www.resistenze.org - popoli resistenti - croazia - 19-05-06

Dossier Croazia
 
La Croazia verso la UE e la Nato, la realtà quotidiana dei profughi serbi e degli antifascisti resta drammatica.

di Enrico Vigna
 
In una conferenza stampa a Bruxelles F. Frattini, in qualità di vice presidente della Commissione europea per la Giustizia, Libertà e Sicurezza, ha di fatto, dato il via libera alla Croazia per l’ingresso nell’Unione Europea, i cui negoziati tecnici partiranno il 1 gennaio 2007; questo, dopo l’incontro che lo stesso Frattini ha avuto con il ministro degli Interni croato I. Kirin, durante la sua visita nella repubblica croata, dove ha trovato un clima fruttuoso e grande disponibilità da parte croata, ad adempiere agli obiettivi necessari per l’integrazione nella UE.

Così pure il vice presidente USA D. Cheney, pochi giorni prima, il 6 maggio, aveva anch’egli sostenuto apertamente la repubblica croata e la sua marcia a grandi passi verso l’integrazione nella NATO, in una conferenza stampa a Dubrovnik sulla costa croata, dopo un vertice della cosiddetta “Carta Adriatica”, un mini club a gestione USA-NATO, comprendente Croazia, Albania e Macedonia (in attesa del Montenegro, se il 21 Maggio giorno del referendum indetto per la separazione, vincendo il SI’, lascerà i “cattivi” della Serbia e diverrà repubblichetta autonoma con i suoi 600.000 abitanti), fondato nel maggio 2003 per “avvicinare” i tre paesi alle istanze europee ed all’Alleanza Atlantica in particolare, sotto la supervisione degli USA come “garanti”. Anche Cheney dopo gli incontri col presidente croato S. Mesic e il primo ministro I. Sanader, ha dato un giudizio altamente positivo sugli sviluppi del processo democratico e delle riforme fondate sul rispetto dei diritti umani e della libertà, che la Croazia sta attuando in questi anni.

In molte dichiarazioni e interviste gli esponenti croati hanno sempre sottolineato di essere, o sforzarsi di essere, interni agli standard e ai requisiti che la Comunità Internazionale ( in questo caso l’UE), stabilisce nei riguardi del diritto al ritorno dei profughi e dei rifugiati serbi, scappati dalla pulizia etnica scatenata nella guerra di secessione dalla Jugoslavia negli anni ’90.
Val la pena continuare a ricordare, che nella sola famigerata “Operazione tempesta” scatenata dalle forze fasciste e secessioniste croate, in sole 48 ore tra il 5 e il 6 agosto 1995, nel territorio delle Kraijne, abitate prevalentemente da serbi, furono assassinati o rapiti 1542 serbi, che sono parte dei 6780 ( di cui circa mille donne) uccisi solo in quella regione alla fine della guerra; oltre a 2805 rapiti ( di cui 695 donne) e tuttora scomparsi. Come atto finale, vi fu un esodo di oltre 300.000 civili serbi verso la Bosnia e la Serbia ( definito dagli osservatori internazionali, la più grande operazione di pulizia etnica dal 1945 ad allora ),  dove vivono tuttora nel 2006.

Ricordiamo ancora le dichiarazioni altamente democratiche e roboanti rilasciate due anni fa dall’ Ambasciatore croato in Italia D. Kraljevic, ad A. Frate in Notizie Est del 10-05-2004:
“…
SIG. AMBASCIATORE, CHE COSA CI PUÒ DIRE RIGUARDO AL RIENTRO DEI PROFUGHI DI NAZIONALITÀ SERBA NEL TERRITORIO CROATO?

DK: La Croazia ha sottolineato in modo chiaro la propria posizione verso i profughi e rifugiati: tutti coloro che lo vogliono possono ritornare quando vogliono. Il substrato normativo che riconosce questa situazione è costituito dalla “Legge sulle ricostruzione” e dalla “Legge sulle zone di particolare interesse per lo Stato” con le successive modifiche ed integrazioni. In base a dette leggi sono stati adottati quei provvedimenti che attengono alle questioni del ritorno dei profughi. L’organo competente alla realizzazione del Programma di ricostruzione è il governo. Con questa normativa il nostro Paese ha rimosso tutti gli elementi che ostacolavano questo ritorno. I programmi contenuti nelle leggi che lo disciplinano hanno un duplice scopo: quello di assicurarne le condizioni indispensabili ed in più quello di offrire la necessaria infrastruttura di base, sia quella sociale che quella comunale. Mi riferisco al mettere a disposizione case, materiale edile, asili, scuole, assistenza sociale e quanto altro possa servire…”
 
Questi gli intenti e le dichiarazioni pubbliche. Per chi non segue da vicino o non conosce la situazione nella realtà dei fatti, si potrebbe pensare che in questi anni la repubblica croata
“nipotina” dello stato Ustascia del criminale fascista Ante Pavelic, si è incamminata su una luminosa e democratica strada, lastricata di aperture e sviluppi tolleranti e progressisti.
Facciamo il punto, affrontando alcuni avvenimenti legati da alcuni aspetti di fondo, su qual è la realtà quotidiana della vita politica, sociale e culturale, che si può leggere attraverso ciò che avviene concretamente in quel paese.
Partiamo da un articolo tradotto dal giornale belgradese Kurir, riguardante un atto criminale, avvenuto nei mesi scorsi, che è andato nelle prime pagine dei giornali serbi, mentre nella stampa croata è stato trattato con sufficienza e ironia, ovviamente la stampa internazionale occidentale l’ha completamente ignorato.
 
A proposito della multietnicità e della convivenza civile della “democratica” nuova Croazia
 
Dal quotidiano Kurir Belgrado:   ORRORE! “
 
Svetko Mlinar (71 anni), Serbo di Benkovac in Croazia, è stato legato al letto da croati minorenni che hanno indotto un cane a stuprarlo.
Belgrado: Svetko Mlinar, serbo di Bankovac, ha subito un’indicibile violenza da parte di croati. Due croati minorenni sono entrati con violenza in casa sua, l’hanno picchiato, derubato, lo hanno legato al letto e alla fine hanno costretto un cane a stuprarlo. Il settantunenne Mlinar ha detto che è stato vittima della rapina e della sodomia solo perché è serbo, ed ha aggiunto che i due croati già da tempo lo maltrattavano e gli dicevano parolacce che riguardanti sua madre, anch’essa serba. “Due ragazzi di 16-17 anni, sono entrati in casa mia verso mezzanotte, mi hanno colpito con le mani sul collo, mi hanno legato e mi hanno messo sul letto e allora hanno costretto il cane a stuprarmi. Quando ho sentito il cane che tentava di sodomizzarmi mi sono dimenato e messo ad urlare, allora quei due mi hanno slegato e sono scappati. Prima mi hanno rubato circa 80 euro – racconta Mlinar al giornale croato “Vecernji list”, che ha anche pubblicato una fotografia in cui il vecchio sfortunato piange.

In Croazia l’opinione pubblica si è interessata a questo fatto, ma i media hanno “giudicato” in fretta: hanno chiamato il vecchio “un ubriacone” che probabilmente ha inventato tutta la storia. Jerej Ljubomir Crnokrak, parroco della chiesa ortodossa serba di Benkovac, invece, dice che la casa di Svetko Mlinar si trova all’uscita dal paese di Benkovac e che è vero che sono avvenuti questi fatti e aggiunge che alcuni mesi fa anche una vecchietta di nazionalità serba, che vive di fronte a Mlinar, è stata aggredita. Questo non aveva suscitato l’interesse dei media, ma la vecchietta è stata picchiata così tanto che ha passato un mese all’ospedale di Zara. Mlinar vive da solo, e non ha mai abbandonato Benkovac, neanche durante la guerra, è difficile pensare che questo vecchietto possa dare fastidio a qualcuno – dice Crnokrak. Spiega che Benkovac si trova sulla linea del fronte di una volta, che in Benkovac ci sono pochi serbi, e per i rapporti tesi con i croati, i serbi scappati non tornano nelle loro case. La polizia croata su questo avvenimento mostruoso, per adesso non ha dato alcuna dichiarazione ufficiale, ma ha portato ad analizzare le coperte che erano sul letto dove era legato Mlinar. La dottoressa Jasenka Klaric, che ha visitato lo sfortunato vecchio nell’ospedale di Benkovac, non poteva dimostrare ma neanche a negare quanto era successo, dicendo che sul suo corpo “non c’erano tracce ne’ graffi”. Lei ha consigliato la visita di un chirurgo e di uno psichiatra.

Milorad Pupovac, vice presidente e membro del Partito Indipendente Democratico serbo nel parlamento croato, dice alla testata giornalistica Kurir, che ancora aspetta la dichiarazione della polizia su quanto successo, ma anche che Mlinar sostiene con fermezza tutto ciò che ha detto.
Se alla fine verrà dimostrato che tutto questo è vero, non sarà comprensibile per una persona normale, accettare fatti del genere. Si toccherebbe il fondo sia per l’uomo che per la società in cui viviamo. Aspettiamo la dichiarazione della polizia, siccome dicono che non ci sono tracce di scasso dell’alloggio, ma Mlinar sostiene il contrario, - dice Pupovac, e aggiunge che per gli assalti continui ai serbi, il gruppo per i diritti umani presso il parlamento croato, discuterà nelle prossime settimane dei numerosi attacchi etnici avvenuti nell’ultimo anno.

I lettori di Vecernji list deridono il vecchio. Così reagiscono in Croazia quando qualcuno attacca un serbo; la dimostrazione è nei commenti sul sito del “Vecernji list”, dove i croati deridono il povero vecchio. “Si tratta del delirio di un vecchio o di una persona psicologicamente squilibrata” è uno dei messaggi, un altro lettore di “Vecernji list” scrive: ”…il vecchio dice stronzate” e un altro che “…era in delirium tremens o che il cane è omosessuale” ......... (D.M.)
Per aggiornamento dell’informazione, il caso è stato confermato vero, i due ragazzi individuati, ma giustificati come ubriachi.
 
A proposito del diritto al ritorno e alla riappropriazione dei propri beni, dei profughi e rifugiati serbi e montenegrini, scappati dalla pulizia etnica delle forze secessioniste croate, del 1991- 1995
 
Emblematico, perché specchio di decine di migliaia di altri casi, quello della signora Krstina Blecic, cittadina di Zara di origini montenegrine, scappata dalle pulizie etniche delle forze croate durante la guerra, che lotta da anni contro lo stato croato per riottenere la sua abitazione statale, dove aveva vissuto per oltre 40 anni presagli durante la guerra secessionista.

Affiancata dalle Associazioni per i Diritti Umani, tra cui il Comitato Internazionale per i Diritti Umani (ICHR) che la stanno rappresentando legalmente, la Blecic nel suo appello è arrivata fino all’Alta Camera della Corte Europea per i Diritti Umani (ECHR), in una causa contro la Croazia.
Nel marzo scorso la Corte di Strasburgo ha nuovamente respinto il suo ricorso, dichiarandolo inammissibile. Nella causa la Blecic ha sostenuto che la Croazia aveva violato il suo diritto di godere pacificamente della sua casa e dei suoi possedimenti, mentre la Croazia ha sostenuto che, poiché la Blecic aveva lasciato la casa “volontariamente” e non aveva intentato causa di sfratto verso la famiglia occupante, tale violazione non si era verificata.

La gravità di questa decisione va ben oltre il singolo caso, ma mette la parola fine anche a tutte le decine di migliaia di famiglie di profughi, a cui erano state espropriate le case ed i terreni a seguito della loro fuga. Infatti causa una condizione del regolamento della Corte Europea per i Diritti Umani, essa può occuparsi solamente dei casi che hanno finito gli iter relativi alle legislazioni dei paesi interessati e nel contempo le domande alla Corte devono essere presentate entro i sei mesi dalle decisioni finali delle Corti locali. Da qui si può capire che il destino del ritorno dei profughi nelle proprie abitazioni è divenuto legalmente impossibile, infatti la Croazia aveva “opportunamente” espropriato le case dei serbi e dei montenegrini nel 1996, al termine della guerra. Questo sancisce la negazione di fatto, della possibilità del ritorno dei profughi e dei rifugiati e la negazione oggettiva di un processo di riconciliazione etnico e l’affermazione di una pulizia etnica della Croazia, raggiunta dapprima con lo strumento della violenza e della guerra, ed ora con affinati strumenti legislativi.

Va ricordato che dei 300.000 profughi serbi scappati tra il ’91 e il ’95, indicati dagli organismi internazionali, si calcola che meno di un terzo è tornato, in stragrande maggioranza anziani, che vivono in condizioni di vessazioni, pressioni e discriminazioni quotidiane, come documentato dalle cronache e dalle denunce delle Associazioni per i Diritti Umani croate come lo Human Rights Watch, il Consiglio dei Rifugiati Norvegese e anche l’International Crisis Group, che più volte hanno sollecitato il governo croato a mettere fine a questa vergognosa situazione, denunciandola pubblicamente in numerose conferenze stampa. Come il direttore dell’area europea di Human Rights Watch, Holly Carter che ha dichiarato: “…La perdita del diritto di abitazione, continua ad impedire ai profughi serbi di ritornare in Croazia…”. Oppure come dichiarato da Peter Semneby dell’ OSCE, che ha sottolineato che fino a tutto il 2004, l’OSCE aveva rilevato che “… la Croazia non ha ancora fornito nessuna casa. I fondi del bilancio statale 2004 inizialmente destinati all’implementazione del programma, sono stati riallocati per altri scopi…”.
Riporto qui uno stralcio della lettera del 27-03-2006, pubblicata dall’Osservatorio dei Balcani, che è un vero e proprio atto di accusa alla situazione dei diritti in Croazia:
 
L’8 Marzo di Krstina Blecic,

L’8 marzo è la festa della donna, ma per me è stata una festa amara. Gli “auguri” mi sono arrivati dalla Corte Europea “per i diritti umani” di Strasburgo, la quale ha giudicato il mio ricorso inammissibile: “ratione temporis” sarebbe il termine giuridico, oppure, se si preferisce, il cavillo utilizzato per evitare di prendere una decisione…

Per quale motivo ora il caso diventa inammissibile? Quali sono le vere motivazioni di questa sentenza, come scacciare il forte dubbio di una sentenza politica?
Se neanche il Tribunale per i diritti umani difende i diritti più elementari come quello ad avere una casa e a vivere nel proprio paese, a chi dobbiamo rivolgerci?
Mi chiedo come si faccia a difendere la pulizia etnica e a dare ragione ad un paese che ha tolto con violenza tutto ad una persona sola e già allora anziana e malata, solo perché non era di etnia croata, malgrado vivesse già da 40 anni in Croazia. Mi chiedo come si possa dare ragione a quelli che mi hanno cancellata dai libri dei cittadini croati, che non mi hanno dato la pensione né l’assistenza medica per ben tre anni, solo perché ero la vedova di un’ufficiale dell’esercito jugoslavo. Mi chiedo infine come sia possibile far passare altri 5 anni a Strasburgo per emettere una sentenza senza senso.

Provate ad immaginare che una sera, tornando a casa dal lavoro, trovaste la porta della vostra casa sbarrata, che qualcuno vi impedisse, e per sempre, di entrare, anche fosse soltanto per raccogliere le vostre cose, i vostri libri, le vostre fotografie, tutte le cose che vi appartengono e che gelosamente avete conservato per anni. La casa non è solo quattro pareti ed un tetto sotto il quale vivere, è parte della nostra storia personale; tutto questo a me è stato tolto, da un giorno all’altro, senza un valido motivo.

Vorrei sottolineare anche che nel 2004, mentre ero ancora in attesa di sentenza, la “mia” casa era già stata venduta e completamente stravolta nella sua architettura originaria. La Croazia era già allora così sicura di vincere la causa?
Una sentenza a me favorevole avrebbe dato speranza a 30.000 persone avvilite dalla mia stessa tragedia, che oggi vedono naufragare le loro residue illusioni di giustizia. Proprio qui forse stanno le motivazioni reali e profonde della sentenza: una soluzione favorevole del mio caso avrebbe costituito un precedente pericoloso per il governo croato, e ciò non poteva essere permesso. Ma se così fosse, ciò vorrebbe dire che la difesa dei diritti umani può essere sospesa per motivi opportunistici, lasciata da parte quando si tratta di difendere interessi costituiti, posizioni dominanti.

Che cosa rappresenta oggi questa Corte? Che credibilità può avere agli occhi della gente un Tribunale sostenitore di un paese che incarica un Lord inglese, avvocato di riconosciuto prestigio, di difenderlo legalmente contro una vecchietta pensionata e malata? Per ironia della sorte lo stesso Lord inglese è presidente della organizzazione Interights, che protegge i diritti umani. Ci dite a che gioco giochiamo?

In tutto questo c’è da dire che comunque il giudizio della Gran Camera non era unanime, 6 giudici su 17 erano contrari ed hanno sentito il bisogno di esprimere per iscritto il loro dissenso, e questo gli fa onore. La dichiarazione della portavoce dei legali croati è stata piena di orgoglio per aver vinto la battaglia contro una vecchietta ottantenne, nullatenente, malata, derubata, definitivamente esiliata e privata di ogni diritto. Mi hanno accusata di aver voluto dare dimensione politica al caso mentre io ho semplicemente lottato per la mia casa e la mia vita. I legali croati ignorano che la stessa (non) decisione della Corte di Strasburgo ha creato un caso politico. È una delusione tremenda per 30.000 famiglie che in Croazia aspettavano la casa e il risarcimento, ma anche per tutta l’Europa. Come può un paese che ambisce ad entrare in Europa attuare una politica di discriminazione? Se un governo nel 21° secolo può togliere tutto (neanche uno spillo mi è stato permesso di prendere da casa mia, nemmeno nel 1997, e cioè a guerra finita) ad una persona e rimanere impunito significa che le parole sono inutili, che vince la prepotenza e la sopraffazione.

Mi dispiace solo morire dovendo cambiare idea sul mondo e gli uomini, io che ho sempre creduto fermamente nella umanità e nella giustizia. E che per questo ho dato un bel contributo in tanti anni nel mio paese, lavorando per la Croce Rossa 40 anni e aiutando il prossimo. Bel ringraziamento!
Mi danno speranza solamente quei sei giudici che hanno espresso fortemente il loro dissenso, mi danno speranza tutti quelli che in questi anni hanno lottato al mio fianco, come i miei legali, con coraggio e senza alcun compenso, mi dà speranza la mia famiglia che nemmeno per un istante ha smesso di sostenermi moralmente, a tutti loro va il mio ringraziamento.
Nella speranza di sopravvivere. In fede,   Krstina Blecic “
 
A distanza di 10 anni dalla fine del conflitto separatista, questa è la situazione reale, non le chiacchere enunciate da Frattini, Cheney e gli altri “osservatori” un po’ troppo sbadati e distratti. E sottolineo che non si sta parlando di qualche situazione casuale di ingiustizia o malfunzionamento specifico, ma di problematiche che riguardano una popolazione che era quasi il 10% dell’intera Croazia, all’epoca della Jugoslavia. C’è anche da sottolineare come nella vicina Repubblica Serba di Bosnia, la comunità internazionale ha fatto in modo che, al contrario della Croazia, il problema del ritorno dei profughi, in questo caso croati e musulmani ( ma forse non è casuale…), è stato posto come condizione prioritaria per qualsiasi processo di cooperazione e sviluppo della regione, permettendo così a migliaia di famiglie ( si tratta per l’intera Bosnia di oltre 200.000 case e appartamenti restituiti agli occupanti dell'anteguerra), di ritornare in possesso delle proprie case e ricostruire faticosamente una nuova convivenza civile e sociale. Perché nella nuova Croazia democratica e così vicina agli standard occidentali dopo 10 anni questo non è avvenuto? 

Due pesi, due misure, come è sempre stato in questa storia “jugo balcanica” ?!
Da un lato i buoni e civili, e dall’altra i cattivi e barbari?
Va messo in rilievo, che affrontare questa problematica non ha un valore solo di risarcimento morale per eventi legati a guerre e conflittualità, ma significa affrontare un problema sociale legato a prospettive future; significa nel concreto dare una risposta in un ottica futura di ricostruzione per un intero paese. Infatti centinaia di migliaia di persone senza casa, lavoro, sbandati in situazioni di mera sopravvivenza giornaliera, rappresentano una contraddizione sociale che prima o poi, dovrà trovare sbocchi di qualche genere, e non certo sereni o pacifici, per cercare ed avere giustizia, riproponendo scenari di instabilità e di nuove conflittualità drammatiche.

Questa è la profonda miopia e ottusità della classe dirigente croata ma anche europea.
Penso valga la pena ricordare come memoria storica, come erano le leggi e i diritti sociali riguardanti il diritto alla casa, che non solo in Croazia, ma anche nel nostro paese, per oltre il 30% dei lavoratori sono un miraggio esotico da raggiungere.
Nel regime antidemocratico e obsoleto alla modernità capitalista, nella Repubblica Federale Socialista Jugoslava aggredita e distrutta in nome della democrazia e della libertà(….quelle occidentali, ovviamente…) uno dei principi costituzionali fondamentali era, oltre il diritto inalienabile al lavoro, alla sanità e all’istruzione (… tutte cosette scontate anche nell’opulento occidente ?…), quello alla casa. Ogni impresa di qualsiasi settore lavorativo reinvestiva i profitti costruendo case ( ma anche strutture sportive e culturali quali cinema, teatri, ecc.) per i propri lavoratori. Essi acquisivano il diritto a viverci vita natural durante (con il diritto dei figli a continuare a viverci di seguito). Tale diritto decadeva solo nel caso che la casa non fosse utilizzata senza un valido motivo, in questo caso, dopo un periodo di sei mesi, veniva assegnata ad altra famiglia…Era il concetto barbaro e primitivo per l’occidente capitalistico, di proprietà sociale.
 
 
A proposito di standards democratici e di diritti civili
 
Proprio in questi giorni è avvenuto un ennesimo episodio che unito ad altri, che accadono sistematicamente verso chiunque critichi o denunci le distorsioni e malefatte della leadership croata, può dare l’idea di qual è il clima politico e di libertà di espressione, che Frattini e Cheney, ritengono ormai “europeo”.
Un coraggioso giornalista indipendente del settimanale croato Feral Tribune, Drago Hedl, è stato minacciato di morte mentre camminava nella città di Osijek, dove vive e lavora; “Ti ucciderò come un cane”, queste le parole con cui è stato apostrofato in pieno centro cittadino, alle 14,40 del 9 maggio scorso, come denuncia un comunicato della Redazione del settimanale l’11 maggio. Il comunicato della redazione sottolinea che questo episodio, è solo l’ultimo di una lunga lista di pressioni, minacce e attacchi a cui lo stesso Hedl ed altri giornalisti, vengono continuamente sottoposti, quando toccano argomenti spinosi o pericolosi per il buon nome della nuova Croazia.

La minaccia aperta, stavolta è venuta da un tal Davor Boras di 30 anni e altre due teste rasate, il Boras è presidente della Gioventù del Parlamento Democratico Croato della Slavonia e Baranja, una delle tante associazioni che fanno esplicitamente riferimento alla tradizione sciovinista e fascista in quel paese. La polizia ha identificato il terzetto e formalizzato la denuncia del giornalista.

Uno dei personaggi di spicco di questa associazione è Branimir Glavas, durante la guerra uno dei comandanti una unità militare della zona, denunciato e indicato in molte inchieste giornalistiche e penali, anche dallo stesso Hedl, come mandante e responsabile di torture e feroci crimini contro la popolazione locale serba e montenegrina. Queste le parole di Krunoslav Fehir autodenunciatosi al Tribunale,come appartenente all’unità di Glavas e colpevole di aver partecipato all’età di 16 anni e mezzo ad alcuni di questi crimini: “…I civili serbi venivano condotti in un garage nel cortile dell'attuale palazzo della Contea, nel centro di Osijek. Lì venivano interrogati e picchiati. Alcuni di loro, come Cedomir Vuckovic, erano obbligati a bere l'acido solforico degli accumulatori che si trovavano nel garage. Ricordo bene come quel Vuckovic, per l'orrore e la sofferenza, era riuscito in qualche modo a forzare la porta del garage, cercando scampo. Ho allora aperto il fuoco su di lui colpendolo… le persone che venivano interrogate nel garage venivano trasportate in celle frigorifere, morte o ancora in vita, fino al fiume Drava. Quelli ancora vivi venivano poi uccisi e gettati nel fiume insieme agli altri. ». ( Da OdB 2-08-05)

Oggi Glavas è Parlamentare croato, magari un giorno sarà parlamentare europeo, con la benedizione della civile comunità internazionale, in nome della civile Europa.
Anche la Freedom House, ritenuta un tempio delle cosiddette “società civili”( in realtà organismo molto vicino alle politiche di penetrazione ideologica e mediatica delle politiche imperialistiche occidentali e del Pentagono USA in particolare), ha ultimamente denunciato in un suo rapporto periodico, lo stato disastroso della libertà di stampa dell’informazione in Croazia. Arresti, continue e reiterate minacce di morte, denunce, aggressioni violente, ricatti, licenziamenti, condanne penali ed economiche, con questo quadro la Croazia è stata collocata all’85° posto nella statistica riguardante la libertà di espressione (nella tanto sbandierata civile Italia, non è che stiamo molto meglio siamo al 79° posto…).
 

Anche dal fronte dei valori legati alle radici minimali relative al riconoscimento della lotta contro il nazi fascismo, come base fondante dell’Europa del dopoguerra, la nuova Croazia è immersa in un oscurantismo storico e dichiaratamente nostalgico dello Stato Indipendente Croato del duce ustascia Ante Pavelic, creatura e compare dei più noti Hitler e Mussolini.
Ostentazione ed esaltazione dei più retrivi e criminali valori sciovinisti, razzisti e reazionari, sia storici, che politici e culturali; dove, nuovamente, il clero cattolico croato ritrova le sue radici ed un ruolo preminente, che già lo resero tristemente complice ed esaltatore del regime genocida ustascia, negli anni trenta e quaranta.

I pochi monumenti e simboli antifascisti scampati al delirio sciovinista e xenofobo degli anni ’90 ( sopravvissuti soprattutto nella regione istriana e del Carnaro), continuano ad avere vita grama.
Nelle scorse settimane alcuni monumenti e tombe dedicati ai combattenti partigiani antifascisti, sono stati nuovamente attaccati e profanati in molti villaggi, deturpati a colpi di martello e con spray inneggianti al nazifascismo ed allo stato croato ustascia. Dal ’91 ad oggi si calcola che quasi 4000 cippi e tombe di partigiani dell’esercito popolare di liberazione di Tito, sono stati danneggiati o distrutti. Le stesse Associazioni antifasciste e il piccolo Partito Socialista Croato vengono spesso attaccati e dileggiati, con frequenti casi anche di aggressioni violente.
 
 
A proposito di Libertà, Indipendenza e autonomia della “libera e sovrana” nuova Croazia

Ad aprile la sezione croata di Amnesty International, ha reso noto che anche la Croazia è stata complice dei voli segreti della CIA, con i quali gli USA rapivano e deportavano verso luoghi di tortura sospetti di terrorismo, o forse più semplicemente, presunti nemici dello strapotere e dominio statunitense in giro per il mondo; secondo la denuncia è stato l’aeroporto di Dubrovnik, il tassello croato dei voli segreti, e almeno due casi sono stati individuati e documentati.

Lo stesso direttore dell’aeroporto, T. Peovic, subito dopo che la notizia è uscita pubblicamente, ha ammesso il fatto dicendo che anche quest’anno un velivolo “coperto” è transitato più volte da Dubrovnik, affermando che alle autorità era stato richiesto uno scalo tecnico per rifornimento di carburante e che non era a conoscenza se sull’aereo vi erano passeggeri non dichiarati e quindi illegali, perché non compete all’autorità locale controllare. Se poi è la CIA a chiederlo…si può immaginare che le libere e sovrane autorità, fieramente nazionaliste croate ubbidiscano supinamente al padrone straniero. E vada in cantina l’orgoglio nazionale e la sovranità.
Il governo non ha voluto rilasciare alcuna dichiarazione.

Ora la Croazia si trova tra quei paesi complici di questi misfatti e ne dovrà anch’essa rispondere al Consiglio d’Europa che indaga sul caso dei voli segreti CIA nell’area europea, e sulla deportazione illegale di individui e sul trasporto clandestino di queste, in violazione delle sovranità degli stati…ovviamente partendo dal presupposto molto virtuale, che i relativi servizi e governi locali non fossero complici e consenzienti…

I conti tornano se poi, a questo, si somma l’aspetto delle sempre più incalzanti pressioni degli USA verso il governo croato perché sottoscriva un accordo bilaterale ( il famigerato articolo 98 del cosiddetto Statuto di Roma del 1° maggio 2002 ), in base al quale cittadini americani ( di fatto spioni e soldati ) sospettati di crimini di guerra non possono essere estradati verso il Tribunale Penale Internazionale…non quello illegittimo ed illegale da loro costituito all’Aja, per sottomettere la Serbia ed i suoi Leader “renitenti” al suo ordine imperialista ( tra cui l’ex presidente Slobodan Milosevic fatto morire nel carcere di Scheveningen all’Aja). Bensì il Tribunale ad egida ONU che questi paladini della democrazia e della libertà nel mondo si rifiutano di accettare e riconoscere, perché non diretto da loro.

Intorno a questo si gioca anche la partita dell’entrata della Croazia nella Nato, passo che gli USA condizionano alle loro esigenze strategiche imperialistiche, di lunga gittata.
Va ricordato che la Croazia è già presente nell’occupazione dell’Afghanistan con 150 soldati, che potrebbero anche essere aumentati.
 
Tutto questo assume i contorni di una tragica farsa, e la memoria va all’indietro e torna a quel 1991, dove, attorno alle parole d’ordine di una identità nazionale intesa non in senso patriottico, ma visceralmente sciovinista ed aggressiva, c’era stata la chiamata al popolo croato per la guerra e la distruzione della Jugoslavia; mascherata da parole d’ordine roboanti per la conquista dell’indipendenza, della sovranità, della libertà tutte radicalmente fondate su una concezione identitaria croata. Oggidi fronte alla bassezza einfimità di questa nuova classe politica dirigente arrembante e insulsa, il pensiero amaro non può che andare alle decine di migliaia di jugoslavi morti( croati, serbi, musulmani, rom); stritolati e usati dentro dinamiche e processi tragici, decisi in capitali straniere interessate esclusivamente alle loro politiche di profitti, alle mire imperialistiche ed egemoniche, e fondamentalmente, come sempre, in realtà ostili ad ognuno di essi nel loro complesso come popoli ( a parte le truppe mercenarie assoldate dai quisling locali e dai novelli fanatici o nostalgici).

In contrapposizione a tutto ciò, il pensiero inteso come ragionevole speranza, va ai lavoratori, alla gente di buona volontà, laboriosa ed onesta, alle nuove generazioni di quella terra jugoslava abitata insieme secolarmente da croati, serbi, bosniaci, rom, montenegrini, macedoni, kosovari albanesi e le altre decine di piccole comunità, che mai furono straniere in quella Jugoslavia che mai smetteremo a sufficienza di rimpiangere amaramente e tristemente.
Ai discendenti di quel popolo che un giorno seppe eroicamente e con le sue sole forze, mettere in ginocchio le terribili armate hitleriane e l’occupante fascista italiano, pagando un prezzo immane; ad essi, a quei bambini che stanno crescendo dopo l’odio, la guerra, nella miseria e la disperazione proprie degli sconfitti, ad essi si rivolge la speranza che possano un giorno, riprendere il mano il proprio destino, i propri interessi collettivi, il proprio futuro strappandolo ai “mercanti del tempio”capitalistico e occidentale, mai sazi e mai sufficientemente opulenti.

L’idea della libertà e del riscatto dovranno rinascere e saranno di nuovo cercate e riconquistate, anche se è triste pensare che su quella direttrice tanta strada era stata già fatta.
Ma questo è il corso della storia degli uomini e dei popoli; non è la prima volta che uomini e popoli sconfitti devono fermarsi mentre compiono il loro percorso di emancipazione; e anche se la stanchezza, la sfiducia, il dolore, la disperazione, la paura sembrano invincibili in quei frangenti, la ruota della storia inesorabile ricomincia a girare: fa vincere “storicamente” l’inerzia e la rassegnazione, rigenera in nuove generazioni decisione, forza, energie, coraggio, fa riacquistare identità collettive e obiettivi da riconquistare…e così ogni popolo riprende nuovamente in mano il suo destino e riprende l’inesorabile cammino contro l’ingiustizia e per il progresso e l’emancipazione. E per le forze dell’oppressione e dello sfruttamento comincia il crepuscolo ed il tramonto.

Così sarà anche per i popoli della Jugoslavia…un giorno.
Come dice un antico proverbio slavo: “…e così come vennero sulla nostra terra, se ne andranno…e se non se ne andranno da soli, dovremo cacciarli via noi…da questa terra che è nostra…”
Così fu anche il 15 maggio 1945 quando nacque la libera Jugoslavia.
 
 
15 maggio 2006,     Enrico Vigna Forum di Belgrado Italia, Associazione SOS Yugoslavia