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da: http://fondsk.ru/article.php?id=700
 
Un’analisi delle ragioni della rivolta antifascista in Estonia
 
Andrey Areshev
della “Fondazione di cultura strategica”
 
28 aprile 2007
 
Le autorità estoni hanno proceduto a rimuovere con la forza il monumento ai caduti dell’Armata Rossa, utilizzando idranti e altri strumenti autenticamente “democratici”, e hanno disperso tutti coloro che cercavano di impedire questo atto di vandalismo. Di fronte alla possibilità di uno spargimento di sangue, pochi giorni prima, la stessa stampa estone invitava alla prudenza (1), ma le autorità hanno voluto comunque procedere a questa provocazione. Le personalità ufficiali russe hanno reagito con durezza alla notizia dei disordini, assicurando che la rimozione del monumento non avrebbe mancato di provocare conseguenze. Alcuni dubbi espressi dal governo estone che hanno fatto pensare all’interruzione dei lavori di rimozione, sono stati dissipati da una dichiarazione dell’ambasciatrice a Mosca, secondo cui “fino a quando noi opereremo nell’ambito del diritto internazionale, nessuno avrà il diritto di immischiarsi negli affari interni dell’Estonia. Non cederemo di fronte ai ricatti e alle pressioni di altri stati”.
 
Gli esperti che hanno seguito la dinamica dello scontro attorno al monumento, fin dal primo momento, non hanno mai avuto dubbi sul fatto che le autorità estoni sarebbero andate fino in fondo. La politica di revisione delle cause e degli effetti della Seconda Guerra Mondiale e della vittoria dell’Unione Sovietica è stata affermata in modo estremamente chiaro e netto e nessuno ha mai sospettato un improvviso cambiamento del punto di vista degli estoni. Un elemento ulteriore di rassicurazione per l’operato delle autorità di Tallin è venuto dal sostegno ricevuto dal blocco politico-militare della NATO, ed anche dal fatto che la tolleranza nei confronti dell’estrema destra, particolarmente verso i gruppi filo-nazisti in Europa Centrale ed Orientale, rappresenta parte organica della cultura politica occidentale.
 
Anche sul fronte propagandistico, gli estoni non hanno mai avuto problemi. Al loro servizio c’è tutta la stampa occidentale, l’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa e molte altre istituzioni, sempre pronte (come del resto anche una parte dei nostri rozzi “strumenti di comunicazione di massa”) a speculare sul tema del semimitico “fascismo russo”, ma mai a denunciare il vero nazismo, quando esso si manifesta in Occidente. E in questo caso, non c’è alcun dubbio che gli ultimi avvenimenti in Estonia sono stati ampiamente manovrati da forze ostili alla Russia. Una stravagante emittente radiofonica di Mosca (“Eco di Mosca”, finanziata dagli oligarchi che dirigono la cosiddetta “opposizione democratica” a Putin, nota del traduttore) ha già presentato (nello stile provocatorio che le è proprio) gli avversari della rimozione del monumento ai soldati liberatori come una folla di partecipanti a un pogrom, che infrangono vetrine, danno fuoco a chioschi e automobili (2). Si capisce che tutto ciò può essere addebitato solo a coloro a cui poteva risultare conveniente, in particolare ai provocatori guidati dal ministero degli interni estone. E così in realtà è stato. Ma d’ora in avanti ci spiegheranno che nella “civile Estonia” non c’è posto per i “barbari russi”, mentre i paesi membri della NATO, dimenticando le divergenze in corso, si prepareranno a contrastare “la minaccia proveniente da Est”.
 
Ma, se a Tallin sapevano perfettamente cosa volevano e, di conseguenza, hanno cercato di tradurlo in pratica, al contrario la posizione di Mosca si è distinta per l’indeterminatezza e l’ambiguità. Le dichiarazioni di Lavrov (3) e di Gref (4) sull’inopportunità di varare sanzioni economiche contro l’Estonia non potevano che rafforzare la convinzione dei governanti estoni di poter continuare indisturbati.
 
Il dato caratteristico dell’epoca di Eltsin, da cui stiamo cercando faticosamente di uscire, era rappresentato dalla generale mancanza di senso di responsabilità, in particolare nell’ambito della politica estera. Noi non siamo stati in grado di vedere o abbiamo sottovalutato il fondamentale momento, in cui in Europa (non solo in Estonia) è stata avviata la riabilitazione politica del fascismo (che non contraddice affatto i “principi democratici” della società europea) (5). E’ prevalso il punto di vista, secondo cui non dovevamo esplicitare la preoccupazione per i nostri propri interessi, poiché i suscettibili “europei” l’avrebbero associata ad “ambizioni imperiali”.
 
A ciò si sono aggiunti gli interessi di alcune potenti strutture affaristiche russe, interessate ai porti dell’Estonia in quanto punti di trasbordo per le risorse energetiche russe dirette in Occidente. Inoltre, per sviluppare le necessarie infrastrutture nella regione di Leningrado, tali lobbies hanno fatto di tutto perché Mosca non inasprisse i rapporti con gli amici baltici, riducendo a semplici “stupidaggini” l’insulto lanciato alle spoglie dei soldati sovietici o le massicce violazioni dei diritti dei cittadini di lingua russa in Estonia o in Lettonia. Il risultato ottenuto è che la quantità dei terminali per il trasbordo del petrolio e dei prodotti petroliferi presenti sul litorale russo del Baltico è oggi insufficiente, mentre gran parte del petrolio, trasportato via Baltico, transita per Tallin: circa il 31% (a San Pietroburgo due volte meno) (6).
 
E’ paradossale: nonostante i rapporti in via di progressivo peggioramento con il nostro piccolo vicino occidentale, gli interessi degli ambienti affaristici estoni continuano ad essere coltivati nel nostro paese come nel passato. Ad esempio, pur facendo affari in Russia, un miliardario estone è oggi il più potente sponsor dei gruppi nazionalisti che dominano nel parlamento estone. Una consistente parte dei soldi così investiti viene accumulata proprio nel nostro paese (7). E’ possibile forse immaginare una situazione in cui venga permesso ad un uomo d’affari iraniano leale all’attuale governo di Teheran di possedere una rete di supermercati sul territorio degli Stati Uniti, ricavandone soldi da dirottare a sostegno di organizzazioni integraliste islamiche?
 
Dove possa condurre questa “politica” (o meglio la totale assenza di una politica), l’abbiamo sotto i nostri occhi e lo avremo ancora. Sebbene, sulla necessità di una revisione dell’insieme dei rapporti tra Russia e NATO sia arrivato un esplicito pronunciamento a livello dei vertici politico-militari del nostro paese.
 
In questo contesto, è impossibile non rivolgere l’attenzione al fatto che a Tallin si sia proceduto alla rimozione del monumento esattamente poche ore dopo il discorso di Putin all’Assemblea Federale, in cui il presidente della Russia ha chiarito il significato dei passi recentemente compiuti in politica estera, in particolare quello relativo alla revisione degli obblighi russi derivanti dall’accordo sulle armi convenzionali, nella prospettiva di un’uscita di Mosca da questo Trattato che di fatto è ormai lettera morta. Il passo di risposta, in una logica di scontro, delle autorità dell’Estonia appare un atto simbolico vendicativo verso Putin, mentre la celebrazione del nazismo baltico, avvenuta il 27 aprile (alla vigilia del 9 maggio, Giorno della Vittoria sul nazifascismo), sta ad indicare il carattere minaccioso che assume per il nostro paese l’espansione da Occidente.
 
La necessità di una radicale revisione dei rapporti con i paesi baltici è ormai da tempo all’ordine del giorno. Durante un recente incontro con i veterani, il vice-premier S. Ivanov ha invitato i cittadini russi a non comprare prodotti estoni e a non recarsi a Kaliningrad passando per Tallin. La decisione di singoli cittadini, di non acquistare prodotti estoni o di non visitare l’Estonia, può rappresentare certamente un fatto importante, ma se essa non viene accompagnata da un insieme di misure statali di carattere politico, economico, informativo, gli elementi neonazisti in Estonia proseguiranno per la loro strada.
 
Commentando gli ultimi avvenimenti a Tallin, Serghey Ivanov ha dichiarato: “la Russia deve accelerare la costruzione di moderni porti nel territorio russo del Baltico. A Ust Luga, a Primorsk e a Visotsk. E, contemporaneamente, deve esercitare un controllo diretto sui flussi commerciali, non permettendo ad altri stati, in particolare all’Estonia, di arricchirsi sul transito”. Secondo Ivanov, a tal proposito sarebbero già state impartite direttive al ministro dei trasporti I. Levitin. C’è da sperare che, questa volta, non ci si limiti alle parole.
 
Traduzione dal russo di Mauro Gemma per www.resistenze.org