www.resistenze.org - popoli resistenti - eritrea - 25-05-11 - n. 365

da www.oltre-confine.it
  
In occasione dei 20 anni dalla Liberazione dell'Eritrea
 
di Mattia Gatti
 
Il 24 maggio 1991 il Fronte Popolare di Liberazione dell'Eritrea entra nella capitale Asmara ponendo fine a una guerra per la conquista dell'indipendenza durata trenta lunghi anni; due anni dopo, il 24 maggio 1993, si tiene il referendum che, con un risultato plebiscitario, rende l'Eritrea formalmente indipendente. In questi giorni gli eritrei festeggeranno in patria e in tutto il mondo la ricorrenza di questi due eventi fondamentali per il loro paese e questa può essere un'occasione importante per riprendere il filo di un percorso di conoscenza e solidarietà che la sinistra italiana ha mantenuto dagli anni '60 agli anni '80[1].
 
Riprendere questo filo che sembra ormai sepolto è oggi più necessario ed urgente a causa della nuova offensiva imperialista che si sta abbattendo sull'Africa considerato che come prevede Pepe Escobar, giornalista di Al Jazeera, in seguito agli ultimi interventi militari occidentali gli unici a restare ancora fuori da Africom (Comando Militare per l’Africa del Pentagono, creato nel 2007) potrebbero essere solo Eritrea e Zimbabwe [2].
 
Le origini della lotta per l'indipendenza
 
Dopo la conclusione della II guerra mondiale le Nazioni Unite, sotto la spinta degli USA[3] che non volevano rinunciare al controllo delle coste eritree e contro l'orientamento dell'URSS e dei paesi socialisti che erano favorevoli all'indipendenza, stabilirono che l'Eritrea dovesse essere “una unità autonoma federata sotto la sovranità della corona etiopica”[4] ; l'Etiopia del Negus Haile Selassie era allora infatti, come è tornata ad essere oggi, il riferimento dell'imperialismo statunitense nell'area.
 
Nel corso di pochi anni l'idea della federazione si svuotò di ogni significato ed emerse in modo chiaro ciò che gli eritrei non potevano in alcun modo accettare: l'Eritrea era destinata a divenire la quattordicesima provincia dell'impero etiopico.
 
Il 10 marzo 1958, contro il nuovo codice del lavoro secondo il quale i lavoratori prima di scendere in sciopero avrebbero dovuto richiedere il consenso al governo si svolse uno sciopero generale che paralizzò per quattro giorni le principali città eritree. Contro i lavoratori e per sedare le continue dimostrazioni di protesta l'imperatore scatenò una repressione violentissima; ma proprio a partire da queste mobilitazioni i primi gruppi clandestini iniziarono a darsi forme organizzative stabili [5]. Nello stesso 1958 venne costituito da esuli in Sudan in contatto con il Partito Comunista Sudanese il Movimento di liberazione dell’Eritrea (M.L.E.).[6].
 
La guerra di Liberazione: la Rivoluzione eritrea
 
Il primo settembre 1961 un gruppo di guerriglieri attaccò una stazione di polizia nella provincia eritrea occidentale del Barka; si tratta della prima conseguenza della fondazione del Fronte di liberazione dell’Eritrea (F.L.E.) che, rompendo gli indugi delle precedenti organizzazioni indipendentiste, diede inizio alla lotta armata.
 
Negli anni successivi il FLE. declinò gradualmente anche a causa della mancanza di un preciso progetto rivoluzionario e di una strategia militare che piuttosto che a unire l'intero popolo tendeva a dividere i combattenti in base alla appartenenza etnica e religiosa.
 
Ma, negli anni 70, alcuni musulmani e cristiani progressisti membri del FLE decisero di fondare un proprio gruppo. Nasceva il Fronte di Liberazione del Popolo Eritreo (FLPE), di ispirazione marxista. Come sottolinea Mohamed Hassan , esperto di geopolitica e del mondo arabo, nato ad Addis Abeba (Etiopia) che ha partecipato ai movimenti studenteschi nel quadro della rivoluzione socialista del 1974 nel suo paese, intervistato da Michel Collon: Il FLPE iniziò qualcosa di più di una lotta armata: una vera rivoluzione[7].
 
Nell'analisi del FPLE il processo di decolonizzazione manteneva strettamente legati gli obiettivi nazionali alla trasformazione sociale che il movimento di liberazione iniziò ad attuare già nelle aree liberate dal controllo etiopico: organizzazione di consigli democratici, emancipazione delle donne che hanno combattuto al fianco degli uomini, riforma agraria, istruzione[8].
 
Nel 1974, dopo 44 anni di regno, l'impero di Sélassié viene finalmente rovesciato da una rivoluzione socialista. Ma ben presto nonostante le sollecitazioni degli studenti rivoluzionari e degli intellettuali affinché l'esercito compisse una transizione verso un governo civile i soldati presero il potere e questo determinò il proseguimento della tradizionale politica etiope di occupazione del territorio eritreo. Alla testa della giunta militare (il Derg) si pose il tenente colonnello Mengistu Haile Mariam che represse duramente la resistenza eritrea.
 
Nell'analizzare le difficoltà che i combattenti eritrei dovettero affrontare negli anni seguenti non possiamo non citare il ruolo dell'Unione Sovietica di Nikita Chruščëv che modificando radicalmente quella che era la posizione dei sovietici nel 1950 appoggiò senza riserve la repressione di Menghistu ed anzi la sostenne in modo diretto con l'invio di armi e uomini.[9]
 
Nel 1991, nonostante il tentativo di Menghistu di trovare nuovi alleati sulla scena internazionale partecipando alla coalizione anti-irakena nella prima guerra del golfo, il suo regime cadde per mano del fronte interno dei soldati del Tigray e con il contributo degli stessi guerriglieri eritrei, il FPLE liberò Asmara. Dopo la liberazione lo stesso Fronte conferì a Isaias Afwerki la guida del Governo di Transizione.
 
Vent'anni di indipendenza
 
In questi venti anni il governo ed il popolo eritreo hanno dovuto subire continui e pesanti tentativi di “interferenze” esterne: il momento certamente più grave e drammatico è stata l'ultima sanguinosa aggressione del 1998 in cui l'esercito etiopico è penetrato in Eritrea compiendo brutalità e distruzioni assolutamente ingiustificate sui civili. Ciononostante gli eritrei come abbiamo visto, non hanno mai rinunciato alla propria indipendenza, hanno rifiutato seccamente la presenza sul proprio territorio di basi e militari stranieri ed hanno impedito che fossero gli interessi economici occidentali a determinare il proprio “sviluppo”.
 
Il governo eritreo ha mantenuto la stessa priorità praticata durante la guerra di liberazione: la giustizia sociale che si concretizza con l'eguaglianza tra le varie regioni del paese e con la garanzia per tutti della sicurezza alimentare, dell'accesso all'acqua potabile, della salute e dell'istruzione.
 
L'attacco dell'imperialismo, oggi
 
Come sappiamo la scelta di non delegare il proprio futuro ad altri, di resistere all'arroganza dell'imperialismo militare ed economico non è una scelta facile e soprattutto è una scelta semplicemente inaccettabile per gli imperialisti.
 
Nel 2009 il Consiglio di Sicurezza dell'ONU ha votato a favore della risoluzione 1907/2009 che impone sanzioni a questo piccolo paese del Corno d'Africa. Questa decisione è fondata, come spesso accade su informazioni fabbricate ad arte, ricordate le armi di distruzione di massa di Saddam e, più di recente, le fosse comuni nella spiaggia di Tripoli? Solo la Cina si è astenuta e la Libia ha votato contro.
 
Si accusa l'Eritrea di armare i gruppi guerriglieri in Somalia e di essere responsabile dei rapporti conflittuali con le vicine Etiopia e Gibuti. Il governo di Asmara ha più volte ripetuto all'ONU di non aver fornito armi ai gruppi somali, tanto più che non disporrebbe dei mezzi, ma, e forse questa è stata giudicata un'aggravante, ha anche una sua precisa posizione circa la soluzione della crisi somala: l'apertura di un dialogo per la riconciliazione tra tutti i soggetti del paese, senza ingerenza da parte delle potenze straniere. Contro questa risoluzione gli eritrei si sono mobilitati in tutto il mondo dando vita a importanti dimostrazioni presso le sedi ONU. [10]
 
La disinformazione strategica ed il ruolo di una sinistra degna di questo nome
 
Come abbiamo potuto constatare le varianti che gli stati imperialisti hanno scelto di volta in volta per annientare la volontà di indipendenza dei popoli sono molte e vanno dagli embarghi alla guerra vera e propria che può avere la forma dell'intervento di uno stato asservito (come l'intervento etiope nella vicina Somalia) o di un intervento diretto che in questo caso diventa magicamente “umanitario”.
 
Precondizione di ogni guerra è in ogni caso l'opera pervicace e continua di disinformazione che la precede: per questo il compito di chi vuole la pace e di chi si batte per l'autonomia dei popoli dalle ingerenze occidentali non può essere quello di assecondare passivamente le veline di propaganda di Washington.
 
Il ruolo di chi pensa che un mondo migliore sia possibile dev'essere quello di contrastare chi descrive l'Eritrea come un inferno, il suo governo come una cricca di criminali ed il popolo eritreo (quello stesso popolo che ha saputo resistere al colonialismo italiano prima ed a quello etiope dopo mantenendo le proprie tradizioni e culture ed il proprio progetto di trasformazione sociale) come un popolo prigioniero.
 
La sinistra italiana in particolare anche per il legame storico che unisce Italia ed Eritrea ha un compito cui non può sottrarsi: ricostruire la conoscenza reale basata su dati concreti e riaffermare la solidarietà con un popolo che con sacrifici enormi lotta tutti i giorni per mantenere la propria autonomia e indipendenza.
 
Noi ci sentiamo di salutare gli Eritrei in questo giorno di festa citando una loro canzone : Segum Besai!, Avanti Compagni! ed infine chiediamo di poterci appropriare del loro Awot n Hafash! Vittora alle masse! che sia di buon auspicio anche per noi.
 
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[1] Sarebbe di grande interesse uno studio più approfondito sul tema dei rapporti tra il movimento per la pace, il movimento antimperialista, i comunisti italiani e gli eritrei , segnalo in ogni caso la raccolta di documentazione presente in Bologna, Testimonianze di lotta degli eritrei esuli in Europa, Punto Rosso Edizioni, 2001 ed il saggio di Paolo Borruso , Il PCI e l'Africa indipendente, Le Monnier, 2009; segalo inoltre a rappresentare la variegata gamma degli interventi culturali dei decenni citati il disco LP di Gaetano Liguori Ensemble People of Eritrea stampato nel 1986.
[2] Pepe Escobar, Guerra dei mondi in Africa, da Rebelion.org - www.rebelion.org/noticia.php?id=127370
Traduzione dallo spagnolo per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
[3] Parlando al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, il segretario di stato U.S.A John Foster Dulles afferma:”Dal punto di vista della giustizia, le opinioni degli eritrei devono essere prese in considerazione. Tuttavia, gli interessi strategici degli Stati Uniti nel bacino del Mar Rosso e considerazioni sulla sicurezza e la pace mondiale impongono che il paese sia legato all’Etiopia”
[4] Risoluzione 390 A (V), 2/12/1950
[5] S. Poscia, Eritrea colonia tradita,Roma Ed. Associate, 1989.
[6] Matteo Sisti, Lotte sociali in Eritrea, Ediesse, 2010.
[7] da www.michelcollon.info Tutto quello che non dovreste sapere sull’Eritrea di Mohamed Hassan. Traduzione dal francese per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
[8] Riguardo a questo aspetto segnalo anche un'analisi del 1979: Aspetti sociali della rivoluzione eritrea di Francois Hourtad pubblicata in I Diritti dei Popoli n. 18-19 che colloca il FPLE all'interno delle grandi tradizioni dei movimenti di liberazione come quelli cinese, vietnamita, cubano, angolano, mozambicano e della Guinea Bissau.
[9] Sulle motivazione del cambiamento di prospettiva è interessante citare il parere di Mohamed Hassan nella stessa intervista citata: sul finire degli anni 50, Nikita Chruščëv sviluppò una nuova teoria particolare sul modo in cui l'Unione Sovietica doveva sostenere le rivoluzioni socialiste in Africa: i paesi africani non avevano bisogno di un partito di avanguardia per guidare la loro rivoluzione, l'Unione Sovietica sarebbe stata il loro partito di avanguardia! Chruščëv volle trasporre il modello di rivoluzione russa ai paesi africani, senza dunque tenere veramente conto delle loro specificità. Si potrebbe diversamente affermare che i sovietici avevano fabbricato una scarpa per il loro piede e pensavano che questa scarpa sarebbe andata bene a tutti; e se il vostro piede fosse stato troppo grande, allora bastava tagliare l’alluce per adattarlo! La teoria di Chruščëv era ridicola tanto quanto questa affermazione. Ciò spiega perché l'Unione Sovietica non aveva una reale visione di ciò che accadeva nel Corno d'Africa e sosteneva l'Etiopia. Fu un grave errore.
[10] Maggiori informazioni all'indirizzo: http://eritrean-smart.org/node/26
 

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