www.resistenze.org - popoli resistenti - cina - 18-03-08 - n. 219

da Partito dei Comunisti Italiani - Fed. Torino - http://www.pdcitorino.it/dettaglio_news.php?idnew=259
 
Schierati con la Cina popolare contro il Medioevo del Dalai Lama e le mene aggressive dell’imperialismo
 
di Massimo Ciusani, Comitato Centrale PdCI
 
Sulle questioni internazionali lo sbando della cosiddetta sinistra (radicale, ambientalista o di governo) è totale. Le continue folgorazioni che spesso influenzano le scelte del ceto politico di sinistra riservano sempre delle bizzarre sorprese. E’ ormai prassi quotidiana pontificare contro quei Paesi che cercano di modificare i rapporti di forza nel mondo contro l’attuale egemonia imperialista. Tra la sinistra italiana è di moda sventolare la bandiera del separatismo dei movimenti arancione: dall’Ucraina alla Bielorussia, dal Kosovo alla Cecenia per arrivare fino al Tibet.
 
Che la sinistra italiana abbia abbandonato ogni ipotesi di cambiamento e di trasformazione del mondo è chiaro nelle sue scelte subalterne al campo occidentale. Il separatismo è infatti un’arma micidiale usata dall’imperialismo americano ed europeo per indebolire i nemici strategici dell’impero. Secondo le esigenze si utilizza lo strumento della guerra, come è successo per smembrare la Jugoslavia, oppure in presenza di entità statuali pesanti - come la Cina e la Russia - il lavoro sporco viene gestito dai servito segreti e affidato a personaggi ed arnesi professionisti dell’eversione reazionaria reclutati in loco. Il Dalai Lama è un tipico esempio.
 
I comunisti invece lavorano per scardinare la supremazia Usa che è militare in particolare, ma non solo. Russia e Cina (ma anche altre importanti realtà regionali) sono ormai avviate con notevole sicurezza e decisione verso il ruolo di potenze antagoniste, mentre l’Europa è ormai - insieme allo stato canaglia di Israele - il gendarme dell’ordine imperialista. Per di più è anche venuta ad esaurimento la relativa, ma non secondaria, autonomia gollista della Francia.
 
I comunisti, invece, si schierano nettamente nel fronte antimperialista, nel senso preciso di una netta opposizione alle aggressioni Usa ed europee: aperte o sotterranee, con mezzi militari o con la “democrazia” finanziata con milioni e milioni di dollari, con manovre e pressioni diplomatiche, con l’intervento di gruppi finanziari e multinazionali americani, europei, italiani.
 
Per la sinistra quello che conta è il politicamente corretto. Per i comunisti il problema decisivo è la riduzione, in qualsiasi modo venga ottenuta, della supremazia Usa.
 
Si deve essere favorevoli alla resistenza irachena, pur se è inutile negare che si è in buona parte trasformata in guerra tra sunniti e sciiti. Si deve essere favorevoli all’Iran e al fatto che all’interno non prevalgano i “modernisti” e “riformisti” filoccidentali, ma non certo perché si possa nutrire particolare simpatia per idee e atteggiamenti culturali degli Ayatollah. Si deve essere favorevoli alla resistenza afgana, ma non necessariamente ai loro costumi, cultura, mentalità. Non sento invece di appoggiare i ceceni malgrado la ferocia con cui esercito e polizia russi li massacrino o i rivoltosi birmani, pur se non mi riconosco nella giunta militare.
 
Nel Tibet la situazione è ancora più limpida e trasparente. Con la presa del potere da parte dei comunisti cinesi inizia un lungo processo di trasformazione sociale che comprende l’abolizione della servitù della gleba e della schiavitù, la distribuzione dei pascoli ai contadini senza terra e il programma di alfabetizzazione di massa con partenza da quota zero.
 
Il potere popolare ha dovuto scontrarsi contro il potere religioso schierato in difesa dei privilegi delle classi possidenti e dell’oscurantismo medioevale, così come successe tra le fine degli Anni 70 nella Repubblica Democratica dell’Afghanistan e agli inizi degli Anni 80 nella Polonia Popolare.
 
Perché se non si capisce che la “resistenza” cecena o le “rivolte” birmana e tibetana (come la “democrazia” in Ucraina e Georgia) fanno comunque il gioco della supremazia imperialista Usa e del tentativo degli Usa di contenere e accerchiare Russia e Cina - loro antagonisti principali in questa fase storica - siamo al sostanziale analfabetismo politico, al risultato di decenni di “rincoglionimento” delle masse da parte di una sinistra buonista, politicamente corretta, subalterna ai poteri economici e finanziari internazionali e completamente incapace di una pur minima analisi di fondo, strutturale come si diceva un tempo.
 
Dopo le elezioni del 14 aprile è necessario porre all’ordine del giorno la battaglia per l’unità dei comunisti sganciata da ogni zavorra moderata e subalterna per mantenere aperta, qui in Italia, una prospettiva di cambiamento e di trasformazione.