La Cina tra sviluppo economico e “crescita pacifica”
L’articolo che segue è apparso sul Quotidiano del Popolo (Renmin Ribao), organo
ufficiale del Partito Comunista Cinese, il 17 aprile 2004 ed ha come argomento
il concetto di “crescita pacifica”, elaborato dal governo cinese di Wen Jabao a
partire dal novembre 2003, che tanto continua a far discutere in Cina ed
all’estero (non in Italia).
Al di là di un tono forse eccessivamente enfatico in alcuni passaggi,
l’articolo di Gu Ping coglie senza dubbio gli elementi di fondo, sul piano
teorico come pratico, di questo concetto, potenzialmente in grado di
condizionare in positivo le relazioni internazionali dal momento che esso segna
una differenza netta tanto rispetto al “multilateralismo aggressivo” di Clinton
(Usa, Europa, Nato), oggi riproposto da Kerry, quanto, e soprattutto, dalla
“guerra preventiva” di Bush. Quanto questo concetto sarà in grado di aggregare
forze, soprattutto tra alcuni, grandi paesi in via di sviluppo e nel sud del
mondo, ponendo un ulteriore argine alle mire espansionistiche ed egemoniche
degli Stati Uniti e delle altre potenze imperialiste, solo il corso della
storia potrà svelarlo.
Sul concetto di “crescita pacifica”, confermato recentemente dal Presidente Hu
Jintao nel suo intervento al Forum per l’Asia di Boao (23 e 24 aprile 2004, “Lo
sviluppo della Cina costituisce un’opportunità per l’Asia”) e probabilmente
oggetto di ulteriori approfondimenti nel corso dell’ormai prossima Quarta
Sessione Plenaria del 16° Comitato Centrale, varrebbe certamente la pena aprire
una discussione seria, approfondita e senza pregiudizi.
Marcello Graziosi
La “crescita pacifica” della Cina, ponendo in
primo piano la possibilità di raggiungere la modernizzazione con la fiducia
nelle proprie forze, costituirà un beneficio per il genere umano
Di Gu Ping
La crescita pacifica della Cina costituisce un argomento di grande attualità e
discussone dentro e fuori il nostro paese.
Intervenendo ad un seminario organizzato in occasione del 110° anniversario
della nascita del compagno Mao Zedong, il Segretario Generale (del Partito
Comunista Cinese, nota del traduttore) Hu Jintao ha sostenuto che la Cina deve
“insistere sulla via della crescita pacifica, della costruzione di accordi con
tutti gli altri paesi sulla base dei cinque principi della coesistenza pacifica[1], sviluppando attivamente gli scambi e la
cooperazione con tutti sulla base dei principi di uguaglianza e reciproco
beneficio e contribuendo alla nobile causa della pace e dello sviluppo
dell’umanità”.
In un discorso tenuto negli Stati Uniti, all’Università di Harvard, il
Primo Ministro Wen Jabao ha detto che la Cina costituisce un ampio paese in via
di sviluppo che non dovrebbe e non può fare affidamento su paesi stranieri nel
suo processo di sviluppo, ma che deve basare le proprie azioni solamente su ciò
che è in grado di fare. In altri termini, anche se la Cina si aprisse
maggiormente al mondo esterno, essa dovrebbe comunque fare totale e cosciente
affidamento sul proprio processo di innovazione delle istituzioni, sul mercato
interno che cresce giorno dopo giorno, sul processo di trasformazione
dell’enorme quantità di risparmi interni in investimenti, sul miglioramento
della levatura della propria gente e dei progressi sul piano scientifico e
tecnologico per risolvere i problemi legati all’ambiente ed alle risorse. In
questo si manifesta l’essenza della via cinese alla crescita pacifica.
I discorsi dei dirigenti cinesi sintetizzano le caratteristiche fondamentali
della via cinese alla crescita pacifica, che conduce alla coesistenza pacifica
con tutti, alla costruzione di accordi in un contesto di reciproca amicizia,
allo sviluppo simultaneo di tutti i paesi del mondo. Una via che spinge la Cina
a fare affidamento sulle proprie forze, a sfruttare il proprio intrinseco
potenziale, a porre in primo piano uno sviluppo coordinato globale, a
realizzare un auto-miglioramento sociale attraverso l’innovazione istituzionale
ed una maggiore levatura della gente. E’ una via che consente di rivitalizzare
la nazione cinese sulla base di interessi condivisi da tutta l’umanità.
In seguito all’apparizione degli stati-nazione, nel lungo corso della storia
umana, la lotta per le risorse è stata la ragione fondamentale alla base delle
guerre. La guerra è divenuta un importante strumento in grado di determinare la
prosperità od il declino di una nazione, la sopravvivenza o la decadenza di una
civiltà. Sono già trascorsi sessant’anni dalla fine della Seconda Guerra
Mondiale, nel corso dei quali il pianeta Terra non ha vissuto altri conflitti
di portata mondiale. L’emergere di armi di distruzione di massa, quali le
nucleari, ha reso la guerra potenzialmente in grado di distruggere l’intero
genere umano. Questo elemento, a sua volta, ha conferito estrema urgenza al
controllo delle forme della guerra e reso la pace la scelta più importante di
fronte all’umanità intera.
Nel corso dell’ultimo secolo della sua storia, la Cina ha sperimentato
l’umiliazione del decadimento sociale, l’inaridimento della forza nazionale,
l’invasione da parte di diverse potenze, la degenerazione in uno stato
semi-coloniale e semi-feudale. Essa ha anche intrapreso una grande battaglia
per la propria salvezza e posto l’obiettivo della sopravvivenza nazionale. Dopo
la costituzione della nuova Cina, soprattutto a partire dagli ultimi
venticinque anni con l’inizio del processo di riforma e di apertura, il paese
ha cercato ed individuato un proprio percorso per una grande rinascita
nazionale. La Cina è stata costretta a subire la grande umiliazione di essere
oppressa da diverse potenze. Anche per questo Mao Zedong, il fondatore della
nuova Cina, ha sempre solennemente dichiarato che il proprio paese non si
sarebbe mai comportato con una logica egemonica. Questo costituisce un impegno
solenne e sincero da parte della Cina ed un fondamento concettuale alla base
della teoria della crescita pacifica[2].
Nell’ultimo mezzo secolo ed oltre si è verificata nel mondo, e soprattutto in
Asia, una quantità di cambiamenti ancora maggiore. Pochi paesi, tra i quali la
Cina, hanno sperimentato un avanzamento dopo l’altro sul piano economico e si
sono incamminati sulla via della modernizzazione economica in un contesto
generalmente pacifico. Questi fatti forniscono una base pratica alla teoria
della crescita pacifica. Essi mostrano che, in primo luogo, le modalità con le
quali un paese migliora se stesso e la propria organizzazione sociale e
potenzia la levatura del proprio popolo costituiscono le precondizioni ed il fattore
più importante per la modernizzazione. Secondariamente, essi mostrano che
attraverso lo sfruttamento delle modifiche strutturali nell’economia
internazionale e la determinazione delle condizioni necessarie per adattarsi a
tali cambiamenti, un paese in via di sviluppo può godere, nel contesto della
globalizzazione, dei vantaggi dell’ultimo venuto e svilupparsi a passi da
gigante.
Il popolo cinese ha sempre amato la pace e posto in rilievo la cultura. Con una
filosofia basata sull’adagio “non fare agli altri ciò che non vorresti gli
altri facessero a te”. I cinesi sono magnanimi e possono andare benissimo
d’accordo con chi è diverso da essi. Per questa tradizione culturale la Cina
considera negativamente ogni politica di potenza, “il gioco a somma zero”, ed
altri approcci tradizionali nelle politiche internazionali. Essa propone, al
contrario, che l’umanità possa prosperare pur in presenza di grandi diversità.
In sintesi, dovremmo affermare che la teoria della crescita pacifica della Cina
possiede un proprio realismo storico. Essa è in linea con il processo di pace e
sviluppo nel mondo e con l’interesse fondamentale del popolo cinese, dell’Asia
e dell’umanità. Essa è in armonia con le esperienze storiche e la tradizione
culturale del popolo cinese.
“Coloro che conoscono gli altri sono bravi. Coloro che conoscono se
stessi sono saggi”. Per conseguire la crescita pacifica della Cina noi siamo
costretti a guardare in maniera approfondita dentro noi stessi e nel mondo.
La Cina ha raggiunto un punto di sviluppo economico e di progresso sociale
ormai all’attenzione di tutto il mondo. Tutti i figli e le figlie del popolo
cinese, senza eccezione alcuna, possono rallegrarsi di questo. Ad ogni modo
dobbiamo comprendere con sobrietà che la Cina è un grande paese con una
popolazione numerosissima ed una struttura debole. Questo elemento ci pone di
fronte all’arcigna sfida posta dai limiti delle risorse e dell’ambiente. Il
compito di realizzare uno sviluppo sostenibile è ancora arduo. Il
perfezionamento, il coordinamento e la riforma sociali costituiscono ancora un
compito urgente, Dal punto di vista dell’economia, la Cina è ancora al livello
più basso della divisione internazionale del lavoro. Mancando di un nucleo
tecnologico e di un appropriato patrimonio intellettuale che possa essere
definito tale, la Cina deve ancora raggiungere successi maggiori nella
creazione industriale e nell’innovazione, contribuendo in questo modo
significativamente allo sviluppo dell’umanità. Né la realtà oggettiva né la
nostra missione storica ci consentono di essere in ultima istanza arroganti o
soddisfatti.
Quanto alla Cina, dobbiamo saper imparare da tutti i paesi e da tutte le
culture del mondo. Nel mare confluiscono le acque di centinaia di fiumi.
Similmente, noi dovremmo saper adottare ogni positiva conquista culturale del
genere umano. Dobbiamo imparare dalla nostra storia, cultura e pratica.
Dobbiamo migliorare ed adattare incessantemente il nostro socialismo. La storia
della Cina dimostra che quando adottiamo un atteggiamento aperto, significa che
siamo fiduciosi ed il paese continua a fiorire. Un atteggiamento aperto incarna
il vigore e la vitalità della cultura e della civiltà cinesi.
Oltre a questo, la gestione corretta delle relazioni con gli altri paesi e le
altre culture assume uno speciale significato. Dal punto di vista economico e
tecnologico il mondo è divenuto un “villaggio globale”, dove i contatti tra le
nazioni si fanno sempre più stretti. La Cina è entrata nel mondo, ma anche il
mondo è entrato in Cina. Nessun paese, soprattutto delle dimensioni della Cina,
potrebbe svilupparsi isolandosi dal mondo. Il fenomeno della globalizzazione
economica ha ricevuto diverse interpretazioni e valutazioni a livello mondiale,
anche se esso costituisce una realtà oggettiva nata dallo sviluppo delle forze
produttive. La sola cosa che possiamo fare è migliorare la situazione. Per
quanto concerne le relazioni tra nazioni, la nostra proposta è quella di
evitare conflitti che sorgano dall’ignoranza e dal pregiudizio e di gestire
correttamente quelli causati dagli interessi in campo. Siamo chiamati a creare
il maggior numero possibile di situazioni nelle quali tutte le parti in causa o
entrambe le parti in causa possano ottenere soddisfazione. Per quanto concerne
le relazioni tra culture diverse, occorre tentare di individuare valori di
fondo comuni con uno spirito di uguaglianza e tolleranza. Dovremmo impegnarci
in un dialogo esteso tra culture, conducendo in profondità gli scambi. Il
popolo cinese si identifica fortemente e con orgoglio nella propria patria,
cultura e civiltà, anche se questo senso di identificazione non dovrebbe
condurci all’esclusione ed all’arroganza.
La nostra è un’epoca di cambiamenti sociali radicali per il genere umano. Se la
Cina sarà in grado di mettere ordine a casa propria, questo avrà un significato
enorme non solo per il popolo cinese, ma anche per i popoli del mondo. La Cina
è un paese grande, con un miliardo e trecento milioni di abitanti. Questo
elemento oggettivo richiede alla Cina di individuare una via verso
l’industrializzazione basata sull’efficienza nell’utilizzo delle risorse, la
sostenibilità e la compatibilità ambientale. Alcuni commentatori stranieri
hanno paragonato i cambiamenti tumultuosi che stanno caratterizzando la Cina di
oggi alla vecchia Rivoluzione Industriale in Gran Bretagna, un avvenimento
quasi unico nella storia umana. Questa è per noi un’opportunità, ma anche una
pesante responsabilità. Il popolo cinese ha sognato per un secolo una crescita
pacifica per il proprio paese. Generazioni di cinesi hanno combattuto per
questo, con risolutezza e superando un ostacolo dopo l’altro. Questo
costituisce un compito di grande onore per le prossime generazioni.
Dalla crescita pacifica della Cina trarranno beneficio la pace e la stabilità
mondiali. Essa introdurrà maggiori misure di bilanciamento nel quadro mondiale
e renderà la comunità internazionale più sicura. Essa arricchirà e
diversificherà ulteriormente le culture e le civiltà del mondo, fornendo
all’umanità un modello in più ed un altro punto di riferimento culturale, e
riempirà la storia delle relazioni internazionali con esempi ulteriori e
concreti a dimostrazione del fatto che l’umanità può risolvere i conflitti
internazionali, argomento da sempre arduo, attraverso una via pacifica. La crescita
pacifica della Cina dimostrerà che un paese arretrato con un’antica cultura
tradizionale può raggiungere una modernizzazione con caratteri propri
coniugando gli sforzi al buon senso, sorgendo dalle ceneri come la fenicie.
(Traduzione a cura di Ma. Gr.).
[1] Il riferimento è ai cinque principi
sottoscritti nel giugno 1954 da Cina, India e Myanmar (Birmania), che sarebbero
in seguito stati alla base della storica Conferenza di Bandung (Indonesia)
dell’aprile 1955: rispetto reciproco della sovranità e dell’integrità
territoriale; non-aggressione reciproca; non interferenza reciproca negli
affari interni di ciascuno; uguaglianza e reciproco beneficio; coesistenza
pacifica.
[2]Così il China Daily del 23 aprile 2004: “Il risultato positivo della
crescita non sarà a spese degli altri. La Cina non ricerca l’egemonia ora e
nemmeno lo farà in futuro, anche se dovesse diventare un paese potente. Il
termine “crescita pacifica” costituisce un’innovazione ed un elemento di
resistenza rispetto all’esperienza storica ed alle teorie secondo le quali la
crescita di un paese necessiterebbe della guerra, del governo coloniale,
dell’oppressone”.