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Il Partito Tudeh dell'Iran nel trentesimo anniversario del massacro di migliaia di prigionieri politici da parte del regime criminale iraniano: la Catastrofe nazionale

Partito Tudeh dell'Iran | solidnet.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

03/09/2018

Luglio e agosto 2018 segnano i 30 anni da uno dei più vergognosi crimini politici nella storia contemporanea dell'Iran, anzi del mondo: la Catastrofe nazionale, il massacro di migliaia di prigionieri politici per ordine diretto di Khomeini. Trenta anni dopo questa atrocità, sono stati rivelati diversi aspetti del crimine: dai suoi autori, agli organizzatori ed esecutori. Non permane alcun dubbio che l'omicidio di migliaia di prigionieri politici - molti dei quali erano già stati condannati a pene detentive che stavano scontando, o che avevano già scontato integralmente - nell'estate del 1988, fu intrapreso senza altro fine che una massiccia e sanguinosa epurazione dell'opposizione politica per assicurare la sopravvivenza della Repubblica Islamica.

Dal maggio del 1988, il nostro partito aveva denunciato e messo in guardia rispetto le notizie allarmanti che giungevano dalle prigioni, invitando tutte le forze progressiste dell'Iran e del mondo a una maggiore determinazione nel salvare la vita dei prigionieri politici.

Il particolare contesto interno e il clima storico della Catastrofe nazionale furono caratterizzati dalla critica e dalla schiacciante sconfitta della politica di "Guerra fino alla vittoria" condotta dal regime negli otto anni di conflitto con l'Iraq. Una politica che Khomeini e gli altri vertici del regime avevano imposto alla nazione nonostante tutta l'opposizione e il malcontento espressi dalla stragrande maggioranza del popolo e dalle forze patriottiche e democratiche del paese. La morte di centinaia di migliaia di giovani iraniani e iracheni sui fronti di guerra, la distruzione di decine di città e i miliardi dei danni di guerra, la militarizzazione e la promozione del Corpo delle guardie islamiche e di altre forze oppressive a posizioni decisionali chiave nel sistema politico dominante, furono tra gli effetti distruttivi delle strategie del regime teocratico in Iran, e dello stesso Khomeini, perseguiti inoltre senza alcun riguardo verso gli interessi nazionali del paese. Khomeini accettò la Risoluzione ONU n. 598 per porre fine alla guerra e definendola "amaro calice" poiché sapeva che accettare la risoluzione significava assumersi la responsabilità della politica imprudente, anti-nazionale e disastrosa di aver continuato la guerra per altri sei anni dopo la liberazione di Khorramshahr [e l'espulsione delle forze irachene dall'Iran nel 1982]. Khomeini e i beneficiari del dispotico regime teocratico, tra cui Khamenei, decisero di assassinare un gran numero di figure sociali, culturali e politiche di spicco dell'Iran in modo da assicurare ed estendere il proprio futuro politico, oltre a garantire la sopravvivenza del regime del crimine e dell'oscurantismo.

Quello che ora è chiamata Catastrofe nazionale, l'uccisione di migliaia di prigionieri e dissidenti politici e l'orribile esperienza quarantennale del regime teocratico iraniano, servono a descrivere la natura profondamente inumana e criminale di un regime fondato su "l'Islam politico" e il "dominio del rappresentante di Dio sulla Terra". Questo non è un regime che deve essere riformato, né lo è alcuna delle sue leggi (compresa la sua Costituzione), né i suoi organi giudiziari, esecutivi e legislativi - se la volontà del popolo vale più di quella della Guida suprema. Questo è un sistema in cui il nero può essere rappresentato come bianco, la legge può essere uno strumento di omicidio e repressione e in cui migliaia di persone innocenti possono essere uccise in poche settimane in un atto chiamato "Jihad" per Dio. A trent'anni da quel terribile crimine, non solo c'è stato un fallimento da parte dei leader della Repubblica islamica, ma anche da parte di coloro che sostengono di essere per le riforme, di assumersi apertamente la responsabilità di ciò che è accaduto e rispondere alle richieste delle famiglie delle vittime. Anche durante gli otto anni del "governo delle riforme", quando i riformisti avevano una maggioranza di controllo in parlamento, questi "democratici islamici" non erano né pronti né disposti ad andare oltre le linee di "noi e loro" e intraprendere qualsiasi passo significativo per rivelare la verità al popolo. Il silenzio su questo crimine e questa oppressione ha portato a ciò che abbiamo visto negli episodi di feroce repressione e violenza dei primi anni '90; gli "omicidi a catena" dei più importanti attivisti sociali e politici da parte di elementi oscuri all'interno delle agenzie di intelligence; la sanguinosa repressione della rivolta universitaria nel luglio 1999; e poi, durante la sanguinosa repressione delle proteste popolari nel 2009 [Movimento Verde]; e più avanti nel brutale giro di vite sulle proteste popolari in più di otto città del dicembre 2017 e nei mesi recenti. E oggi, a trent'anni dalla Catastrofe nazionale, questi riformisti non solo hanno mancato di trarre insegnamenti da questa sanguinosa storia, ma si mantengono in silenzio per proteggere gli interessi del "Sacro regime islamico". A trent'anni dalla Catastrofe nazionale, nonostante i tentativi del regime islamico di distruggere le prove di quell'orribile crimine, le famiglie dei martiri si radunano ancora presso le fosse comuni delle vittime in varie città dell'Iran, anche se non hanno ancora potuto seppellire, giustamente e rispettosamente, i loro cari nel modo in cui meritano. Nonostante le continue smentite dei leader del regime e il loro riferimento a quel massacro come l'uccisione di alcuni terroristi, le organizzazioni per i diritti umani hanno stimato il numero di vittime superiore alle cinquemila e hanno persino pubblicato alcuni elenchi dei prigionieri giustiziati.

Gli autori della Catastrofe nazionale hanno assassinato centinaia di leader, quadri, membri e simpatizzanti del nostro partito, ritenuti un pericolo per il futuro del regime. Prigionieri politici illustri sotto il regime dello Shah per 25 anni, intellettuali, accademici, autori, traduttori, artisti, sindacalisti, rappresentanti dei lavoratori e ufficiali militari, furono tra i leader e membri del nostro partito giustiziati. La sopravvivenza del Partito Tudeh dell'Iran negli ultimi 30 anni e la sua presenza forte e durevole nelle lotte politiche e sociali nel paese - grazie agli sforzi disinteressati dei sostenitori del partito in esilio e in Iran, nonostante tutti gli ostacoli e le difficoltà - prova il fallimento della strategia criminale del regime iraniano di sottomettere il nostro partito e altre organizzazioni democratiche e progressiste.

Il nostro partito, e altre forze democratiche e patriottiche del paese, considerano come loro responsabilità e dovere rivoluzionario e umano continuare nell'impegno di far luce su questo grave atto criminale fino a che tutti i suoi esecutori non saranno svelati e consegnati alla giustizia. Gli sforzi devono essere intensificati per rompere il silenzio sulla Catastrofe nazionale. Mantenere aperto questo dossier e agire in base alle richieste delle famiglie delle vittime di questo orribile disastro ha indubbiamente un ruolo importante nell'attuale lotta per la pace, la libertà, la democrazia e la giustizia sociale.

Il massacro del 1988 e gli altri omicidi nel corso degli anni '80 sono esperienze storiche di vitale importanza per tutte le forze democratiche e progressiste. In primo luogo, nel riconoscere che un regime disposto e pronto a commettere un crimine così orrendo va al di là delle riforme. Affermare che la natura di un tale regime possa essere cambiata attraverso il dialogo e l'orientamento equivale a gettare polvere negli occhi del popolo e favorisce la sopravvivenza del sanguinoso dominio della tirannia sul nostro paese. In secondo luogo, l'ordine esecutivo di Khomeini di uccidere i prigionieri politici dimostra che l'attuale regime in Iran è "repubblicano" solo di nome, mentre nella sua struttura e nei suoi atti è un regime profondamente dispotico e dittatoriale. Senza sbarazzarsi delle fondamenta strutturali di questo regime – vale a dire la Guida suprema - non si può essere ottimisti riguardo al futuro del paese o di qualsiasi sviluppo per stabilire la libertà e la volontà del popolo a determinare il proprio destino.

Tutti ora sanno, comprese finanche alcune fazioni del regime al potere che lo ammettono, che l'attuale situazione disastrosa in Iran - dalla povertà, dall'emarginazione e oppressione senza precedenti nella storia contemporanea della nazione, attraverso la corruzione istituzionalizzata e flagrante in tutti i rami del potere della Repubblica Islamica, alla continua brutale e sanguinosa repressione dei dissidenti e delle proteste popolari - sono tutte conseguenze e risultato del dominio del regime della Guida suprema in Iran.

Oggi, la commemorazione e il tributo migliori ai sacrifici senza precedenti ed eroici dei prigionieri politici assassinati sono l'intensificazione della lotta congiunta di tutte le forze della libertà e progressiste della nazione per porre fine al dominio della tirannia e stabilire al suo posto un regime democratico.

Salutiamo tutti i combattenti per la libertà e i coraggiosi figli della nazione che caddero martiri nella Catastrofe nazionale del 1988!

Lunga vita al glorioso ricordo delle coraggiose lotte di quegli eroi silenziosi della nazione!

Salutiamo i genitori, i coniugi, i figli e le famiglie dei martiri della Catastrofe nazionale, che hanno difeso con fermezza e perseveranza la legittimità della lotta dei loro cari contro il regime teocratico dell'Iran!

Vergogna sui leader del regime teocratico e su tutti gli autori di quel crimine orribile che è stata la Catastrofe nazionale!


Il Comitato Centrale del Partito Tudeh dell'Iran

27 agosto 2018


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