da: il manifesto - 12 Marzo 2005
http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/12-Marzo-2005/art34.html
Anche i bambini ad Abu Ghraib
Dagli
Stati Uniti il generale Karpinski, ex-direttrice del carcere alla periferia di
Baghdad, tristemente noto per gli orrori e le torture perpetrati dalle truppe
americane, rivela: «Dietro le sbarre anche detenuti di undici anni»
di Stefano Chiarini
Bambini dall'«apparente età di otto anni» sarebbero
stati, e forse lo sono ancora, imprigionati dalle truppe di occupazione
americane nel tetro complesso carcerario di Abu Ghraib, salito lo scorso anno
agli onori della cronaca in seguito alla messa in rete di una serie di foto
nelle quali si vedevano dei soldati americani che torturavano, maltrattavano e
umiliavano i prigionieri iracheni. L'ha sostenuto nel corso di un
interrogatorio della commissione di inchiesta sulle torture, il generale Janis
Karpinski, che prima dello scandalo dirigeva il complesso penitenziario
composto da un insieme edifici, tende, palazzine e torri di guardia, che si
estende per chilometri e chilometri tra l'omonimo paese, ad una ventina di
chilometri a occidente di Baghdad, e la base Usa, Camp Victory, costruita attorno
all'aeroporto della capitale. Della presenza di bambini nel carcere di Abu
Ghraib si era già parlato lo scorso anno - anche grazie alle rivelazioni del
giornalista investigativo Seymour Hersh - quando si venne a sapere che molte
delle foto dello scandalo, relative a maltrattamenti, umiliazioni e torture ai
danni di donne e bambini, non erano state rese note. Già nel luglio del 2004
alcuni media tedeschi avevano lanciato una campagna per denunciare arresti a
maltrattamenti di minori iracheni, anche ad Abu Ghraib, da parte dei soldati
della coalizione. Il portavoce della Croce Rossa Internazionale, Florian
Westphal, intervistata dalla rete «Swr» aveva dichiarato che tra il gennaio e
il maggio del 2004 aveva registrato 107 bambini nel corso di 19 visite in sei
diverse carceri. Ricorrenti inoltre le denunce del sequestro delle mogli,
figlie e sorelle dei resistenti ricercati da parte dei militari americani che
così sperano di costringere i loro parenti a consegnarsi.
Il generale Karpinski ha confermato la presenza di
bambini-detenuti nel carcere nel corso di una testimonianza rilasciata nel
maggio del 2004 al generale George Fay il cui contenuto è stato reso noto ieri
dall'«American Civili Liberties Union» che ne aveva fatto richiesta sulla base
del «Freedom of Information Act». Nel corso della sua deposizione l'alto
ufficiale americano dichiara che durante il suo periodo di comando a capo del
penitenziario delle torture, dal luglio al novembre del 2003, era solita
visitare i più piccoli «ospiti» della prigione e che uno di loro «sembrava
avere non più di otto anni». «Mi disse di averne circa dodici - continua il
generale - che era con suo fratello ma che voleva vedere la madre e piangendo
mi chiese se potevo chiamare la madre». Il generale non dice poi che fine ha
fatto il ragazzino e perchè mai si trovasse in quel terribile carcere dove le
violenze, le torture, erano all'ordine del giorno. La testimonianza della
Karpinski ha una sua particolare importanza in quanto è la prima ammissione
pubblica, documentata, della presenza nella prigione di bambini al di sotto
degli undici anni. Secondo quanto dichiarato dal generale davanti alla
commissione di inchiesta, l'Esercito americano avrebbe cominciato a mandare
donne e bambini ad Abu Ghraib nell'estate del 2003 in quanto le condizioni di
vita in quell'inferno sarebbero state migliori di quelle nelle quali erano
stati tenuti e tenute fino a quel momento. Le autorità carcerarie americane,
nonostante vi siano state numerose denunce e articoli di stampa, hanno sempre
negato che nel carcere vi siano state violenze contro le donne ma alcuni dei
documenti resi noti ieri sembrano delineare una ben diversa realtà: sei
testimoni avrebbero dichiarato che una sera tre uomini incaricati di portare
avanti gli interrogatori e un interprete si ubriacarono, presero una ragazza
diciassettenne dalla sua cella e l'avrebbero costretta a spogliarsi. Un altro
soldato ha raccontato come nel gennaio del 2004 alcuni soldati hanno versato
acqua gelata e fango sul figlio diciassettenne di un generale iracheno per
costringere il padre a collaborare. La testimonianza del generale Karpinski è
importante anche perché conferma la pratica dei «detenuti fantasma» non
registrati e tenuti nascosti alle ispezioni della Croce Rossa. L'alto ufficiale
ha confermato di aver visto un ordine scritto che le imponeva di non registrare
un detenuto preso dalla CIA, mentre secondo un altro ufficiale l'Intelligence
americana e la polizia militare avrebbero negoziato una sorta di intesa su come
dovevano essere trattati i «prigionieri fantasma». Il Pentagono ha ammesso di
aver tenuto nascosto alla Croce Rossa l'esistenza di almeno 100 detenuti
violando apertamente le Convenzioni di Ginevra.
Nel settembre del 2003 il colonnello Thomas Pappas
avrebbe dichiarato agli inquirenti (secondo quanto riporta il Washington Post)
che la CIA avrebbe chiesto agli ufficiali dell'intelligence militare di
«continuare a rendere disponibili celle per i loro detenuti e che questi non
dovevano essere sottoposti alle normali procedure».
Il generale Karpinski, particolarmente amareggiato per
essere stata l'unica ad essere criticata per lo scandalo delle torture, ha
inoltre sostenuto che l'allora numero due dell'esercito in Iraq, gen. Walter
Wodjakowski, nell'estate del 2003 le avrebbe ingiunto di non rilasciare più
alcun prigioniero anche se sicura della sua innocenza: «Non mi importa se
teniamo dentro 15.000 civili innocenti -la avrebbe detto il suo superiore - Noi
stiamo vincendo la guerra». Il Pentagono in un rapporto reso noto questa
settimana si è autoassolto per le torture ad Abu Ghraib, in Iraq e in
Afghanistan, sostenendo che nessun funzionario dell'amministrazione e nessuna
delle politiche seguite avrebbero alcuna responsabilità per le torture e i
maltrattamenti ai danni dei prigionieri.