www.resistenze.org - popoli resistenti - libano - 06-07-20 - n. 756

Il fallimento del sistema libanese ora minaccia una carenza alimentare

Morning Star | lcparty.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

30/06/2020

Il paese può essere riorientato verso la produttività, la ridistribuzione della ricchezza, il secolarismo e il progresso sociale? Omar Deeb analizza l'attuale situazione politica in Libano

In Libano si stanno accumulando diverse crisi. Le persone si stanno chiedendo in maniera satirica quale sarà la prossima apocalisse che affronterà il Paese dopo tutto ciò a cui ha già assistito negli ultimi mesi.

L'inevitabile collasso economico era sempre più vicino da diversi anni.

Un'economia sul modello rentier che manca di produttività e vive di rimesse dall'estero, depositi bancari e prestiti per sopravvivere non è sostenibile, come hanno avvertito le forze di sinistra e come ha dimostrato la dura realtà nazionale. Dopo aver accumulato livelli di debito rispetto al PIL mai così gravosi nella storia, il governo precedente è caduto nel marzo 2020. La valuta nazionale è stata svalutata di quasi il 300% negli ultimi sei mesi, passando da 1.500 a circa 4.400 lire libanesi per un dollaro. Con un'economia che importa addirittura i beni di prima necessità, tale situazione si è tradotta in una spaventosa crescita dell'inflazione dei prezzi e ha dimezzato il potere d'acquisto dei salari locali.

Il paese è da lungo tempo in stagnazione politica. La politica settaria ha portato a un clientelismo corrotto in cui qualsiasi lavoro, servizio pubblico o diritto alla salute pubblica dipende dai leader locali che elargiscono tali benefici in cambio di fedeltà politica. Tuttavia, anche prima dell'attuale crisi, una parte sempre più ampia del popolo libanese aveva iniziato a ribellarsi a questo sistema clientelare. Negli ultimi anni, le proteste organizzate dalle organizzazioni di sinistra, democratiche e sociali e dai sindacati hanno attirato sempre più persone. Nel 2018 e nel 2019, le forze di sinistra e secolariste hanno organizzato una campagna nazionale con lo slogan "Insieme salviamo il nostro Paese attraverso il cambiamento politico", che ha mobilitato decine di migliaia di persone.

Nell'ottobre 2019, la più grande rivolta popolare nella storia del Libano ha riempito le strade di tutte le principali città. Circa un terzo dei quattro milioni di libanesi ha partecipato attivamente alle proteste, denunciando il settarismo dei politici e le tasse imposte alla classe lavoratrice. Pretendevano un cambiamento politico radicale: un sistema secolare combinato con nuove politiche economiche che ridistribuiscano il reddito e costringano l'1% più ricco a pagare la crisi economica.

La rivolta subì numerosi attacchi da parte di gruppi filogovernativi e forze paramilitari legate ai partiti sediziosi. Eppure, ha resistito, con mobilitazioni di massa fino all'inizio del 2020. Solo la diffusione del coronavirus ha salvato il governo e sospeso la rivolta popolare. Il nuovo governo, formatosi a febbraio, ha siglato un'alleanza con il virus. Le persone sono state costrette a rimanere nelle loro case e le misure restrittive e di distanziamento sociale hanno offerto alle forze governative l'opportunità di riorganizzarsi e prendere l'iniziativa.

L'attuale governo, guidato dal nuovo primo ministro Hassan Diab, ha stilato una lunga lista di promesse e ha effettivamente affermato che avrebbe soddisfatto le richieste materiali espresse durante la rivolta popolare. La sua prima dichiarazione proponeva riforme economiche che avrebbero costretto le banche centrali e le banche private a pagare la loro parte della crisi. Eppure, non sono state ancora intraprese azioni concrete. Dopo la diffusione del coronavirus, la sinistra ha invitato il governo a fornire un pacchetto di aiuti immediati per lavoratori e disoccupati e garantire una copertura sanitaria universale per tutti con un budget proposto di 1,2 miliardi di dollari, pari all'1,6 per cento del PIL.

La risposta del governo è stata invece minima: un insignificante programma di assistenza per un totale di 50 milioni di dollari, ossia lo 0,1% del PIL. Anche questa minuscola quantità di aiuti è stata consegnata attraverso i soliti canali di corruzione e clientelismo.

A seguito della chiusura economica, le classi lavoratrici e ampie fasce della classe media stanno affrontando la povertà immediata. La svalutazione rende sempre più inaccessibili il cibo e le necessità di base, con recenti studi che classificano circa la metà della popolazione come al di sotto della soglia di povertà. Peggio ancora, le riserve estere sarebbero sufficienti a coprire solo alcuni mesi di importazioni, mettendo davanti al paese la possibilità di carenze alimentari reali.

Il governo non è riuscito a mantenere nessuna delle sue promesse e ora sta richiedendo nuovi prestiti dal Fondo Monetario internazionale (FMI) come unica soluzione possibile per generare riserve estere. Inutile dire che il FMI sta imponendo un elenco di richieste che includono la privatizzazione delle società del settore pubblico (elettricità, telecomunicazioni, acqua), la cancellazione di sussidi governativi per i beni essenziali (grano, medicine), la "riforma" dei regimi pensionistici abbassando pensioni e tagli al settore pubblico. Inoltre, il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha annunciato le proprie condizioni politiche per il sostegno durante il consiglio di amministrazione dell'FMI. Esso ha richiesto al Libano di applicare le sanzioni statunitensi contro la Siria, sigillando la frontiera e riallineando i confini meridionali del Libano, così da favorire le rivendicazioni marittime di Israele sul gas offshore.

Queste condizioni economiche e politiche consistono in una completa resa agli interessi del grande capitale e agli interessi geopolitici di Israele e delle forze imperialiste guidate dagli Stati Uniti. Questo è un suicidio economico e politico per le classi lavoratrici e a basso reddito in Libano, nonché per la sovranità del paese. Il nostro governo non ha imparato nulla dalle prescrizioni neoliberali del FMI per l'America Latina e più recentemente per l'Egitto e la Grecia.

Il Partito Comunista Libanese ha proposto un piano alternativo. Si oppone alla privatizzazione delle istituzioni del settore pubblico. Un settore pubblico basato su un bene collettivo che fornisce servizi in maniera molto più economica, se non deve generare profitti privati. Invece, i comunisti libanesi pretendono nuove e maggiori tasse sul reddito e sulla ricchezza, sulle società di servizi finanziari, sui depositi bancari, sugli individui con un patrimonio netto superiore a 500.000 dollari, sull'eredità del patrimonio, sui profitti generati dai servizi immobiliari e la cancellazione delle esenzioni fiscali per le società finanziarie di partecipazione.

Tutti loro sostengono di fornire al settore pubblico uno strumento, indipendente dai mercati, per trasferire parte del surplus capitalista alla ricostruzione di infrastrutture elettriche, strade, di acqua e comunicazioni oltre a preservare l'ambiente naturale e a sostenere i settori produttivi nazionali. "Sfruttare" i settori delle grandi proprietà per inserire nell'attuale sistema economico "elementi socialisti" è l'unico modo possibile per costruire e sostenere un modello economico dinamico, produttivo e moderno che possa servire gli interessi della maggioranza del popolo libanese.

I prossimi mesi saranno decisivi per il Paese e determineranno il suo futuro. Il governo può usare la minaccia della povertà estrema per prendere in ostaggio il popolo libanese e fare l'interesse del capitale. Per opporsi a ciò, i popoli devono combattere per un nuovo governo "di salvezza" per portare avanti profonde riforme nell'interesse dei lavoratori e delle fasce di popolazione a basso reddito, e riorientare il paese verso la produttività, la ridistribuzione della ricchezza, il secolarismo e il progresso sociale.

Omar Deeb è il responsabile delle Relazioni Internazionali del Partito Comunista Libanese.


Resistenze.org     
Sostieni Resistenze.org.
Fai una donazione al Centro di Cultura e Documentazione Popolare.

Support Resistenze.org.
Make a donation to Centro di Cultura e Documentazione Popolare.