www.resistenze.org - popoli resistenti - egitto - 28-02-11 - n. 353

da www.momumas.net
Traduzione dallo spagnolo per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
 
Le donne egiziane fanno la propria rivoluzione
 
di Marina Villén - Il Cairo
 
17 febbraio 2011
 
Armate di striscioni, megafoni e persino pietre, le donne egiziane hanno infranto i pregiudizi vigenti nella società e manifestato gomito a gomito con gli uomini, durante le proteste contro il regime di Hosni Mubarak.
 
La tensione e la violenza vissute negli ultimi giorni, quando si sono verificati gli scontri fra i sostenitori e gli oppositori del presidente, non hanno dissuaso le donne dall’occupare le strade ed apportare il loro granello di sabbia a questo momento storico.
 
“Cambieremo il sistema, vogliamo libertà”, assicura in piazza Tahrir, piazza Liberazione, l'egiziana Amel Said, che non può contenere l’euforia in questa giornata battezzata “giorno della partenza”. Questa definizione sintetizza il desiderio di decine di migliaia di manifestanti che oggi, venerdì 4 febbraio, sia la data tanto attesa in cui Mubarak abbandoni il potere dopo trent’anni.
 
Said, una donna di mezza età appartenente alle classi popolari, ha spiegato che suo marito e la sua famiglia l'hanno incoraggiata a partecipare alle manifestazioni, qualcosa d’innovativo in una società conservatrice e patriarcale, in cui la donna gioca in generale un ruolo secondario.
 
Un punto di svolta?
 
“Siccome le donne prendono parte a questa rivoluzione, ora avranno voce in capitolo nelle questioni dell'Egitto”, ha sottolineato Said, seduta all'entrata della tenda, dove dorme da una settimana al centro di piazza Tahrir. Questa fiducia è condivisa da molte donne, che non nascondono la sorpresa di fronte alla massiccia partecipazione femminile in questa rivolta popolare senza precedenti.
 
Come afferma la direttrice del Centro Egiziano per i Diritti della Donna, Nehad Abul Komsan “Ciò che è capitato in questi giorni per le strade è impressionante”. “Si potevano vedere donne manifestare a fianco degli uomini, donne dormire in piazza Tahrir. Questo è straordinario” ha aggiunto.
 
Per Komsan, le protagoniste di queste manifestazioni sono “una nuova generazione di donne che hanno studiato, esprimono i loro sentimenti in internet e che sono ben accolte nei movimenti di protesta”. Questa descrizione calza a pennello con le giovani di classe media e classe alta che, armate di Blackberry, davano copertura alle proteste dei primi giorni, informando minuto per minuto sugli avvenimenti attraverso Twitter.
 
Liberate dal velo
 
Tuttavia, col passar dei giorni, si son fatte posto in piazza Tahrir donne di tutti gli strati sociali, conservatrici e liberali, acconciate col “niqab” (velo che copre tutto il corpo salvo gli occhi) o coi capelli al vento.
 
In questa piazza si trovava anche la giovane Sara Ismail, risiedente da un anno in Siria, ma tornata lo scorso sabato in Egitto per partecipare alle proteste politiche contro Mubarak. Ismail afferma che la situazione è migliorata per le donne durante questa rivolta: se in altri tipi di concentramenti dovevano vestirsi di maniera più cauta, ora non è necessario.
 
“Vado vestita come sempre e nemmeno le persone più conservatrici mi dicono nulla”, ha segnalato con allegria la giovane attivista, aggiungendo che non si stanno nemmeno verificando casi di molestie sessuali, una piaga nella società egiziana. “La solidarietà fa sì che la rivoluzione sia del popolo e non di una certa classe sociale o di un unico sesso”, ha riassunto Ismail.
 
Barriere culturali
 
La piazza Tahrir, epicentro della rivolta popolare iniziata il 25 gennaio scorso, non ha tribune pubbliche, bensì improvvisate, dove chiunque lancia slogan che la folla ripete con euforia. Le donne non sono da meno.
 
“Il Governo di Mubarak è illegale”, “Il Parlamento è illegale”, “Mubarak vattene, oggi è il giorno della partenza”, gridava una giovane con la kefia palestinese, mentre una trentina di uomini e donne facevano il coro ai suoi slogan.
 
È anche il caso di Samia Ibrahim, che in prima fila in una barricata situata in uno degli accessi a piazza Tahrir, rimaneva all'erta se i sostenitori di Mubarak decidevano d’attaccare come nei giorni precedenti. “Aiutiamo i feriti che sono stati picchiati o colpiti da proiettili, e se c'è qualcuno che porta armi lo fermiamo”, dice con coraggio Ibrahim, mentre tiene nella mano sinistra quattro pietre, pronta a scagliarle.
 
Tuttavia regna ancora l'incertezza circa il futuro di Mubarak dopo questa giornata di proteste di massa, ma ciò su cui non v'è dubbio è, come dice Komsan, che in questi giorni è stato compiuto “un grande passo avanti” per i diritti della donna e “sono state infrante barriere culturali”.
 

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