www.resistenze.org - popoli resistenti - congo - 21-12-11 - n. 390

da Partito del Lavoro del Belgio - http://www.ptb.be/weekblad/artikel/congo-kabila-elu-mais-non-sans-danger.html
Traduzione dal francese per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
 
Elezioni in Congo: Lo sguardo torbido dell'Occidente
 
13/07/2011
 
Venerdì 9 dicembre, la Commissione elettorale nazionale indipendente (CENI) ha comunicato i risultati definitivi delle elezioni congolesi. Kabila ha vinto con il 48,95% dei voti contro il 32,33% di Tshisekedi.
 
di Tony Busselen
 
13/12/2011
 
La CENI ha fatto un lavoro che, in termini di ampiezza e complessità, supera il lavoro di qualsiasi elezione in Europa. In un paese privo di infrastrutture, grande come l'Europa, la CENI è riuscita, undici giorni dopo le elezioni, a pubblicare sul proprio sito i risultati definitivi dei 60.417 seggi elettorali. Questi risultati possono essere confrontati con quelli che, approvati da testimoni e osservatori, sono stati affissi in ciascun seggio immediatamente dopo lo spoglio del 28 novembre. Questo confronto conferma le cifre della CENI.
 
Numerosi osservatori europei e americani hanno tuttavia espresso delle dure critiche al lavoro della CENI, ma non hanno, tuttavia, messo in dubbio la vittoria di Kabila. Il Carter Center, una ONG fondata dall'ex presidente USA, Jimmy Carter, e che si dedica tra l'altro al monitoraggio delle elezioni, ha rimarcato, per esempio, che in due luoghi della provincia del Katanga, i voti a Kabila hanno raggiunto il 100%. Tuttavia, l'ONG conclude che "questa valutazione non implica un ordine finale dei candidati diverso da quello annunciato dalla CENI". Il vantaggio di oltre 3 milioni di voti a Kabila su Tshisekedi è effettivamente così rilevante che, anche tenendo conto di tutte le irregolarità, Kabila ha avuto più voti del suo concorrente. Anche se si dovessero dichiarare tutti i voti del Katanga nulli, Kabila avrebbe vinto ancora con un netto vantaggio. La condanna da parte del Centro Carter non riguarda tanto il margine delle cifre ma piuttosto la "mancanza di rispetto per gli elettori congolesi a causa di una serie di irregolarità". Tuttavia, dispiace che questa presunta "mancanza di rispetto" sia attribuita interamente al CENI. E non si parli della scandalosa campagna diffamatoria da parte dell'opposizione che ha aizzato la popolazione contro la CENI e ha compiuto ogni sforzo per impedire il corretto svolgimento delle elezioni.
 
Congo-pessimismo?
 
Si direbbe che tra alcuni commentatori, il Congo-pessimismo e la riluttanza verso Kabila siano cresciuti a tale segno che l'unica informazione di cui riferiscono è quella dell'opposizione. Due mesi prima delle elezioni, Tshisekedi aveva già annunciato che la violenza sarebbe scoppiata ai primi annunci dei risultati parziali. E quando è scoppiata la violenza, nulla si è detto dei tre membri del PALU (uno dei partiti di governo) che il 26 novembre a Kinshasa sono stati lapidati a morte dai membri l'UDPS, il partito di Tshisekedi.
 
Quello stesso sabato prima delle elezioni, la giornalista Colette Braeckman è stata testimone di come, in mattinata, colpi d'arma da fuoco siano stati sparati sulla folla. E' stata l'unica a darne notizia e non troverete nel resto della stampa che la versione non verificata e contestata dal governo, di 18 persone massacrate a sangue freddo da parte della guardia presidenziale.
 
Diplomazia occidentale in guanti di velluto
 
Venerdì, Tshisekedi si è unilateralmente proclamato vincitore delle elezioni. Allo stesso tempo, ha reso noto di escludere negoziati con Kabila e ha esortato la comunità internazionale ad "assumersi la responsabilità di trovare una soluzione". E' chiaro che Tshisekedi pensa a un qualche intervento straniero o a una pressione su Kabila per farlo retrocedere. Il governo congolese ha risposto che questa affermazione è ingiustificata e che, se necessario, avrebbe trascinato Tshisekedi davanti un tribunale. La diplomazia neocoloniale è tuttavia in guanti di velluto, per il momento. Mentre alcuni commentatori indignati chiedono un intervento, con il Congo in empasse, si concretizza un'ottima scusa per ingerirsi nuovamente negli affari interni del Congo. L'ex ministro Louis Michel ha già proposto di formare un governo di unità nazionale. Proposta non molto originale. Questa formula magica è già stata formulata molte volte in passato: nel 1960, 1991, 1997, 2003 e 2006. Ogni volta che, sotto la direzione dell'Occidente vi sono stati negoziati per formare questo tipo di governo, si è cercato di mettere i nazionalisti fuori gioco e creare l'unità tra i politici leali verso l'Occidente e se questo ha permesso a personaggi come Mobutu e Bemba di ritrovasi a capo dello Stato, questo è un fenomeno considerato secondario.
 
 

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