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Indonesia, 1965-66: Il soliloquio dei muti

Alex Anfruns | investigaction.net
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

28/03/2019

Il concetto dei diritti umani si è affermato come prospettiva di riferimento per raccontare gli eventi contemporanei. Tuttavia, troppo spesso le indignazioni rimangono piuttosto selettive dal punto di vista informativo. Questo priva il pubblico di interi capitoli di storia recente. E in effetti, come si spiega il silenzio su uno dei più grandi massacri del ventesimo secolo? Il documentarista francese Stéphane Roland ha affrontato la questione andando a vedere lui stesso dietro lo scenario delle spiagge paradisiache di Bali. Con grande bellezza e sensibilità, "Il Soliloquio dei muti" rivela il volto nascosto dell'Indonesia e le sue fosse comuni. Un'esperienza commovente.



Alex Anfruns: Dietro le paradisiache spiagge di Bali, il tuo documentario "Le Soliloque des Muets" [Il soliloquio dei muti] esplora il volto nascosto dell'Indonesia e le sue fosse comuni. Cosa ti ha spinto a rivedere questo episodio del passato dell'Indonesia?

Stéphane Roland: L'ho scoperto per caso. Ci sono andato come turista con i miei figli per un viaggio da sogno tra noci di cocco, scimmie, vulcani, ecc... il caso volle che fosse un periodo di elezioni. Mi sono imbattuto in un'affissione elettorale in cui c'era un candidato in abbigliamento militare che ha catturato la mia attenzione.

Così ho iniziato a leggere la storia dell'Indonesia e mi sono imbattuto in questo primo dato: "Nel 1965, Suharto prende il potere: cinquecentomila morti". Ero stupito che da documentarista con un interesse sui diritti umani, non ne avessi mai sentito parlare!

Tornando a casa ho fatto subito qualche ricerca e in realtà ho trovato molto poco. Quel poco ha però attratto la mia attenzione: erano alcuni studi dell'epoca, in particolare studi australiani e alcuni americani e olandesi, non grandi opere, dove si parlava di un milione o forse due milioni di morti! Altrettanti prigionieri politici... alcuni lo presentarono come il terzo più grande massacro dell'umanità dalla fine del XX secolo.

C'erano pochissimi studi: più guardavo, meno trovavo. Alla fine, sono andato a fare la mia ricerca presso gli indonesiani, iniziando con la diaspora in Francia e in Europa. Ho avuto così la conferma, che vi era stato qualcosa di molto grave e che più o meno tutti ne erano stati colpiti. Così ho deciso di andare a vedere di persona.

Lei dà la parola a persone che hanno cercato di ricostruire o evocare questa memoria storica. Qual è la caratteristica comune in queste testimonianze?

In questo film le persone coinvolte spesso testimoniano per la prima volta, quindi bisogna prenderle per quello che sono: testimonianze fragili. Questi testimoni si trovano sempre in un contesto di rischio. E' pericoloso per alcuni testimoniare, perché sono tenuti a farlo a viso aperto.

Una delle loro caratteristiche è che sono quindi persone di grande dignità e coraggio. Dopo di che, per quanto riguarda il contenuto, tutti dicono cose orribili, ma direi che lo abbiamo già visto altrove. È il racconto eterno del prigioniero politico o del popolo oppresso. Al momento, lavoro su luoghi di memoria in Francia, incontro molti ex combattenti della resistenza o bambini di deportati e quando si ascoltano le loro storie, sono quasi tutte uguali!

Si parla sempre di denuncia, di tortura, di stupro diffuso, di prigionia, di carestia, di schiavitù, di lavori forzati, e naturalmente si parla di uccisioni di massa e di massacri. Non è possibile parlare ufficialmente di genocidio nel caso dell'Indonesia, ma ci sono tutti i meccanismi e i moventi di un processo genocida ed è proprio questo che emerge dalle testimonianze. Quello che vedo, sono per lo più storie universali.

In questo caso, la storia è una sorta di tabù che non deve essere infranto?

Sì, rompono un tabù. Alcuni di loro avevano già parlato, ma alla fine hanno pagato. Molti, con mia grande sorpresa, per la prima volta, si esponevano completamente per la prima volta davanti alla telecamera. E a volte è successo di fronte alle loro famiglie, che assistevano al racconto del padre o del nonno ed è stata la prima volta che alcune persone lo hanno sentito: non sapevano che il padre era stato arrestato, deportato, torturato, ecc. Le donne hanno parlato di stupri ed è qualcosa di cui non si parla mai, assolutamente mai, nella società indonesiana.

Forse è più di un tabù, poiché l'anticomunismo è diventato un valore nella società indonesiana, dove si è orgogliosi di aver "vinto contro i comunisti", si è orgogliosi di aver "portato a termine il lavoro". E' quello che mostra il film di Joshua Oppenheimer "The Act of Killing", l'orgoglio di aver fatto il lavoro, di aver ucciso, ucciso e torturato persone. I carnefici sono coinvolti integralmente in questo film, ma le parole delle vittime non vengono raccolte.

Come spieghi che questo conflitto mortale non è sufficientemente noto al grande pubblico?

I fatti sono estremamente gravi, ma ciò che rimane unico nel caso dell'Indonesia, credo, è che praticamente nessuno ne è a conoscenza, anche le giovani generazioni in Indonesia. Quando si vede l'immensità dell'orrore e nessuno lo sa, questo è quello che si chiama un esempio di propaganda di successo.

Se ci fosse un secondo film da fare, dovrebbe concentrarsi su questo aspetto: come questi 50 anni di propaganda sono riusciti a seppellire qualcosa di così enorme. Mi sono basato sui fatti, ma dal momento in cui gli eventi si sono calmati, questo lavoro di propaganda è stato fatto molto bene. Il grande ciclo di violenza ha avuto luogo nel 1965-66. Poi c'è stata una sorta di normalizzazione del sistema indonesiano: la dittatura è stata installata e subito è stata creata una propaganda anti-comunista molto efficace che ha funzionato molto bene a livello mondiale.

Ciò era collegato al contesto storico?

In effetti, eravamo nel bel mezzo di una guerra fredda e questi eventi, come stiamo cominciando a vedere ora, sono stati sostenuti anche dalle grandi potenze occidentali. Quindi, alla fine, tutti hanno fatto un po' da freno. Abbiamo accettato la storia, il resoconto ufficiale della dittatura affermando che era "necessario eliminare i comunisti", che era "una guerra contro i comunisti che avevamo vinto".

Questa storia, tutti l'hanno venduta. Ovviamente, in primo luogo l'esercito indonesiano, che ha battuto su questo fino ad oggi. Tutto ciò continua tuttora e in Indonesia si parla di anticomunismo in termini culturali, non si tratta solo di propaganda, ma di un vero e proprio passo in avanti. Le persone della mia generazione sono state obbligate, per esempio, a vedere film di propaganda ogni anno, spesso è stata la loro prima esperienza cinematografica.

Erano film molto violenti in cui i comunisti erano ritratti in modo molto violento. Beh, possiamo essere a favore o contro il comunismo, non e' in discussione. Gli eccessi comunisti sono stati presentati da un punto di vista molto soggettivo e violento, al punto di legittimare l'idea di eliminarli.

Questo paese e cresciuto così. L'anticomunismo ha persino unito le persone in un paese che è un vero e proprio puzzle: diverse religioni, molte lingue diverse, è anche un puzzle di isole... l'anticomunismo è un po' ciò che riunisce tutti, è abbastanza affascinante da guardare. I ragazzi per strada, se vogliono insultare qualcuno, lo chiamano comunista, per esempio. E' qualcosa che succede molto spesso. E' persino proibito essere comunisti, anche essere atei... Infine, si fanno molti ragionamenti schematici del tipo "se sei comunista sei ateo, se sei ateo sei comunista...". E tutto questo è stato trasmesso più o meno fortemente dalle grandi potenze occidentali.

Una volta definito lo scenario, torniamo ai fatti in questione. Nel 1965, un settore dell'esercito indonesiano ha usato come pretesto degli ipotetici preparativi per un colpo di stato "il golpe dei generali" per realizzare il proprio. In una testimonianza al Tribunale dell'Aia, uno storico specializzato in quest'epoca spiega che il colpo di Stato è stato presumibilmente finanziato dagli Stati Uniti, un paese che ha sostenuto nazionalisti e islamisti contro il Partito Comunista Indonesiano (PKI).

Si e poi non e' cosi' semplice. In effetti, ci sono stati sei generali uccisi il 1° ottobre 1965, ma non è ancora chiaro chi sia stato. D'altra parte è stato davvero un super-pretesto a favore dell'esercito per riguadagnare il potere.

Suharto accusò immediatamente i comunisti. O era molto intelligente e molto opportunista o c'era qualcosa di preparato e che covava alle spalle. Lo storico americano mostra che l'esercito indonesiano è stato addestrato dagli Stati Uniti per prendere il potere. Quello che è successo era per loro il momento scatenante, ma tutto era stato organizzato. Le informazioni sono conservate in archivi precedentemente riservati.

Oggi la CIA ha declassificato molti archivi. Forse finalmente avremo degli storici che si occuperanno di questo. Sarà interessante seguire tutti i rapporti che il presidente Johnson ha ricevuto sul suo tavolo ogni mattina. Sapeva benissimo cosa stava succedendo in Indonesia... il fatto che non si muovesse è una cosa, ma chiedersi se tutto questo sia stato preparato e in quale misura, tenuto conto del contesto dell'epoca e di ciò che gli Stati Uniti hanno fatto altrove, soprattutto in America Latina, si possa effettivamente porre la domanda. Paradossalmente, potremmo avere più prove documentali dagli Stati Uniti che dall'Indonesia.…

Volevo chiederle se il suo documentario potesse essere trasmesso in Indonesia, ma ho l'impressione che non sia così.…

Ufficialmente no, ma è uscito un DVD non ufficiale e credo che la gente lo vedrà. Quello che è certo è che questo film non uscirà ufficialmente. Da parte mia è impossibile tornare indietro, non è ufficiale, ma al momento tutti mi consigliano di non farlo, soprattutto per proteggere coloro che potrei incontrare sul posto. Ed è anche complicato per le persone che sono venute con me durante le riprese.

Al contrario, qual è stata l'accoglienza più vicino a casa nostra?

In Francia, è stato molto ben accolto, ma è ancora una micro-diffusione. È stato prodotto e trasmesso da una piccola stazione televisiva nel centro della Francia, BIP-TV. E' andato in onda una dozzina di volte. Dopo di che è andato a qualche festival e ogni volta ha ricevuto un premio, ma pochissimi Festival lo hanno programmato.

A proposito, nessun festival per i diritti umani l'ha programmato e questo è ancora una grande sorpresa per me. È senza orgoglio che lo dico: il film può piacere o meno, ma non è questo che importa. E' quello che racconta che è importante, a mio parere e sono davvero sorpreso che nessuno sia interessato a priori. Perché il rimando dopo le trasmissioni è unanime: la gente si chiede perché non sappiamo nulla di questa storia e giudica il film commovente e necessario. Attualmente è studiato nelle scuole superiori grazie a insegnanti molto motivati e questo mi rende ottimista per l'avvenire.


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