www.resistenze.org - popoli resistenti - kuwait - 13-11-12 - n. 429

da solidarite-internationale-pcf.over-blog.net
Traduzione dal francese per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
 
Nel silenzio dei media occidentali la repressione da parte della monarchia reazionaria del Kuwait delle "più grandi manifestazioni nella storia del paese"
 
di AC, solidarite-internationale-pcf.over-blog.net
 
09/11/2012
 
Mentre la guerra civile siriana, alimentata dalle ingerenze straniere, occupa la scena principale dei media, il silenzio è quasi totale sulle proteste popolari che hanno scosso le dittature del Golfo: Arabia Saudita, Bahrain, Emirati Arabi Uniti e ora Kuwait.
 
Il 21 ottobre scorso, centinaia di migliaia di manifestanti - 200.000 secondo gli organizzatori - hanno espresso la loro stanchezza per i metodi antidemocratici del regime Kuwait. Il più grande evento nella storia del piccolo emirato del petrolio.
 
Il regime ha risposto con la violenza. Trenta feriti, vittime di gas lacrimogeni e dei manganelli, e un centinaio di arresti.
 
Perché tali manifestazioni in un paese presentato, avventatamente, come l'unica "democrazia" nel Golfo?
 
In realtà, il Kuwait resta una monarchia autoritaria governata da una dinastia, gli Al-Sabah, che regna sul paese da 250 anni. L'emiro ha il potere esecutivo e si riserva il diritto di sciogliere e persino sospendere il Parlamento.
 
Questo è accaduto per dieci anni tra il 1976 e il 1991, quando l'Iraq di Saddam Hussein invase uno Stato in cui l'aspetto della legalità parlamentare era stata sospesa da oltre sei anni.
 
Fino al 2005, solo il 10% della popolazione aveva la possibilità di votare. Inoltre, gli stranieri che rappresentano la metà della popolazione residente e le donne beduine non avevano ancora acquisito il diritto di voto.
 
In questo ricchissimo emirato del petrolio, i lavoratori - immigrati per l'80% - hanno diritti ridotti al minimo: divieto di sciopero nel settore pubblico, divieto di organizzare un sindacato nel settore privato mentre gli immigrati sono soggetti al principio di affidamento (Kafala), che li mette completamente alla mercé legale del loro "padrino" locale.
 
Le manifestazioni che interessano il paese dall'inizio di ottobre non riguardano direttamente queste popolazioni immigrate che hanno espresso focolai di ribellione nel 2008.
 
Esse mobilitano soprattutto le classi medie e una parte significativa dei giovani del paese, che si raggruppano attorno alle frazioni islamiste e liberali dell'elite del paese, rivendicando riforme democratiche.
 
Le elezioni del febbraio 2012 hanno visto la vittoria dell'opposizione con 34 seggi su 50 - di cui 23 islamisti. Un'elezione annullata in ottobre dall'emiro, che immediatamente ha sciolto il Parlamento. La quarta volta in sei anni.
 
L'emiro ha indetto nuove elezioni anticipate nel mese di dicembre secondo una nuova legge elettorale che dovrebbe diminuire il peso dell'opposizione parlamentare.
 
Dopo la manifestazione del 21 ottobre, i movimenti di protesta non si sono affievoliti. I manifestanti contavano ancora qualche migliaio domenica scorsa, 4 novembre, quando la monarchia aveva minacciato di mandare l'esercito per sedare il movimento.
 
Le forze speciali e veicoli blindati hanno bloccato questa domenica le strade che portavano al concentramento, mentre la polizia sparava sui manifestanti i gas lacrimogeni e granate stordenti.
 
Da parte delle potenze occidentali, la retorica dei "diritti umani" finisce dove inizia quella dei ghiotti contratti per gli armamenti. Importante alleato della NATO nella regione, ieri contro l'Iraq e oggi contro l'Iran, il Kuwait moltiplica gli acquisti di equipaggiamenti militari pesanti.
 
Nel mese di luglio 2012, ha ordinato 60 [missili] Patriot terra-terra da puntare verso l'Iran. La Francia, spinge la vendita di una partita da 15-30 [aerei da caccia] "Rafale" in Kuwait, parte di un pacchetto che coinvolge altri due regimi autoritari regionali: il Qatar e gli Emirati Arabi Uniti. Nel 2009, Nicolas Sarkozy ha fatto una visita lampo in Kuwait in qualità di rappresentante di prestigio della [azienda aeronautica] Dassault.
 
Ora è la volta di François Hollande di moltiplicare le visite di cortesia presso i monarchi reazionari di Arabia Saudita e Bahrain, nonché ai rappresentanti dello stato sionista, per preparare lo smembramento della Siria. Mentre tace qualsiasi critica della repressione feroce dilagante nel Golfo.
 
"Non è ancora ora di cambiamento" negli Stati oscurantisti del Golfo, come altrove.
 
 

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