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La pena di morte e le esecuzioni extragiudiziarie in Colombia

Jesùs Santrich, Walter Mendoza, Oscar Montero | farc-ep.net
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

27/01/2021

«Il mondo non è mai stato migliorato o intimorito dalla punizione» Karl Marx

A differenza della pena di morte, o pena capitale, che consiste nel causare il decesso di una persona per conto di una condanna proferita da qualche autorità stabilita, e che si esegue come punizione per la commissione di un delitto qualificato come tale in un ordine normativo, una esecuzione extragiudiziaria, è la morte causata a una persona deliberatamente da parte di questa autorità, senza processo giudiziario, abusando della sua podestà per occultare, negare o giustificare la violazione del proprio ordinamento istituzionale e dei diritti umani. In sintesi, è un omicidio, un delitto contro la persona e ben protetto dal Diritto Internazionale Umanitario, in definitiva un crimine di Stato.

Tale crimine si manifesta quando si trasgrediscono parametri come la legittima difesa, si violano le regole d'ingaggio in un conflitto armato o l'uso razionale e proporzionato della forza, o si produce per imprudenza, imperizia, negligenza o violazione delle regole.

Nel mondo, accentuando i sentimenti di umanità e rispetto del diritto alla vita, si amplia sempre di più l'esclusione della pena di morte dagli ordinamenti giudiziari, e dall'ordinamento giuridico internazionale, come nella Convenzione Interamericana dei Diritti Umani, ad esempio, nel suo art.4,  si stabilisce che nei paesi che non hanno abolito la pena di morte, essa si può imporre solamente per i delitti più gravi, a compimento di una sentenza del tribunale competente e in conformità con la legge che stabilisce tale pena, la quale deve esser precedente alla commissione del delitto. In alcun modo si permette di applicarla per delitti politici né connessi, né per delitti per cui non era applicabile nel momento in cui si commettevano.

Inoltre, la Commissione Interamericana dei Diritti Umani (CIDH) ha affermato che l'imposizione della pena capitale deve rispettare una specifica dottrina che implica l'"esame di controllo più rigoroso"; ossia, standard di revisione dei casi che adempiano rigorosamente ai principi come quelli di legalità, giusto processo e giusto giudizio. Per la CIDH l'imposizione della pena di morte senza dare l'opportunità di presentare né considerare circostanze attenuanti, contravviene alla Convenzione Americana e alla Dichiarazione Americana dei Diritti Umani. Tale pena, non è ammissibile se non per i delitti più gravi e mai applicabile a delitti politici o delitti comuni connessi con essi.

Tra le molte altre condizioni che cercano di ampliare la sua eccezionalità, la pena di morte non deve applicarsi a chi nel momento della commissione del delitto, aveva meno di diciotto anni di età o più di settanta, né alle donne in stato di gravidanza; deve esserci il diritto a chiedere l'amnistia, l'indulto o la commutazione della pena; deve darsi la possibilità di un processo giudiziario adeguato per poter presentare argomenti e analisi seria delle prove; garanzia del giusto processo che permetta il tempo sufficiente per la preparazione della difesa e, al contempo, si deve osservare il compimento delle piene garanzie giudiziarie, di fronte a tribunali autonomi rispetto ad altri rami del potere e soprattutto del Governo; liberando il processo da strane influenze, minacce o interferenze che disdegnano dal compimento appropriato, indipendente e senza pregiudizi delle funzioni giudiziarie.

Per prevenire, inoltre, le esecuzioni extragiudiziarie, il 15 dicembre 1989 l'Assemblea Generale dell'ONU, nella Risoluzione 44/162, stabilì per gli Stati membri le responsabilità che devono assumere per prevenire tali esecuzioni o assassini, tra cui proibire per legge queste esecuzioni, garantire il controllo di funzionari autorizzati dalla legge ad usare la forza e le armi da fuoco, garantire la protezione di persone che sono in pericolo di subire queste esecuzioni e proibire a funzionari superiori l'autorizzazione o incitazione alla loro realizzazione.

Senza dilungarci ulteriormente nello spiegare criteri legali, possiamo dire che tutti sono di conoscenza e diffusione che ne simula ila conformità da parte dello Stato colombiano. Iván Duque e Rafael Guarín, nonostante la loro mediocrità, li conoscono a tal modo che la loro inosservanza non è una questione di ignoranza ma di volontà, di concezione fascistoide della gestione dello Stato. Essendo, inoltre, parte della banda che ha deciso di stracciare l'Accordo di Pace dell'Avana e lanciare il paese verso l'abisso della continuazione della guerra, minacciando di assassinarci; sicuramente hanno considerato che abbiamo il diritto alla legittima difesa e a resistere e agire non solamente per difendere le nostre vite ma anche quella dei nostri compatrioti messi nel mirino della guerra sporca del regime, e la possibilità di continuare a combattere per la conquista della pace con giustizia sociale. Se non l'hanno pensato, ci credono stupidi.

Ma non sono solo loro, poiché le esecuzioni extragiudiziarie con la compiacenza e il coro giustificatorio dei grandi mezzi di comunicazione, è una questione di vecchia data; è una questione di Stato, che deriva da decenni di guerra sporca contro-insurrezionale contro il popolo da prima che comparisse l'insorgenza armata, come guerra di bassa intensità e criminale Dottrina di Sicurezza Nazionale, che tra le altre cose è stata causa della persistenza della ribellione popolare e dell'insorgenza guerrigliera. Per questo non è strano che dalla Casa di Narquiño ci appellano "Narcotalia" per delegittimarci e continuare la sequenza di demonizzazione di sempre; lo fa il Ñeñe Duque, Marta Lucia Memo Fantasma e i loro corifei, ripetendo diatribe anticomuniste che adesso non ci collocano più nel loro vortice di favole a Mosca e all'Avana ma a Caracas: «Márquez può continuare a posare in video e social network dal Venezuela, con la protezione della dittatura di Maduro, patrocinatrice del terrorismo, ma sappia che la forza pubblica lo sta aspettando per eliminarlo, come è stato fatto con il narcotrafficante Pablo Escobar», dice Guarín a nome di Duque, come il più stupido bullo e assumendo il ruolo dell'"asino che parla di orecchie".

Si presume che l'ultima esecuzione legale in Colombia, dopo quella di coloro che presumibilmente attentarono contro il presidente Rafael Reyes Prieto (1907), fu nel 1909 e in teoria, ma non nella pratica, la pena di morte è stata abolita in Colombia con l'Atto Legislativo n.3 del 1910, grazie alla riforma costituzionale di quell'anno promossa dall'Unione Repubblicana (coalizione di matrice liberale, ndr), nell'intento, almeno apparente, come quasi tutto il tradizionale bipartitismo legale liberal-conservatore, di "garantire" il malconcio "Stato di diritto" borghese.

Ma, senza dubbio, è proseguita una tradizione di criminalità dell'oligarchia più recalcitrante di questo paese; questa che, anche se la Costituzione del 1886 proibiva la pena capitale per delitti politici, durante la Guerra dei Mille Giorni (1899-1902, ndr), con la giustificazione di star trattando delinquenti comuni, condannò i soldati liberali per "tradimento della patria e assalto in banda criminale".

Sempre con lo standard della legge dell'imbuto, che con l'uso della "grazia presidenziale" consente la commutazione della pena, ma favorendo, casualmente, i condannati dell'alta società. Non poteva esser un "privilegio" per quelli di sotto.

Quindi, quella di prima catturare, poi ferire per toglierlo dal combattimento e come ultima risorsa uccidere, non rientra in questa tradizione di macchine assassine: senza che esista la norma punitiva, le esecuzioni sono pane quotidiano in mezzo all'ipocrisia dei carnefici del Blocco di Potere Dominante che gli permette di continuare ad assassinare a sangue freddo, uno ad uno i suoi avversari e nemici di classe, o in massacri che avvengono senza inquietare nessuno, eufemistici "falsi positivi" al tempo che, ad esempio, senza vergogna ratificano strumenti come il "Secondo Protocollo Facoltativo del Patto Internazionale dei Diritti Civili e Politici destinato ad abolire la pena di morte" proclamato dall'Assemblea Generale dell'ONU; o, più recentemente, durante il governo del perfido "nobel" della pace Santos, la promulgazione della Legge n. 1410 del 2010 per la quale si approva il "Protocollo alla Convenzione Americana sui Diritti Umani relativi all'abolizione della pena di morte". Ebbene, questi mascalzoni che avversiamo, questi che ci demonizzano ma che in realtà sono il diavolo che fa ostie, hanno dimenticato il loro impegno in merito a «tutti hanno il diritto inalienabile al rispetto della propria vita e questo diritto non può esser sospeso per nessun motivo» e che «l'applicazione della pena di morte ha conseguenze irreparabili che impedisce il rimedio di qualsiasi errore giudiziario e elimina la possibilità di correzione»: e…, la «rieducazione dell'accusato», che è quella di cui avrebbero bisogno questi elementi che ci governano.

Riteniamo che, fortunatamente per i bulli dell'establishment, farà comodo che i criteri che prevalevano dopo la Seconda guerra mondiale per i tribunali di Norimberga e Tokio, in cui si applicava la pena di morte, adesso non prevalgano più per il funzionamento della Corte Penale Internazionale stabilito nello Statuto di Roma (in vigore dal 2002). In questo scenario, dove ad un certo punto dovranno andare personaggi come Álvaro Uribe Vélez e la sua squadra paramilitare, la pena di morte è stata esclusa come possibile punizione; anche se sarebbe meglio che andassero definitivamente alla JEP (Giurisdizione Speciale per la Pace, ndr) senza ulteriori distorsioni che l'hanno già convertita in diritto penale del nemico.

Lo abbiamo già detto, come nel verbo di Artigas, che alle FARC-EP Segunda Marquetalia non offende né temiamo di assumere la voce degli esclusi. E ribadiamo nonostante il fatto che ogni giorno, da prima di riprendere le armi, cerchino di assassinarci o di estradarci: Duque deve andare via, si! Abbiamo bisogno che al Palacio de Nariño ci sia un governo giusto e amorevole con il suo popolo, più umano, in grado di ricostruire la tela distrutta del diritto alla pace.

Parliamo dei problemi del paese perché siamo ribellione sollevata in armi contro il governo della tirannia duque-uribista. Scioccamente, hanno decretato per noi anche la morte politica. Ma continueremo a vivere nella resistenza, proponendo un governo alternativo di coalizione democratica.

Non accettiamo più questi falsi; questi che, avvicinandosi la pace, ordinarono l'esecuzione del comandante insorgente Alfonso Cano mentre era indifeso, catturato vivo. Non dimentichiamo le parole di Juan Manuel Santos: «Mi hanno detto che avevano localizzato Cano, obiettivo che perseguivamo da anni, ed era lì che dovevo prendere la decisione cruciale da solo, assolutamente da solo»…; «Ho deciso di eliminarlo ed è stato fatto»; «Ho ordinato la sua morte perché eravamo in guerra e siamo ancora in guerra». Di fronte a questa fredda confessione, chi può dubitare che sia stato un crimine? Anche se eravamo in guerra, soprattutto, se si tratta dello Stato in guerra contro gli indifesi. O, chi sono le vittime dei "falsi positivi"? Bene… sicuramente per loro fanno parte della tradizione, la sequenza, diciamo, del massacro contro Gaitán (presidente del Partito Liberale assassinato nel 1948, ndr)e i gaitanisti; o dei genocidi perpetrati dai pajaros (gruppo paramilitare conservatore e anticomunista attivo tra il 1948 e il 1958, ndr) e chulavitas (fazione armata irregolare del governo colombiano attivo tra il 1948 e il 1958 contro liberali e comunisti con funzioni di polizia segreta e agenti del terrore al servizio del Partito Conservatore, ndr); o del genocidio dell'Unione Patriottica ricordando il ruolo, sulla base delle denunce del giornalista Alberto Donodio, di Virgilio Barco (presidente liberale della Colombia dal 1986 al 1990, di cui sono recentemente emerse accuse che lo responsabilizzano del genocidio dell'UP, ndr), di Rafi Eitan del Mossad israeliano (agente segreto israeliano, consigliere del governo colombiano, ndr) e al generale Rafael Zamudio Molina. O per caso non si stanno ripetendo oggi con il presidente Duque, i massacri di leader sociali ed ex combattenti firmatari della pace e militanti della riconciliazione, come allora?

L'Uribismo, al quale si subordina il Bambino Duque, è espressione del terrorismo di Stato che non smette di flagellare spietatamente e crudelmente la Colombia. Ma, a quanto pare, fanno parte del mestiere, come durante l'attuazione della Legge Eroica del 1928 (Legge 69 sulla Difesa Sociale del 30 ottobre), restringendo il diritto di opinione, imponendo la censura alle pubblicazioni (come quello di chiudere account twitter e pagine web dell'insorgenza), e il confinamento in colonie penali di chi promuove le pubblicazioni proibite. Non fu sotto questa porcheria che venne compiuto il massacro delle piantagioni di banane nel dicembre di quell'anno per il piacere della United Fruit Company e del rappresentante yankee in Colombia, Jefferson Caffery? Non fu per caso il Governo dell'epoca che per Decreto dichiarò i lavoratori scioperanti "banda criminale" e ordinò che «i membri della forza pubblica hanno il potere di punire con le armi coloro che vengono colti in flagranza di reato di incendio, saccheggio e attacco a mano armata». Vale a dire, fornire il pretesto per applicare la pena di morte? Ma naturalmente, dobbiamo capire, perché il ministro della Guerra del regime conservatore Ignacio Rengifo aveva dichiarato che la Colombia affrontava il nemico più grande e pericoloso di sempre: «il pericolo bolscevico»; o più tardi le «Repubbliche indipendenti» del figlio di Laureano Gómez, con Marquetalia alla guida; o, il pericolo del Castro-chavismo e il fantasma della "Narcotalia" di oggi.

Nulla di nuovo da Abadía Méndez (presidente conservatore della Colombia dal 1926 al 1930, ndr) della repubblica delle banane, o da Olaya Herrera (presidente liberale della Colombia dal 1930 al 1934, ndr) dell'umiliante legislazione sul petrolio e delle concessioni che riempivano le tasche di Andrew Mellon; o da Eduardo Santos (presidente liberale della Colombia dal 1938 al 1942, ndr) inginocchiato davanti all'ambasciatore Spruille Braden che autorizza le truppe statunitensi ad operare nel territorio colombiano e nelle acque territoriali «senza previa autorizzazione speciale», o che consegna i cieli al dominio finanziario di American Airways; o da Laureano Gómez (presidente conservatore della Colombia dal 1950 al 1951, ndr) con il suo Patto di Assistenza Militare (1952), carico di ira anticomunista anche contro il liberalismo dell'epoca con il ministro della Guerra, José Maria Bernal, che accusava chi «coscientemente o inconsciamente serve i piani del dominio internazionale sovietico».

Continuiamo sotto le stesse premesse, in qualche modo rinnovate, del paramilitarismo di Stato inaugurato dal generale William Yarborough nel 1962 e inspirato alla teorizzazione controinsorgente del militare francese Roger Tinguier: guerra non convenzionale, terrorismo di Stato duro e puro che include la tortura fisica e psicologica come metodo di interrogatorio. Concezioni e pratiche pianamente assunte da uno Stato che non si fa problemi a cancellare il rispetto dei Diritti Umani, del Diritto internazionale umanitario, le regole di guerra e le convenzioni sul trattamento dei prigionieri e della popolazione.

Controinsorgenza e paramilitarismo di Stato con il pieno coinvolgimento degli USA, anche se non invitano il loro lacchè Duque all'investitura di Joe Biden.

Non c'è molto da riflettere per valutare e concludere con le stesse parole di Jorge Eliecer Gaitan che «il governo ha per i colombiani la mitraglia omicida e davanti all'oro americano un tremante ginocchio in terra (…) Il suolo colombiano è stato tinto di sangue per soddisfare le ambizione casse dell'oro americano» (Gaitán, 1929). È ancora così, ma non resteremo a guardare.

Per le FARC-EP, Segunda Marquetalia

Jesùs Santrich, Walter Mendoza, Oscar Montero

Unità Jorge Artel


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