenza di una civiltà. Sono già trascorsi sessant’anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, nel corso dei quali il pianeta Terra non ha vissuto altri conflitti di portata mondiale. L’emergere di armi di distruzione di massa, quali le nucleari, ha reso la guerra potenzialmente in grado di distruggere l’intero genere umano. Questo elemento, a sua volta, ha conferito estrema urgenza al controllo delle forme della guerra e reso la pace la scelta più importante di fronte all’umanità intera.

Nel corso dell’ultimo secolo della sua storia, la Cina ha sperimentato l’umiliazione del decadimento sociale, l’inaridimento della forza nazionale, l’invasione da parte di diverse potenze, la degenerazione in uno stato semi-coloniale e semi-feudale. Essa ha anche intrapreso una grande battaglia per la propria salvezza e posto l’obiettivo della sopravvivenza nazionale. Dopo la costituzione della nuova Cina, soprattutto a partire dagli ultimi venticinque anni con l’inizio del processo di riforma e di apertura, il paese ha cercato ed individuato un proprio percorso per una grande rinascita nazionale. La Cina è stata costretta a subire la grande umiliazione di essere oppressa da diverse potenze. Anche per questo Mao Zedong, il fondatore della nuova Cina, ha sempre solennemente dichiarato che il proprio paese non si sarebbe mai comportato con una logica egemonica. Questo costituisce un impegno solenne e sincero da parte della Cina ed un fondamento concettuale alla base della teoria della crescita pacifica[2].

Nell’ultimo mezzo secolo ed oltre si è verificata nel mondo, e soprattutto in Asia, una quantità di cambiamenti ancora maggiore. Pochi paesi, tra i quali la Cina, hanno sperimentato un avanzamento dopo l’altro sul piano economico e si sono incamminati sulla via della modernizzazione economica in un contesto generalmente pacifico. Questi fatti forniscono una base pratica alla teoria della crescita pacifica. Essi mostrano che, in primo luogo, le modalità con le quali un paese migliora se stesso e la propria organizzazione sociale e potenzia la levatura del proprio popolo costituiscono le precondizioni ed il fattore più importante per la modernizzazione. Secondariamente, essi mostrano che attraverso lo sfruttamento delle modifiche strutturali nell’economia internazionale e la determinazione delle condizioni necessarie per adattarsi a tali cambiamenti, un paese in via di sviluppo può godere, nel contesto della globalizzazione, dei vantaggi dell’ultimo venuto e svilupparsi a passi da gigante.

Il popolo cinese ha sempre amato la pace e posto in rilievo la cultura. Con una filosofia basata sull’adagio “non fare agli altri ciò che non vorresti gli altri facessero a te”. I cinesi sono magnanimi e possono andare benissimo d’accordo con chi è diverso da essi. Per questa tradizione culturale la Cina considera negativamente ogni politica di potenza, “il gioco a somma zero”, ed altri approcci tradizionali nelle politiche internazionali. Essa propone, al contrario, che l’umanità possa prosperare pur in presenza di grandi diversità.

In sintesi, dovremmo affermare che la teoria della crescita pacifica della Cina possiede un proprio realismo storico. Essa è in linea con il processo di pace e sviluppo nel mondo e con l’interesse fondamentale del popolo cinese, dell’Asia e dell’umanità. Essa è in armonia con le esperienze storiche e la tradizione culturale del popolo cinese.
 “Coloro che conoscono gli altri sono bravi. Coloro che conoscono se stessi sono saggi”. Per conseguire la crescita pacifica della Cina noi siamo costretti a guardare in maniera approfondita dentro noi stessi e nel mondo.

La Cina ha raggiunto un punto di sviluppo economico e di progresso sociale ormai all’attenzione di tutto il mondo. Tutti i figli e le figlie del popolo cinese, senza eccezione alcuna, possono rallegrarsi di questo. Ad ogni modo dobbiamo comprendere con sobrietà che la Cina è un grande paese con una popolazione numerosissima ed una struttura debole. Questo elemento ci pone di fronte all’arcigna sfida posta dai limiti delle risorse e dell’ambiente. Il compito di realizzare uno sviluppo sostenibile è ancora arduo. Il perfezionamento, il coordinamento e la riforma sociali costituiscono ancora un compito urgente, Dal punto di vista dell’economia, la Cina è ancora al livello più basso della divisione internazionale del lavoro. Mancando di un nucleo tecnologico e di un appropriato patrimonio intellettuale che possa essere definito tale, la Cina deve ancora raggiungere successi maggiori nella creazione industriale e nell’innovazione, contribuendo in questo modo significativamente allo sviluppo dell’umanità. Né la realtà oggettiva né la nostra missione storica ci consentono di essere in ultima istanza arroganti o soddisfatti.

Quanto alla Cina, dobbiamo saper imparare da tutti i paesi e da tutte le culture del mondo. Nel mare confluiscono le acque di centinaia di fiumi. Similmente, noi dovremmo saper adottare ogni positiva conquista culturale del genere umano. Dobbiamo imparare dalla nostra storia, cultura e pratica. Dobbiamo migliorare ed adattare incessantemente il nostro socialismo. La storia della Cina dimostra che quando adottiamo un atteggiamento aperto, significa che siamo fiduciosi ed il paese continua a fiorire. Un atteggiamento aperto incarna il vigore e la vitalità della cultura e della civiltà cinesi.

Oltre a questo, la gestione corretta delle relazioni con gli altri paesi e le altre culture assume uno speciale significato. Dal punto di vista economico e tecnologico il mondo è divenuto un “villaggio globale”, dove i contatti tra le nazioni si fanno sempre più stretti. La Cina è entrata nel mondo, ma anche il mondo è entrato in Cina. Nessun paese, soprattutto delle dimensioni della Cina, potrebbe svilupparsi isolandosi dal mondo. Il fenomeno della globalizzazione economica ha ricevuto diverse interpretazioni e valutazioni a livello mondiale, anche se esso costituisce una realtà oggettiva nata dallo sviluppo delle forze produttive. La sola cosa che possiamo fare è migliorare la situazione. Per quanto concerne le relazioni tra nazioni, la nostra proposta è quella di evitare conflitti che sorgano dall’ignoranza e dal pregiudizio e di gestire correttamente quelli causati dagli interessi in campo. Siamo chiamati a creare il maggior numero possibile di situazioni nelle quali tutte le parti in causa o entrambe le parti in causa possano ottenere soddisfazione. Per quanto concerne le relazioni tra culture diverse, occorre tentare di individuare valori di fondo comuni con uno spirito di uguaglianza e tolleranza. Dovremmo impegnarci in un dialogo esteso tra culture, conducendo in profondità gli scambi. Il popolo cinese si identifica fortemente e con orgoglio nella propria patria, cultura e civiltà, anche se questo senso di identificazione non dovrebbe condurci all’esclusione ed all’arroganza.

La nostra è un’epoca di cambiamenti sociali radicali per il genere umano. Se la Cina sarà in grado di mettere ordine a casa propria, questo avrà un significato enorme non solo per il popolo cinese, ma anche per i popoli del mondo. La Cina è un paese grande, con un miliardo e trecento milioni di abitanti. Questo elemento oggettivo richiede alla Cina di individuare una via verso l’industrializzazione basata sull’efficienza nell’utilizzo delle risorse, la sostenibilità e la compatibilità ambientale. Alcuni commentatori stranieri hanno paragonato i cambiamenti tumultuosi che stanno caratterizzando la Cina di oggi alla vecchia Rivoluzione Industriale in Gran Bretagna, un avvenimento quasi unico nella storia umana. Questa è per noi un’opportunità, ma anche una pesante responsabilità. Il popolo cinese ha sognato per un secolo una crescita pacifica per il proprio paese. Generazioni di cinesi hanno combattuto per questo, con risolutezza e superando un ostacolo dopo l’altro. Questo costituisce un compito di grande onore per le prossime generazioni.

Dalla crescita pacifica della Cina trarranno beneficio la pace e la stabilità mondiali. Essa introdurrà maggiori misure di bilanciamento nel quadro mondiale e renderà la comunità internazionale più sicura. Essa arricchirà e diversificherà ulteriormente le culture e le civiltà del mondo, fornendo all’umanità un modello in più ed un altro punto di riferimento culturale, e riempirà la storia delle relazioni internazionali con esempi ulteriori e concreti a dimostrazione del fatto che l’umanità può risolvere i conflitti internazionali, argomento da sempre arduo, attraverso una via pacifica. La crescita pacifica della Cina dimostrerà che un paese arretrato con un’antica cultura tradizionale può raggiungere una modernizzazione con caratteri propri coniugando gli sforzi al buon senso, sorgendo dalle ceneri come la fenicie.

(Traduzione a cura di Ma. Gr.).


[1]
Il riferimento è ai cinque principi sottoscritti nel giugno 1954 da Cina, India e Myanmar (Birmania), che sarebbero in seguito stati alla base della storica Conferenza di Bandung (Indonesia) dell’aprile 1955: rispetto reciproco della sovranità e dell’integrità territoriale; non-aggressione reciproca; non interferenza reciproca negli affari interni di ciascuno; uguaglianza e reciproco beneficio; coesistenza pacifica.
[2]Così il China Daily del 23 aprile 2004: “Il risultato positivo della crescita non sarà a spese degli altri. La Cina non ricerca l’egemonia ora e nemmeno lo farà in futuro, anche se dovesse diventare un paese potente. Il termine “crescita pacifica” costituisce un’innovazione ed un elemento di resistenza rispetto all’esperienza storica ed alle teorie secondo le quali la crescita di un paese necessiterebbe della guerra, del governo coloniale, dell’oppressone”.