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da Rebelion
http://www.rebelion.org/noticia.php?id=51584
 
Perché Cuba sta esportando la sanità pubblica ai poveri del mondo?
 
Sarah van Gelder - Yes! Magazine
 
31/05/2007
 
I cubani dicono che offrono cure mediche ai poveri del mondo perché sono di cuore. Bene, Ma che ricevono in cambio?
 
I cubani vivono più a lungo di qualunque altra persona dell’America Latina e i loro neonati che muoiono sono davvero pochi. Sono quasi tutti vaccinati ed i flagelli di cui sono afflitti i poveri come parassiti, tubercolosi, paludismo, compreso lo HIV/AIDS, sono rari o non esistono neppure. Chiunque può recarsi dal medico, a basso costo e nei pressi della propria abitazione.
 
Il sistema sanitario di Cuba sta producendo una popolazione così in salute da essere equiparata a quella dei paesi più ricchi e ad un costo minimo. Ora sta esportando quel sistema sanitario alle comunità più disgraziate in tutto il mondo, Stati Uniti inclusi.
 
Al popolo statunitense si nega la storia delle ambizioni del sistema sanitario cubano, perché quello che rimane della guerra fredda mantiene bloccata l’informazione e la comprensione di quanto accade. Ma quella storia è ben nota fra le comunità più povere dell’America Latina, dei Caraibi, e di parte dell’Africa, dove stanno esercitando la loro professione proprio i medici che sono stati formati da Cuba.
 
Come dice il Dr. Paul Farmer: “Cuba sta dimostrando che si può introdurre la nozione del diritto alle cure, alla salute e all’eliminazione delle malattie della povertà.”
 
Sanità per tutti i cubani
 
Molti degli elementi del sistema sanitario che Cuba sta esportando nel mondo sono pratiche di senso comune. Tutti possono accedere a medici, infermieri, specialisti e medicine. C’è un’unità sanitaria di base formata da un medico e da un’infermiera in ogni località - anche se ora se ne trovano un po’ meno, dato che 29.000 operatori sanitari stanno prestando servizio all’estero, fatto che sta provocando qualche lagnanza in patria - e se a qualcuno non piace il proprio medico, può sceglierne un altro.
 
Le visite domiciliari sono di routine, in parte perché l’équipe formata medico ed infermiera hanno la responsabilità di conoscere personalmente ciascun assistito e i suoi problemi di salute, il suo contesto famigliare e abitativo.
 
Questo è l’elemento chiave del sistema. Nella prevenzione e diagnostica dei rischi per la salute, il sistema sanitario cubano spende di più, in modo da non dover spendere di più dopo, curando le malattie vere e proprie o dovendo affrontare inabilità a lungo termine. Quando si individua un pericolo per la salute come il dengue o il paludismo, scatta un lavoro coordinato a livello nazionale per sradicarlo. Infatti, i cubani non si ammalano più di difterite o poliomielite, ed hanno la percentuale più bassa di malati di AIDS nelle Americhe.
 
Quando i problemi sanitari superano le capacità del medico di base, i policlinici forniscono gli specialisti, gli interventi ambulatoriali, la fisioterapia, la riabilitazione, i servizi di laboratorio.
 
Chi necessita dell’ospedalizzazione può andare in ospedale, e quando ne esce, medico e infermiera di base assistono il suo rientro a casa. I medici, a tutti i livelli, sono preparati nell’applicazione dell’agopuntura, nelle cure a base di erbe e di altre pratiche complementari riconosciute dai laboratori cubani.
 
I ricercatori cubani creano i loro vaccini e trattamenti per sopperire ai farmaci inaccessibili per via dell’embargo o inesistenti.
 
Esportazione della cura alla salute
 
Sono decenni che Cuba invia medici all’estero e forma studenti di altri paesi nei suoi istituti e scuole di medicina. Ma la cosa si è intensificata agli inizi del 1998, quando gli uragani George e Mitch colpirono l’America centrale ed i Caraibi. I medici cubani, così come avevano già fatto tante volte in passato, sono accorsi sui luoghi del disastro per aiutare le vittime, ma quando si è trattato di andarsene, appariva chiaro che le necessità sanitarie andavano ben al di là dell’emergenza.
 
Da qui l’impegno cubano di mandare medici in quei paesi e di insegnare medicina a persone del posto, in modo che potessero continuare il lavoro sanitario.
 
Nacque così la Scuola Latinoamericana di Medicina (ELAM), situata all’Avana, e fornita di 10.000 borse di studio per la formazione gratuita dei medici.
 
Nell’attualità il piano è salito a 22.000 studenti dell’America Latina, dei Caraibi, dell’Africa, dell’Asia, e degli Stati Uniti, tutti inseriti nello ELAM o nelle altre 28 scuole di medicina di Cuba. Gli studenti rappresentano decine di gruppi etnici, il 51% sono donne, e vengono da più di 30 paesi diversi. Tutti hanno in comune il fatto che non avrebbero ricevuto istruzione medica altrimenti.
 
E quando uno che vive in un quartiere di tuguri a Puerto Principe, o un giovane indio boliviano, il figlio o la figlia di un contadino dello Honduras, o un venditore ambulante del Gambia vuole diventare medico, si rivolge a Cuba. Anche se a volte il conto lo paga il Venezuela, la maggior parte delle volte Cuba paga le classi, il mantenimento, i libri e le cure mediche.
 
In cambio, a studi conclusi, gli studenti accettano di tornare a praticare la medicina nelle loro comunità di origine.
 
Il programma di studio dello ELAM per la maggioranza degli studenti comincia con un anno di corso di “livellamento” che permette loro di porsi al corrente delle conoscenze di base in matematica, scienze e spagnolo. Gli studenti sono anche sottoposti a cure mediche per eliminare le malattie che parecchi di loro portano con sé. Alla fine degli studi, che possono durare fino ad otto anni, gli studenti ritornano ai loro paesi d’origine. Anche se tutti promettono verbalmente di servire i poveri, alcuni ammettono discretamente che non considerano tale promessa come permanente.
 
Una sfida dello sforzo cubano è assicurare che l’investimento nell’insegnamento della medicina benefici che ne ha più bisogno. I medici delle zone più povere sono soliti trasferirsi nelle zone più ricche, o addirittura se ne vanno dal loro paese.
 
Cuba forma i medici nell’etica di servire i poveri. Insegna loro a vedere l’assistenza sanitaria come un diritto e non come una merce, e a considerare il proprio ruolo come quello di un fornitore di servizi. La storia dei medici cubani dimostra che queste lezioni sono state bene apprese. I medici cubani sono noti per tirare fuori dalle proprie tasche i soldi per comprare le medicine ai pazienti che non ne hanno, per manifestare affetto e per abbracciare i loro pazienti.
 
Secondo il Dr. Según Juan Ceballos, aiutante del viceministro della sanità pubblica, Cuba prevede, con l’aiuto del Venezuela, di portare l’insegnamento della medicina su scala maggiore e di formare 100.000 medici nei prossimi 15 anni. Per farlo, Cuba sta costruendo rapidamente nuove scuole di medicina in tutto il paese e all’estero. Chiaro che la dimensione di questo lavoro richiede la rottura degli schemi. Il nuovo obiettivo sono scuole senza muri. Gli studenti fanno pratica direttamente sul campo insieme ai loro insegnanti, a Cuba così come all’estero, e si aiutano con corsi videoregistrati, così che gli studenti possano studiare dovunque ci siano medici cubani. La diminuzione dei costi dell’insegnamento della medicina permette di portarla ad una scala tale che potrebbe porre fine alla mancanza di medici.
 
Studenti statunitensi a Cuba
 
Recentemente, Cuba ha esteso la sua offerta di insegnamento gratuito a studenti degli USA. Tutto è iniziato quando Bennie Thompson, rappresentante del Congressional Black Caucus (gruppo di persone nere del Congresso) ed altre persone facenti parte del Congresso, si è incuriosito dopo aver incontrato ripetutamente medici cubani o formatisi a Cuba o da insegnati cubani, in varie comunità povere del mondo.
 
Questi signori hanno visitato Cuba nel maggio del 2000, e durante un incontro con Fidel Castro, Thompson si è lamentato della carenza nell’accesso all’insegnamento della medicina da parte dei suoi elettori poveri delle zone rurali.
 
“Lui (Castro) era molto bene informato circa le percentuali di disoccupazione, delle condizioni di salute e della mortalità infantile del mio distretto, e ciò mi ha sorpreso”.
 
Castro ha offerto borse di studio per statunitensi di basso reddito in modo conforme al piano previsto per gli atri studenti di provenienza internazionale, compreso l’impegno di tornare a fornire assistenza sanitaria nelle loro comunità d’origine.
 
Ora circa 90 giovani di zone povere degli Stati Uniti si sono aggiunti alle file degli alunni internazionali che studiano medicina a Cuba.
 
L’offerta di insegnamento della medicina è solo una delle forme in cui Cuba ha steso la sua mano verso gli USA. Immediatamente dopo gli uragani Katrina e Rita, 1.500 medici cubani si sono offerti volontariamente a raggiungere la costa del Golfo. Erano già pronti, con i loro zaini, forniture mediche e una nave appoggio. Il permesso del governo degli USA non è mai arrivato.
 
Bennie Thompson: “Il nostro governo ha fatto sì che la politica entrasse nella vita delle persone nel momento in cui avevano più bisogno di aiuto. E questo è deplorevole”.
 
Quando un terremoto ha colpito il Pakistán, poco dopo il governo di questo paese ha accolto calorosamente i professionisti cubani. Laggiù sono andati 2.300 professionisti e hanno portato 32 ospedali da campagna in regioni remote e fredde dell’Himalaya, dove hanno curato fratture ossee, malattie, e fatto interventi chirurgici per un totale di 1,7 milioni di pazienti.
 
L’assistenza in caso di disastri è parte della missione di aiuto medico che Cuba ha fornito a livello internazionale, dal Perù all’Indonesia, incluso le cure per 17.000 bambini ucraini ammalatisi a causa dell’incidente alla centrale nucleare di Chernobyl in Ucraina, nel 1987.
 
Ma i lavoratori della sanità cubana non intervengono soltanto in casi di crisi. In questo momento sono circa 29.000 i professionisti cubani della sanità che stanno esercitando la loro professione in 69 paesi - fondamentalmente in America Latina, nei Caraibi e in Africa - .
 
In Venezuela circa 20.000 di quei professionisti hanno permesso al Presidente Hugo Chavez di portare a compimento la sua promessa di fornire cure mediche ai poveri. Nelle periferie povere dei dintorni di Caracas e dell’Amazzonia, le comunità che si organizzano e trovano un luogo in cui un medico possa vivere e lavorare possono richiedere la presenza di un medico cubano.
 
Così come a Cuba, quei medici e infermiere vivono dove lavorano, e diventano parte della comunità. Sono lì per qualunque emergenza, e introducono le pratiche di prevenzione sanitaria.
 
Alcuni sono tentati ad approfittare del fatto che sono all’estero come di un’opportunità per andarsene da Cuba. In Agosto, il Dipartimento di Sicurezza Interna degli USA ha annunciato una nuova politica che facilita i professionisti della sanità cubana a raggiungere gli USA, tuttavia, la stragrande maggioranza ritorna a Cuba dopo aver terminato la propria missione.
 
Investire nella pace
 
Come si sente il popolo cubano circa l’uso delle risorse del paese per missioni sanitarie internazionali?
 
A chi si fa questa domanda, più o meno, risponde in questo modo: “I cubani hanno cuore. Siamo orgogliosi di dividere quello che abbiamo con i poveri del mondo”
 
A Cuba quasi tutti conoscono qualcuno che ha lavorato in una missione medica, Sono quei medici che s’imbattono con malattie già sradicate in patria. Ampliano la loro comprensione della medicina e delle sofferenze associate alla povertà e al non poter eliminarla, e portano con sé l’orgoglio di aver contribuito a qualcosa di giusto e di grande.
 
E l’orgoglio è un antidoto potente contro le insoddisfazioni che nascono dalle difficoltà economiche che Cuba sta sopportando nei suoi 50 anni di rivoluzione.
 
Dalla prospettiva del governo, l’investimento nell’internazionalismo medico fa parte dell’ALBA, il nuovo accordo commerciale tra Venezuela, Bolivia, Nicaragua e Cuba.
 
ALBA, alternativa all’area di libero commercio delle Americhe, antepone le necessità umane alla crescita economica, perciò non c’è nulla di strano che le offerte di assistenza sanitaria cubane cadano nell’ambito dell’accordo, perché capita lo steso con il petrolio del Venezuela, il gas naturale della Bolivia.
 
Eppure, Cuba offre aiuti anche fuori dai paesi aderenti all’ALBA “Tutto quello che chiediamo in cambio è solidarietà”, dice il Dr. Ceballos. La “solidarietà” ha importanti implicazioni nel mondo reale.
 
Prima che Cuba inviasse i suoi medici in Pakistan, le relazioni tra i due paesi non erano buonissime, dice Ceballos. Ma ora le relazioni sono “magnifiche”. Lo stesso succede con il Guatemala e El Salvador. “Sebbene siano governi conservatori, nelle relazioni con Cuba sono diventati più flessibili” dice. Questi investimenti nelle missioni mediche “sono misure che evitano lo scontro con altre nazioni”. Spiega Ceballos. La solidarietà con Cuba ha frenato aggressioni di ogni tipo.
 
E in una dichiarazione che riconosce le vulnerabilità di Cuba sul piano globale, Ceballos dice: “E’ infinitamente meglio investire nella pace che investire nella guerra”.
 
Immaginiamoci che quest’idea si radichi. Più rivoluzionario del diritto alla salute per tutti, è l’idea d’investire nella sanità - o in acqua pulita e alimenti sufficienti -, quest’idea, per la sicurezza, potrebbe essere più potente e più efficace di bombardieri e portaerei.
 
Sarah van Gelder, direttrice della redazione di YES, è stata a Cuba (legalmente) nel dicembre del 2006 ed ha visitato scuole di medicina, policlinici ed ospedali. Il suo viaggio è stato finanziato da The Atlantic Philanthropies, con la partecipazione di MEDICC
 
Traduzione dallo spagnolo per www.resistenze.org di FR