www.resistenze.org - popoli resistenti - mali - 08-04-12 - n. 404

da http://www.pambazuka.org/fr/category/features/81282
Traduzione dal francese per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
 
Del Mali e dell'indecenza francese
 
Mireille Fanon-Mendes-France
 
02/04/2012
 
Il Sud Sudan ha dato il via. Oggi è il nord del Mali a entrare nella logica della spartizione, sotto le vesti di una ribellione tuareg facilitata dall'intervento militare francese in Libia. Approfittando degli errori di un regime maliano la cui gestione socioeconomica risulta un disastro, la ricolonizzazione del continente prende forma sotto nuove spoglie grazie alla strumentalizzazione della guerra.
 
Da alcuni giorni, a seguito del colpo di Stato operato in Mali, ad alcune settimane delle elezioni presidenziali maliane, ma anche francesi, i ministri del governo francese chiamano al "ristabilimento dell'ordine costituzionale". Così dicono il ministro degli Affari Esteri e il ministro alla Cooperazione che afferma che "il ritorno all'ordine costituzionale è un imperativo assoluto".
 
Ma di quale ordine costituzionale si tratta? Il presidente maliano, dalla sua elezione nel marzo 1991, non ha saputo instaurare un potere esecutivo degno di questo nome, forte ed assortito di contropoteri. Così, se questo colpo di Stato è giudicato "insensato" da molti, non ha sorpreso nessuno, "tanto il problema securitario del paese sembra superare il presidente Touré", come ha precisato Aminata Dramane Traoré a RFI.
 
Da alcuni mesi, l'esercito del Mali fa buon viso a cattivo gioco ad una ribellione armata che è riuscita a fare cadere alcune città del Mali del nord sotto il controllo del movimento nazionale per la liberazione dell'Azawad (MNLA) composto principalmente da combattenti tuareg. Questo movimento ha potuto acquistare armi provenienti dalla Libia, in circolazione libera alla frontiera dei due paesi, conseguenza prevedibile dell'intervento NATO, favorito e rivendicato principalmente dalla Francia.
 
Quest'intervento ha aperto il vaso di Pandora degli arsenali libici in una regione estremamente povera, ma con un forte potenziale e abbandonata a sé stessa. Nessuno sviluppo economico, nessuna minima presa in carico sociale delle popolazioni locali è garantita. Il blocco è amplificato dai programmi economici imposti dagli istituti finanziari internazionali. A ciò si aggiungono gli adeguamenti strutturali, l'orientamento verso una produzione agricola mirata verso l'esportazione, l'apertura sistematica dell'economia maliana al mercato mondiale imposta ad uno Stato incapace di resistere e costretto ad accettare il liberalismo che esclude la libertà di circolazione per le popolazioni.
 
Oltre agli stati-tampone del Magreb, incaricati di impedire il transito dei migranti, gli stati di partenza sono obbligati a svolgere il ruolo di carcerieri delle loro popolazioni. Così, l'Europa delega la sua incapacità di dare una risposta alla migrazione, esternando la sua politica di repressione e di contenzione del flusso dei migranti; la Francia, da parte sua, continua le sue relazioni franco africane nell'opacità e nelle connivenze tra elite francesi ed africane, a nome delle quali le terre del Mali sono saccheggiate. Gli interessi degli ex coloni francesi sono stati preservati e gli interessi stranieri sono più dominanti che mai.
 
Sul piano socioeconomico la gestione è un disastro continuo e sul piano strategico gli accordi di difesa hanno permesso l'impianto di basi permanenti e negli aeroporti i controlli polizieschi sono sotto supervisione straniera, francese in particolare.
 
Il Mali non sfugge a questa condanna senza appello: il popolo maliano non è stato ancora liberato dall'oppressione che lo aliena, dalla miseria, dall'ingiustizia e dall'abbandono di cui soffriva sotto il giogo coloniale.
 
Tuttavia, il Mali, per sua storia e configurazione geografica, avrebbe potuto sbarrare la strada alle ingerenze occidentali e a quelle dei suoi alleati di fronte ad un mondo arabo in ebollizione, un'Europa in crisi sistemica. Avrebbe potuto costituire un fattore di stabilizzazione positiva in una regione ambita e bramata dal nuovo ordine ultra liberale di miseria e di violenza. Il Mali avrebbe potuto svolgere il ruolo d'antidoto alla balcanizzazione dell'Africa Occidentale. Ma non sarà così, la via aperta dalle indipendenze è intrappolata dalle divisioni territoriali e dall'eredità avvelenata dalle separazioni etniche del colonialismo.
 
La libertà per la quale dei popoli si sono sollevati è confiscata sempre da poteri sostenuti dal vecchio colonizzatore. La sovranità ha soltanto cambiato aspetto, l'emancipazione dei popoli, ieri colonizzati, ha ancora da venire. I padroni di ieri continuano ad imporre la loro legge. Il Mali è l'esempio più attuale. Così questi stessi ministri francesi si sentono autorizzati a chiamare con forza ed autorità il mantenimento "delle elezioni (…) programmate per aprile (…)" e che devono avere "luogo il più rapidamente possibile", poiché occorre "attenersi al calendario elettorale costituzionale, con il termine dell'8 giugno", andando persino ad affermare che "non c'è nessun problema per organizzare le elezioni poiché la costituzione maliana prevede che in caso di impedimento del presidente, il presidente dell'assemblea nazionale garantisca l'interim e permetta uno scrutinio presidenziale".
 
Come possono gli occidentali avere tanto cinismo da obbligare i popoli colonizzati in passato ad adottare il loro modello democratico, mentre i loro stessi paesi si confrontano con la disgregazione di questo stesso modello che secerne xenofobia e razzismo sfrenato, ingiustizia e miseria?
 
La dominazione coloniale, con alcune variazioni ed adattamenti, si è rinnovata e si realizza in qualsiasi buona coscienza neocoloniale. È resa possibile grazie alla strumentalizzazione della guerra "eterna" e generalizzata contro il terrorismo che autorizza, sul campo, la presenza di forze militari extracontinentali per vegliare sulla salvaguardia degli interessi delle multinazionali. Interverranno in Mali - in nome della illegale "responsabilità di proteggere" - per sottomettere al loro profitto la striscia d'Africa subsahariana, un potenziale minerario inesplorato?
 
Occorre constatare che il periodo neocoloniale si conclude con una ricolonizzazione, sotto forme nuove, ma che è resa possibile grazie alle bombe a scoppio ritardato legate dalle potenze coloniali. Ieri il Sud-Sudan, oggi il Nord-Mali e domani? La spartizione di alcuni stati dell'Africa sembra chiaramente iscritta nel progetto neocoloniale in corso.
 
Mentre il mondo vacilla sotto i colpi della crisi economico-finanziaria in nome dell'instaurazione di un nuovo ordine mondiale unilaterale, sono i popoli ad essere le vittime dirette di questo liberalismo sfrenato, inumano e violento. In nome di una globalizzazione ingiusta e illegale, il diritto dei popoli a disporre di loro stessi è rimesso in discussione per privare meglio i popoli del diritto di disporre delle loro risorse naturali. La ricolonizzazione del mondo è uno dei mezzi escogitati dai dominanti per garantire la loro egemonia.
 
La solidarietà con il popolo maliano e le sue forze politiche reali per una risoluzione nazionale ed autonoma dei conflitti interni, è l'unica via per la giustizia e la pace.
 
26 marzo 2012
 

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