www.resistenze.org - popoli resistenti - nepal - 14-04-06

Nepal: Aumenta la repressione contro il movimento democratico ed i comunisti

Di Marcello Graziosi

Mentre Stati Uniti ed Unione Europea sono stati e sono impegnati a destabilizzare la Bielorussia, tagliare i fondi al legittimo governo palestinese o progettare attacchi militari contro l’Iran, in Nepal, nel silenzio dei grandi circuiti dell’informazione internazionale, il governo autocratico di Re Gyanendra aumenta la repressione a danno del movimento democratico, l’Alleanza dei Sette Partiti, ed in particolare contro il Partito Comunista del Nepal (Marxista-Leninista Unificato).

Dopo una breve esperienza di monarchia costituzionale, che avrebbe dovuto avvicinare il Nepal a diverse esperienze simili anche europee, caratterizzata da una significativa instabilità, il 1 giugno 2001 Gyanendra è salito al trono sterminando la famiglia reale con l’aiuto dell’Esercito Reale e restaurando un potere di fatto autocratico. Nel maggio 2002 il nuovo Re ha dissolto il Parlamento, all’interno del quale il PCN(UML) con il 36,9% dei consensi deteneva 69 seggi sui complessivi 205, e licenziato il governo guidato da Sher Bahadur Deuba e dal Partito Nepalese del Congresso. Richiamato Deuba nel 2004 dopo una prima ondata di proteste, Gyanendra ha assunto i pieni poteri a partire dal 1 febbraio 2005, scatenando una repressione senza precedenti. Di fronte al dilagare delle proteste, il governo autocratico ha imposto lo stato di emergenza, interrompendo linee telefoniche e telematiche, e proceduto ad una campagna di arresti di massa, tanto che persino l’Unione Europea è stata costretta a ritirare i propri ambasciatori, pur se in silenzio per non urtare eccessivamente la politica di Washington, ferma nel sostegno al Re e nel tentativo di costruire un fronte con la parte più moderata dello schieramento democratico contro la guerriglia maoista. I maoisti sono attivi in 50 dei complessivi 75 distretti a partire dal 1996 ed in grado di controllare, con l’aperto sostegno delle parti più povere della popolazione, parti consistenti del territorio.

Le aspirazioni di Washington, di fronte al dilagare della repressione, rischiano di rimanere frustrate. Al contrario i maoisti, organizzati nel Partito Comunista del Nepal (Maoisti), a seguito di una profonda discussione interna (agosto 2005), si sono resi disponibili, un po’ come avvenuto nei primi anni ’90 del secolo scorso, a verificare le condizioni per costruire insieme all’Alleanza di Sette Partiti un fronte unito contro il Re, sottoscrivendo un accordo in dodici punti.

“Se noi abbiamo aperto un varco – ha recentemente dichiarato in una lunga intervista al quotidiano “The Hindu” (14 febbraio 2006) Prachanda, storico dirigente del movimento maoista insieme a Baburam Bhattarai, rivolgendosii al PCN(UML) e più in generale all’intero movimento democratico – allora dovremmo entrambi rivedere la nostra storia. Noi dobbiamo rivedere i nostri errori, ma anche voi dovete farlo dal momento che abbiamo un nemico comune, l’aristocrazia feudale. Dobbiamo sconfiggere questo nemico e riorganizzare l‘esercito e lo stato sulla base di valori democratici”.

Il 22 marzo è stato arrestato dalla polizia il Segretario Generale del PCN(UML), Madhav Kumar Nepal, già costretto agli arresti domiciliari a partire dal 19 gennaio, tuttora detenuto in attesa di processo presso il campo di polizia di Kakani, distretto di Nuwakot, sulla base dell’Atto sulla Pubblica Sicurezza, che prevede la possibilità di arresti e detenzioni preventive fino ad un massimo di 90 giorni. Nel corso dei quattro giorni di sciopero generale indetti dal movimento democratico a partire dal 6 aprile sono state arrestate in tutto il paese centinaia di persone (700 dirigenti e militanti del PCN(UML) solo nel primo dei quattro giorni), mentre il governo ha imposto il coprifuoco notturno e diurno nella capitale Kathmandu. Il 7 aprile il Partito Comunista Indiano (Marxista), che insieme al Fronte di Sinistra sostiene dall’esterno il governo indiano, ha chiesto con forza la liberazione di Madhav Nepal e di tutti i detenuti politici.

Nonostante la repressione, il movimento democratico sembra in grado di allargare ulteriormente la propria base di consenso, mentre i maoisti, pur senza abbandonare la prospettiva della repubblica democratico-popolare, spingono per l’assemblea costituente una volta sconfitto Gyanendra. “Noi stiamo ragionando di democrazia multipartitica – ha dichiarato Prachanda – in un senso specifico. Noi non stiamo ragionando di democrazia parlamentare borghese. La democrazia multipartitica sarà antimperialista ed antifeudale. In altri termini, solamente una struttura costituzionale antifeudale ed antimperialista costituisce un modello perseguibile di democrazia multipartitica. Per questo sono necessarie tanto la lotta armata quanto l’unità d’azione con gli altri partiti politici contro la monarchia (…). La nostra prospettiva minima prevede l’elezione di un’assemblea costituente, anche con un supervisione internazionale (…). In queste circostanze noi siamo disponibili a prendere parte alle elezioni e ad accettare il verdetto del popolo, qualunque esso sia”.

In Nepal, come osserva Prachanda, non sono in gioco interessi economici strategici per gli Stati Uniti, quanto piuttosto una sorta di “controllo politico”. Dopo aver apprezzato gli sforzi recenti del governo di New Delhi a sostegno del movimento democratico, pur se valutati ancora troppo prudenti, e l’attuale posizione cinese (la situazione in Nepal è stata oggetto di una recente visita a Pechino del ministro degli esteri indiano), Prachanda ha sottolineato che la strategia perseguita dagli USA è volta soprattutto “contro le autorità indiane e cinesi”. “Gli Stati Uniti hanno una grande strategia, e Bush sta valutando l’India e la Cina come grandi potenze emergenti ma anche come una minaccia. Forse Washington considera il Nepal un paese di cerniera tra queste due potenze emergenti e ritiene che in caso di vittoria di forze ad essa ostili potrebbe determinarsi un problema. (…) La nostra analisi parte dal presupposto che India e Cina dovrebbero avere un approccio comune rispetto al Nepal, del quale si sente la necessità. Se Cina ed India non dovessero lavorare insieme, si determinerà un grande problema non solamente per l’immediato quanto piuttosto per il futuro”.

Una cosa, però, pare emergere con nettezza: mai come oggi la monarchia in Nepal si trova debole ed isolata dalle masse popolari, con le forze della sinistra comunista in grado di svolgere un ruolo determinante all’interno del movimento democratico.

A tutti noi il dovere di squarciare il velo di silenzio sulla repressione crescente nel paese himalayano.