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A 5 anni dal terremoto, tra ricostruzione mai avvenuta e minacce di governo autoritario

Travis Ross e Roger Annis | haiti-liberte.com
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

07/01/2015

Cinque anni dopo il terremoto del 12 gennaio 2010 che ha colpito la regione della capitale di Haiti, la ricostruzione del paese, strombazzata ai quattro venti, resta un sogno irrealizzato.

Il 2015 trova gli haitiani impegnati a combattere con le unghie e con i denti in rinnovate mobilitazioni politiche per il progetto di costruzione nazionale, che i grandi governi e le agenzie umanitarie si erano impegnate a realizzare ma che poi hanno crudelmente tradito.

Le potenze nordamericane ed europee si precipitarono ad inviare aerei e navi cariche di soldati e di acqua in bottiglia nei giorni e nelle settimane successive al disastro, dicendo che avrebbero aiutato Haiti a "ricostruire meglio". Il mondo era inorridito dalla povertà di Haiti, evidenziata dalla copertura mediatica del terremoto. I leader come Bill Clinton avevano anche riconosciuto che le politiche economiche fallimentari imposte per decenni avevano impoverito Haiti e che, in effetti, sono la fonte del suo sottosviluppo economico.

Ma le promesse di aiuti internazionali multi-miliardari si sono rivelate in gran parte illusorie.

Un indirizzo chiave nei mesi successivi al terremoto era che la governance democratica e la sovranità nazionale fossero strumenti essenziali per la costruzione di Haiti su basi nuove e progressiste. Oggi, la mancanza di democrazia e di sovranità è l'epicentro della tempesta politica che sta spazzando il paese.

Per molti mesi, il popolo haitiano si è mobilitato chiedendo le dimissioni del presidente Michel Martelly, con la richiesta di elezioni, rinviate da oltre tre anni, per avere un nuovo governo e parlamento che non abbia paura di assumere i compiti di ricostruzione post-terremoto.

Il movimento di protesta si chiama "Operazione Burkina Faso", ispirato dagli eventi accaduti in quella nazione dell'Africa occidentale. Nel mese di ottobre, il popolo del Burkina Faso ha rovesciato un presidente impopolare, Blaise Compaoré, e il suo governo. Gli haitiani traggono ispirazione da questi fatti e, soprattutto, sono consapevoli che essi si ispirano alle idee socialiste, egualitarie e antimperialiste dell'ex presidente Thomas Sankara, rovesciato e ucciso dalle forze di Compaoré nel 1987.

Il movimento di Haiti ha ottenuto una vittoria importante il 13 dicembre scorso, quando si è dimesso Laurent Lamothe, primo ministro del [presidente] Martelly. Ma Oxygène David, uno dei leader del Coordinamento Dessalines (KOD), una delle componenti più importanti delle proteste, ha dichiarato al settimanale Haiti Liberté: "Lamothe era solo la parte più piccola di una trinità che tiene Haiti sotto scacco. Gli altri due elementi sono Martelly e MINUSTAH. Anche loro devono andarsene perché Haiti ottenga democrazia e sovranità".

MINUSTAH [United Nations Stabilization Mission in Haiti] è il regime di occupazione militare del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, dispiegata ad Haiti nel giugno 2004 per consolidare il colpo di stato del 29 febbraio 2004 contro il presidente progressista, regolarmente eletto, Jean-Bertrand Aristide.

La prossima ondata di grandi proteste è prevista nelle città di Haiti per il 12 gennaio, il quinto anniversario del terremoto.

L'occupazione straniera e lo slittamento verso un regime autoritario

Tre sono fattori che guidano il movimento di protesta: la marcia di Martelly verso un regime autoritario sin da quanto è salito al potere nel maggio 2011, l'occupazione in corso di MINUSTAH, e la fallita ricostruzione dopo il terremoto.

Anche se si sono svolte due elezioni presidenziali negli anni successivi al colpo di stato contro Aristide del 2004, entrambi i presidenti, René Préval e Michel Martelly, sono stati dominati dalle potenze imperialiste e sostanzialmente a loro asserviti. Questo situazione di debolezza è stata drammaticamente simboleggiata dal parziale crollo in seguito al terremoto del secolare palazzo presidenziale, icona di Haiti. Non poteva essere salvato ed è stato raso al suolo.

Subito dopo il terremoto, Stati Uniti, Canada ed Europa hanno precipitato Haiti in elezioni nelle quali si sono sfacciatamente intromessi, per stabilire un ancora più forte dominio neo-coloniale. Le elezioni presidenziali a doppio turno del novembre 2010 e del marzo 2011 hanno portato Martelly alla presidenza, ma solo dopo che l'Organizzazione degli Stati Americani (OAS) è intervenuta cambiandone illegalmente il risultato. Il più grande partito politico del paese – il Fanmi Lavalas di Aristide - è stato escluso, causando la più bassa affluenza alle urne nella storia delle elezioni dell'emisfero occidentale. Le elezioni sono state interamente finanziate dall'estero.

Il presidente Michel Martelly è così riuscito finalmente ad ottenere che il suo socio d'affari di lunga data Laurent Lamothe venisse nominato primo ministro, e i due hanno dichiarato Haiti "aperta agli affari", il che significa che gli investimenti delle imprese sfruttatrici straniere sarebbero dovuti essere la salvezza economica di Haiti, insieme agli aiuti esteri e alla carità. L'intervento del settore pubblico per affrontare la questione abitativa, dell'assistenza sanitaria, dell'istruzione e di altre necessità dell'emergenza è stato evitato.

Martelly è stato uno stretto alleato dell'estrema destra che per due volte ha rovesciato Aristide, nel 1991 e nel 2004. Ha reso gli onori all'ex tiranno Jean-Claude Duvalier, che fu cacciato da Haiti da una rivolta popolare nel 1986 e se ne andò contento a vivere in Francia (e gli fu permesso di farlo), per poi tornare, una volta finiti i soldi che aveva rubato, ad Haiti nel gennaio 2011.

La famiglia di Martelly deve affrontare diverse accuse di corruzione, abuso di autorità, riciclaggio di denaro e sperpero di fondi pubblici. Ma il popolo haitiano è allarmato dalla marcia costante di Martelly verso un regime autoritario. Martelly e Lamothe hanno trovato scuse per non indire le elezioni parlamentari e amministrative, nonostante i mandati in scadenza. Invece lavorare in buona fede con l'opposizione politica per creare una commissione elettorale provvisoria (CEP) che vigili sulle elezioni democratiche, Martelly ha cercato di creare un CEP "permanente" formato da suoi partigiani.

Il 12 gennaio 2015, i mandati della maggior parte dei parlamentari scadono, sciogliendo nei fatti il ramo legislativo. Martelly dice di essere quindi pronto a governare per decreto.

La settimana scorsa, Martelly ha nominato un primo ministro controverso e ha architettato un accordo politico che permetterà di estendere i termini parlamentari e garantire la sua sopravvivenza fino al 14 maggio 2016, ma, mentre andiamo in stampa, sei senatori si sono rifiutati di votare, dicendo che il primo ministro e il futuro quadro politico dovrebbero provenire dall'opposizione e dal parlamento, non dal retrobottega di Martelly.

Thomas Péralte, corrispondente di Haiti Liberté, ha riferito il 31 dicembre scorso che le grandi manifestazioni politiche (per le dimissioni di Martelly) hanno avuto luogo ad Haiti, per la prima volta, alla vigilia di Natale. I manifestanti hanno sostenuto che non c'è nulla da negoziare con un regime condannato e alcuni dicevano di preferire la "guerra civile".

Il colera e la sanità pubblica

Decine di migliaia di persone sono morte nel terremoto e la metà delle case di Port-au-Prince, città con quasi tre milioni di abitanti, sono state distrutte o gravemente danneggiate. Sono cresciute enormemente le necessità di assistenza sanitaria, igiene, casa, istruzione pubblica e di sviluppo economico (compresa l'agricoltura).

I successi iniziali nei soccorsi successivi al terremoto sono stati raggiunti con le iniziative prese dal ministero della Sanità di Haiti, in collaborazione con le missioni internazionali, in particolare quella di Cuba (che lavora ad Haiti dal 1999), Partners In Health (presente dal 1980) e di molti progetti di assistenza sanitaria più piccoli, ma di fondamentale importanza.

Il personale cubano e centinaia di studenti e laureati provenienti da altri paesi della Scuola Latinoamericana di Medicina di Haiti sono andati in alcune delle zone più remote del paese per soddisfare le esigenze mediche nuove e quelle già esistenti. Altri paesi latino-americani hanno fornito contributi sostanziali allo sforzo di assistenza sanitaria a guida cubana. Cuba ha proposto un piano alle Nazioni Unite per creare un programma di assistenza completo, di sanità pubblica per il paese.

La Partners In Health (PIH) con sede a Boston ha ampliato in modo sostanziale il suo lavoro, tra cui va ricordata la costruzione di un secondo ospedale per la formazione, aperto a Mirebalais nel 2012. Anche quelli di PIH hanno espresso sostegno e speranza per un piano di salute pubblica.

Disgraziatamente, i progressi nella costruzione di infrastrutture mediche hanno subito un duro colpo nell'autunno del 2010. Il colpevole di ciò era la familiare e vecchia nemesi di Haiti: l'intervento politico straniero. I soldati di MINUSTAH hanno sconsideratamente e criminalmente introdotto il colera nel paese quando un contingente nepalese fece defluire i propri liquami infetti dal colera nel più grande sistema fluviale di Haiti, nell'ottobre 2010. Nei quattro anni successivi, il colera ha ucciso 8.500 persone e in quasi 800.000 si sono ammalate, la peggiore epidemia del mondo. Il numero dei casi segnalati ogni mese è stato nel 2014 di 2.000 in media, ma è cresciuto negli ultimi mesi dell'anno.

Anche se il segretario generale dell'ONU Ban Ki-Moon ha promesso denaro e risorse per combattere e finalmente debellare il colera, una relazione di un anno fa, del Center for Economic Policy Alternatives con sede a Washington osservava che "le stesse Nazioni Unite hanno impegnato solo l'uno per cento dei finanziamenti necessari per il trattamento del colera [stimati in 2,2 miliardi di dollari], anche se la missione ONU ad Haiti, principalmente militare e di polizia, costa più di 572 milioni di dollari l'anno".

Un recente rapporto di Medici Senza Frontiere (MSF) accusa le autorità di Haiti per la "carenza di fondi, risorse umane e medicine" persistente nel sistema sanitario del paese, anche per il colera. Le Nazioni Unite e i principali governi partecipanti a MINUSTAH negano qualsiasi responsabilità per l'introduzione di colera ad Haiti, non riuscendo così a contribuire alla sua prevenzione. Il colera è facile da trattare e prevenire, se ci sono la volontà e i fondi. E' richiesta solo la fornitura di acqua potabile e lo smaltimento delle acque reflue sanitarie. Ecco perché la gente di New York o Toronto non contrae o muore di colera.

Il disastro del colera ha solo approfondito la ferita purulenta sul corpo politico di Haiti conosciuta come MINUSTAH. La continua presenza di queste forze è un affronto alla dignità e alla sovranità del popolo haitiano.

La crisi delle abitazioni

La casa è stata un altro dei bisogni più immediati di Haiti dopo il terremoto. Gli aiuti internazionali hanno fornito ricoveri a breve termine per proteggersi dalle intemperie. Da quanto è stato detto, sono stati forniti 110.000 ricoveri di compensato e decine di migliaia di tende. A partire dal 2011, sono stati forniti sussidi per un anno alle famiglie come incentivo affinché lasciassero le tendopoli. I campi erano un pugno nell'occhio e una testimonianza visibile dell'assenza di programmi di una certa importanza per costruire nuove abitazioni.

Dopo montagne di studi che evidenziano la necessità di un massiccio programma edilizio ad Haiti, i risultati sono pochi. Secondo un recente rapporto sull'edilizia abitativa allestito dal Church World Service e dal Mennonite Central Committee (ricavato dai dati delle agenzie delle Nazioni Unite), circa 85.000 terremotati vivono ancora in 123 campi di sfollati entro i confini della città di Port-au-Prince.

Molte decine di migliaia di persone vivono nelle nuove e tentacolari baraccopoli informali alla periferia della capitale, di Canaan, Onaville e Jerusalem, che si trovano al di là dei confini settentrionali pre-terremoto di Port-au-Prince. Con un tratto di penna, queste comunità non sono considerate insediamenti dei sopravvissuti al terremoto. Questo significa anche che non sono qualificate per ricevere l'assistenza formale.

Il 34 per cento delle famiglie che ha lasciato i campi dei superstiti, lo ha fatto costrette da quelli che rivendicano la proprietà della terra o da funzionari del governo. Ventidue dei campi restanti sono sotto sfratto.

Il rapporto citato riferisce che negli ultimi cinque anni, 27.353 case sono state riparate e ne sono state costruite 9.053, ad un costo di 215 milioni dollari. Tale importo va confrontato con i 500 milioni di dollari spesi per i ricoveri di compensato, la maggior parte dei quali sono da tempo deteriorati per il clima tropicale o sono stati smantellati per costruire strutture permanenti.

L'organismo di coordinamento per le abitazioni finanziato dalle Nazioni Unite, ha detto nel 2013 che "Haiti ha bisogno di vincere la sfida di costruire 500.000 nuove case al fine di soddisfare il deficit abitativo attuale entro il 2020".

Lo strumento chiave della "politica" di Martelly sugli alloggi, in linea con il mantra "aperto agli affari", è stata la promessa di un finanziamento per la costruzione di case. Nessuna agenzia immobiliare del governo è stata creata e Haiti non ha reti di servizi bancari e finanziari dove la gente possa ottenere prestiti e, in ogni caso, la proposta è ridicola perché la maggior parte degli haitiani non ha redditi su cui contare. Secondo il rapporto nazionale aggiornato su Haiti della Banca mondiale, più di 6 milioni di haitiani su 10,4 milioni vivono sotto la soglia nazionale di povertà di 2,44 dollari al giorno. Oltre 2,5 milioni di haitiani vivono sotto la soglia nazionale di povertà estrema di 1,24 dollari al giorno. Come potrebbero ottenere dei prestiti per costruire le case?

In realtà, la parte più attiva della politica sulla casa è stata la cancellazione dei campi dei sopravvissuti con la forza o con esche economiche a breve termine. Queste ultime sono state facilitate dal programma finanziato dal Canada di 20 milioni dollari volto a fornire sussidi per l'affitto di un anno.

Istruzione

L'istruzione pubblica è un altro bisogno sociale chiave identificato dopo il terremoto. Prima del disastro, la metà dei bambini di Haiti non frequentava la scuola. Il numero di quelli che raggiungevano la scuola secondaria era molto basso. Nel 2011, il regime di Martelly ha creato un fondo nazionale per l'istruzione il cui obiettivo dichiarato è di ottenere che tutti i bambini di Haiti vadano a scuola. Doveva essere finanziato dalle imposte sulle telefonate internazionali e sui trasferimenti di denaro, ma non è mai stato ratificato o controllato dal Parlamento riguardo alla sua costituzionalità. Il piano è affetto da una mancanza di trasparenza e i suoi successi sono molto esili.

Gli amministratori scolastici dicono che il finanziamento promesso nell'ambito del piano non viene erogato, o arriva con mesi di ritardo. Quest'anno, l'apertura dell'anno scolastico di settembre è stata posticipata di un mese perché i genitori non potevano permettersi di comprare i libri di testo e l'altro materiale che le scuole non forniscono.

Uno dei risultati del fondo, in base a una lunga indagine di Haiti Grassroots Watch, pubblicata (in francese) lo scorso luglio, è che le scuole private sono state favorite rispetto quelle pubbliche. Circa l'80% delle scuole primarie e secondarie di Haiti sono private, gestite in genere da chiese e altri enti di beneficenza dall'estero.

I sindacati degli insegnanti di Haiti si sono opposti al fondo perché non aveva alcuna autorità legislativa, operando quindi al di fuori del controllo pubblico. Gli insegnanti hanno combattuto per anni al fine di stabilire un sistema di istruzione pubblica e perché fossero pagati gli stipendi al personale docente. La scorsa primavera, gli scioperi hanno conquistato aumenti salariali dal 30 al 60%, ma gli stipendi sono ancora del tutto inadeguati.

Sviluppo economico errato

Lo sviluppo economico è stato citato come fattore chiave per il futuro di Haiti dopo il terremoto, anche per l'agricoltura. La maggior parte degli haitiani vive ancora nelle campagne e chi è costretto a trasferirsi nelle città per circostanze economiche non lo ha fatto così liberamente. Ma gli aiuti internazionali e dei governi non sono andati neanche vicino a un cambiamento fondamentale in questo ambito. Hanno riabilitato il dogma fallito che pone i bassi salari della forza lavoro di Haiti come un asset economico su cui costruire. Hanno inoltre perpetuato l'abbandono di tutta la produzione agricola importante di Haiti, e con esso il declino ambientale che accompagna la deforestazione.

Fulcro della strategia di sfruttamento del lavoro promossa dall'ex presidente degli Stati Uniti Bill Clinton e attuale aspirante presidente Hillary Clinton è il Caracol Industrial Park, situato lontano dalla zona terremotata, nel nord di Haiti. Quando fu lanciato, nel 2010, venne propagandato come un intervento in grado di creare decine di migliaia di posti di lavoro. Ma un'indagine del 2013 del giornalista Jonathan Katz ha rivelato che "sono stati creati meno di 1.500 posti, pagati troppo poco, dicono i locali, e senza offrire alcuna sicurezza sul lavoro".

Katz riferisce che "centinaia di piccoli agricoltori sono stati persuasi a rinunciare a più di 600 ettari di terreno per il complesso [del parco industriale], ma quasi il 95% di quella terra rimane inutilizzata. Una centrale elettrica, molto necessaria, è stata completata nel sito, rifornendo la città di più energia elettrica che mai, ma gli abitanti lamentano che le masse di acque reflue hanno causato inondazioni e la rovina delle colture".

Le fabbriche di assemblaggio nel nuovo parco pagano di solito meno del magro salario minimo giornaliero medio di 4,76 dollari. Un rapporto dell'Organizzazione internazionale del lavoro (ILO) e della Cooperazione per il finanziamento internazionale (IFC) del 2013, che verifica il rispetto nelle fabbriche degli standard nazionali e internazionali, ha scoperto che tutti le 24 fabbriche monitorate ad Haiti erano "non-conformi". Tutte violano le norme di sicurezza e salute sul lavoro. Tutte violano le leggi sul salario minimo e in 11 violano gli standard sul lavoro straordinario. Nessuna fornisce servizi sanitari e di pronto soccorso adeguati e 22 erano in violazione delle norme sulla protezione dei lavoratori.

Ma che ne è stato dei miliardi di dollari di aiuti promessi ad Haiti? Un rapporto del CEPR [Centre for Economic Policy Research] del 2013 ha rivelato che gran parte degli aiuti destinati ad Haiti non è stato speso in Haiti, ma sono andati agli appaltatori stranieri. "Il 67,1% dei contratti USAID [United States Agency for International Development] è andato a imprese con base a Beltway [Washington, D.C.], mentre solo l'1,3% è andato a società haitiane – aggiungendo che - dei 6,43 miliardi messi a disposizione da donatori bilaterali e multilaterali di Haiti nel biennio 2010-2012, solo il 9% è passato attraverso il governo haitiano".

Nel mese di luglio 2014, il CEPR riferiva che degli 1,38 miliardi di dollari assegnati da USAID per progetti ad Haiti, solo 12,36 milioni sono andati a organizzazioni haitiane. Di questo importo, il 57% è andato alla Cemex Haiti, una impresa locale, filiale della messicana Cemex, uno dei maggiori produttori di cemento al mondo. (Cemex ha acquistato l'ex produttore statale di cemento di Haiti circa 15 anni fa).

Un sacco di celebrità e di altre persone importanti sono andate e venute da Haiti negli ultimi cinque anni. Opportunità di lavoro sono state create da opere di carità. Vengono in mente i Clinton, molti attori di Hollywood. L'ex governatore generale del Canada (il capo di Stato) Michaëlle Jean è stata portavoce del colpo di stato del 2004, mentre era governatore generale, e poi è diventata ambasciatrice speciale ad Haiti per l'UNESCO a seguito del terremoto. Recentemente, ha dovuto fronteggiare le obiezioni dei paesi africani a che divenisse capo della organizzazione dei paesi di lingua francese. Ciò che tutte queste persone, così come molti altri benefattori stranieri hanno in comune è il sostegno al progetto politico di mantenimento del MINUSTAH e dei clienti locali (Martelly o qualche altro derivato) a capo del paese, a spese del popolo haitiano .

Il direttore del CEPR, Mark Weisbrot, ha scritto un anno fa che l'eredità duratura del terremoto "è il profondo fallimento della comunità internazionale nel mettere da parte i propri interessi e rispondere ai bisogni più urgenti della popolazione di Haiti".

Ma poi c'è il popolo haitiano, con il montare delle loro azioni politiche e la loro implacabile determinazione a costruire un paese fondato sulla sovranità e la giustizia sociale. E i loro veri e fedeli alleati internazionali, come i paesi e i progetti sanitari citati in precedenza in questo articolo. Come gli avvocati del Bureau des avocats internationaux (BAI) e del Institute for Justice and Democracy in Haiti (IJDH) che ha citato in giudizio le Nazioni Unite a favore delle vittime del colera. Come il progetto igienico-sanitario SOIL e le organizzazioni di contadini e agricoltori dell'America Latina che lavorano nelle campagne di Haiti. Come molti progetti di sostegno scolastico che sono un'importante forma di lotta per l'istruzione pubblica ad Haiti.

Sono queste le organizzazioni che lavorano a fianco del popolo haitiano per contribuire a plasmare il futuro di Haiti.


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