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da Global Research – www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=8625
 
Una partita geopolitica rischiosa
 
Washington gioca alla “Roulette Tibetana” con la Cina
 
F. William Engdahl - (Traduzione di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova)
10/04/2008
 
Con tutta evidenza Washington ha intrapreso con Pechino una partita geopolitica oltremodo rischiosa, alimentando le fiamme della violenza in Tibet proprio in questo periodo tanto cruciale per le loro relazioni e durante la preparazione delle Olimpiadi in Cina. Questo fa parte di una strategia di intensificazione della destabilizzazione della Cina, che è stata innescata nei mesi scorsi da parte dell’Amministrazione Bush. La strategia comprende anche il tentativo di accendere una Rivoluzione “Zafferano” anti-Cinese nella regione confinante del Myanmar (Birmania), e portando truppe NATO sotto comando USA in Darfur, dove le compagnie petrolifere della Cina stanno sviluppando riserve di petrolio potenzialmente enormi. La strategia prevede contromosse attraverso l’Africa ricca di minerali, ed include ostinati tentativi per trasformare l’India nella nuova più importante base avanzata degli Stati Uniti nel Sud del continente Asiatico per schierarla contro la Cina, sebbene la prova dei fatti indichi che il governo Indiano sta procedendo con molta cautela, visto che non desidera che le sue relazioni con la Cina vengano turbate.
 
Sicuramente, l’attuale operazione in Tibet aveva ricevuto il via libera nell’ottobre dello scorso anno, quando George Bush si è reso disponibile ad incontrare per la prima volta pubblicamente il Dalai Lama a Washington. Il Presidente degli Stati Uniti non era inconsapevole degli alti rischi di un tale insulto a Pechino. E Bush rendeva più aspra l’offesa verso il più importante partner commerciale dell’America, la Cina, accettando di presenziare presso il Congresso degli Stati Uniti alla consegna al Dalai Lama della Medaglia d’Oro del Congresso.
 
Le subitanee espressioni di appoggio ai monaci “cremisi” del Tibet da parte di George Bush, della Condi Rice, del francese Nicolas Sarkozy e della tedesca Angela Merkel più recentemente hanno assunto le dimensioni dell’assurdo. La signora Merkel annunciava il suo boicottaggio col non presenziare in agosto alle Olimpiadi estive di Pechino, in segno di protesta per il trattamento di Pechino nei riguardi dei monaci Tibetani. Quello che il suo ufficio stampa ometteva di comunicare era che lei fino a quel momento non aveva proprio progettato di recarvisi.
La dichiarazione della Merkel veniva seguita da quella del Primo Ministro della Polonia, il filo-Washington Donald Tusk, anche lui se ne sarebbe stato lontano, come pure da quella del Presidente della Cechia Vaclav Klaus, anche filo-USA. Non risulta chiaro quando costoro avevano deciso di andare a presenziare alle Olimpiadi, ma però questo fa assumere teatralità ai titoli di testa della stampa.
 
L’attuale ondata di violente proteste e di documentate aggressioni da parte dei monaci Tibetani contro i residenti Han Cinesi ha avuto inizio il 10 marzo, quando diverse centinaia di monaci hanno marciato su Lhasa per esigere il rilascio di altri monaci, presumibilmente detenuti per avere voluto festeggiare la consegna della Medaglia d’Oro del Congresso USA nell’ottobre scorso. I monaci venivano raggiunti da altri monaci che manifestavano contro il governo di Pechino in occasione del 49.esimo anniversario dell’insurrezione Tibetana contro il potere della Cina.
 
La partita geopolitica
 
Come lo stesso governo Cinese ha sottolineato con tutta chiarezza, l’improvvisa esplosione di violenza anti-Cinese in Tibet, una nuova fase nel movimento guidato dall’esiliato Dalai Lama, veniva sospettosamente programmata per tentare di fissare l’attenzione pubblica sul processo riguardante i diritti umani a Pechino, alla vigilia delle prossime Olimpiadi. Le Olimpiadi di Pechino sono un avvenimento visto in Cina come un importante riconoscimento del conseguimento del traguardo di una nuova Cina prospera sullo scacchiere mondiale.
 
Gli attori sulla scena delle azioni in Tibet nella “rivoluzione Cremisi” confermano che Washington si era messo al lavoro a pieno tempo negli ultimi mesi per preparare un’altra delle sue infami Rivoluzioni “Colorate”, queste sbandierate pubbliche proteste progettate per procurare il massimo disagio a Pechino. Questi attori della messa in scena all’interno e all’esterno del Tibet sono i soliti sospetti, collegati al Dipartimento di Stato USA, al National Endowment for Democracy – Fondazione Nazionale per la Democrazia (NED), alla Casa delle Libertà della CIA attraverso la sua Presidentessa, Bette Bao Lord e il di lei ruolo nel Comitato Internazionale per il Tibet, come pure alla Trace Foundation, (N.d.tr.: la Trace Foundation é impegnata da anni nel sostegno delle tradizioni culturali e di uno sviluppo sostenibile di molte comunità Tibetane), finanziata con i soldi di George Soros tramite sua figlia, la Andrea Soros Colombel.
 
Il Primo Ministro Cinese Wen Jiabao ha accusato il Dalai Lama di stare orchestrando le recenti agitazioni per sabotare i Giochi Olimpici “in modo da conseguire il suo odioso obiettivo”, l’indipendenza Tibetana. Bush ha telefonato al suo equivalente Cinese, il Presidente Hu Jintao, facendo pressioni per un tavolo di confronto fra Pechino e il Dalai Lama in esilio. La Casa Bianca ha affermato che Bush, “ha sollevato le sue preoccupazioni rispetto alla situazione in Tibet ed ha incoraggiato il governo Cinese ad impegnarsi in un dialogo costruttivo con i rappresentanti del Dalai Lama e di permettere l’accesso in Tibet a giornalisti e diplomatici.” Da come viene riferito dal portavoce del Ministro degli Esteri Qin Gang, il Presidente Hu ha risposto a Bush che il Dalai Lama deve “mettere un freno al suo sabotaggio” delle Olimpiadi, prima che Pechino prenda la decisione di intraprendere colloqui con il capo spirituale Tibetano in esilio.
 
Gli strani amici del Dalai Lama
 
In Occidente, l’immagine del Dalai Lama è stata così tanto esaltata che in molti ambienti viene considerato alla stessa stregua di un Dio. Mentre la vicenda spirituale del Dalai Lama non è oggetto della nostra attenzione, è importante considerare brevemente la cerchia con cui ha scelto di collaborare per la maggior parte della sua esistenza.  Il Dalai Lama opera in quelli che possono essere definiti solamente come ambienti politici più che conservatori, reazionari.
 
Ciò che generalmente oggi viene dimenticato, è che, durante gli anni Trenta, i Nazisti, e fra costoro il comandante della Gestapo Heinrich Himmler ed altri dirigenti al vertice del Partito Nazista, ritenevano il Tibet come il luogo santo dei sopravvissuti della perduta Atlantide e il sito originario della “pura razza Nordica”.
Quando aveva 11 anni, e allora veniva designato come Dalai Lama, ricevette l’amicizia di Heinrich Harrer, un membro del Partito Nazista ed ufficiale delle temutissime SS di Heinrich Himmler. Lontano dalla innocente immagine che di lui propone il popolare film Hollywoodiano con Brad Pitt, Harrer era un membro ai vertici delle SS al momento del suo incontro con l’undicenne Dalai Lama, quando divenne il suo insegnante incaricato di impartirgli informazioni sul “mondo all’esterno del Tibet”. Solo il Dalai Lama è a conoscenza dei contenuti delle lezioni private di Harrer, e i due restarono amici fino alla morte di Harrer nel 2006, all’età di 93 anni.1
 
Naturalmente che un’amicizia, anche se unica, non definisce il carattere di una persona, ma è interessante per contestualizzare le vicinanze future. Nell’aprile 1999, insieme a Margaret Thatcher, e all’ex Ambasciatore a Pechino, Direttore della CIA e Presidente, George H.W. Bush, il Dalai Lama esigeva dal governo Britannico il rilascio di Augusto Pinochet, l’ex dittatore fascista del Cile e per lungo tempo cliente della CIA, che si trovava in visita in Inghilterra. Il Dalai Lama faceva pressioni perché Pinochet non venisse costretto ad andare in Spagna, dove era ricercato per essere sottoposto a processo per crimini contro l’umanità. Il Dalai Lama aveva stretti rapporti con Miguel Serrano2, capo del partito Nazional-Socialista del Cile, che proponeva una specie di esoterico Hitlerismo.3
 
Lasciando da parte a questo punto la pretesa del Dalai Lama alla divinità, quello che è incontestabile è che, dal momento della sua fuga in esilio in India nel 1959, è stato circondato e finanziato per parte rilevante da vari servizi di spionaggio Statunitensi ed Occidentali e da un branco di Organizzazioni Non Governative. Quello che importa qui è il programma degli amici del Dalai Lama di Washington.
 
La Fondazione Nazionale per la Democrazia (NED) ancora all’opera…
 
Lo scrittore Michael Parenti sottolineava nel suo lavoro, “Friendly Feudalism: The Tibet Myth –Feudalesimo Benevolo: Il mito Tibet”: “Durante gli anni Cinquanta e Sessanta, la CIA sosteneva attivamente la causa Tibetana con armi, addestramento militare, denaro, appoggio aereo e con ogni sorta di altri aiuti.” La “Società Americana per una Libera Asia”, con sede negli Stati Uniti, una copertura della CIA, dava pubblicità alla causa della resistenza Tibetana, con il fratello più vecchio del Dalai Lama, Thubtan Norbu, in un ruolo attivo nel gruppo. Nel 1951, l’altro fratello maggiore del Dalai Lama, Gyalo Thondup, concordava con la CIA un’operazione di spionaggio. Secondo Parenti, in seguito questa operazione si trasformava in una unità di guerriglia addestrata dalla CIA, i cui membri venivano paracadutati all’interno del Tibet. 4
Secondo documenti dell’intelligence USA declassificati e resi pubblici alla fine degli anni Novanta, “per tutto il corso degli anni Sessanta, la CIA finanziava il movimento Tibetano in esilio con 1,7 milioni di dollari all’anno per operazioni contro la Cina, incluso un assegno annuale di 180.000 dollari a favore del Dalai Lama.” 5
 
Con l’aiuto della CIA, il Dalai Lama era fuggito a Dharamsala, India, dove vive ancor oggi e continua a ricevere milioni di dollari a suo sostegno, non dalla CIA, ma da una organizzazione copertura della CIA che risuona più innocentemente come “Fondazione Nazionale per la Democrazia” (NED),foraggiata dal Congresso degli USA. La NED è stata attiva in ogni Rivoluzione Colorata, con nel retroscena sempre gli USA, per destabilizzare la Serbia e la Georgia, l’Ucraina e la Birmania. I finanziamenti della Fondazione vanno a sostegno dei media dell’opposizione e per le campagne di relazioni pubbliche globali per rendere graditi i candidati oppositori suoi preferiti.
 
Come in altre recenti Rivoluzioni Colorate, il governo degli Stati Uniti sta alimentando le fiamme della destabilizzazione contro la Cina, finanziando le organizzazioni di protesta che esercitano l’opposizione all’interno e all’esterno del Tibet tramite il suo braccio operativo, la “Fondazione Nazionale per la Democrazia” (NED).
La NED veniva istituita dall’Amministrazione Reagan nei primi anni Ottanta, per raccomandazione di Bill Casey, all’epoca di Reagan Direttore della “Central Intelligence Agency” – Ufficio Centrale di Informazione (CIA), in seguito a denuncie altamente pubblicizzate contro la CIA, per tutta una serie di omicidi e di destabilizzazioni di regimi non amici. Alla NED veniva assegnato un ruolo di Organizzazione Non Governativa ONG, una categoria sottratta alla CIA e ad altre agenzie Governative in modo da renderle meno evidenti, presumibilmente, agli occhi della pubblica opinione. Infatti, il primo Presidente operativo della NED, Allen Weinstein, commentava al Washington Post che, “una buona parte di quello che noi [la NED] facciamo oggi, 25 anni fa veniva fatto segretamente dalla CIA.” 6
 
Lo storico dei servizi segreti Americani, William Blum afferma: “La NED giocava un ruolo importante nell’affare Iran-Contra degli anni Ottanta, finanziando elementi chiave dell’oscuro Progetto Democrazia. Questa rete privata di politica estera USA scatenava conflitti, controllava il traffico di armi e di droga, ed era impegnata in altre egualmente affascinanti attività. Nel 1987, un portavoce della Casa Bianca dichiarava che quelli della NED esercitavano un Progetto Democratico.” 7
 
Attualmente, la più importante organizzazione pro-Dalai Lama per l’indipendenza del Tibet è la  “International Campaign for Tibet”(ICT) – Campagna Internazionale pro Tibet, fondata a Washington nel 1988. Almeno dal 1994, la ICT sta ricevendo finanziamenti dalla NED. Nel 2005, la ICT ha assegnato il suo annuale riconoscimento “Light of Truth – Luce di Verità” a Carl Gershman, promotore della NED. Fra gli altri vincitori del premio della ICT possiamo annoverare la Fondazione Tedesca Friedrich Naumann e il leader Ceco, Vaclav Havel. Il Consiglio Direttivo della ICT è pieno zeppo di ex funzionari del Dipartimento di Stato USA, come Gare Smith e Julia Taft. 8
 
Un’altra organizzazione particolarmente attiva contro Pechino è la “Students for a Free Tibet” (SFT) – Studenti per un Libero Tibet, di stanza negli USA, fondata nel 1994 a New York City come progetto della Commissione Tibet degli Stati Uniti e dell’International Campaign for Tibet (ICT) finanziata dalla NED. La SFT è meglio conosciuta per avere dispiegato uno striscione lungo circa 140 metri in cima alla Grande Muraglia in Cina, che faceva appello per un Tibet libero ed imputava a Pechino un genocidio contro il Tibet con accuse totalmente prive di sostanza. Chiaramente questa organizzazione mette in scena teatrini per studenti sempliciotti.
La SFT faceva parte delle cinque organizzazioni che il 4 gennaio di quest’anno hanno proclamato l’inizio di una “insurrezione del popolo Tibetano” e co-fondato un ufficio temporaneo con lo scopo di coordinare e di finanziare la rivolta.
 
Harry Wu è un altro importante sostenitore del Dalai Lama contro Pechino. Egli assunse notorietà per avere rilasciato nel 1996 un’intervista a Playboy dove dichiarava di essere in possesso di un “videotaped di un prigioniero i cui reni sono stati chirurgicamente asportati mentre era ancora vivo, e poi il prigioniero è stato portato fuori e sparato. Questo video è stato messo in onda dalla BBC.”  Il filmato della BBC non mostrava nulla di tutto questo, ma il danno era stato fatto. Quanta gente sarebbe andata a verificare negli archivi della BBC? Wu, un professore di Berkeley in pensione, che aveva abbandonato la Cina dopo esservi stato imprigionato come dissidente, è a capo della Laogai Research Foundation – Fondazione per la Ricerca sui Laogai (N.d.tr.: i Laogai sarebbero campi di concentramento cinesi), una organizzazione esentasse finanziata principalmente dalla NED.9
 
Fra i progetti di sua competenza, la NED con i finanziamenti del governo Statunitense sostiene anche il giornale “Tibet Times”, diretto dalla base dell’esilio del Dalai Lama, a Dharamsala, in India. Inoltre la NED finanzia il “Tibet Multimedia Center” per “la diffusione delle informazioni sulla lotta per i diritti umani e la democrazia in Tibet,” sempre con sede a Dharamsala. Per di più, la NED finanzia il “Tibetan Center for Human Rights and Democracy”.
 
In breve, il Dipartimento di Stato e la congrega che fa da copertura allo spionaggio degli Stati Uniti, sono loro a dare slancio al movimento per un Libero Tibet e alle aggressioni di marzo contro i Cinesi Han. La domanda da porsi è perché, e specialmente perché proprio adesso?
 
Tibet, tesoro di minerali naturali
 
Per la Cina, il Tibet ha un alto valore strategico, non solo per la sua dislocazione geografica a ridosso del confine con l’India, il più recente alleato di Washington anti-Cinese in Asia. Infatti, il Tibet è un tesoro di minerali ed anche di petrolio. Il Tibet contiene alcuni fra i più ricchi ed estesi giacimenti di uranio, di litio e di borace al mondo, i più grandi giacimenti di rame in Asia, enormi giacimenti di ferro, e più di 80.000 miniere d’oro. Le foreste del Tibet sono le più grandi riserve di legname da costruzione a disposizione della Cina; dal 1980, si valuta che 54 miliardi di alberi siano stati abbattuti e utilizzati dai Cinesi. Inoltre, il Tibet contiene alcune delle più rilevanti riserve di petrolio nella regione. 10 Sul confine fra la Regione Autonoma del Tibet e la Regione Autonoma del Xinjiang Uygur esiste una vasta regione mineraria e petrolifera nel Bacino del Quidam, nota come “bacino del tesoro”. Il bacino contiene 57 differenti tipi di risorse minerarie con giacimenti comprovati di petrolio, gas naturale, carbone, sale grezzo, potassio, magnesio, piombo, zinco ed oro, i più grandi in Cina. Questi beni minerari hanno un valore economico potenziale di 15 bilioni di yuan o 1,8 bilioni di dollari USA. E data la sua collocazione sul “tetto del mondo”, il Tibet è forse la più importante fonte di acqua al mondo. Nel Tibet si trovano le sorgenti dei sette fiumi più grandi dell’Asia, che forniscono acqua a 2 miliardi di persone. Chi controlla l’acqua del Tibet ha in mano la leva geopolitica più potente su tutta l’Asia. Ma oggi l’interesse principale sul Tibet per Washington è il suo potenziale di azione come leva per destabilizzare e ricattare il Governo di Pechino.
 
La “non-violenza” come forma di belligeranza di Washington
 
Gli avvenimenti in Tibet, dal 10 marzo, sono stati riportati nei media Occidentali con poca considerazione per la precisione o per indipendenti riscontri incrociati. Molte delle immagini, sovresposte nei giornali e nelle TV Europee e degli Stati Uniti, non sono state proprio sull’oppressione militare Cinese nei confronti dei lama o dei monaci Tibetani. In molti casi, i resoconti delle agenzie Reuters o AFP hanno mostrato le percosse contro Cinesi Han da parte di monaci Tibetani organizzati paramilitarmente. In qualche caso, le emittenti Televisive Tedesche hanno diffuso immagini di bastonature che non avvenivano in Tibet, ma invece a Kathmandu da parte della polizia del Nepal. 11
 
La complicità dei media Occidentali sottolinea molto più semplicemente che le loro modalità di porsi sulla questione Tibet fanno parte di un tentativo di destabilizzazione ben orchestrato da parte di Washington. Poca gente è consapevole che la National Endowment for Democracy - Fondazione Nazionale per la Democrazia (NED) è stata perfino strumentale, in concerto con l’Associazione di Gene Sharp, impropriamente intitolata ad Albert Einstein, [N.d.tr.: Gene Sharp, conosciuto per i suoi studi sulla nonviolenza e sulla disobbedienza civile, è stato soprannominato “il Clausewitz” della guerra nonviolenta.Gene Sharp è stato il fondatore, nel 1983, dell'Albert Einstein Institute per “lo studio e l'utilizzo della nonviolenza nei conflitti di tutto il mondo”. Il suo pensiero e i suoi testi sono considerati fonte di ispirazione per i movimenti studenteschi e popolari che hanno condotto in particolare le Rivoluzioni Colorate negli stati indipendenti, un tempo parte dell'Unione Sovietica, che hanno rovesciato pacificamente i governi in carica sostituendoli con nuovi governi più filo-occidentali.] per opera del Colonnello Robert Helvey, [presidente dell’Albert Einstein, un ex ufficiale dell’esercito americano con 30 anni d’esperienza nel Sudest Asiatico], nell’appoggiare le proteste studentesche della Piazza Tiananmen nel giugno del 1989. La Albert Einstein Institution, come si auto-rappresenta, è specialista nella “nonviolenza come forma di belligeranza”.12
 
Nel passato, il Colonnello Helvey aveva fatto stazione in Birmania con la Defense Intelligence Agency – Agenzia di Intelligence per la Difesa. Helvey addestrava ad Hong Kong i dirigenti studenteschi provenienti da Pechino nelle tecniche di dimostrazioni di massa, che poi sono state messe in opera nei fatti della Piazza Tiananmen del giugno 1989. Attualmente, trova opportuno muoversi come consigliere del Falun Gong (movimento…spirituale cinese) in identiche tecniche di disobbedienza civile. Helvey ufficialmente si era ritirato dall’esercito nel 1991, ma molto prima di allora collaborava con l’Albert Einstein Institution e con l’Open Society Foundation di George Soros. Nella sua relazione annuale del 2004 dell’Albert Einstein Institution, Helvey ammetteva di stare addestrando gente in Tibet. 13
 
Con la diffusione di Internet e l’uso della telefonia mobile, il Pentagono Statunitense ha raffinato una forma del tutto nuova per la destabilizzazione politica e i cambiamenti di regime. Un ricercatore del fenomeno che sta nel retroscena dell’onda delle Rivoluzioni Colorate, Jonathan Mowat, descrive così tutto questo: “…Quello a cui noi stiamo assistendo è l’applicazione civile della dottrina Rivoluzione nelle Questioni Militari del Segretario Donald Rumsfeld, che fa assegnamento sul dispiegamento di piccoli gruppi altamente mobili messi in grado di comunicare e di fare intelligence in tempo reale.
Reparti militari, che prendono il controllo di isolati cittadini con l’aiuto di schermi video “elmetti per l’intelligence” che forniscono loro una visione istantanea delle condizioni ambientali, costituiscono l’aspetto militare. Bande di giovani, che convergono su punti di incontro designati come obiettivo in dialogo costante con telefoni cellulari costituiscono l’applicazione civile di questa dottrina.”
Questo parallelo non dovrebbe sorprendere, dato che l’esercito USA e la National Security Agency, l’Agenzia per la Sicurezza Nazionale, hanno sovvenzionato lo sviluppo di Internet, della telefonia cellulare, e dei relativi programmi informatici. Per loro concezione, queste tecnologie sono state studiate e sperimentate proprio per trovare la loro applicazione ottimale in un nuovo tipo di teatro di guerra. La “rivoluzione” nelle situazioni di conflitto che questi nuovi strumenti permettono è stata spinta all’estremo dai diversi specialisti della guerra psicologica. Anche se questi pensatori militari sono stati operativi per tanto tempo nelle alte sfere (per esempio, presso la RAND Corporation), solo con la vittoria dei neoconservatori la loro presenza in larga dimensione si è realizzata nelle più cruciali strutture di comando dell’apparato militare USA nel Pentagono di Donald Rumsfeld.14
 
L’obiettivo, controllare la Cina
 
La politica di Washington ha utilizzato e raffinato queste tecniche di “rivoluzionaria nonviolenza” e le operazioni della NED hanno incorporato una serie di progetti di colpi “delicati o democratici”, come parti di una più larga strategia per cercare di tagliare fuori la Cina dall’accesso alle riserve esterne di petrolio e di gas, vitali per il suo sviluppo.
Ritorna alla mente la citazione degli anni Settanta dell’allora Segretario di Stato Henry Kissinger, fautore delle geopolitiche di stampo Britannico in un contesto Americano: “Se si controlla il petrolio, si controlla il mondo…”
Il tentativo di destabilizzazione da parte di Washington usando il Tibet, senza dubbio con il “tranquillo aiuto” dei suoi amici nei servizi di intelligence Britannici e di altri alleati degli Stati Uniti, fa parte di un chiaro disegno.
Questo modello include il tentativo di “Rivoluzione Zafferano” messo in atto da Washington per destabilizzare la Birmania. Include il tentativo in corso di inviare truppe NATO nel Darfur per impedire alla Cina di accedere in Africa alle risorse strategicamente vitali di petrolio. Include i tentativi di fomentare tensioni in Uzbekistan, Kyrgystan e di far crollare i progetti vitali per la Cina di nuovi corridoi energetici verso il Kazakhstan. L’antica rotta commerciale in Asia, la Grande Via della Seta, attraversava il Tashkent verso l’Uzbekistan ed Alma-Ata nel Kazakhstan per evidenti ragioni geografiche, in una regione circondata da notevoli catene montuose. Il controllo geopolitico di Uzbekistan, Kyrgystan, Kazakhstan renderebbe possibile il controllo di qualsiasi potenziale rete di oleodotti tra la Cina e l’Asia Centrale, proprio mentre l’accerchiamento della Russia rende possibile il controllo degli impianti di conduzione di idrocarburi ed altri collegamenti fra la Russia e l’Europa occidentale, la Cina, l’India e il Medio Oriente, visto che la Cina dipende dall’ininterrotto flusso di petrolio proveniente dall’Iran, Arabia Saudita e altri paesi OPEC.
 
Dietro la strategia dell’accerchiamento della Cina
 
In questo contesto, un’analisi rivelatrice di Zbigniew Brzezinski del settembre/ottobre 1997 nella rivista di Affari Esteri della Commissione del Comune di New York per le Relazioni con l’Estero merita di essere citata. Brzezinski, un protetto di David Rockefeller e seguace del promotore della geopolitica Britannica, Sir Halford Mackinder, è attualmente il consigliere di politica estera per il candidato alla Presidenza degli USA, Barack Obama. Nel 1997, egli scriveva apertamente:
 
“L’Eurasia è l’area del mondo dove si trovano gli stati più politicamente dinamici e decisi. Tutti i pretendenti storici al potere globale sono in Eurasia. Gli aspiranti all’egemonia regionale a maggior densità di popolazione nel mondo, la Cina e l’India, si trovano in Eurasia, come lo sono tutti i potenziali sfidanti al primato Americano in politica e nell’economia. Dopo gli Stati Uniti, i successivi sei paesi più importanti in campo economico e per spese militari sono in Eurasia, come tutte, tranne una, le potenze nucleari riconosciute come tali, e tutte, tranne una, quelle non acclarate. L’Eurasia incide per il 75% della popolazione mondiale; per il 60% del Prodotto Nazionale Lordo globale e per il 75% delle risorse energetiche del mondo. Nell’insieme, la potenza dell’Eurasia in grado di svilupparsi mette in ombra anche la potenza dell’America.
 
L’Eurasia è il super-continente asse del mondo. La potenza che prendesse il dominio sull’Eurasia potrebbe esercitare la sua influenza su due delle tre regioni mondiali più proficue dal punto di vista economico, l’Europa Occidentale e l’Asia Orientale. Inoltre, uno sguardo rapido alla carta geografica ci indica che il paese dominante in Eurasia potrebbe quasi automaticamente controllare il Medio Oriente e l’Africa. Con l’Eurasia che ora funge da decisiva scacchiera geopolitica, non è più sufficiente costruire una politica su misura per l’Europa e un’altra per l’Asia. Quello che avverrà con la distribuzione del potere sul continente Eurasiatico sarà di importanza decisiva per la supremazia dell’America sul mondo…”15 (Accentuazione dei caratteri ad opera dell’autore)
 
Questa enunciazione, scritta ben prima dei bombardamenti condotti dagli USA sulla ex Jugoslavia e delle occupazioni militari dell’Afghanistan e dell’Iraq, o dell’appoggio Statunitense all’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan, indirizza le dichiarazioni solenni di Washington riguardanti la “liberazione del mondo dalla tirannia” e l’“espansione della democrazia” in un contesto alquanto differente da quello usualmente citato da George W. Bush.
Si tratta dell’egemonia sul mondo, non della democrazia! Quindi, non dovrebbe sorprendere se potenze come la Cina non sono persuase che assegnare a Washington un tale potere schiacciante sia nell’interesse nazionale dei Cinesi, ancor più che la Russia pensi che costituirebbe un passo verso la pace permettere alla NATO di inglobare l’Ucraina e la Georgia e di posizionare missili USA sulla porta di casa della Russia “a difesa contro la minaccia di attacchi nucleari Iraniani contro gli Stati Uniti.”
 
La destabilizzazione del Tibet guidata dagli USA fa parte di uno spostamento strategico di grande significato. Sta avvenendo proprio quando l’economia e il dollaro Statunitense, ancora moneta di riferimento nel mondo, stanno passando la loro peggiore crisi dagli anni Trenta. Quindi è significativo il fatto che l’Amministrazione Statunitense invii a Pechino Henry Paulson, banchiere di Wall Street ed ex Presidente della Goldman Sachs, nel bel mezzo dei suoi tentativi di creare difficoltà a Pechino sulla questione Tibetana. Washington sta letteralmente giocando con il fuoco. La Cina da tanto tempo ha superato il Giappone come maggior detentore al mondo di riserve di valuta estera, ora sull’intorno dei 1.5 bilioni di dollari, la maggior parte dei quali sono investiti in obbligazioni e buoni del Tesoro USA, quindi parte del debito pubblico Statunitense. Paulson sa bene che se Pechino lo decidesse, potrebbe mettere in ginocchio gli USA vendendo sul mercato solo una piccola porzione del debito contratto dagli USA nei confronti della Cina.
 
Note:
 
1 Ex-Nazista, precettore del Dalai, Harrer muore nel 1993, The Times of India, 9 gennaio 2006, in
http://timesofindia.indiatimes.com/articleshow/msid-1363946,prtpage-1.cms.
2 Goodrick-Clarke, Nicholas, “Black Sun: Aryan Cults, Esoteric Nazism and the Politics of Identity – Sole Nero: culti Ariani, Nazismo esoterico e la politica dell’Identità”, New York University Press, 2001, p. 177.
3 Goldner, Colin, “Mönchischer Terror auf dem Dach der Welt Teil 1: Die Begeisterung für den Dalai Lama und den tibetischen Buddhismus – Terrore monastico sul tetto del mondo; Parte I: L’entusiasmo per il Dalai Lama e il Buddismo Tibetano”, 26 marzo 2008, citato nel libro sul Dalai Lama: “Fall eines Gottkönigs – Caduta di un Re Divino”, Alibri Verlag,, nuova edizione dell’aprile 2008, riprodotto in http://www.jungewelt.de/2008/03-27/006.php.
4 Parenti, Michael, “Friendly Feudalism: The Tibet Myth - Feudalesimo Benevolo: Il mito Tibet” , giugno 2007, in www.michaelparenti.org/Tibet.html.
5 Mann, Jim, “CIA funded covert Tibet exile campaign in 1960s – La CIA ha finanziato segretamente negli anni Sessanta la campagna in favore degli esiliati dal Tibet”, The Age (Australia), 16 settembre 1998.
6 Ignatius, D., “Innocence Abroad: The New World of Spyless Coups – Innocenza dappertutto: il Nuovo Mondo dei colpi non spionistici”, The Washington Post, 22 settembre 1991.
7 Blum, William, “The NED and ‘Project Democracy,’” gennaio 2000, in www.friendsoftibet.org/databank/usdefence/usd5.html
8 Barker, Michael, “Democratic Imperialism: Tibet, China and the National Endowment for Democracy”, Global Research, 13 agosto 2007, www.globalresearch.ca.
9 McGehee, Ralph, Archivio di Ralph McGehee su JFK Place, “CIA Operations in China - Part III”,      2 maggio1996, in www.acorn.net/jfkplace/03/RM/RM.china-for.
10 Commissione USA sul Tibet, “Fifteen things you should know about Tibet and China – Quindici cose che si dovrebbero conoscere sul Tibet e la Cina”, in
http://ustibetcommittee.org/facts/facts.html.
11 Goldner, Colin, “Mönchischer Terror auf dem Dach der Welt; Teil 2: Krawalle im Vorfeld der Olympischen Spiele - Terrore monastico sul tetto del mondo; Parte II : Disordini in vista dei Giochi Olimpici,” op cit.
12 Mowat, Jonathan, “The new Gladio in action? – La nuova Gladio in azione?”, Ondine Journal, 19 marzo 2005, in
http://onlinejournal.com/artman/publish/printer_308.shtml.
13 Ibid.
14 Ibid.
15 Brzezinski, Zbigniew, “A Geostrategy for Eurasia, Foreign Affairs, 76:5 – Una geostrategia per l’Eurasia, Affari Esteri, 76:5” settembre/ottobre 1997.